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Distanze legali: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un proprietario il cui immobile violava le distanze legali dal confine. La Corte ha ribadito che, dopo la riforma del 2012, il vizio di motivazione di una sentenza può essere contestato solo in casi di grave anomalia, non per semplice insufficienza. È stata confermata la condanna all’arretramento della costruzione per ripristinare le corrette distanze legali.

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Pubblicato il 8 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Distanze Legali tra Edifici: La Cassazione e i Limiti del Ricorso

Il rispetto delle distanze legali nelle costruzioni è un pilastro del diritto immobiliare, fondamentale per garantire rapporti di buon vicinato e un ordinato sviluppo del territorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire questo tema, illustrando i rigidi limiti entro cui è possibile contestare una decisione sfavorevole e le conseguenze di un ricorso infondato. Il caso riguarda la violazione delle distanze da un confine, confermata in tutti i gradi di giudizio fino alla bocciatura finale del ricorso in Cassazione per inammissibilità.

I Fatti di Causa: Una Costruzione Troppo Vicina

La vicenda ha origine da una causa intentata dai proprietari di un immobile contro i loro vicini. Questi ultimi avevano edificato una costruzione senza rispettare la distanza minima dal confine prevista dai regolamenti locali. Il Tribunale di primo grado, accertata la violazione, aveva condannato i costruttori a demolire l’edificio, o in alternativa ad arretrarlo parzialmente fino a ripristinare la distanza legale.

La decisione veniva impugnata davanti alla Corte d’Appello, la quale, anche a seguito di una nuova consulenza tecnica (CTU) che confermava la violazione (l’edificio si trovava a 4,29 metri dal confine anziché ai 5 metri prescritti), rigettava l’appello. La Corte territoriale sottolineava che neanche una interpretazione favorevole sulla natura ornamentale di alcuni sporti avrebbe modificato la sostanza della violazione e che la presenza di vincoli sismici e archeologici sull’area rafforzava, anziché indebolire, l’inderogabilità delle norme sulle distanze.

I Motivi del Ricorso e le Implicazioni sulle Distanze Legali

I proprietari soccombenti decidevano di portare il caso davanti alla Corte di Cassazione, basando il loro ricorso su tre motivi principali:
1. Violazione degli articoli 872 e 873 c.c. e vizio di motivazione: Si lamentava che la Corte d’Appello non avesse motivato adeguatamente in merito alla funzione puramente ornamentale di alcune sporgenze del fabbricato, che a loro dire non avrebbero dovuto essere considerate nel calcolo delle distanze.
2. Errata applicazione della legge sulla demolizione: I ricorrenti sostenevano che la Corte d’Appello avesse ordinato la demolizione totale del fabbricato, in violazione delle norme che prevedono solo il ripristino della situazione legale.
3. Errata condanna alle spese di lite: Si chiedeva l’annullamento della condanna al pagamento delle spese legali, come conseguenza dell’auspicato accoglimento dei primi due motivi.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti cruciali sulla procedura e sul merito.

Sul primo motivo, la Corte ha ricordato che, a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c. del 2012, il controllo sulla motivazione di una sentenza è limitato a casi eccezionali di ‘anomalia motivazionale’. Non è più sufficiente un semplice difetto di ‘sufficienza’, ma occorre che la motivazione sia totalmente assente, palesemente illogica o contraddittoria. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione chiara e adeguata, rendendo la censura inammissibile. Inoltre, il motivo mancava di specificità, poiché i ricorrenti non avevano neppure indicato le dimensioni delle sporgenze contestate.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile perché basato su un’errata interpretazione della sentenza impugnata. La Corte ha chiarito che la condanna non era per la demolizione totale, ma per l’arretramento del fabbricato fino al raggiungimento della distanza legale, come correttamente interpretato dalla Corte d’Appello.

Infine, il terzo motivo, essendo strettamente dipendente dall’esito dei primi due, è stato dichiarato inammissibile di conseguenza.

Le Conclusioni: Cosa Impariamo da Questa Ordinanza

Questa decisione della Cassazione ribadisce alcuni principi fondamentali per chiunque sia coinvolto in dispute edilizie. Innanzitutto, il rispetto delle distanze legali è un obbligo inderogabile, la cui violazione comporta il diritto del vicino a ottenere la riduzione in pristino, ossia l’arretramento della costruzione. In secondo luogo, accedere alla Corte di Cassazione per un presunto vizio di motivazione è diventato estremamente difficile: il ricorso deve evidenziare un’anomalia grave e palese, non una semplice divergenza interpretativa. Infine, un ricorso basato su presupposti errati o privo della necessaria specificità è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento di ulteriori spese.

È possibile contestare in Cassazione la motivazione di una sentenza d’appello per violazione delle distanze legali?
Sì, ma solo in casi molto specifici e gravi. Dopo la riforma del 2012, non è sufficiente lamentare una motivazione ‘insufficiente’. Il ricorso è ammissibile solo se la motivazione è completamente assente, puramente apparente, affetta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o perplessa e oggettivamente incomprensibile. Nel caso esaminato, la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta sufficiente.

Se un edificio viola le distanze, il giudice ne ordina sempre la demolizione totale?
No. La tutela prevista dalla legge è la ‘riduzione in pristino’, ovvero il ripristino della situazione di legalità. Come chiarito dalla Corte, questo si traduce in una condanna all’arretramento della parte del fabbricato che viola la distanza legale, non necessariamente alla demolizione dell’intero edificio. La condanna originaria era infatti alternativa: demolizione integrale o parziale fino a raggiungere la distanza corretta.

La presenza di un vincolo sismico o archeologico su un’area può giustificare una deroga alle distanze tra costruzioni?
No, al contrario. La sentenza specifica che la presenza di tali vincoli rafforza il regime di inderogabilità delle distanze dal confine, rendendo il loro rispetto ancora più stringente. Questi vincoli, infatti, sono posti a tutela di interessi pubblici superiori che non ammettono eccezioni basate su interessi privati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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