Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9038 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9038 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26470/2020 R.G. proposto da: COGNOME NOME, COGNOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOME, CANNIA COGNOME;
– intimati –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di PALERMO, n. 1034/2020 depositata il 03/07/2020; Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Termini Imerese accertava che l’immobile di proprietà di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME violava la distanza dal confine con la proprietà degli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME e li condannava a demolire integralmente l’edificio o a demolirlo parzialmente fino a raggiungere la distanza legale; rigettava la domanda riconvenzionale di pagamento di una somma per l’appropriazione da parte degli attori di una parte della proprietà dei convenuti.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME e NOME COGNOME resistevano al gravame.
La Corte d’appello di Palermo, dopo aver disposto il rinnovo della CTU, rigettava l’impugnazione. L’ausiliario, infatti, aveva accertato la violazione delle distanze collocandosi il retroprospetto dell’edificio degli appellanti a 4,29 mt. dal confine mentre in base ai regolamenti locali doveva essere ad almeno 5 mt..
Il consulente, per quanto riguardava la distanza dal fabbricato, aveva sostanzialmente confermato quanto accertato dal precedente consulente con una variazione minima anche in caso di interpretazione favorevole circa la natura ornamentale degli sporti. Non poteva condividersi la tesi degli appellanti circa la necessità di rideterminare il confine e nemmeno poteva sostenersi l’ultrapetizione rispetto all’ordine di demolizione o di arretramento posto che il diritto del vicino alla riduzione in pristino conseguiva ipso iure in considerazione della finalità di natura pubblicistica perseguita dal legislatore. Infine, nessuna incidenza assumeva la circostanza che il fabbricato ricadesse in zona sottoposta a vincolo
sismico ed archeologico in quanto tale circostanza rafforzava il regime di inderogabilità delle distanze dal confine.
NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi di ricorso.
NOME COGNOME e NOME COGNOME sono rimasti intimati.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione degli articoli 872 e 873 codice civile. Mancata valutazione della linea del fabbricato per la determinazione delle distanze.
In sostanza parte ricorrente censura la sentenza per mancanza di motivazione soprattutto in relazione alla funzione meramente ornamentale di rifinitura delle sporgenze del fabbricato.
1.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
I ricorrenti esplicitamente affermano di lamentare un vizio di motivazione ancorché nella rubrica del motivo fanno riferimento alla violazione degli articoli 872 e 873 del codice civile.
Questa Corte a sezioni unite ha chiarito che dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., operata dalla legge 134/2012, il sindacato sulla motivazione da parte della cassazione è consentito solo quando l’anomalia motivazionale si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed
obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. Sez. un. 8053/2014); – nel caso di specie, la grave anomalia motivazionale non esiste, perché la Corte d’Appello ha sufficiente mente motivato sia in relazione alla situazione di fatto che alle risultanze della consulenza tecnica.
Di conseguenza anche la censura di violazione degli artt. 872 e 873 c.c. è inammissibile risolvendosi nella esplicita richiesta di rivalutazione delle risultanze istruttorie.
Inoltre, la censura è inammissibile anche per l’ulteriore e concorrente ragione di difetto di specificità perché nel ricorso si omette addirittura di indicare il presupposto stesso della censura ovvero le dimensioni dell’aggetto dei balconi del cui computo parte ricorrente oggi si duole.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione degli articoli 872, 873, 2933 c.c. e 112 c.p.c..
La Corte d’appello avrebbe ordinato la demolizione dell’intero fabbricato e la successiva ricostruzione dello stesso a distanza legale in violazione dell’articolo 872 c.c. e dell’articolo 2933 c.c.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La censura non si confronta con la sentenza impugnata nella quale si legge a pagina 2 che il Tribunale nell’accogliere la domanda relativa alla violazione delle distanze aveva condannato i convenuti a demolire integralmente l’edificio o, in via alternativa, a demolirlo parzialmente, eliminando la sezione di fabbricato sul lato prospiciente il fondo degli attori fino a raggiungere la distanza legale.
In ogni caso, la Corte d’appello nel rigettare il medesimo motivo riproposto in questa sede, a pagina 4 afferma che la
sentenza appellata deve interpretarsi quale condanna all’arretramento del fabbricato fino alla distanza legale come richiesto dagli originali attori.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c.
Secondo parte ricorrente la sentenza dovrebbe essere cassata anche in punto di condanna degli appellanti al pagamento delle spese di lite, mancando il presupposto della soccombenza dei ricorrenti.
3.1 Il terzo motivo di ricorso è inammissibile in quanto si chiede la modifica della statuizione in ordine alle spese di lite come conseguenza dell’accoglimento dei motivi di ricorso che sono stati dichiarati inammissibili.
Il ricorso è rigettato.
Nulla sulle spese non essendosi costituite le parti intimate.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione