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Distanze legali: i patti privati non derogano i PRG

La Corte di Cassazione chiarisce che gli accordi privati non possono prevalere sulle norme imperative dei Piani Regolatori in materia di distanze legali. Un proprietario, che aveva sopraelevato un edificio basandosi su un accordo con il vicino e sul principio di prevenzione, si è visto accogliere la richiesta di demolizione. La Corte ha ribadito che le normative urbanistiche locali, poste a tutela dell’interesse pubblico, non sono derogabili dalla volontà dei singoli, annullando la decisione precedente e rinviando il caso alla Corte d’Appello.

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Distanze legali tra edifici: gli accordi privati possono derogare le norme del Piano Regolatore?

La questione delle distanze legali tra costruzioni è una fonte costante di liti tra vicini. Ma cosa succede quando un accordo privato sembra consentire ciò che il Piano Regolatore Generale (P.R.G.) vieta? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale: le norme urbanistiche, poste a tutela di un interesse pubblico, non possono essere messe da parte dalla volontà dei singoli. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa

La controversia nasce tra due proprietari confinanti. Uno di essi avviava un’azione legale per ottenere la demolizione di una sopraelevazione realizzata dal vicino. L’opera, costituita da due piani aggiuntivi, era stata costruita a una distanza dal confine inferiore a quella minima di cinque metri prescritta dal P.R.G. locale e a meno di dieci metri dalla sua parete finestrata. Il costruttore si difendeva invocando il cosiddetto ‘principio di prevenzione’ e un precedente accordo scritto tra le parti.

Il Percorso Giudiziario

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda di demolizione, dando ragione al costruttore e ritenendo legittimo il suo operato sulla base del principio di prevenzione. Inoltre, accoglieva la domanda riconvenzionale del convenuto, ordinando la rimozione di una ringhiera che consentiva una veduta sulla sua proprietà. La Corte d’Appello confermava in gran parte questa decisione, basando la sua motivazione sull’esistenza di una scrittura privata del 1990 che autorizzava la costruzione in aderenza.

La Questione delle Distanze Legali e la Nullità degli Accordi Privati

Il punto cruciale del ricorso in Cassazione è stato il secondo motivo, incentrato sulla violazione delle norme sulle distanze legali. I ricorrenti sostenevano che l’accordo privato del 1990 fosse nullo perché in contrasto con una norma imperativa del P.R.G. comunale. Quest’ultimo, infatti, imponeva una distanza minima di cinque metri dal confine, ammettendo la costruzione in aderenza solo in presenza di pareti cieche. La norma locale non mirava solo a prevenire la formazione di intercapedini dannose, ma anche a garantire un ordinato sviluppo urbanistico del territorio, un interesse pubblico non disponibile per i privati. Di conseguenza, nessun accordo privato poteva validamente derogare a tale prescrizione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto questo motivo, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: le norme dei regolamenti edilizi locali che fissano le distanze tra costruzioni o dal confine sono imperative e inderogabili. La loro funzione non è solo quella di regolare i rapporti tra privati, ma anche di tutelare l’interesse pubblico a un corretto assetto del territorio. La Corte ha specificato che quando una normativa locale impone una distanza minima dal confine, la facoltà di costruire in aderenza o sul confine (prevista dal Codice Civile) è consentita solo se espressamente prevista dalla stessa normativa locale. In assenza di tale previsione, prevale l’obbligo di rispettare la distanza prescritta. La Corte d’Appello aveva quindi errato nel basare la propria decisione sulla scrittura privata, ignorando la sua nullità per contrasto con norme imperative e violando il principio ‘iura novit curia’ (il giudice conosce la legge). La Suprema Corte ha anche accolto i motivi relativi alla demolizione dei balconi e alla rimozione della ringhiera, ritenendo che la Corte d’Appello avesse errato nel valutare le domande e le prove.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante conferma del primato delle normative urbanistiche sull’autonomia privata. Chi intende costruire deve verificare non solo le norme del Codice Civile, ma soprattutto le prescrizioni del Piano Regolatore del proprio Comune. Un accordo con il vicino non offre alcuna garanzia se è in contrasto con tali norme. La decisione finale ha quindi cassato la sentenza d’appello, rinviando la causa a un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione basata sui principi di diritto affermati, sottolineando che l’interesse pubblico a un’urbanistica ordinata non può essere sacrificato sull’altare di accordi tra singoli.

Un accordo privato tra vicini può autorizzare a costruire a una distanza inferiore a quella prevista dal Piano Regolatore Generale (P.R.G.)?
No. La sentenza stabilisce che le norme urbanistiche locali che prescrivono distanze minime dal confine, tutelando un interesse pubblico all’ordinato sviluppo del territorio, sono imperative e non possono essere derogate da convenzioni private.

Cosa succede se una norma locale impone una distanza minima dal confine ma non menziona la possibilità di costruire in aderenza?
In questo caso, la facoltà di costruire in aderenza o sul confine, prevista in via generale dal Codice Civile, non si applica. La costruzione deve rispettare la distanza minima imposta dalla normativa locale, senza eccezioni.

Il principio di non contestazione si applica anche alle questioni di diritto?
No. Il principio di non contestazione riguarda i fatti. Nel caso di specie, il vicino non aveva contestato l’esistenza e le dimensioni dei balconi (un fatto), ma aveva sostenuto in diritto che non dovessero rispettare le distanze. La Corte ha ritenuto che, essendo il fatto pacifico, il giudice dovesse valutarne la conformità alla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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