Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10321 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 10321 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/04/2025
SENTENZA
sul ricorso 6931-2019 proposto da:
INDIRIZZO elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME
– ricorrente – contro
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO nel lo studio dell’avv . NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in unione di delega con l’avv . NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv . NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO nel lo studio dell’avv . NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in unione di delega con l’avv . NOME COGNOME
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO nello studio degli avv. ti COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 1383/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata in data 24/07/2018
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
udito il Procuratore Generale, nella persona del Sostituto dott. NOME COGNOME
udito l’avv. NOME COGNOME per la parte ricorrente, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso ; l’avv. NOME COGNOME anche per delega dell’avv. NOME COGNOME per i controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME la quale ha concluso per il rigetto del ricorso; l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE, la quale allo stesso modo ha concluso per il rigetto del ricorso
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 2.4.2013 Viale Barbara evocava in giudizio COGNOME NOME innanzi il Tribunale di Cuneo, invocandone la condanna ad arretrare un terrapieno artificiale realizzato in violazione della distanza dal confine di 5 metri, con sottostante autorimessa. L’attrice deduceva che il convenuto aveva sfruttato il dislivello esistente tra i fondi di proprietà delle parti per realizzare, nel sottosuolo del proprio, una autorimessa mediante realizzazione di un terrapieno a ridosso del muro di confine e contenimento, senza rispettare la distanza minima dal confine prevista per le nuove costruzioni.
Si costituiva il convenuto, resistendo alla domanda e chiamando in garanzia RAGIONE_SOCIALE che aveva eseguito le opere.
Si costituiva la società terza chiamata, resistendo tanto alla domanda principale che a quella in manleva e chiamando in ulteriore garanzia il progettista e direttore dei lavori, COGNOME TommasoCOGNOME
A sua volta quest’ultimo, costituendosi, resisteva alle domande e chiamava in garanzia la propria compagnia di assicurazione per la responsabilità professionale, la quale pure si costituiva in giudizio.
Con sentenza n. 143/2017 il Tribunale rigettava la domanda, condannando l’attrice alle spese del grado.
Con la sentenza impugnata, n. 1383/2018, la Corte di Appello di Torino rigettava il gravame proposto dalla Viale avverso la decisione di prime cure, confermandola. Secondo la Corte distrettuale, la domanda avrebbe avuto ad oggetto un muro, posto a confine tra le due proprietà, al quale doveva attribuirsi, in quanto fabbrica isolata, natura di muro di confine, come tale esentato dall’obbligo di rispettare le disposizioni in tema di distanze.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione INDIRIZZO affidandosi a cinque motivi.
Resistono con separati controricorsi COGNOME NOME, RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE
In prossimità dell’adunanza camerale, il P.G. ha depositato requisitoria scritta, insistendo per l’accoglimento del secondo motivo del ricorso, e tutte le parti costituite, ad eccezione del solo controricorrente COGNOME hanno depositato memoria.
Sono comparsi all’udienza pubblica il P.G., nella persona del sostituto dott. NOME COGNOME il quale ha concluso per l’accoglimento del secondo motivo di ricorso; l’avv. NOME COGNOME per la parte ricorrente, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso; l’avv. NOME COGNOME anche per delega dell’avv. NOME COGNOME per i controricorrenti COGNOME NOME e COGNOME COGNOME la quale ha insistito per il rigetto del ricorso; l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME Giuffrè, per la controricorrente RAGIONE_SOCIALE la quale allo stesso modo ha insistito per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, devono essere esaminate le eccezioni mosse da alcuni dei controricorrenti. In particolare, RAGIONE_SOCIALE, a pag. 8 del suo controricorso, COGNOME NOME, alle pagg. 9 e s. del suo
controricorso, e COGNOME Tommaso, alle pagg. 11 e s. del suo controricorso, eccepiscono l’inammissibilità del ricorso per mancato rispetto delle disposizioni in tema di notificazione degli atti processuali eseguite mediante lo strumento della posta elettronica certificata. I controricorrenti evidenziano, in particolare, l’inesistenza della notificazione del ricorso, perché la Viale avrebbe notificato un file denominato ‘Ricorso per Cassazione con procura a margine.pdf’ senza firmarlo digitalmente ed allegando allo stesso una relata di notificazione relativa al file denominato ‘Ricorso per Cassazione con procura a margine’ . Tali vizi implicherebbero, secondo i controricorrenti anzidetti, l’inesistenza della notificazione e non sarebbero sanabili dalla costituzione dei destinatari della stessa.
L’eccezione è infondata, posto che il ricorso notificato agli odierni eccipienti è firmato analogicamente dall’avv. NOME COGNOME che lo ha esteso per conto della Viale, giusta procura a margine dell’atto in esame, dalla cui casella di posta elettronica certificata proviene il messaggio di notificazione dell’atto stesso. Nessuna incertezza, dunque, sussiste sulla riferibilità del ricorso all’avvocato che lo ha esteso, per conto della parte ricorrente, né sulla sussistenza del potere di notificarlo, trattandosi di facoltà evidentemente compresa nell’ambito del mandato defensionale conferito dalla parte.
Non appare conferente il richiamo, operato dai controricorrenti, al principio affermato da Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 14338 del 08/06/2017, Rv. 644628, secondo cui ‘L’atto introduttivo del giudizio redatto in formato elettronico e privo di firma digitale è nullo, poiché detta firma è equiparata dal D. Lgs. n. 82 del 2005 alla sottoscrizione autografa, che costituisce, ai sensi dell’art. 125 c.p.c., requisito di validità dell’atto introduttivo (anche del processo di impugnazione) in formato analogico’ . Quel precedente, infatti, si riferisce all’ipotesi in cui
l’originale dell’atto di impugnazione risultava privo della firma digitale, mentre nel caso di specie quest’ultima manca soltanto sulla copia notificata, che peraltro risulta -come già detto- comunque sottoscritta dal suo estensore.
Nessuna rilevanza riveste il fatto che il file notificato sia denominato ‘Ricorso per Cassazione con procura a margine.pdf’ mentre nella relativa relazione di notificazione lo stesso sia chiamato ‘Ricorso per Cassazione con procura a margine’ , trattandosi di mera svista terminologica, essa pure inidonea a creare confusione o incertezza sulla natura e sulla provenienza dell’atto, come pure sulla riferibilità della relazione di notificazione al ricorso al quale essa accede, anche in considerazione del fatto che entrambi detti atti -ricorso e relazione di notificazione- sono stati inclusi nella medesima ‘busta telematica’ notificata mediante la posta elettronica certificata.
Inoltre, tutti i controricorrenti hanno pacificamente ricevuto la notificazione del ricorso e si sono costituiti tempestivamente, spiegando i loro argomenti senza alcuna compromissione del diritto di difesa, ampiamente esercitato mediante i rispettivi controricorsi e le rispettive memorie depositate in prossimità dell’udienza pubblica.
Infine, va evidenziato che secondo la giurisprudenza di questa Corte ‘… è una regola generale quella per cui le norme processuali devono essere interpretate in modo da favorire, per quanto possibile, che si pervenga ad una decisione di merito, mentre gli esiti abortivi del processo costituiscono un’ipotesi residuale. Né deve dimenticarsi, come queste Sezioni Unite hanno già ribadito nella sentenza n. 10878 del 2015, che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha chiarito in più occasioni che le limitazioni all’accesso ad un giudice sono consentite solo in quanto espressamente previste dalla legge ed in presenza di un rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito
(v., tra le altre, la sentenza CEDU 24 febbraio 2009, in causa RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘ (così, Cass. Sez. U, Sentenza n. 27199 del 16/11/2017, Rv. 645991, in motivazione, pag. 16, punto 5.1).
Inoltre, COGNOME NOME, a pag. 13 del suo controricorso, COGNOME NOME, alle pagg. 5 e ss. del suo controricorso, ed RAGIONE_SOCIALE, alle pagg. 9 e ss. del suo controricorso, eccepiscono anche la mancata riproposizione, in appello, da parte della Viale, della domanda di accertamento della violazione delle norme in tema di distanze, avendo soltanto riproposto la richiesta di condanna all’arretramento del manufatto eretto in spregio alle predette disposizioni.
L’eccezione è infondata, in quanto la domanda di arretramento o demolizione presuppone quella di accertamento della violazione delle distanze, onde nella riproposizione della prima, mediante i motivi di gravame -circostanza, questa, incontestata da tutti i controricorrenti che hanno sollevato l’eccezione in esameè necessariamente contenuta anche la seconda, trattandosi di un prius logicamente presupposto rispetto all’invocata condanna all’arretramento della fabbrica.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la ricorrente Viale lamenta la violazione degli artt. 112 c.p.c. e 873 c.c., nonché la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente limitato la propria disamina al solo muro di confine, senza considerare in alcun modo la realizzazione, a ridosso di esso, di un terrapieno finalizzato a consentire la costruzione di una rimessa per auto solo parzialmente interrata rispetto al preesistente piano di campagna.
Con il secondo motivo, invece, la ricorrente contesta la violazione o falsa applicazione degli artt. 873, 877 e 878 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe
erroneamente omesso di qualificare il terrapieno realizzato dall’Amarante sul suo fondo sub specie di costruzione.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono fondate.
Come evidenziato, ai fini della specificità della doglianza, a pag. 6 del ricorso, la Viale aveva espressamente lamentato la realizzazione, da parte dell’COGNOME, di un terrapieno, con la funzione di soletta di copertura di un sottostante locale garage, del quale aveva invocato l’arretramento sino al rispetto della distanza di cinque metri dal confine, sul presupposto che esso costituisse nuova costruzione. La domanda, quindi, non si limitava affatto al muro posto sul confine tra le due proprietà, bensì alla più ampia costruzione, in parte interrata e in parte fuori terra, realizzata dall’originario convenuto.
Rispetto a questa prospettazione, la Corte di Appello ha concentrato la propria disamina fattuale sul solo muro posto in corrispondenza del confine tra le proprietà delle parti, ritenendo che esso, in quanto posto sul limes ed avente precipua finalità divisoria, fosse esentato dal rispetto delle norme in tema di distanze. La considerazione, di per sé ineccepibile in relazione al muro di confine in quanto tale, perde efficacia in ragione del fatto che il manufatto, nel caso di specie, aveva una duplice funzione, di confine e di contenimento del terrapieno realizzato dall’COGNOME, e che è pacifico che quest’ultimo abbia realizzato, a ridosso del detto muro, un manufatto adibito a rimessa per autovetture.
La circostanza emerge con assoluta chiarezza dall’esame del prospetto grafico contenuto a pag. 15 della sentenza impugnata, nel quale viene indicata la situazione antecedente e successiva all’intervento realizzato dall’COGNOME.
La Corte distrettuale, dunque, avrebbe dovuto esaminare l’intera fabbrica realizzata dall’COGNOME, alla quale si riferiva la domanda della
Viale, e verificare se la stessa avesse, o meno, le caratteristiche previste per integrare una nuova costruzione, come tale soggetta ope legis all’obbligo di rispettare le norme in tema di distanze. In proposito, la Corte piemontese avrebbe dovuto considerare il principio per cui, in tema di distanze, si può considerare completamente interrato, e dunque esentato dall’obbligo di rispettare le norme poste a tutela dell’esigenza di evitare la creazione di intercapedini tra edifici, soltanto la fabbrica eseguita ad un livello inferiore al piano di campagna, inteso come livello medio di una determinata area (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3534 del 21/05/1983, Rv. 428440). Soltanto l’opera realizzata nel sottosuolo, che non si elevi oltre il livello del suolo, è esentata dal rispetto della norma di cui all’art. 873 c.c. (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 5956 del 01/07/1996, Rv. 498335), dovendosi, al contrario, configurare sub specie di costruzione il vano sotterraneo che sporga comunque, anche di pochi centimetri, dal suolo, ancorché ricoperto da una aiuola (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1614 del 18/03/1981, Rv. 412283). Anche una piscina, solo in parte interrata e contenuta da un terrapieno di riporto e da un muro in calcestruzzo armato, dev’essere considerata costruzione ai fini del rispetto delle norme in tema di distanze, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata per la sua realizzazione ‘… trattandosi di opera che rivela i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo e che si connota per uno spazio ben definito, strutturalmente limitato in maniera definitiva e non precaria’ (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 345 del 05/01/2024, Rv. 669919). Infatti ‘In tema di distanze legali, la nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio ma si estende a qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata’ (cfr . ancora Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 345 del
05/01/2024, Rv. 669919, cit.; nonché, conformi, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23856 del 02/10/2018, Rv. 650633 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15972 del 20/07/2011, Rv. 618711).
Nel caso di specie la Corte di Appello, applicando i richiamati principi, avrebbe dovuto verificare se il terrapieno realizzato dall’COGNOME per consentire la costruzione del vano interrato risultasse, o meno, superiore rispetto al piano di campagna della zona, e, in caso affermativo, avrebbe dovuto considerare l’intera fabbrica come soggetta all’obbligo di osservare le norme in tema di distanze.
Sul punto, oltre al prospetto contenuto a pag. 15 della sentenza impugnata, occorre evidenziare che quest’ultima, richiamando la C.T.U., dà atto che l’ausiliario aveva accertato che il muro posto sul confine del due fondi di proprietà delle parti aveva funzione principalmente divisoria, e che ad esso ‘… è stato addossato il riporto di terra che ora costituisce il piano calpestabile del terreno di parte convenuta. Per l’altezza di m. 0,54 il muro contiene il dislivello tra le due proprietà, mentre per l’altezza residua di m. 0,18 lo zoccolo è fuori terra su entrambi i lati’ (cfr. pag. 15 della sentenza impugnata). A fronte dell’accertamento dell’esistenza di un dislivello tra le due proprietà, il giudice di seconde cure avrebbe dovuto verificare non soltanto se la costruzione dell’Amarante fosse posta a livello completamente inferiore all’originario piano di campagna -calcolato al netto del risultato dell’opera compiuta dal predetto soggetto- ma anche se il predetto dislivello fosse stato effettivamente causato, come sembra dal passo della C.T.U. valorizzato dalla sentenza impugnata, dall’opera dell’uomo, applicando, in tale ultimo caso, anche l’ulteriore principio secondo cui ‘Il muro di contenimento tra due fondi posti a livelli differenti, qualora il dislivello derivi dall’opera dell’uomo o il naturale preesistente dislivello sia stato artificialmente accentuato,
deve considerarsi costruzione a tutti gli effetti e soggetta, pertanto, agli obblighi delle distanze previste dall’art. 873 cod. civ. e dalle eventuali norme integrative’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1217 del 22/01/2010, Rv. 611224; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 145 del 10/01/2006, Rv. 585913; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4511 del 21/05/1997, Rv. 504571).
Poiché nessuna delle suindicate valutazioni è stata condotta dal giudice del gravame, le censure in esame sono fondate.
Con il terzo motivo, la Viale lamenta la violazione o falsa applicazione degli artt. 873, 877, 878 c.c., 7, 8 e 31 delle N.T.A. del piano regolatore del Comune di Borgo San Dalmazzo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente omesso di considerare che la normativa locale imponeva l’obbligo di rispettare la distanza minima di cinque metri dal confine per qualsiasi manufatto integrante una costruzione.
Con il quarto motivo, la parte ricorrente si duole invece della violazione o falsa applicazione degli artt. 873, 877 e 878 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente omesso di considerare che anche il muro posto sul confine avrebbe dovuto essere considerato sub specie di costruzione, vista la sua funzione di contenimento del terrapieno artificiale creato dall’Amarante.
Con il quinto motivo, la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 873, 877, 878 c.c., 43 del regolamento edilizio del Comune di Borgo San Dalmazzo e 112 c.p.c., nonché la nullità della sentenza, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente omesso di statuire circa l’applicabilità alla fattispecie della normativa regolamentare locale, ritenendo di scarsa rilevanza del terrapieno artificiale realizzato
dall’COGNOME in appoggio al muro posto sul confine tra i fondi delle parti.
Le censure sopra esposte sono tutte assorbite dall’accoglimento dei primi due motivi.
Il giudice del rinvio, infatti, dovrà procedere ad una rinnovata disamina della fattispecie, da condurre nel rispetto dei principi enunciati in occasione dello scrutinio della prima doglianza, verificando se, in concreto:
-da un lato, se l’COGNOME abbia realizzato un manufatto almeno in parte posto al di sopra del piano di campagna, intendendo per tale il livello medio del suolo dell’area in cui si collocano i due fondi, precedente all’intervento posto in essere dall’origin ario convenuto, qualificando, in caso affermativo, il manufatto sub specie di costruzione ed applicando alla stessa la normativa prevista, tanto dal codice civile che dalle eventuali norme regolamentari locali, in tema di distanze;
-dall’altro lato, se il dislivello esistente tra le proprietà Amarante e Viale sia stato causato dall’opera dell’uomo, considerando, in tal caso, il muro posto a confine tra i fondi come costruzione, ed applicando allo stesso le norme suindicate in tema di distanze.
In definitiva, vanno accolti i primi due motivi del ricorso e dichiarati assorbiti i restanti.
La sentenza impugnata va di conseguenza cassata, in relazione alle censure accolte, e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Torino, in differente composizione.
PQM
la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso e dichiara assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata, in relazione alle censure accolte, e
rinvia la causa alla Corte di Appello di Torino, in differente composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda