Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5534 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5534 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 37764/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ avvocato NOME COGNOME
– Ricorrente –
Contro
RIGGIO COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME
– Controricorrente –
E contro
CONDOMINIO ITACA PAL. A-B, CONDOMINIO ITACA PAL. D, CONDOMINIO ITACA PAL. C-E.
– Intimati –
Avverso la sentenza della Corte d’ appello di Messina n. 724/2019 depositata il 25/09/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 12 febbraio 2025.
Condominio
Rilevato che:
Con citazione notificata il 28 febbraio 2004, NOME COGNOME convenne NOME COGNOME e il Condominio RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO, e, premesso di essere proprietaria, nello stesso condominio, di un appartamento al secondo piano, e che COGNOME, proprietario dell’appartamento sottostante, aveva realizzato una tettoia illegittima e abusiva, chiese la condanna dei convenuti alla demolizione dell’opera e al risarcimento del danno.
Il Tribunale di Messina, espletata una CTU, con sentenza n. 1344/2015 -emessa nel contraddittorio del Condominio (che, costituendosi, aveva eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva) e previa dichiarazione della contumacia del convenuto COGNOME -, accolse la domanda dell’attrice;
NOME COGNOME ha interposto appello nei confronti dell’attrice -la quale, costituendosi, ha chiesto il rigetto del gravame – e ha notificato l ‘atto di appello anche al Condominio che, nel primo atto difensivo, ha svolto appello incidentale e ha chiesto di essere autorizzato a chiamare in causa il Condominio RAGIONE_SOCIALE Palazzine A-B-D, le quali, a loro volta, nel primo atto difensivo, hanno svolto appello incidentale per la declaratoria di carenza di legittimazione passiva del Condominio.
La Corte d’appello di Messina ha dichiarato inammissibili gli appelli incidentali del Condominio RAGIONE_SOCIALE-BD, ha respinto l’appello incidentale del Condominio RAGIONE_SOCIALE, ha confermato la sentenza di primo grado e, da ultimo, ha regolato le spese del grado.
In particolare, per quanto qui di rilievo, la sentenza ha disatteso il primo motivo dell’appello del signor COGNOME in ragione del fatto che la vocatio in ius del convenuto, nel giudizio di primo grado, era stata ritualmente eseguita dall’ufficiale giudiziario , nelle forme dell’art. 140 c.p.c.; ha respinto il secondo motivo condividendo l’affermazione del
Tribunale in base alla quale la tettoia era stata realizzata in violazione dell’art. 907 c.c. sulle distanze delle costruzioni dalle vedute;
NOME COGNOME ha proposto ricorso, articolato in tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso, illustrato da una memoria.
Le altre parti sono rimaste intimate.
Considerato che:
il primo motivo di ricorso denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., violazione dell’art. 907 c.c. e vizio di motivazione.
Il giudice d’appello avrebbe erroneamente qualificato la tettoia come una costruzione soggetta alla disciplina delle distanze dalle vedute e non avrebbe spiegato, in maniera congrua e adeguata, le ragioni del proprio convincimento;
il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 nn. 3 e 4 c.p.c., la nullità della sentenza derivata, ex artt. 157 e 159 c.p.c., dalla nullità della CTU, svolta in primo grado, per violazione del principio del contraddittorio ex art. 101 c.p.c. e per falsa applicazione dell’art. 194 comma 1 c.p.c.
Si sostiene che la CTU sarebbe nulla sia perché l’ausiliare del Tribunale non ha inviato alle parti l’avviso contenente la data e il luogo di inizio delle operazioni peritali, sia perché il consulente d’ufficio, in violazione della prescrizione dell’art. 194 comma 1 c.p.c. , non ha compiuto tutti gli accertamenti necessari, collegati all’oggetto della perizia e, più nel dettaglio, ha reputato illegittima la collocazione della tettoia, in assenza dell ‘ indispensabile comunicazione alla P.A., da parte del proprietario, senza avvedersi che il ricorrente, il 21 gennaio 2005, aveva inviato regolare comunicazione al Comune di Messina;
il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5, vizio di motivazione, violazione degli artt. 1102 comma 1, 1120 comma 2 c.c., e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
La sentenza non avrebbe tenuto conto del fatto che la realizzazione dell ‘opera costituiva esercizio del diritto del condomino di servirsi della cosa comune e che la tettoia, costruita sull’esatto perimetro del balcone del ricorrente, non aveva compromesso il diritto di veduta della proprietaria dell’appartamento del piano di sopra e nemmeno la stabilità e il decoro architettonico del fabbricato condominiale;
i tre motivi, il cui esame può avvenire contestualmente perché pongono analoghe questioni, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
4.1. In primo luogo (inammissibilità dei motivi), le questioni concernenti rispettivamente la qualificazione della tettoia come costruzione, in relazione alla prescrizione ex art. 907 c.c. (primo motivo), la nullità della sentenza consequenziale alla nullità della consulenza d’ufficio per vizi procedurali (secondo motivo) , l’uso legittimo della cosa comune da parte del condomino e il regime delle ‘innovazioni’ (terzo motivo), sono questioni nuove, non trattate dalla Corte d’appello di Messina e nemmeno dedotte dall’appellante come motivo di impugnazione.
La sentenza d’appello , infatti, indica con chiarezza i due motivi di impugnazione riguardanti i seguenti profili, diversi dalle questioni sopra sintetizzate: la nullità della sentenza di primo grado per vizi di notifica dell’atto in troduttivo; la realizzazione della tettoia, pacificamente qualificata come costruzione, nel rispetto delle distanze di cui all’art. 907 c.c.
Come ricorda Cass. 27/09/2023, n. 27474 (che, in motivazione, menziona Cass. n. 32804/2019), qualora una questione giuridica –
implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, al fine di non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto.
Adempimento, questo, non assolto dal ricorrente.
Infine, con riferimento alla censura in punto di ‘omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio’ (terzo motivo), va applicata la previsione di cui all’art. 348 ter ultimo comma c.p.c., che, per l’ipotesi di cosiddetta doppia conforme, avendo (come nel caso di specie) il giudice di appello confermato la decisione del Tribunale, sulla base delle medesime ragioni inerenti alle questioni di fatto a sostegno della sentenza di primo grado, preclude la deducibilità in sede di legittimità del vizio di cui al n. 5 dell’art. 360 comma 1 c.p.c.
4.2. In secondo luogo, alla luce del chiaro e lineare percorso argomentativo della decisione della Corte di Messina, paiono prive di fondamento le censure relative al vizio di motivazione (primo e terzo motivo).
Il vizio di motivazione apparente ricorre quando (diversamente da quanto accade in questo giudizio) la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, Rv. 666639, che, in motivazione , richiama Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526; Sez. U, Sentenza n. 16599 del 2016;
Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 6758 del 01/03/2022, Rv. 664061; Sez. 6 5, Ordinanza n. 13977 del 23/05/2019, Rv. 654145);
il ricorso, pertanto, deve essere respinto, con condanna del ricorrente al rimborso delle spese processuali in favore della controricorrente, con distrazione in favore del difensore che ne ha fatto richiesta in memoria;
a i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.000,00, più euro 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali, e agli accessori di legge, con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dichiara che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 12 febbraio 2025, nella camera di