Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5605 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3   Num. 5605  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 05911/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME , NOME COGNOME , NOME COGNOME NOME  COGNOME;  rappresentati  e  difesi dall’Avv. ( ricorso;
,  in  qualità  di  eredi  di NOME  COGNOME ), in virtù di procure in calce al
-ricorrenti –
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE ; rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO  ( )  e  NOME  COGNOME
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
( ), in virtù di procura allegata al controricorso;
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 6352 /2020 della CORTE d’APPELLO di  ROMA,  depositata  il  15  dicembre  2020,  notificata  il  22  dicembre 2020;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 9136/2015, il Tribunale di Roma, pronunciando sulle cause riunite vertenti tra NOME COGNOME (locatrice di un immobile destinato a negozio per vendita di articoli da regalo, con annesso sottonegozio, sito in Roma, INDIRIZZO) e la RAGIONE_SOCIALE (conduttrice del detto immobile), dichiarò risolto per inadempimento della conduttrice il contratto di locazione stipulato tra le parti e condannò la RAGIONE_SOCIALE al rilascio dell’immobile, da eseguirsi il 25 maggio 2015, nonché a pagare alla sig.ra COGNOME la somma di Euro 45.130,20 a titolo di canoni non corrisposti dal maggio 2013, oltre alla somma mensile di Euro 1.876,67 dal maggio 2015 al rilascio; rigettò, invece, le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, aventi ad oggetto la restituzione del deposito cauzionale di Euro 2.943,80 e la corresponsione dell’ indennità per la perdita dell’ avviamento commerciale di cui all’art.34 della legge n. 392/1978.
A fondamento di tali statuizioni, il Tribunale pose il rilievo che il contratto di locazione, stipulato il 30 aprile 2001 per la durata di sei anni  rinnovabili,  era  stato  bensì  disdettato  dopo  due  sessenni  dalla locatrice (con raccomandata del 20 giugno 2012), ma tale disdetta era stata intempestiva (in quanto non era pervenuta al conduttore dodici
mesi prima della scadenza del 30 aprile 2013, ovverosia il 30 aprile 2012), cosicché la locazione si era rinnovata per un ulteriore sessennio (sino al 30 aprile 2019), con perdurante obbligo della conduttrice -in mancanza di offerta formale di restituzione dell’immobile ex art.1216 cod.  civ. -di  continuare  a  versare  i  relativi  canoni;  obbligo  restato invece colpevolmente inadempiuto (con conseguente perdita del diritto all’indennità di avviamento) con decorrenza dal maggio 2013.
L a Corte d’appello di Roma, con sentenza 15 dicembre 2020, n. 6352, in accoglimento dell’impugnazione proposta dalla RAGIONE_SOCIALE -e in totale riforma della decisione di primo grado -, pronunciando nei confronti di NOMENOME NOME NOME NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, deceduta nelle more, ha rigettato le domande da quest’ultima proposte e, in accoglimento di quelle formulate dalla società appellante, ha condannato gli appellati a pagare alla conduttrice l’indennità per la perd ita dell’avviamento commerciale (quantificata in Euro 30.259,44, pari a 18 mensilità dell’ ultimo canone di locazione), oltre alla somma di Euro 2.943,80 a titolo di restituzione del deposito cauzionale, nonché agli interessi legali dal 30 aprile 2013 al saldo.
La Corte territoriale -previa reiezione dell’eccezione di inammissibilità dell’ appello ex art.342 cod. proc. civ., sollevata dagli eredi di NOME COGNOME -ha deciso sulla base dei seguenti rilievi:
la disdetta proveniente dalla sig.ra COGNOME, qu and’anche fosse stata nulla o intempestiva, costituiva pur sempre l ‘ estrinsecazione della sua volontà di porre fine al rapporto, la cui cessazione, dunque, era imputabile esclusivamente alla locatrice e non anche alla conduttrice, che manteneva il diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento; d’altra parte , la società conduttrice, prestando acquiescenza alla disdetta intempestiva, aveva semplicemente omesso di far valere il proprio diritto a permanere nella detenzione dell’immobile ma non
aveva dato causa allo scioglimento del rapporto, aderendo alla richiesta di restituzione proveniente dalla locatrice;
la liberazione di RAGIONE_SOCIALE dall ‘obbligo di continuare a corrispondere i canoni di locazione non era subordinata alla condizione che fosse da essa formulata offerta formale di restituzione dell’immobile ex art. 1216 cod. civ., dal momento che, ai sensi dell’art.1220 stesso codice, anche l’ offerta non formale (purché -come nella specie -concreta, seria e tempestiva, a fronte dell’ assenza di un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, autore della disdetta), escluderebbe la mora del conduttore nell’ adempimento dell’obbligo di restituzione, pur non determinando quella del locatore per gli effetti di cui al precedente art.1206.
Per la cassazione della sentenza della Corte romana ricorrono NOME, NOME e NOME COGNOME, sulla base di otto motivi. Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380 -bis .1. cod. proc. civ..
Il  pubblico  ministero  presso  la  Corte  ha  presentato  conclusioni scritte, invocando il rigetto del ricorso.
Sia i ricorrenti che la controricorrente hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con  il  primo  motivo  viene  denunciata  la  « violazione  e  falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. ».
La sentenza impugnata è censurata nella parte in cui ha rigettato l’ eccezione di  inammissibilità  dell’appello  p er  difetto  di  specificità, sollevata dagli appellati ai sensi dell’art.342 cod. proc. civ..
I  ricorrenti  deducono l’ erroneità della gravata sentenza per aver reputato l’impugnazione ammissibile, sul rilievo che le censure
formulate  dal l’appe llante  avrebbero  criticato,  da un  lato,  l’inesatta ricostruzione della vicenda negoziale , dall’ altro la non corretta individuazione  delle  norme  applicabili,  operate  dal  giudice  di  primo grado. Sostengono che la lettura dell’atto di appello avrebbe dovuto « condurre la Corte di merito a conclusioni diametralmente opposte ».
1.1. Il motivo è inammissibile, poiché si traduce nella riproposizione dell’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione per asserito difetto di specificità, già sollevata dinanzi alla Corte d ‘appello e da questa motivatamente rigettata, senza censurare le argomentazioni poste a fondamento della statuizione di rigetto dell’eccezione emessa dal giudice di second o grado, il quale -ci si limita ad asserire senza chiarire le ragioni di tale asserzione -avrebbe dovuto giungere a ‘ conclusioni diametralmente opposte ‘.
In  ogni  caso,  ove  fosse  stato  possibile  scrutinarlo  nel  merito,  il motivo sarebbe stato anche infondato.
Avuto riguardo al contenuto dell’atto di appello, che questa Corte è legittimata ad esaminare quale giudice del ‘fatto processuale’, avrebbe infatti dovuto ritenersi che l’impugnazione della RAGIONE_SOCIALE -in conformità a quanto già correttamente reputato dalla Corte territoriale -soddisfacesse i requisiti di specificità richiesti dall’art.342 cod. proc. civ. (sui quali v., recentemente, Cass., Sez. Un., 13/12/2022, n. 36481; in precedenza, Cass., Sez. Un., 16/11/2017, n. 27199; Cass. 30/05/2018, n. 13535), contenendo sia la chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, sia una sufficiente parte argomentativa, affiancata alla parte volitiva, diretta a confutare le ragioni addotte dal primo giudice.
Con il secondo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art.360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 28 e 34 della legge n. 392/1978.
I ricorrenti censurano la sentenza impugnata, da un lato, per aver ritenuto  che  la  disdetta  inviata  da  NOME  COGNOME,  benché intempestiva e  priva  dell’indicazione  d ella  data  di  scadenza,  fosse nondimeno idonea a determinare la cessazione del rapporto imputabile alla locatrice; dall’altro lato, per avere omesso di valutare il disinteresse di RAGIONE_SOCIALE a proseguire nel rapporto locatizio.
Deducono che, se avesse correttamente preso atto dell’ inefficacia della disdetta e della conseguente rinnovazione del rapporto per un ulteriore sessennio (1° maggio 2013 -30 aprile 2019), la Corte territoriale, analogamente a quanto ritenuto dal primo giudice, avrebbe reputato perdurante l’obbligo della RAGIONE_SOCIALE di pagare i relativi canoni; del pari, se avesse valutato il disinteresse della conduttrice alla prosecuzione del rapporto, avrebbe preso atto dell’ insussistenza del suo diritto di percepire l ‘indennità di avviamento.
2.1. Il motivo è manifestamente infondato.
Conformemente a quanto correttamente osservato dal AVV_NOTAIO Generale, deve ritenersi che, in tema di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, il rilascio dell’immobile da parte del conduttore a seguito di disdetta ai sensi dell’art. 28, primo comma, della legge 27 luglio 1978, n. 392, non comporta il venir meno del diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, ancorché la disdetta intimata dal locatore debba considerarsi inefficace (perché tardiva), atteso che in tale ipotesi il rilascio non può essere ricondotto al mutuo consenso del locatore e del conduttore in ordine alla cessazione della locazione, costituendo la disdetta, ancorché inefficace, estrinsecazione di una unilaterale iniziativa dello stesso
locatore, cui soltanto è imputabile la conclusione del rapporto (Cass.12/11/1997, n. 11165; Cass.28/11/2001, n. 15091).
Pertanto, da un lato, la disdetta, benché inefficace, quale manifestazione della volontà del locatore di porre fine al rapporto, è comunque idonea a determinarne la conclusione per fatto a lui imputabile se l’inefficacia non vie ne opposta dal conduttore ; dall’altro lato, la disdetta medesima, ancorché inefficace, inviata dal locatore è comunque idonea a far sorgere ipso facto (Cass. 13/01/2009, n. 454), ove ne ricorrano gli altri presupposti, il diritto del conduttore all ‘ indennità di avviamento, poiché il rilascio dell’immobile, essendo riconducibile all ‘iniziativa del locatore di non proseguire la locazione (Cass. 23/09/2015, n. 18812) dipende non dalla volontà di entrambe le parti ma da quella del solo locatore.
L’applicazione di tali principi trova il suo limite nell’ipotesi in cui l’acquiescenza del conduttore nasconda in realtà il suo sostanziale, assoluto disinteresse a permanere nell’immobile (Cass. 28/11/2009, n. 15091, cit. ), ma, nella fattispecie, l ‘insussistenza di tale disinteresse è stata motivatamente accertata dalla Corte di merito con apprezzamento di fatto insindacabile, nel momento in cui ha ritenuto che la volontà di porre fine al rapporto fosse imputabile alla sola locatrice per effetto dell’iniziativa assunta mediante l’invio della disdetta, ancorché intempestiva.
Sotto  tale  profilo,  come  evidenziato  dal  AVV_NOTAIO  Generale,  è pertanto  inammissibile  il  rilievo  diretto  ad  escludere l’ efficacia  della disdetta per mancata indicazione della scadenza del 30 aprile 2013, essendo di tutta evidenza che essa non poteva che riferirsi alla fine del secondo sessennio.
Con il terzo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 1206 e ss., 1220 e 1460 cod. civ..
La sentenza impugnata è censurata per aver ritenuto che la liberazione della RAGIONE_SOCIALE dal l’obbligo di continuare a corrispondere i canoni di locazione non era subordinata alla condizione che fosse da essa formulata offerta formale di restituzione dell’immobile ex art. 1216 cod. civ., sul rilievo che, ai sensi dell’art.1220 stesso codice, anche l’ offerta non formale (ove seria, concreta e tempestiva) avrebbe escluso la mora del conduttore nell’ adempimento dell’obbligo di restituzione, pur non determinando quella del locatore per gli effetti di cui al l’art.1 206 cod. civ..
I  ricorrenti  ribadiscono,  al  riguardo, l’ opinione  secondo  la  quale l’intimazione al creditore di prendere possesso dell’immobile oggetto di consegna « deve essere fatta nella forma prescritta dal secondo comma dell’art. 1209 cod. civ. ».
3.1. Anche questo motivo è manifestamente infondato.
Condividendo anche su questo punto le corrette osservazioni del AVV_NOTAIO Generale, deve rilevarsi che, in tema di riconsegna dell’immobile locato, mentre l’adozione della complessa procedura di cui all’art. 1216 cod. civ. e all’art. 1209, secondo comma, cod. civ. rappresenta l’unico mezzo per la costituzione in mora del creditore e per provocarne i relativi effetti (art. 1207 cod. civ.), l ‘ adozione da parte del conduttore di altre modalità aventi valore di offerta reale non formale (art. 1220 cod. civ.), purché serie, concrete e tempestive e sempreché non sussista un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore, pur non essendo sufficiente a costituire in mora il locatore, è tuttavia idonea ad evitare la mora del conduttore rispetto all ‘ obbligo di adempiere la prestazione, anche ai fini dell ‘ art. 1591 cod. civ.; la
valutazione circa l ‘ idoneità di tale offerta è rimessa al giudice di merito e non è sindacabile in questa sede di legittimità, in presenza di congrua ed adeguata motivazione (Cass. 11/02/2020, n.3135; Cass. 04/04/2017, n. 8672; Cass. 24/09/2019, n. 23639; Cass. 05/09/2022, n. 26135, non mass.).
Nella fattispecie, il giudice del me rito ha ritenuto che l’ offerta non formale fosse stata  concreta, seria e tempestiva a fronte dell’assenza di un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore; pertanto anche il terzo motivo deve essere rigettato.
Con il quarto motivo viene denunciato l’omesso esame circa un fatto  decisivo  in  relazione  alla  mancata  liberazione  dell’immobile  da parte della RAGIONE_SOCIALE
I ricorrenti lamentano che la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione il contenuto del verbale di rilascio dell’immobile in data 12 maggio 2015, da cui sarebbe risultato che lo stesso non era stato svuotato e liberato.
Il quarto motivo va esaminato unitamente al quinto, con cui si deduce nuovamente la violazione degli artt. 1206 e ss. e 1220 cod. civ. ( unitamente all’art.1460 cod. civ.),  sullo  specifico  presupposto  della mancata liberazione dell’immobile.
5.1. I  due motivi, a l  di  là  dell’eccezione di novità sollevata dalla controricorrente,  sono  comunque  inammissibili  poiché  censurano inammissibilmente  il  giudizio  di  merito  sulla serietà  dell’ offerta  non formale di restituzione, motivatamente espresso dalla Corte d’appello.
Con il sesto motivo viene denunciata la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ..
Si deduce -per inferirne sia un vizio di violazione di legge che un vizio  di  nullità  della  sentenza -che  la  C orte  d’appello  non  avreb be posto  a  fondamento  della  decisione  « le  prove  esistenti  agli  atti »,
poiché,  nella  motivazione  resa  a  p.12  della  sentenza  impugnata,  si sarebbe  basata,  ai  fini  del  giudizio  sulla  serietà,  concretezza  e tempestività dell’ offerta di restituzione dell’immobile , sul rilievo che tra la e-mail del 29 aprile 2013 e la raccomandata del 4 ottobre successivo, spedite  dal difensore della RAGIONE_SOCIALE, vi sarebbero state altre emails, in realtà non esistenti in atti.
6.1. Il motivo è inammissibile (e persino pretestuoso) poiché, a prescindere dalla non configurabilità in ogni caso della violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (la quale può essere dedotta come vizio di legittimità solo qualora il giudice del merito violi il principio dispositivo in senso formale, ponendo a fondamento della decisione prove non proposte dalle parti o fatti specificamente e tempestivamente contestati), nella fattispecie è del tutto evidente che la Corte territoriale non ha posto a fondamento del proprio accertamento di merito il contenuto di e-mails inesistenti, ma ha motivato facendo riferimento, oltre che alla e-mail del 29 aprile 2013 e alla raccomandata del 4 ottobre successivo, al fatto non controverso che vi erano state altre emails tra i difensori delle parti; fatto di cui si dà conto, sia pure ad altri fini, anche in altro punto della sentenza impugnata (p.9).
Con il settimo motivo viene denunciata, ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., la violazione dell ‘art. 1243 c od. civ..
I ricorrenti lamentano la mancata compensazione del credito della RAGIONE_SOCIALE all’indennità di perdita di avviamento con il loro credito al corrispettivo per il canone di locazione dovuto dal 1° maggio 2013 al 12 maggio 2015.
7.1. Il motivo è manifestamente  infondato, avuto riguardo all’accertamento di merito della liberazione della conduttrice dall’obbligo di corrispondere i  canoni  all’esito  della  seria,  concreta  e
tempestiva  offerta  reale  non  formale  di  restituzione dell’immobile  e dell’assenza di un legittimo motivo di rifiuto da parte del locatore.
Con l’o ttavo motivo, proposto subordinatamente alla reiezione del settimo, viene denunciata nuovamente la violazione degli artt. 1206 e ss. e 1220 cod. civ. ( unitamente all’art.1460 cod. civ.), sul presupposto che la costituzione in mora della locatrice ( recte : la liberazione della conduttrice dall’obbligo di corresponsione dei canoni) fosse avvenuta dal 1° maggio 2013 (data della e-mail inviata dal difensore della RAGIONE_SOCIALE al difensore della sig.ra COGNOME), anziché dal 13 novembre 2013, data della compiuta giacenza della raccomandata inviata dal primo direttamente alla locatrice il precedente 4 ottobre 2013.
8.1. Il motivo è inammissibile, criticando l’accertamento di merito sul momento perfezionativo dell’ offerta non formale, con i crismi della serietà, concretezza e tempestività.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228, deve infine darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1 -bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della società controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida, in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della  sussistenza  dei  presupposti  processuali  per  il  versamento,  da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione