Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 11822 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 11822 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3346/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato,
–
ricorrente –
contro
COMUNE DI SASSARI , in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME, dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato,
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 391/2021 della CORTE d’APPELLO di Cagliari -sezione distaccata di Sassari pubblicata il 24.11.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 30.1.2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Locazione uso diverso -Contratto stipulato da ente pubblico Disdetta -Art. 29 lett. b l. l. 392/1978/1978 – Valutazione della serietà dell’intenzione – Fattispecie
Con sentenza pubblicata il 9.9.2020 il Tribunale di Sassari rigettò l’opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE e convalidò la licenza per finita locazione alla prima scadenza, intimata dal Comune di Sassari, del contratto stipulato il 18.12.2008 avente ad oggetto un’area nell’abitato di Sassari , della quale l’ente locale era divenuto proprietario per successione dalla Fondazione Brigata Sassari. Con nota del 19.12.2017 il Comune di Sassari aveva comunicato alla società conduttrice la volontà di non rinnovare il contratto alla prima scadenza, avendo in precedenza (con delibera della Giunta Comunale n. 228 del 19.9.2017) destinato l’area ad u n diverso uso.
La conduttrice si oppose alla convalida invocando l’impossibilità giuridica del nuovo uso che il Comune intendeva fare dell’area (area di servizio e realizzazione parcheggi annessi a campo di calcio). Al riguardo, dedusse che al momento della disdetta l’area era classificata nello strumento urba nistico generale come G5.1.4 ‘impianti di distribuzione carburanti’, mentre il procedimento per l’adozione della variante del piano urbanistico, peraltro non ancora completato, era stato illegittimamente avviato da un organo incompetente – la Giunta in luogo del Consiglio -e senza la necessaria copertura finanziaria.
Il Tribunale a fondamento della sua decisione evidenziò che la nuova destinazione d’uso dell’area di proprietà del Comune, competente a variare lo strumento urbanistico generale in funzione del nuovo uso, costituiva intento serio e possibile per giustificare disdetta alla prima scadenza ex art. 29 L. 392/78, non essendo viceversa richiesta la validità del relativo provvedimento, ed essendo preclusa al giudice qualsiasi indagine sulla legittimità o conclusione dell’ iter amministrativo avviato per attuare il nuovo uso.
La Corte d’ appello di Cagliari -sezione distaccata di Sassari con sentenza pubblicata il 24.11.2021 rigettò l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE con l’aggravio delle spese del grado.
Osserv ò la Corte d’appello che : nelle locazioni per uso diverso l’art. 29 l. 392/1978 attribuisce al locatore la facoltà di impedire il rinnovo alla prima scadenza in ipotesi tassativamente indicate; nel caso di ente pubblico o di diritto pubblico si fa riferimento alla destinazione del bene all’esercizio di attivit à
tendenti al conseguimento delle finalità istituzionali; per il diniego del rinnovo è richiesta non la necessità per il locatore a causa di una situazione sopravvenuta, ma l’indicazione di un proposito serio e giustificato basato su una precisa ed analitica situazione tale da permettere la verifica giudiziale; con riferimento agli enti pubblici non è sufficiente il riferimento generico alle finalità istituzionali, dovendosi specificare la concreta attività da svolgere, al fine di permettere la verifica giudiziale della serietà ed attuabilità dell’intenzione , che, però, non include il controllo di legittimità dei procedimenti amministrativi e del loro esito, ostando solo l’impossibilità giuridica assoluta del conseguimento del risultato.
Tanto premesso, notò ancora la Corte d’appello , premesso che non sarebbe stato possibile verificare la legittimità del procedimento amministrativo avviato, né l’esistenza della copertura finanziaria, che l’esame della compatibilità urbanistica, predicabile nel caso in cui il locatore sia un privato, non è estensibile al Comune dotato del potere di avvio del procedimento di variante al PRG, sempre che non sussistenti vincoli ostativi di carattere superiore (nella specie, non dedotti). L ‘unico parametro, pertanto, era rappresentato dalla verifica della serietà/possibilità giuridica dell’intento manifestato dal Comune di Sassari per la destinazione del bene ad area di servizio e parcheggi di un campo di calcio, il cui scrutinio era stato fatto correttamente in prime cure.
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi. Risponde con controricorso il Comune di Sassari.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione dell ‘art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. per motivazione apparente con riferimento al difetto di conformità urbanistica.
RAGIONE_SOCIALE lamenta che la Corte d’appello nell’esame del primo motivo d’appello avrebbe reso una motivazione ‘ attraverso una serie di affermazioni disancorate dagli specifici argomenti del motivo di ricorso e che non seguono un filo logico riconoscibile, sono per lo più apodittiche e fanno riferimento ad aspetti ed argomenti del tutto diversi da quelli prospettati da parte appellante, con una conseguente motivazione inidonea ad esplicitare il ragionamento logico-giuridico che ha condotto alla decisione’ . S egnatamente, la Corte d’appello avrebbe travisato la tesi della ricorrente , non avendo contestato l’impossibilità di mutare la destinazione urbanistica dell’area , ma che tale modifica sarebbe giuridicamente irrealizzabile, poiché l’esclusività della destinazione urbanistica dell’area ai fini di installazione di impianti per la distribuzione di carburanti sulla base del PUC comunale ostava alla destinazione a parcheggio, tanto che solo in un momento successivo alla disdetta l’amministrazione comunale aveva avviato il procedimento di variante al piano urbanistico.
1.1. Il motivo è inammissibile, in quanto viene fondato su elementi aliunde rispetto alla motivazione della sentenza contro i principi fissati dalle Sezioni Unite nelle sentenze 7 aprile 2014, nn. 8054 e 8053, nelle quali è enunciata la necessità che il vizio ‘emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata’ , vale a dire ‘prescindendo dal confronto con le risultanze processuali’ (così, tra le molte, Cass., sez. I, 20 giugno 2018, n. 20955, non massimata; in senso conforme, più di recente, Cass., sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090).
La ricorrente nella censura della sentenza si duole del fatto che la corte avrebbe fatto riferimento ad aspetti ed argomenti del tutto diversi da quelli prospettati nel primo motivo di appello, che nemmeno è oggi riprodotto e considerato che si evocano svariati documenti ed allegazioni. Là dove si censurano passi motivazionali della sentenza impugnata, essi, se apprezzati di per sé soli, sono del resto tali da integrare una motivazione assolutamente comprensibile e percepibile come si ricava dalla lettura di quanto riportato dalla Corte d’appello da pagina 3 (riga 22) a pagina 5.
Con il secondo motivo, ai sensi dell’art. dell’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente censura la sentenza per motivazione apparente con
riferimento alla valutazione della serietà dell’intento dedotto in disdetta, attesa l’impossibilità giuridica di realizzare l’iniziativa secondo le norme e i regolamenti vigenti.
Secondo la ricorrente erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuta legittima la disdetta nonostante l’impossibilità giuridica di realizzare l’iniziativa secondo le norme e i regolamenti vigenti. Nel pervenire alla sua decisione la corte, pur dichiarando di muoversi nel perimetro segnato da Cass. 12711/2015, in modo illogico ed incongruo ha sostenuto che ‘è assolutamente estranea alla ratio della norma … la necessaria compatibilità urbanistica dell’opera …” (cfr. p ag. 5, primo cpv., della sentenza impugnata); ‘… il Comune ha gli strumenti e il potere per adeguare mediante apposita variante del PRG la disciplina urbanistica al nuovo uso che intende fare dell’area’ (cfr. pg. 5, secondo cpv., della sentenza impugnata). Sennonché, la nozione di «impossibilità giuridica» la si sarebbe dovuta valutare esclusivamente in relazione a «leggi e regolamenti già vigenti». In astratto, la modifica della destinazione urbanistica in variante è possibile, ma questa avviene solo all’esito di un complesso procedimento coinvolgente amministrazioni diverse e con il controllo della Regione Sardegna: prima di quel momento non sarebbe stata possibile la realizzazione di un parcheggio in area destinata ad impianti di distribuzione carburanti.
2.1. Il motivo è inammissibile e comunque, se superasse tale valutazione sarebbe infondato.
La ricorrente nell’intestazione del motivo indica l’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. e non l’art. 132, comma secondo, n. 4, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., sebbene abbia dedotto un vizio di motivazione apparente.
Al di là della mancata evocazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 cod. proc. civ., anche a voler apprezzare il vizio, alla stregua degli insegnamenti di Cass., Sez. Un., n. 17931 del 2013, questo si colloca fuori dal perimetro segnato dalle Sezioni Unite di questa Corte in termini di riduzione al «minimo costituzionale» del sindacato di legittimità sulla motivazione; pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in
violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione»’ (cfr. Cass., sez. un., 80538054/2004, cit.; Cass., sez. III, 12 ottobre 2017, n. 23940; Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598; Cass., sez. I, 7090/2022, cit.).
Tali ipotesi non ricorrono nel caso in esame, per aver la Corte d’appello enunciato in modo esaustivo lo sviluppo logico e argomentativo alla base della soluzione adottata in ordine alla verifica del requisito ex art. 29, comma primo, lett. b), l. 392/1978, inteso come «serietà e attuabilità» nel quadro normativo (primario e secondario) dato e nel rispetto della ratio legis diretta a salvaguardare la stabilità delle locazioni commerciale a fronte di possibili condotte pretestuose del locatore. Nel dedurre il prospettato vizio motivazionale la ricorrente, come reso evidente dalla chiusura del motivo (v. pagina 15 del ricorso), vorrebbe sottoporre a questa Corte un riesame della questione fattuale «serietà e attuabilità» in una prospettiva di effettività, il cui esame, tuttavia, compete solo al giudice del merito.
2.2. Qualora si dovesse apprezzare la motivazione in iure , l’assunto che valga ciò che è possibile nel momento del diniego di rinnovo risulterebbe infondato.
Infatti, in tema di diniego di rinnovazione del contratto di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, alla prima scadenza, ai sensi dell’art. 29 della legge 27 luglio 1978 n. 392, l’intenzione palesata dal locatore deve esprimere un intento serio, cioè realizzabile tecnicamente e giuridicamente (v. Cass., sez. III, 14 gennaio 2000, n. 358), ma non è richiesta anche la prova della effettiva e concreta realizzazione di quell’intento (v. Cass., sez. III, 22 giugno 2016, n. 12891; Cass., sez. III, 20 agosto 2003, n. 12209).
Quanto agli enti pubblici, come già evidenziato nella sentenza impugnata, in base all’art. 29, comma primo, lett. b, l. l. 392/1978 non basta la mera indicazione della destinazione del bene a fini istituzionali, ma è necessaria l’indicazione della concreta attività da svolgere nell’immobile, perché il conduttore ed il giudice devono essere messi in condizione di verificare la serietà e l’attuabilità della intenzione indicata, oltre che operare il successivo controllo sull’effettiva destinazione dell’immobile all’uso indicato, in caso di richiesta di applicazione delle misure sanzionatorie previste dall’art. 31 (v. Cass., sez. III, 19 giugno 2015, n. 12711; Cass., sez. III, 13 dicembre 2000, n. 15752; Cass., sez. III, 4 maggio 1993, n. 5150; Cass., sez. III, 25 febbraio 1988, n. 2036).
La valutazione della ‘serietà ed attuabilità’ va operata con giudizio di prognosi postuma e quindi rapportandosi alla situazione ex ante (v. Cass. 22 novembre 2000, n. 15075; 16 gennaio 2013, n. 936), mirando essa a sorreggere una semplice manifestazione di intenti e non una necessità. Nell’ambito della verifica giudiziale, tuttavia, non occorre farsi carico dello stato dei procedimenti amministrativi avviati per conseguire il concreto risultato divisato, né della stessa probabilità del loro esito, ma solo dell’eventuale assoluta impossibilità giuridica in base a leggi o regolamenti già vigenti (v. Cass., sez. III, 5 aprile 1995, n. 4003; Cass., sez. III, 19 gennaio 1999, n. 463; Cass. 12711/2015, cit.).
In questa prospettiva, non rilevano né l’attuale destinazione d’uso dell’immobile, né l’iter del procedimento amministrativo per la variante urbanistica, data la carenza di elementi a proposito dell’impossibilità di concludere il primo in senso positivo per il Comune richiedente e di conseguire il mutamento di quella destinazione (nella sentenza tra l’altro è stato evidenziato che non ricorrevano vincoli ostativi di carattere superiore ‘ nella specie, non dedotti ‘) , poiché quel che rilevava ai fini del giudizio era la verifica della serietà dell’intenzione adibitoria e della sua attuabilità, il cui scrutinio integra, all’evidenza, un apprezzamento in fatto non censurabile in sede di legittimità se immune da vizi logici o giuridici. Ipotesi del tutto insussistenti nel caso di specie.
Con il terzo motivo viene denunciata , ai sensi dell’art. dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. , la violazione dell’art. 29, comma primo, lett. b), l. 392/1978 e dell’art. 42, comma secondo, lett. b) D.Lgs. 267/2000 .
La ricorrente ascrive alla Corte d’appello la violazione dell’art. 29, comma primo, lett. b), l. 392/1978 in ordine in ordine alla «serietà» della disdetta pur in presenza dell’incompetenza funzionale della Giunta in materia di oper e pubbliche. In particolare, l’iniziativa per la realizzazione del parcheggio trae origine dalla deliberazione di programmazione della G.C. n. 228 del 19/9/2017, la quale tuttavia: a) indica nella ‘scheda 2 – quadro interventi e risorse necessarie alla loro realizzazi one’ la ‘realizzazione campo di calcio di INDIRIZZO con annessa area servizio ex ENI INDIRIZZO senza alcun riferimento al parcheggio progettato in via di massima solo successivamente come da relazione tecnica del 12/12/2017; b) concerne la programmazione triennale dei lavori pubblici 2018/2020 e in particolare l’elenco annuale 2018, ma tuttavia ai soli fini della mera ‘adozione’ di tale programma e cioè di semplice proposta al Consiglio Comunale cui compete l’iniziativa di realizzare o meno un’ope ra pubblica.
In base all’art. 42, comma secondo, lett. b) D.Lgs. 267/2000 la materia della programmazione dei lavori pubblici e l’elenco annuale costituiscono competenza inderogabile del Consiglio Comunale, sì che un’opera pubblica, qual e è il parcheggio in questione, non programmata dal Consiglio Comunale di Sassari è un’opera solo astrattamente coerente con le finalità istituzionali del Comune, ma giuridicamente irrealizzabile in assenza di volontà a tal fine espressa dal medesimo Consiglio Comunale, cui appartiene in via esclusiva la relativa competenza in ordine alla scelta.
Con il quarto motivo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 29, comma primo, lett. b), l. 392/1978 e dell’art. 162, comma primo, D.Lgs. 267/2000.
Lamenta la ricorrente che nella valutazione del requisito della serietà della disdetta la Corte d’appello erroneamente ha ritenuto non rilevante l’aspetto finanziario dell’opera pubblica , ma la deliberazione di programmazione della G.C. n. 228 del 19/9/2017 – cui poi ha fatto seguito la deliberazione della G.C. n.
323/2017 di approvazione del progetto di massima del parcheggio – non contendendo la menzione dell’opera non reca la copertura finanziaria obbligatoria in base al D.Lgs. 267/2000. La mancata documentazione della previsione di spesa fa sì che la possibilità di realizzazione ‘costituisce un’astratta petizione di principio giuridicamente irrealizzabile a motivo sia dell’assenza di sua decisione da parte del Consiglio Comunale, sia dell’assenza di sua previsione a bilancio’.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante l’evidente connessione in ordine alla valutazione della disdetta per i pretesi vizi procedimentali, sono inammissibili.
5.1. Secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez. Un., 5 maggio 2006, n. 10313). In altri termini, non è il punto d’arrivo della decisione di fatto che determina l’esistenza del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ma l’impostazione giuridica che, espressamente o implicitamente, abbia seguito il giudice di merito nel selezionare le norme applicabili alla fattispecie e nell’interpretarle. Compito, quest’ultimo, al quale il ricorrente non ha ottemperato non formulando in modo debito una censura della motivazione in relazione allo sviluppo argomentativo legato alla pretesa violazione dell’art. 29, comma primo, lett. b), l. 392/1978.
Norma, quest’ultima , applicata dal giudice di secondo grado secondo l’interpretazione resa dal diritto vivente ( senza dover ‘valutare i procedimenti amministrativi avviati, né la probabilità del loro esito, ma solo l’eventuale assoluta impossibilità giuridica del conseguimento del risultato in base a leggi o regolamenti già vigenti ‘, v. , più di recente, Cass. 12711/2015, cit.).
Rispetto a tale interpretazione la ricorrente non spiega come la Corte d’appello sarebbe incorsa nella lamentata errata interpretazione della fattispecie astratta, ma si limita a contrapporre ad un dato normativo (‘adibire l’immobile all’esercizio … se si tratta di pubbliche amministrazioni, enti pubblici o di diritto pubblico, all’esercizio di attività tendenti al conseguimento delle loro finalità istituzionali ‘) , la cui interpretazione è stata enucleata nei termini indicati in sentenza, una non «realizzabilità giuridica» per la dedotta incompetenza della Giunta comunale e per la mancanza di copertura finanziaria.
Conclusivamente, il motivo lungi dal denunciare un ‘error in iudicando’, tende a propiziare una ricostruzione dei fatti e una valutazione delle prove alternative a quelle compiute dalla Corte di merito. La ricorrente, pertanto, omette di considerare che l’accertamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie funzionali a tale accertamento sono attività riservate al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467; Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
5.2. In secondo luogo, il motivo è inammissibile per non aver la ricorrente aggredito la ratio decidendi espressa dalla Corte d’appello a pagina 5 (primo capoverso): ‘ È infatti assolutamente estranea alla ratio della norma, che intende sottrarre la stabilità delle locazioni commerciali a comportamenti pretestuosi del locatore, la necessaria compatibilità urbanistica dell’opera. O meglio, così argomentando l’Eni intende forse estendere al Comune (pacificamente dominus della disciplina urbanistica del territorio comunale) principi al limite validi per un soggetto di diritto privato. Nel senso che la destinazione urbanistica vigente al tempo della disdetta rileva per il privato che intenda destinare l’immobile locato ad un diverso uso, che deve essere anche necessariamente compatibile con la destinazione urbanistica. Diversamente la nuova intenzione sarebbe irrealistica e pertanto pretestuosa. E ciò perché la norma non tutela il mero desiderio del locatore ma l’intento serio e concretamente realizzabile, cui osterebbe u na
destinazione urbanistica incompatibile sulla quale il privato non ha alcun potere d’interferire. Non così per il Comune che ha gli strumenti e il potere per adeguare mediante apposita variante del PRG la disciplina urbanistica al nuovo uso che intende fare dell’area. Così che l’intento è serio e concreto in quanto l’ente ha in sé i poteri e gli strumenti per incidere sulla disciplina urbanistica del territorio comunale. Ovviamente purché non sussistano vincoli ostativi sovraordinati alla potestà del Comune (es. idrogeologici, ambientali, archeologici, paesaggistici ecc.), nel caso di specie non solo indimostrati ma neppure allegati dalla società appellante. È pertanto irrilevante sia la legittimità del procedimento amministrativo per la realizzazione dell’opera pubblica cui il nuovo uso dell’area sarebbe funzionale che il completamento del relativo iter mediante l’intervento della RAS, poiché non sono stati dedotti interessi sovraordinati (dei quali possa essere portatrice la Regione o una diversa autorità pubblica) ostativi alla realizzazione del progetto ‘. D i qui, pertanto, il difetto di decisività della censura.
Anche in tal caso, qualora si volesse apprezzare la motivazione in iure , l’assunto che , ai fini di cui all’art. 29 l. 392/1978 valga solo ciò che è possibile nel momento del diniego di rinnovo, risulterebbe infondato alla luce di quanto espresso nel paragrafo 2.2. in ordine allo stato della giurisprudenza di questa Corte circa i limiti della verifica giudiziale della serietà dell’intenzione adibitoria da parte del locatore.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in euro 200 per esborsi ed euro 8.000 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte