LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Diritto potestativo: esercizio in atto processuale

Una società affittuaria di rami d’azienda si opponeva a un decreto ingiuntivo, sostenendo di aver diritto a una riduzione del canone a causa dell’inadempimento della società concedente (mancato pagamento dei canoni di leasing). La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 4347/2024, ha stabilito che l’esercizio del diritto potestativo di ridurre il canone può validamente avvenire anche tramite un atto processuale, come la memoria di costituzione in giudizio, cassando la sentenza d’appello che aveva ritenuto non esercitata tale facoltà.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Diritto Potestativo: Esercizio Valido Anche con un Atto Processuale

In un recente e significativo intervento, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4347 del 19 febbraio 2024, ha affrontato una questione cruciale in materia contrattuale e processuale: le modalità di esercizio di un diritto potestativo. La Corte ha chiarito che la facoltà di modificare unilateralmente una situazione giuridica, come la riduzione del corrispettivo di un contratto, può essere validamente manifestata attraverso un atto del processo, ad esempio una memoria difensiva, senza necessità di forme sacramentali.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un contratto di affitto d’azienda relativo a diversi punti vendita. La società affittuaria, a seguito del mancato pagamento di una somma pattuita, subiva l’emissione di un decreto ingiuntivo da parte della società concedente.
L’affittuaria si opponeva al decreto, eccependo in compensazione un proprio controcredito. In particolare, sosteneva che, in base a una specifica clausola contrattuale (la 2.4.), il mancato pagamento da parte della concedente dei canoni di leasing relativi ai beni aziendali le dava il diritto di ridurre il canone d’affitto. L’esercizio di tale diritto era stato, a suo dire, manifestato proprio negli atti difensivi del giudizio di primo grado.

La Decisione della Corte d’Appello

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano dato torto alla società affittuaria. In particolare, la Corte territoriale aveva rigettato il motivo di gravame relativo alla riduzione del canone, ritenendolo infondato. Secondo i giudici d’appello, la facoltà di ridurre il corrispettivo, pur prevista dal contratto, non era mai stata concretamente esercitata dalla società affittuaria. La corte aveva inoltre giudicato la contestazione “pretestuosa e non pertinente”, poiché l’affittuaria non poteva essere chiamata a rispondere del pagamento dei canoni di leasing.
Questo ragionamento, tuttavia, si rivelava intrinsecamente contraddittorio e giuridicamente errato, spianando la strada al ricorso per cassazione.

L’Analisi della Cassazione sull’Esercizio del Diritto Potestativo

La Suprema Corte ha accolto il quinto motivo di ricorso, centrato proprio sulla violazione di legge e sull’omessa motivazione riguardo all’esercizio del diritto potestativo di riduzione del canone. I giudici di legittimità hanno smontato la decisione della Corte d’Appello, definendola “illogica e incoerente rispetto alle premesse, oltre ad essere errata in diritto”.

Le Motivazioni

Il punto focale della decisione della Cassazione risiede nel principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui l’esercizio di un diritto potestativo può avvenire anche con un atto processuale, in assenza di previsioni contrattuali o legali che impongano forme specifiche. La Corte d’Appello aveva ammesso l’esistenza della clausola contrattuale che conferiva all’affittuaria il potere di ridurre il canone, ma aveva poi illogicamente concluso che tale potere non fosse mai stato esercitato.
La Cassazione ha evidenziato come questa affermazione fosse in palese contrasto con gli atti processuali, in cui la società affittuaria aveva chiaramente manifestato la volontà di avvalersi di quella clausola per compensare il proprio debito con il credito derivante dall’inadempimento della concedente. Sostenere, come ha fatto la Corte d’Appello, che la questione del mancato pagamento dei canoni di leasing fosse irrilevante era un errore palese. Infatti, se è pacifico che tale inadempimento faceva sorgere il diritto dell’affittuaria a ridurre il proprio debito, è altrettanto evidente l’interesse di quest’ultima a sollevare la questione in giudizio.
La Corte ha quindi ribadito che la manifestazione di volontà espressa nell’atto di costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo era un modo pienamente legittimo per esercitare il diritto potestativo previsto dal contratto. Pertanto, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: la libertà delle forme nell’esercizio dei diritti potestativi. Salvo che la legge o il contratto non dispongano diversamente, un diritto che modifica unilateralmente la sfera giuridica altrui può essere esercitato anche implicitamente o tramite atti processuali. La decisione implica che le dichiarazioni rese negli atti di causa non hanno un valore meramente argomentativo, ma possono costituire veri e propri atti negoziali con effetti sostanziali sul rapporto giuridico dedotto in giudizio. Per le imprese e i loro legali, ciò significa prestare la massima attenzione a come vengono formulate le difese, poiché esse possono integrare l’esercizio di facoltà contrattuali decisive per l’esito della controversia. Il giudice di rinvio dovrà ora riesaminare la questione attenendosi al principio di diritto stabilito dalla Cassazione.

Come si può esercitare un diritto potestativo previsto in un contratto?
Secondo la Corte di Cassazione, se il contratto o la legge non prevedono una forma specifica, un diritto potestativo (come quello di ridurre un canone) può essere esercitato con una semplice manifestazione di volontà, anche attraverso un atto processuale come una memoria difensiva in giudizio.

Perché la decisione della Corte d’Appello è stata considerata errata?
La decisione è stata giudicata errata e contraddittoria perché, pur riconoscendo l’esistenza della clausola contrattuale che dava alla società affittuaria il diritto di ridurre il canone, ha concluso che tale diritto non era mai stato esercitato, ignorando che la volontà di avvalersene era stata chiaramente espressa negli atti difensivi del processo.

Qual è l’implicazione pratica di questa ordinanza?
L’implicazione principale è che le affermazioni e le richieste formulate all’interno degli atti di un processo possono avere effetti giuridici sostanziali e diretti sul rapporto contrattuale. Un’eccezione sollevata in una memoria difensiva può essere considerata a tutti gli effetti come l’esercizio di un diritto contrattuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati