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Diritto di voto nel concordato: il conflitto di interessi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22843/2025, ha stabilito che il diritto di voto nel concordato fallimentare non può essere escluso sulla base di una mera inimicizia personale tra il creditore e il proponente. Un conflitto di interessi, per giustificare l’esclusione, deve essere oggettivo e preesistente alla votazione. La Corte ha inoltre confermato che il creditore, il cui voto decisivo sia stato illegittimamente ‘sterilizzato’, ha sempre l’interesse ad agire per opporsi all’omologazione del concordato, a prescindere da una valutazione di convenienza economica dell’alternativa fallimentare.

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Il Diritto di Voto nel Concordato: Limiti e Tutele del Creditore

Il diritto di voto nel concordato rappresenta uno snodo cruciale nelle procedure fallimentari, determinando la sorte di un’azienda in crisi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato confini netti riguardo alle condizioni che possono portare all’esclusione di un creditore dal voto, ponendo l’accento sulla necessità di un conflitto di interessi oggettivo e non su mere ragioni personali. Questa decisione riafferma la centralità del ruolo dei creditori e la tutela del loro diritto a partecipare attivamente alla formazione della volontà collettiva.

Il Caso: Un Voto Decisivo Annullato per “Inimicizia”

La vicenda trae origine da una proposta di concordato fallimentare per una società. Un creditore, detentore di una quota di crediti pari all’85% del totale, esprimeva il proprio voto contrario. Tuttavia, il Giudice Delegato decideva di “sterilizzare” questo voto, ritenendo sussistente un conflitto di interessi basato su una grave inimicizia tra la figlia del proponente del concordato (legata alla società fallita) e il rappresentante legale della società creditrice. Di conseguenza, il Tribunale omologava il concordato, considerandolo approvato.

La società creditrice si opponeva, e la Corte d’Appello ribaltava la decisione di primo grado, revocando il decreto di omologazione. La Corte territoriale sosteneva che il conflitto di interessi, per giustificare l’esclusione dal voto, deve avere carattere oggettivo e preesistere alla votazione, non potendo basarsi su rapporti personali o essere desunto dal semplice dissenso manifestato. Il proponente del concordato ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

L’Interesse ad Agire del Creditore Escluso dal Diritto di Voto nel Concordato

Uno dei punti centrali del ricorso riguardava la presunta mancanza di interesse ad agire della società creditrice. Secondo il ricorrente, il creditore escluso avrebbe dovuto dimostrare che la liquidazione fallimentare sarebbe stata economicamente più vantaggiosa rispetto alla soluzione concordataria.

La Cassazione ha respinto con forza questa tesi. I giudici hanno chiarito che l’interesse del creditore, il cui voto è stato illegittimamente escluso, è in re ipsa. Esso risiede nella violazione del suo diritto fondamentale a concorrere alla formazione della volontà del ceto creditorio. L’esclusione illegittima dal conteggio delle maggioranze lede un interesse personale e diretto, tutelato dall’ordinamento, a prescindere da qualsiasi comparazione di convenienza economica. Pertanto, il creditore ha pieno diritto di opporsi all’omologazione per far valere la regolarità della procedura di voto.

Conflitto di Interessi e Abuso del Diritto di Voto nel Concordato

Il secondo motivo di ricorso si concentrava sull’abuso del diritto di voto. Il proponente sosteneva che il voto contrario del creditore, privo di una giustificazione razionale e dannoso per gli altri creditori, costituisse un esercizio abusivo del diritto, in violazione dei principi di correttezza e buona fede.

Anche su questo punto, la Corte di Cassazione ha fornito precisazioni fondamentali. Il principio maggioritario che governa il diritto di voto nel concordato implica che il creditore non è tenuto a giustificare le ragioni del proprio dissenso. L’abuso del diritto di voto è configurabile solo in ipotesi specifiche e oggettivamente riscontrabili, come il “mercato dei voti” (quando un creditore ottiene vantaggi personali in cambio del suo voto) o altre condotte collusive esterne. Le motivazioni interne, personali ed insindacabili del votante sono irrilevanti, anche se la proposta appare vantaggiosa per la massa. Sterilizzare i voti contrari solo perché il concordato sembra economicamente più conveniente significherebbe disarticolare il principio del consenso maggioritario che è alla base della procedura.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione rigettando il ricorso e confermando la sentenza d’appello. Ha ribadito che il creditore dissenziente, escluso dal voto, non deve dimostrare altro che la lesione del suo diritto a esprimere il proprio consenso per avere interesse a opporsi. Pretendere una prova della maggiore convenienza della liquidazione significherebbe introdurre un controllo di merito sulla convenienza del concordato che la legge riserva a casi specifici (come il “cram down”).

In merito al conflitto di interessi, la Corte ha sottolineato che questo deve essere “immanente”, ossia basato su un interesse oggettivamente incompatibile con quello della collettività dei creditori, e non può derivare da fattori soggettivi come l’astio personale. Un conflitto desunto ex post, cioè solo dopo aver visto il voto contrario, non è una causa legittima di esclusione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un principio cardine del diritto fallimentare: il diritto di voto è un elemento essenziale della procedura di concordato e può essere compresso solo in presenza di circostanze gravi, oggettive e provate. Le motivazioni personali del creditore, così come l’eventuale inimicizia con il debitore, non sono sufficienti a configurare un conflitto di interessi tale da giustificare l’annullamento di un voto. Questa decisione tutela i creditori da esclusioni arbitrarie e garantisce che la volontà della maggioranza, correttamente formata, sia il vero motore della risoluzione della crisi d’impresa.

Un creditore il cui voto è stato ingiustamente escluso può sempre opporsi all’omologazione del concordato?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’illegittima privazione del diritto al voto costituisce di per sé una lesione di un interesse personale e diretto del creditore, che quindi ha sempre il diritto di opporsi per ripristinare la regolarità della procedura, senza dover dimostrare che l’alternativa (la liquidazione) sarebbe stata più vantaggiosa.

L’inimicizia personale tra il creditore e il debitore può essere considerata un conflitto di interessi che giustifica l’esclusione dal voto?
No. La Corte ha chiarito che il conflitto di interessi deve avere carattere obiettivo ed essere preesistente alla votazione. Non può basarsi su ragioni personali o familiari, come l’inimicizia, che sono considerate irrilevanti ai fini del corretto esercizio del diritto di voto nel concordato.

Chi può contestare un presunto abuso del diritto di voto da parte di un altro creditore?
La Corte suggerisce che la legittimazione a dedurre un abuso di diritto nell’esercizio del voto spetti agli altri creditori, non al proponente del concordato. Questo si basa su un parallelismo con il diritto societario, dove sono gli altri soci a poter impugnare le delibere, e per evitare che il Tribunale debba compiere un inammissibile giudizio sulla convenienza economica del concordato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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