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Diritto di superficie: nullo con canone irrisorio?

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto di diritto di superficie non è nullo solo perché il canone annuo è notevolmente inferiore al valore di mercato. La nullità si verifica solo se il corrispettivo è puramente simbolico o inesistente. Nel caso esaminato, una società aveva concesso un terreno per 40 anni a fronte di un canone esiguo, con l’obbligo finale di riacquistare l’immobile costruito al valore di mercato. La Corte ha ritenuto che la società concedente avesse accettato il rischio di vedere edificata un’opera di grande valore (un eliporto), poiché il contratto non poneva limiti. Pertanto, le richieste di nullità e di risoluzione per eccessiva onerosità sono state respinte.

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Diritto di Superficie: Quando un Canone Basso Non Invalida il Contratto

Il diritto di superficie è uno strumento giuridico fondamentale nel settore immobiliare, che consente di separare la proprietà del suolo da quella di ciò che vi è costruito sopra. Ma cosa succede se il corrispettivo pattuito per la sua costituzione è molto basso? Un canone irrisorio può portare alla nullità del contratto? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo tema, delineando i confini tra un prezzo basso, ma legittimo, e un prezzo puramente simbolico, tale da invalidare l’intero accordo.

I fatti del caso: la concessione del terreno e la costruzione dell’eliporto

La vicenda legale ha origine da un contratto stipulato nel 2001, con cui una società immobiliare (“Società Alfa”) concedeva a un’altra impresa (“Società Beta”) il diritto di superficie su un proprio terreno per una durata di quarant’anni. Il corrispettivo pattuito era un canone annuo di circa 1.549 euro. L’accordo prevedeva inoltre che, alla scadenza del contratto, la Società Alfa avrebbe acquisito la proprietà delle costruzioni realizzate dalla Società Beta, corrispondendole il valore commerciale del fondo e degli edifici.

Successivamente, la Società Beta edificava sul terreno una struttura eliportuale di notevole valore economico. Ritenendo l’accordo squilibrato, la Società Alfa adiva le vie legali chiedendo che il contratto fosse dichiarato nullo per mancanza di causa (dato il canone simbolico) o, in subordine, che fosse risolto per eccessiva onerosità sopravvenuta o per grave inadempimento, sostenendo che la costruzione dell’eliporto fosse un evento imprevisto e non autorizzato.

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello respingevano le richieste della Società Alfa, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La validità del diritto di superficie con canone esiguo

Il motivo principale del ricorso della Società Alfa si basava sulla presunta natura simbolica del canone. Secondo la ricorrente, un corrispettivo così basso era privo di una reale controprestazione, rendendo il contratto nullo per difetto di causa.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa tesi. Gli Ermellini hanno ribadito un principio consolidato: la nullità del contratto si configura solo in presenza di un prezzo assolutamente privo di valore, meramente apparente o simbolico. Al contrario, la pattuizione di un prezzo notevolmente inferiore al valore di mercato della prestazione, ma non del tutto inesistente, non incide sulla validità del contratto. Tale squilibrio attiene piuttosto all’adeguatezza delle prestazioni e all’interpretazione della volontà delle parti, ma non determina una nullità strutturale. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva ritenuto, con un apprezzamento di merito non sindacabile in sede di legittimità, che un canone di 1.549 euro annui non fosse “assolutamente privo di valore economico”.

L’eccessiva onerosità e il rischio contrattuale nel diritto di superficie

Un altro punto cruciale riguardava la richiesta di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta. La Società Alfa sosteneva che la realizzazione di un eliporto, un’opera di grande valore, rappresentasse una circostanza straordinaria e imprevedibile che aveva alterato l’equilibrio contrattuale a suo svantaggio.

Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto alla ricorrente. La Corte ha osservato che il contratto originario non conteneva alcuna indicazione o limitazione sulla tipologia e la consistenza dei manufatti che la Società Beta avrebbe potuto realizzare. Di conseguenza, la Società Alfa, non ponendo vincoli, aveva implicitamente accettato il rischio che potessero essere costruite opere di rilevante valore economico. L’imprevedibilità, requisito essenziale per l’applicazione della risoluzione per eccessiva onerosità, veniva quindi a mancare.

L’accettazione del rischio da parte del concedente

A rafforzare questa conclusione, i giudici hanno evidenziato come la stessa Società Alfa, in un momento successivo (nel 2006), avesse stipulato un altro contratto con la Società Beta per la costituzione di una servitù di elettrodotto, funzionale proprio alla struttura eliportistica. Questo atto dimostrava la piena consapevolezza e accettazione dell’utilizzo del terreno a fini eliportuali, smentendo la tesi dell’imprevedibilità dell’evento.

Le motivazioni della Corte

Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra validità e convenienza del contratto, nel rispetto del principio dell’autonomia negoziale delle parti. In primo luogo, la Corte ha chiarito che il giudice non può sindacare l’equilibrio economico di un contratto, a meno che lo squilibrio non sia tale da annullare completamente la causa, come nel caso di un prezzo inesistente. Un prezzo basso, ma reale, è espressione della libera volontà delle parti.

In secondo luogo, in materia di eccessiva onerosità, la Corte ha sottolineato l’importanza dell’allocazione del rischio contrattuale. Non ponendo limiti alle costruzioni realizzabili, il proprietario del suolo si assume il rischio imprenditoriale legato al valore che tali costruzioni possono assumere. La costruzione di un’opera di valore non può quindi essere considerata un evento “imprevedibile” ai sensi dell’art. 1467 c.c. se il contratto la consentiva implicitamente.

Infine, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla violazione di normative settoriali sull’aviazione, in quanto si trattava di una questione giuridica nuova, mai sollevata nei precedenti gradi di giudizio. In Cassazione non è possibile introdurre nuove argomentazioni che richiedano accertamenti di fatto.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Chi concede un diritto di superficie deve essere consapevole che, in assenza di specifiche clausole limitative, il superficiario ha ampia libertà di edificazione. Per tutelarsi da sviluppi imprevisti o indesiderati, è essenziale inserire nel contratto clausole che definiscano con precisione la tipologia, la destinazione d’uso e le caratteristiche delle opere realizzabili. Questa pronuncia ribadisce la centralità dell’autonomia contrattuale e la necessità per le parti di definire chiaramente l’assetto dei propri interessi e la ripartizione dei rischi.

Un canone molto basso rende nullo un contratto di diritto di superficie?
No, secondo la Corte di Cassazione, un canone notevolmente inferiore al valore di mercato non determina di per sé la nullità del contratto. La nullità per difetto di causa si verifica solo se il prezzo è meramente apparente, simbolico o del tutto privo di valore, circostanza che non è stata ravvisata in un canone annuo di € 1.549,00.

La costruzione di un’opera molto più costosa del previsto può giustificare la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità?
No, se il contratto originario non poneva limiti alla tipologia o alla consistenza dei manufatti realizzabili. In tal caso, si ritiene che il concedente abbia accettato il rischio che potesse essere costruita un’opera di rilevante valore economico. L’evento, quindi, non può essere considerato “straordinario e imprevedibile” ai fini della risoluzione del contratto.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione una violazione di una normativa specifica non discussa nei gradi di merito?
No, il motivo è inammissibile. La Corte di Cassazione ha ribadito che non possono essere proposte questioni giuridiche nuove che implichino accertamenti di fatto non trattati nella sentenza impugnata. Il ricorrente ha l’onere di dimostrare di aver già sollevato la questione nel giudizio di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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