Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 25346 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 25346 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: ABETE NOME
Data pubblicazione: 20/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11729 – 2022 R.G. proposto da:
COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE –COGNOME NOME -c.f. CODICE_FISCALE -(eredi di NOME COGNOME) , rappresentati e difesi in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO .
RICORRENTI
contro
RAGIONE_SOCIALE -c.f. 97099470581 – in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, alla INDIRIZZO, domicilia per legge.
avverso la sentenza n. 1161/2021 della Corte d’A
CONTRORICORRENTE ppello di Ancona;
udita la relazione nella camera di consiglio del 4 giugno 2024 del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO,
RILEVATO CHE
Con ricorso notificato in data 5.1.2012 NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, adivano il T.A.R. del Lazio.
Esponevano che il loro dante causa era stato socio della RAGIONE_SOCIALE, con sede in Pesaro, ed in tale qualità aveva garantito personalmente, unitamente ad altri soci, i prestiti e gli affidamenti bancari accordati alla RAGIONE_SOCIALE (cfr. ricorso, pag. 2) .
Esponevano che a seguito della dichiarazione di fallimento della RAGIONE_SOCIALE, con sentenza n. 39/1985 del Tribunale di Pesaro, era stata proposta per il tramite del curatore fallimentare e nell’interesse dei soci garanti obbligati in solido, tra cui il lor o dante causa, domanda finalizzata a conseguire l’ammissione ai benefici di cui all’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993 (cfr. ricorso, pag. 3) , ovvero domanda finalizzata all’accollo a carico del bilancio dello Stato RAGIONE_SOCIALE garanzie concesse dai soci di cooperative agricole in favore RAGIONE_SOCIALE medesime società qualora in stato di insolvenza, con esclusione del diritto di ripetizione di cui a ll’art. 126, 3° co. bis , della legge n. 388/2000 (cfr. ricorso, pag. 7) .
Esponevano che con provvedimento dell’8.11.2011 il RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato che le garanzie e le posizioni debitorie facenti capo al loro dante causa, erano ‘da considerarsi escluse dall’intervento pubblico di cui alla L. n. 237/1993, con il correlato obbligo (…) di restituire la quotaparte (…) di quanto già corrisposto ed, eventualmente, di quanto verrà ulteriormente corrisposto’ (cfr. ricorso, pag. 6) .
Tanto premesso -e precisato che il RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto ed ottenuto, in surroga dei creditori originari, l’ammissione in chirografo al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ per l’importo di euro 1.55 6.692,94 (cfr. ricorso, pag. 5) -chiedevano accertarsi e dichiararsi il diritto del loro dante causa all’ammissione ai benefici di cui all’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993, ossia all’accollo a carico del bilancio dello Stato con esclusione del diritto di ripetizione (cfr. ricorso, pag. 7) .
Con sentenza n. 7825/2012 il T.A.R. del Lazio dichiarava il proprio difetto di giurisdizione (cfr. ricorso, pag. 7) .
NOME COGNOME e NOME COGNOME attendevano alla riassunzione del giudizio innanzi al Tribunale di Ancona (cfr. ricorso, pag. 8) .
Resisteva il RAGIONE_SOCIALE.
Con sentenza n. 93/2017 il Tribunale di Ancona rigettava la domanda e compensava le spese (cfr. ricorso, pag. 9) .
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello (cfr. ricorso, pag. 9) . Il RAGIONE_SOCIALE resisteva.
Con sentenza n. 1161/2021 la Corte d’Appello di Ancona rigettava il gravame e compensava le spese del grado.
Reputava la corte che il sistema normativo deponeva nel senso che l’accollo da parte dello Stato RAGIONE_SOCIALE posizioni debitorie con liberazione del socio garante non fosse un effetto atto a scaturire automaticamente dal disposto dell’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993 , ossia dall’inserimento del nominativo del garante nell’apposito elenco previsto dalla normativa di attuazione (cfr. sentenza d’appello, pag. 1 1) , e costituisse piuttosto il risultato di un complesso
iter procedurale articolato in due fasi, la seconda, in particolare, volta ad acce rtare, nel quadro dell’art. 4 del d.m. 2.10.1995, la sussistenza di dati requisiti soggettivi in capo ai medesimi soci garanti (cfr. sentenza d’appello, pag. 11) .
Reputava ulteriormente che occorreva distinguere il profilo dell’accollo del debito da parte dello Stato con corresponsione del dovuto ai creditori garantiti ed il profilo dei rapporti tra lo Stato ed il garante immeritevole del beneficio (cfr. sentenza d’appello, pag. 12) .
Reputava altresì che con il provvedimento datato 8.11.2011 il RAGIONE_SOCIALE aveva correttamente riscontrato la sussistenza di elementi atti a giustificare il diritto dell’Amministrazione alla ripetizione, elementi connessi alle condotte delittuose ex artt. 223, 2° co., n. 1, l.fall. e 2621 cod. civ. ascritte a NOME COGNOME ed oggetto del procedimento penale definito con la sentenza di patteggiamento ex art. 444 cod. proc. pen. n. 232/1995 del Tribunale di Pesaro (cfr. sentenza d’appello, pag g. 13 – 14) .
Reputava segnatamente che la sentenza di patteggiamento, benché non assimilabile ad una sentenza di condanna, implicava comunque un’ammissione di colpevolezza in ordine ai fatti oggetto di imputazione, ossia in ordine al concorso da parte del dante causa degli appellanti, in veste di AVV_NOTAIO di amministrazione della società RAGIONE_SOCIALE, nell’approvazione di bilanci inattendibili con riferimento al valore -indebitamente incrementato – dei beni della stessa società (cfr. sentenza d’appello, pagg. 14 – 15) .
Reputava di conseguenza che NOME COGNOME aveva senz’altro contribuito all’aggravarsi dello stato di insolvenza dell’ ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nel lasso temporale
compreso tra l’approvazione dei bilanci relativi agli esercizi 1983 e 1984 e la dichiarazione di fallimento della medesima RAGIONE_SOCIALE, sopraggiunta in data 30.10.1985 (cfr. sentenza d’app ello, pag. 16) .
Avverso tale sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME (quali eredi di NOME COGNOME) hanno proposto ricorso; ne hanno chiesto la cassazione sulla base di due motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso con il favore RAGIONE_SOCIALE spese.
I ricorrenti hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione degli artt. 1273, 1292, 1294 e 1298 cod. civ. in relazione all’art. 1, 1° co. bis , dec. leg. n. 149/1993, convertito con modificazioni nella legge n. 237/1993.
Deducono che , contrariamente all’assunto della Corte di Ancona, l’accollo da parte dello Stato RAGIONE_SOCIALE obbligazioni di garanzia e l’effetto liberatorio dei soci garanti costituiscono effetti automatici, ex lege (cfr. ricorso, pagg. 18, 21, 23) .
Deducono quindi che le garanzie originariamente prestate dal loro dante causa ‘non possono avere alcuna r e viviscenza’ (così ricorso, pag. 22) .
Il primo motivo di ricorso va respinto.
Il quadro normativo di riferimento si delinea così come segue.
Ovvero alla stregua della prima parte del 1° co. bis del l’art. 1 del dec. leg. n. 149/1993, convertito dall’art. 1, 1° co., della legge n. 237/1993 (il 1° co. bis è stato inserito in sede di conversione) :
‘le garanzie concesse, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, da soci di cooperative agricole, a favore RAGIONE_SOCIALE cooperative stesse, di cui sia stata previamente accertata l’insolvenza, sono assunte a carico del bilancio dello Stato’.
Ovvero alla stregua del 3° co. dell’art. 126 della legge n. 388/2000:
‘l’intervento dello Stato, ai sensi dell’articolo 1, comma 1 -bis , del decretolegge 20 maggio 1993, n. 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 237, nei confronti dei soci, come individuati ai sensi del comma 2 del presente articolo, che abbiano rilasciato garanzie, individualmente o in solido con altri soci di una stessa RAGIONE_SOCIALE, determina la liberazione di tutti i soci garanti’.
Ovvero alla stregua del 3° co. bis dell ‘art. 126 dell a legge n. 388/2000 (comma inserito dall’art. 22, 2° co. bi s, dec. leg. n. 207/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14/2009) :
‘resta salvo il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto a seguito dell’intervento, nei confronti dei soci che abbiano comunque contribuito all’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE o che in ogni caso non abbiano titolo a beneficiare dell’intervento, subentrando nelle relative garanzie’.
Il delineato quadro normativo induce, sì, ad opinare per la liberazione dei soci garanti nei confronti dei creditori per effetto dell’intervento dello Stato , ben vero, nei termini che questa Corte ha avuto cura di puntualizzare (cfr. Cass.
(ord.) 26.8.2020, n. 17827, secondo cui l’ assunzione da parte dello Stato dei debiti contratti dai soci fideiussori di cooperative agricole dichiarate fallite o sottoposte a liquidazione coatta amministrativa, con conseguente liberazione dei soci-garanti, ai sensi dell ‘ art. 1, comma 1-bis, del d.l. n. 149 del 1993 (inserito dalla legge di conversione n. 237 del 1993), pur essendo un diritto a questi attribuito dalla legge, non costituisce un effetto automatico della stessa ma richiede un provvedimento espre sso, da adottare all’esito di un procedimento amministrativo, in conformità con la generale previsione di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 241 del 1990) .
Del resto – a riscontro, nella specie, dell’avvenuta liberazione dei soci garanti nei confronti degli originari creditori – il RAGIONE_SOCIALE ha chiesto ed ottenuto, in surroga dei creditori originari, l’insinuazione in chirografo al passivo del fallimento della ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (cfr. ricorso, pagg. 5 e 21) .
E tuttavia vi è da ritenere che, pur in epoca antecedente all’introduzione del 3° co. bis della legge n. 388/2000, fosse insito nel sistema, quanto meno per effetto dei principi di legalità e di buon andamento ed imparzialità cui l’az ione amministrativa ha da conformarsi (art. 97 Cost.) , il diritto dello Stato di ripetere quanto corrisposto nei confronti dei soci garanti responsabili dell’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE o a vario titolo immeritevoli (cfr. Cass. (ord.) 21.5.2024, n. 14146, secondo cui, in tema di coopera tive agricole insolventi, ai fini dell’assunzione da parte dello Stato dei debiti contratti dai soci-garanti con conseguente loro liberazione ai sensi dell’art. 1, 1° co. bis, del d.l. n. 149 del 1993, l’inserimento del richiedente nell’elenco redatto dal RAGIONE_SOCIALE non è irreversibile, poiché la
Pubblica Amministrazione ha la facoltà di svolgere una successiva istruttoria, volta a rivalutare la sussistenza dei presupposti dell’originario accollo e, comunque, ad acclarare l’inesistenza di procedimenti penali a carico dei beneficiari ovvero, ancora, ad accertare che i medesimi non abbiano contribuito all’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE garantita) .
Il diritto dell ‘Amministrazione di ripetere, nella specie, quanto corrisposto nei confronti dei soci garanti responsabili dell’insolvenza della RAGIONE_SOCIALE o a vario titolo immeritevoli, viepiù si configura alla luce degli ulteriori rilievi della Corte di Ancona.
Ossia del rilievo per cui i decreti ‘mediante i quali è stato disposto il pagamento a favore dei creditori della RAGIONE_SOCIALE (…) prevedono, nell’articolata premessa, la possibilità di agire nei confronti di alcuni soci, tra cui anche il COGNOME (…); ribadi scono la riserva di ripetizione (…)’ (così sentenza d’appello, pag. 12) .
Ossia del rilievo per cui era da ammettere l’applicabilità del sopravvenuto art. 126, 3° co. bis , della legge n. 388/2000, ‘trattandosi di una disposizione intervenuta in pendenza della necessaria procedura di verifica (non ancora conclusa) dei requisiti di legge in capo a ciascun garante’ (così sentenza d’appello, pag. 12) .
E, ben vero, i surriferiti rilievi non sono stati, dai ricorrenti, fatti segno di specifica, puntuale censura (anzi, i ricorrenti hanno dato espressamente atto che ‘al socio garante non meritevole del beneficio il RAGIONE_SOCIALE può solo esercitare il diritto di ripetizione previsto dall’art. 126 comma 3 legge n. 388/2000′: così ricorso, pag. 24) .
Negli enunciati termini, dunque, non può che postularsi quanto segue.
Va, per un verso, appieno condivis a l’affermazione della Corte di Ancona secondo cui ‘l’accollo, riguardante l’intero credito garantito, è finalizzato a far conseguire la liberazione di tutti i garanti (…) nei confronti del terzo creditore, ma non esclude poi il diritto di ripetizione , peraltro previsto dall’art. 126 (…)’ (così sentenza d’appello, pag. 13) .
Va, per altro verso, in toto disatteso l ‘ assunto dei ricorrenti secondo cui ‘ di fronte ad un diritto soggettivo perfetto al quale il RAGIONE_SOCIALE ha dato completa attuazione ed ha altresì esercitato il recupero a mezzo della surroga attuata con l’ insinuazione al passivo del fallimento è giuridicamente insussistente qualsiasi possibilità di ritenere il socio COGNOME NOME ‘ (così memoria dei ricorrenti, pag. 7) .
Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 115, 1° co., cod. proc. civ., dell’art. 2697 cod. civ., dell’art. 1, 1° co. bis , dec. leg. n. 149/1993, dell’art. 126, 3° co. bis , della legge n. 388/2000 e dell’art. 444 cod. proc. pen.; ai sensi dell’art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo e controverso.
Deducono che la sentenza ex art. 444 cod. proc. pen. non esplica efficacia nei giudizi civili e amministrativi, sicché ‘il giudice civile deve procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove, senza essere vincolato all’esito del procedimento penale’ (così ricorso, pag. 27) .
Deducono inoltre che non sono stati acquisiti elementi concreti da cui desumere che la condotta illecita ascritta al loro dante causa è valsa a cagionare lo stato di insolvenza (cfr. ricorso, pag. 28) .
Deducono in ogni caso che la Corte di Ancona non ha tenuto conto né della pregressa ammissione della RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE alla procedura di amministrazione controllata giusta decreto del Tribunale di Pesaro in data 26.6.1985 (cfr. ricorso, pagg. 29 e ss.; cfr. memoria dei ricorrenti, pagg. 14 e ss.) né RAGIONE_SOCIALE risultanze del riparto finale RAGIONE_SOCIALE somme disponibili depositato in data 12.12.2007 (cfr. ricorso, pagg. 34 e ss.; cfr. memoria dei ricorrenti, pagg. 19 e ss.) .
Il secondo motivo di ricorso del pari va respinto.
I rilievi della Corte di Ancona in ordine alla valenza della sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. risultano del tutto in linea con la prioritaria elaborazione di questa Corte (il riferimento è a Cass. sez. un. 31.7.2006, n. 17289 -puntualmente richiamata dalla corte distrettuale -secondo cui la sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. costituisce un importante elemento di prova per il giudice di merito il quale, ove intenda disconoscere tale efficacia probatoria, ha il dovere di spiegare le ragio ni per cui l’imputato avrebbe ammesso una sua insussistente responsabilità ed il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione; cosicché la sentenza di applicazione di pena patteggiata, pur non potendosi configurare come sentenza di condanna, presupponendo pur sempre una ammissione di colpevolezza, esonera la controparte dall’onere della prova . Cfr. altresì Cass. 11.10.2023, n. 28428) .
18. Vero è, certo, che questa Corte ha anche assunto che la sentenza penale di patteggiamento, nel giudizio civile di risarcimento e restituzione, non ha efficacia di vincolo né di giudicato e neppure inverte l ‘ onere della prova; e che ad essa va riconosciuta la natura di elemento di prova di cui il giudice civile può tener conto, non essendogli precluso autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte nel processo penale definito con la sentenza di patteggiamento, nonostante sia mancato il vaglio critico del dibattimento, in ragione dell ‘ assenza di un principio di tipicità della prova nel giudizio civile e della possibilità RAGIONE_SOCIALE parti di contestare, in detto giudizio, i fatti accertati in sede penale (cfr. Cass. (ord.). 7.11.2023, n. 31010; Cass. (ord.) 31.1.2024, n. 2897) .
Nondimeno, pur in questi termini, ai fini del riscontro di ‘ im meritevolezza’ del socio garante, dante causa dei ricorrenti, la corte territoriale ha ineccepibilmente assunto ad elemento di prova la sentenza n. 232/1995 emessa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. dal Tribunale di Pesaro, siccome -ai fini appunto del riscontro RAGIONE_SOCIALE ‘circostanze relative alla sopravvalutazione dei beni ed alla attestazione di una condizione economica della non corrispondente alla situazione reale’ (così sentenza d’appello, pag. 15) -ha debitamente provveduto a coniugarne la valenza probatoria con gli elementi di riscontro desunti dalla sentenza n. 243/1996 pronunciata dal Tribunale di Pesaro nei confronti dei soci COGNOME e COGNOME (cfr. sentenza d’appello, pag g. 15 16) .
Evidentemente, alla luce del riferimento -testé menzionato -operato dalla Corte di Ancona alla sopravvalutazione dei beni della RAGIONE_SOCIALE ed all’attestazione in termini inattendibili della relativa condizione economica -per nulla si giustifica l’assunto dei ricorrenti secondo cui la corte d’appello non ha indicato le condotte ascrivibili a NOME COGNOME, che hanno comportato l’aggravamento del dissesto (cfr. ricorso, pag. 28) .
Innegabilmente, poi, le ulteriori ragioni di doglianza veicolate dal mezzo in disamina, ‘con riguardo alla prova della asserita responsabilità del COGNOME NOME‘ (così ricorso, pag. 27) , sono volte a censurare il giudizio ‘di fatto ‘ cui in parte qua la corte di merito ha atteso. Del resto, i ricorrenti hanno -altresì – espressamente denunciato, ai sensi del n. 5 del 1° co. dell’art. 360 cod. proc. civ., l’ ‘omesso esame di un fatto decisivo e controverso’ ed è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054) .
In tal guisa le ulteriori ragioni di doglianza addotte con il secondo motivo risultano sicuramente precluse.
Il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2017.
Il secondo dictum ha in toto confermato il primo dictum .
Di conseguenza, si applica ratione temporis nella fattispecie (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860) la previsione di cui all’art. 348 ter , 5° co., cod. proc. civ., che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360, 1° co., n. 5, cod. proc. civ. la sentenza di appello ‘che conferma la decisione di primo grado’. Si badi che in ipotesi di ‘doppia conforme’ ex art. 348 ter , 5° co.,
cod. proc. civ. il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. – deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (cfr. Cass. 22.12.2016, n. 26774) .
22. In ogni caso, con il ricorso per cassazione la parte non può rimettere in discussione, proponendo una propria diversa interpretazione, la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito, poiché la revisione degli accertamenti di fatto compiuti da questi ultimi è preclusa in sede di legittimità (cfr. Cass. (ord.) 7.12.2017, n. 29404. Cfr. memoria dei ricorrenti, pagg. 11 e ss., ove sono riprodotti i rilievi formulati in ordine alle valutazioni cui ha atteso il perito dottor COGNOME) .
E, ben vero, i ricorrenti hanno espressamente addotto che ‘i sono rilevanti in quanto evidenziano che manca la prova in ordine ai comportamenti idonei ad aggravare il dissesto della RAGIONE_SOCIALE (…)’ (così ricorso, pag. 38; così memoria dei ricorrenti, pag. 23) .
23. Ovviamente la violazione dell’art. 2697 cod. civ. (denunciata con il secondo mezzo) si configura soltanto nell ‘ ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l ‘ onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni e non invece laddove oggetto di censura sia -è il caso di specie – la valutazione che il giudice abbia svolto RAGIONE_SOCIALE prove proposte dalle parti (cfr. Cass. 29.5.2018, n. 13395; Cass. (ord.)
23.10.2018, n. 26769; Cass. sez. lav. 19.8.2020, n. 17313; Cass. 5.9.2006, n. 19064) .
Ovviamente l a violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. (del pari denunciata con il secondo mezzo) può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente – il che non è nel caso di specie – di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato – il che non è nel caso di specie – sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (ord.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 659037-01)) .
In conclusione, in termini ineccepibili e congrui è stata denegata dai giudici del merito la declaratoria -invocata con l’iniziale domanda (cfr. ricorso, pag. 7) del diritto di NOME COGNOME al l’ammissione ai benefici di cui all’art. 1, 1° co. bis , della legge n. 237/1993 con esclusione del diritto di ripetizione.
In dipendenza del rigetto del ricorso i ricorrenti vanno condannati a rimborsare al RAGIONE_SOCIALE controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315) .
La Corte così provvede:
rigetta il ricorso;
condanna i ricorrenti, NOME COGNOME e NOME COGNOME, a rimborsare al controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in euro 5.900,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, 1° co. quater , d.p.r. n. 115/2002 si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, con vincolo solidale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1° co. bis , d.p.r. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sez. civ. della Corte
P.Q.M.