Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25414 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25414 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
Oggetto: Responsabilità civile – Fatto
illecito
–
Offesa
della
reputazione
e
onore.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6956/2024 R.G. proposto da
NOME COGNOME rappresentato e difeso da ll’ Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al ricorso, ex lege domiciliato com e da domicilio digitale;
-ricorrente –
contro
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso, ex lege domiciliato come da domicilio digitale;
-controricorrente –
C.C. 26.05.2025
r.g.n. 6956/2024
Pres. G. COGNOME
Est. I. COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Catanzaro n. 1440/2023, pubblicata il 27 dicembre 2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 maggio 2025 dalla Consigliera dott.ssa NOME COGNOME
Fatti di causa
1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. NOME COGNOME, nella qualità di dirigente scolastico del liceo classico Pitagora di Crotone, esponeva di essere stato vittima di condotte ingiuriose, diffamanti, calunniose, poste in essere dal collega NOME COGNOME durante il collegio dei docenti tenutosi il 22.09.2016. In fatto deduceva: – di aver avviato un procedimento disciplinare a carico del COGNOME conclusosi con la sanzione della sospensione dal lavoro e dalla retribuzione; -che il COGNOME, ritenendo di essere stato ingiustamente sanzionato, aveva chiesto all’Ufficio Scolastico Regionale (USR) Calabria che fosse disposta un’ispezione presso il liceo Pitagora per accertare la regolarità del procedimento disciplinare subito e per denunciare la verificazione di gravi fatti e circostanze; – che quindi il COGNOME aveva inviato all’USR Calabria ed al direttore dello stesso Ufficio scolastico regionale due missive contenenti gravi offese ed accuse nei suoi confronti, tutte prive di fondamento; – che veniva avviata una ispezione dall’Ufficio scolastico regionale; – che le condotte poste in essere dal resistente dovevano ritenersi illecite, lesive dell’immagine e della reputazione e fonte di danno non patrimoniale, sub specie di danno all’immagine ed alla reputazione, nonché di pregiudizio morale. Chiedeva, pertanto, la condanna di NOME COGNOME al risarcimento del danno dallo stesso patito pari ad € 52.000, o alla diversa somma ritenuta di giustizia, oltre interessi e rivalutazione.
Si costituiva NOME COGNOME chiedendo, in via preliminare, il mutamento del rito in ordinario, contestando la domanda in fatto ed in diritto e deducendo, in particolare, la sussistenza di un clima organizzativo teso all’interno del liceo Pitagora, nonché di atteggiamenti persecutori posti in essere dal ricorrente nei suoi confronti e l ‘ illegittima applicazione della sanzione disciplinare che intendeva impugnare dinanzi al Giudice del lavoro;
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Pres. G. COGNOME
Est. I. COGNOME lamentava il carattere estorsivo della pretesa risarcitoria avanzata dal ricorrente e la mancata prova del danno lamentato, chiedendo il rigetto della domanda e spiegando domanda riconvenzionale, al fine di ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza della lesione della propria reputazione personale e professionale e per mobbing , con vittoria di spese, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Mutato il rito in ordinario e concessi i termini di cui all’art. 183 comma 6 c.p.c., il Tribunale di Crotone, con sentenza n. 178 del 21 febbraio 2021 rigettava sia la domanda principale che quella riconvenzionale, con integrale compensazione delle spese del grado tra le parti.
Avverso la sentenza di prime cure, NOME COGNOME ha proposto appello dinanzi alla Corte d’appello di Catanzaro e NOME COGNOME ha resistito al gravame.
La Corte d’appello con la sentenza qui impugnata ha accolto il gravame e, riformando la sentenza di prime cure, ha condannato NOME COGNOME a risarcire il danno non patrimoniale quantificato in Euro 2500, in favore di NOME COGNOME e condannando l’appellato a rifondere all’appellante le spese del doppio grado di giudizio.
Avverso la sentenza qui impugnata, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sorretto da tre motivi. Ha resistito con controricorso NOME COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
La parte ricorrente e la parte controricorrente hanno depositato distinte e rispettive memorie.
Ragioni della decisione
Con il ricorso il ricorrente, denuncia:
1.1. con il primo motivo la ‘ Violazione dell’art. 360 comma 3 violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, dell’art. 595 c.p.’ ; i n particolare, denuncia la sentenza impugnata nella parte in cui qualifica le azioni poste in essere dal Prof. COGNOME durante il collegio dei docenti, riportate con verbale del
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Pres. G. COGNOME
Est. I. Ambrosi n. 2 del 22.09.20 16, e quanto scritto nella missiva indirizzata all’Ispettore COGNOME del 24.11.2016, come fattispecie costituenti il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. ; nello specifico, sottolinea che le affermazioni del prof. COGNOME contenute nel verbale del collegio docenti e nella missiva indirizzata all’Ispettore COGNOME oltre ad essere espressione del diritto di critica , come ampiamente decritto dal giudice di prime cure, non rientrano nella dimensione del reato di diffamazione, in quanto nel verbale del collegio docente il Dirigente COGNOME era presente, il verbale porta la sua firma e la sua presenza la si evince dal tenore del verbale medesimo; assume inoltre che il reato di diffamazione non emerge neanche dalla missiva indirizzata all’ispettore COGNOME poiché viene indirizza ad un solo soggetto, nel massimo riserbo. Sostiene che affinché si integri il reato di diffamazione, con il relativo risarcimento danni, è necessario che il soggetto danneggiato non sia presente e che il reo comunichi con più persone, cosa che nel caso di specie non si è verificata; sostiene inoltre che il proprio comportamento rientra ‘nel sacrosanto diritto di critica esternato nel contesto lavorativo nei canoni di legge, manifestando il proprio dissenso ‘; richiama in proposito la recente ‘giurisprudenza sulle modalità espressive del diritto di critica’ ed in particolare, la sentenza Cass. pen., Sez. 5, 13/01/2022, n. 20206 che esclude possa trattarsi di semplice ingiuria in presenza di esercizio del diritto di critica.
1.2. Con il secondo motivo, denuncia la ‘ V iolazione dell’art. 360 comma 1 n. 3 violazione e falsa applicazione delle norme di diritto, dell’art. 2697 c . c.’ ; in particolare, denuncia che dalla sentenza impugnata viene riconosciuto un danno morale di € 2.500,00 ad Armignacca, senza nessuna prova sul danno, liquidata in via equitativa, su una richiesta formulata nella domanda di € 52.000,00 in palese violazione con l’art. 2697 c.c..
1.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la ‘ V iolazione dell’art. 360 comma 1 n.5 c.c. omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio .’ in quanto la Corte d’appello avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo ovvero di riportare quando dichiarato dall’odierno ricorrente nell’allora verbale del collegio dei docenti del 22 settembre 2016, esercitando il proprio diritto di
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Est. I. COGNOME critica e cioè che l ‘intera operazione del bonus era una sostanziale pagliacciata spiegando le ragioni ed esprimendo dissenso, senza ledere reputazione altrui; il fatto che COGNOME avesse dato del maleducato al dirigente, come riportato nel verbale, derivava dalla circostanza che i predetto si era riferito alla docente COGNOME in maniera scortese, rispondendo ad una richiesta di chiarimenti: ‘che anche i muri avrebbero capito’.
Un ulteriore elemento di cui la Corte territoriale avrebbe omesso l’esame, è rappresentato dal fatto che nel medesimo collegio il dirigente COGNOME accusava il docente COGNOME di aver organizzato un evento con il dirigente del Museo di Crotone senza averne preventivamente richiesto l’autorizzazione , circostanza non corrispondente al vero. La Corte ha completamente omesso di valutare che COGNOME si «attivava», indirizzando «una mail ai suoi colleghi del dipartimento per segnalare l’intenzione di realizzare un evento presso il museo. Il direttore aveva abbozzato una locandina. Il docente dichiarava di aver inserito fra i destinatari per conoscenza il dirigente scolastico al fine di tenerlo informato dell’iniziativa che era ancora allo stato di progetto, di intenzione e non di decisione già presa. Nella mail del 20 settembre 2016 aveva difatti scritto ‘in attesa di definire …’, ‘nel caso vada bene…’. ( Doc 18 alleg. in atti primo grado e fascicolo appello). Non aveva preso alcuna iniziativa formale, ma aveva soltanto esperito il tentativo di realizzare due iniziative con il predetto Museo. Alle 18:30 del giorno in cui aveva scritto la mail, la vicaria NOME COGNOME mandava al prof. COGNOME un messaggio su Whatsapp per informarlo che il dirigente scolastico lo voleva ascoltare l’indomani. Il dirigente non lo riceveva subito, ma in corridoio dopo lunga anticamera accusandolo di averlo ‘scavalcato’ in quanto av eva organizzato una iniziativa senza il suo ordine. (Relazione Ispettiva, Doc. 21 p. 6 ; E-mail del prof. COGNOME COGNOME), accusa rivoltagli ingiustamente.
L’om esso esame di tali fatti è risultato decisivo nella decisone di condanna dell’odierno ricorrente da parte della Corte di appello di Catanzaro.
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2. Il primo ed il secondo motivo di ricorso, che possono essere congiuntamente esaminati in considerazione del l’evidente nesso di connessione che li avvince, non sono fondati.
Al riguardo e in via generale, va osservato che, secondo la giurisprudenza più che consolidata di questa Corte, il vizio di “violazione e falsa applicazione di norme di diritto”, consiste nella deduzione di una erronea ricognizione, contenuta nel provvedimento impugnato, della fattispecie astratta disciplinata da una norma di legge, e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa. Viceversa, l’ allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è estranea alla esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi (violazione di legge in senso proprio a causa della erronea ricognizione della astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura e non anche la prima/ è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Cass. Sez. U, 5/05/2006, n. 10313).
Dalle articolate argomentazioni svolte dalla parte ricorrente risulta chiaro che la duplice violazione di legge (artt. 595 c.p. e 2697 c.c.) è stata lamentata attraverso la contestazione della ricognizione della fattispecie concreta effettuata dalla sentenza impugnata a mezzo delle risultanze di causa ed è evidente, in tale ottica, che tale prospettazione miri a sostituire la tesi del ricorrente all’apprezzamento motivatamente raggiunto dal giudice di merito ed in quanto tale, va ritenuta inammissibile.
Più in particolare, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, in modo corretto la Corte d’appello ha già ritenuto del tutto irrilevante la questione inerente la pretesa violazione dell’art. 595 c.p. (per aver la Corte qualificato come diffamatoria la condotta posta in essere dal docente in seno al Collegio dei docenti nonché con l’indirizzare la missiva all’ispettore
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Est. I. COGNOME procedente, in pretesa assenza dei requisiti di cui alla richiamata fattispecie, stante, per un verso, la presenza del Dirigente in occasione del Collegio dei docenti e , per l’altro, l’assenza di più di due destinatari con riferimento alla mail indirizzata all’Ispettore COGNOME, impedirebbero il configurarsi del reato ); difatti la Corte territoriale, prescindendo dalla qualificazione penalistica del fatto come reato, ha dato adeguatamente conto della sussistenza del fatto illecito civilistico, posto a fondamento della richiesta risarcitoria oggetto del presente giudizio, quale violazione dei diritti della personalità e, nella specie, di quelli posti a tutela della reputazione e dell’onore , con il conseguente diritto al risarcimento del danno non patrimoniale.
Per vero, nella sentenza impugnata si legge in proposito: «Nel caso sottoposto al Collegio, le espressioni sopra riportate travalicano il piano della critica consentita e, superando la linea di demarcazione tra il dissenso espresso all’operato altrui e la lesione della reputazione e dell’onore della persona attaccata, integrano gli estremi della condotta diffamatoria, trasmodando, per toni e modalità, in un attacco alla persona e alla sua dignità di uomo e di pubblico funzionario, in cui la critica risulta mera occasione per dare sfogo smodato alla volontà di offendere e di denigrare.
L’Armignacca, infatti, viene descritto dal COGNOME come soggetto che svilisce volontariamente l’importanza del suo operato di dirigente scolastico (tanto da farlo risultare ‘una sostanziale pagliacciata’) strumentalizza le proprie funzioni, connotate dal dov ere di imparzialità, secondo una ‘logica infame’ e per fini abietti (favorire gli amici e fare dispetti ai nemici) e, anzi, sovrintende alla sua attività di abuso, organizzandola in forma associata (v. la missiva del 24.11.2016) ‘trattasi di un’autentica associazione’). Stessa considerazione vale in relazione al fatto di attribuire all’appellante l’epiteto “persona falsa” e di indirizzare le missive al direttore dell’Ufficio Scolastico e all’USR della Calabria qualificando i fatti avvenuti in seno al colleg io docenti come ‘una delle pagine più brutte e vergognose vissute a scuola in più di venti anni di onorata carriera’. » (foglio 6 non numerato della sentenza impugnata).
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Inoltre, c on riferimento alla pretesa violazione del principio dell’onere della prova, la Corte d’appello ha correttamente dato conto dei criteri utilizzati ai fini della valutazione equitativa operata affermando che «Quanto alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale (rientrando in tale nozione il danno morale, biologico ed esistenziale) il Collegio osserva che, tenuto conto delle circostanze e del contesto della vicenda, per come sopra descritta, il diritto leso, di rango costituzionale, attinente ai diritti inviolabili della persona, può essere equitativamente liquidato, considerato che la vicenda è rimasta circoscritta all’interno dell’ambiente scolastico, nell’importo di € 2.500,00, oltre rivalutazione e interessi decorrenti dal giorno del f atto, reputandosi somma congrua a rappresentare, secondo regole di logica ed esperienza, un equo ristoro dell’onore e della reputazione lesi » (foglio 6 non numerato della sentenza impugnata).
Affermando ciò, la Corte catanzarese si è uniformata al principio ripetutamente ribadito da questa Corte, secondo cui ai fini della liquidazione equitativa di un danno non patrimoniale, è necessario che il giudice di merito proceda, dapprima, all’individuazione di un parametro di natura quantitativa, in termini monetari, direttamente o indirettamente collegato alla natura degli interessi incisi dal fatto dannoso e, di seguito, all’adeguamento quantitativo di detto parametro monetario attraverso il riferimento a uno o più fattori oggettivi, controllabili e non manifestamente incongrui (né per eccesso, né per difetto), idonei a consentire a posteriori il controllo dell’intero percorso di specificazione dell’importo liquidato. (Cass. Sez. 3, 11/10/2023 n. 28429; Cass. Sez. 3, 14/02/2014 n. 3427).
3. Il terzo motivo di ricorso è inammissibile.
Al riguardo, giova rammentare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che ai sensi della nuova formulazione dell’art. 360 n.5 c.p.c. il controllo sulla motivazione è possibile, per un verso, solo con riferimento al parametro dell’esistenza e della coerenza e, per l’altro verso, solo con riferimento all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, che
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abbia costituito oggetto di discussione e sia decisivo, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
Parte ricorrente, sebbene denunci formalmente l’omesso esame di diversi fatti che avevano costituito oggetto di discussione, tuttavia nella sostanza lamenta l’omesso esame di elementi istruttori da parte del giudice di appello dolendosi, in particolare: – della mancata considerazione di quanto dichiarato dall’odierno ricorrente al verbale del Collegio docenti del 22/09/2016.
Una simile rivalutazione di fatti e circostanze, già inammissibile nella vigenza del vecchio testo dell’art.360 n.5 c.p.c., lo è a più forte ragione alla luce della vigente formulazione della norma, specie se si consideri che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle – fra esse – ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, postula un apprezzamento di fatto riservato in via esclusiva al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva. In altri termini, l’omesso esame di elementi istruttori non è di per sé sindacabile in sede di legittimità in quanto non integra, per ciò stesso, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass, Sez. U, 7/04/2014, nn. 8053 e 8054; v. anche Cass., Sez. 6-3, 8/10/2014 n. 21257).
4. In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità in ragione delle alterne vicende del giudizio di merito sono integralmente compensate tra le parti.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al
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Est. I. COGNOME competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Per questi motivi
La Corte rigetta il ricorso.
Spese del giudizio di legittimità integralmente compensate tra le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso nella Camera di consiglio della Terza Sezione Civile 26 maggio 2025.
Il PRESIDENTE NOME COGNOME