Sentenza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11344 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 1 Num. 11344 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30731/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente e controricorrente al ricorso successivo-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE), indirizzo PEC: EMAIL
-controricorrente e ricorrente successivononchè contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso il DECRETO del TRIBUNALE di CUNEO n. 1452/2019 depositato il 06/09/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Oggetto del giudizio è l’ acquisto per accessione, rivendicato da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE), della propriet à̀ dell’impianto di lavorazione materiali inerti e produzione di calcestruzzo (di seguito Impianto) installato da RAGIONE_SOCIALE (di seguito RAGIONE_SOCIALE) su terreni destinati all’estrazione di materiali inerti di propriet à̀ della prima e concessi in comodato registrato alla seconda -dietro suo i mpegno all’acquisto della materia prima estratta in loco -dei quali COGNOME ha richiesto la restituzione in sede di accertamento del passivo del Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito Fallimento), in forza di domanda tardiva di rivendica, respinta dal Giudice delegato.
1.1. -In particolare, in data 4 marzo 2016 COGNOME depositava istanza ai sensi dell’art. 101 l.fall. chiedendo al Fallimento RAGIONE_SOCIALE, tra l’altro, di disporre in suo favore, previo accertamento del suo diritto di proprietà, la riconsegna di taluni terreni siti nel comune di Ruffia (CN) e distinti al Catasto, Foglio 2, mappali 115 -181 -112 -170 -107 e 108, ‘ liberi e sgomberi da rifiuti, fanghi, limi ed ogni altro materiale inerte risultante dall’attività di lavorazione inerti e produzione sabbie e ghiaie condotta dalla RAGIONE_SOCIALE in bonis ‘.
1.2. -Il Curatore fallimentare proponeva il rigetto integrale della domanda, osservando tra l’altro che i Terreni 115 e 181, sui quali insisteva l’ impianto industriale di lavorazione e selezione inerti « di proprietà del Fallimento », erano stati « concessi in godimento a RAGIONE_SOCIALE con contratto di comodato registrato in data 10 ottobre 2006 » e contestando « l’applicabilità al contratto dell’art. 1810 c.c. , posto che il contratto prevede la possibilità di disdetta a mezzo raccomandata a.r. con preavviso di 18 mesi; ad oggi tale circostanza non si è verificata e conseguentemente il contratto in oggetto è tuttora valido ed efficace. Contestata l’interpretazione degli artt. 1804 e 1811 c.c. offerta da COGNOME che ha considerato valido ed efficace il contratto di comodato quantomeno sino al febbraio 2016 ».
1.3. -Le predette argomentazioni venivano recepite dal Giudice Delegato, che conseguentemente rigettava la domanda di rivendica e ammissione al passivo di RAGIONE_SOCIALE.
1.4. –COGNOME proponeva opposizione ai sensi dell’art. 9 8 l.fall. innanzi al Tribunale di Cuneo, insistendo per l’accoglimento delle domande di rivendica dei terreni, ed il Fallimento eccepiva, per quanto qui rileva : i) l’inammissibilità della domanda di rivendica dell’Impianto ai sensi degli artt. 98 e 99 l.fall. ; ii) l’infondatezza della domanda di rivendica dei Terreni 181 e 115, su cui insiste l’Impianto, a fronte della perdurante efficacia del contratto di comodato; iii) l ‘ infondatezza nel merito della rivendica dell’Impianto , a fronte della mancata realizzazione dell’accessione, tanto dal punto di vista materiale che -sulla scorta del contratto di comodato -sotto il profilo giuridico.
1.5. -In data 3 novembre 2016 interveniva volontariamente nel giudizio RAGIONE_SOCIALE « ad adiuvandum delle ragioni e conclusioni fatte valere da COGNOME relativamente soltanto alla domanda di rivendica di questa con relativa richiesta di riconoscimento dell’acquisto per accessione dell’impianto industriale realizzato da RAGIONE_SOCIALE sui terreni di COGNOME costituiti in garanzia ipotecaria di RAGIONE_SOCIALE».
1.6. -Con il decreto indicato in epigrafe, il Tribunale di Cuneo ha accolto la domanda di rivendica dei terreni di cui ai mappali 107, 112 e 170 , dei quali ha disposto l’immediata restituzione, ed ha dichiarato «acquistato per accessione» in favore di COGNOME, ai sensi dell’art. 935 c.c., l’Impianto esistente sui terreni di cui ai mappali 115 e 181, condannando COGNOME a corrispondere immediatamente al Fallimento la somma di euro 2.790.000,00 (erroneamente indicata nella parte dispositiva del decreto in euro 2.790,00), pari al valore dell’ impianto come quantificato in sede peritale; ha invece respinto «tutte le altre domande di COGNOME (…) oggetto anche di domanda di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) che ha svolto intervento adesivo».
1.7. -Detta decisione è stata impugnata sia dal Fallimento che da COGNOME, con separati ricorsi affidati ciascuno a quattro motivi, ai quali le stesse parti hanno replicato con controricorso, mentre l’intimato RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. In vista della pubblica udienza il Fallimento ha prodotto memoria illustrativa, mentre COGNOME ha prodotto una mera nota di richiamo integrale a quanto già osservato in controricorso .
-Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso di COGNOME ed il rigetto del ricorso del Fallimento.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Questi i motivi del ricorso del Fallimento.
3.1. -Con il primo motivo si deduce violazione degli artt. 93, 94, 98 e 99 l.fall. nonché dell’art. 112 c.p.c. per avere il tribunale ritenuto ammissibile la domanda di rivendica dell’ Impianto formulata da RAGIONE_SOCIALE per la prima volta con il ricorso ex art. 99 l.fall.
3.2. -Con il secondo mezzo si censura l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, e cioè le clausole del contratto di comodato con cui le parti avevano convenuto l’installazione dell’ Impianto sui terreni di RAGIONE_SOCIALE, con conseguente violazione dell’art. 934 c.c. nella parte in cui prevede che il principio generale dell’accessione possa essere derogato mediante idoneo titolo.
3.3. -Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 935 c.c. , laddove il tribunale ha ritenuto applicabile al caso in esame tale norma di legge, però dettata per fattispecie radicalmente differente, nonché violazione dell’art. 934 c.c. , per avere il t ribunale ritenuto che l’accessione possa dirsi realizzata sulla base di un criterio di valorizzazione funzionale ed economica della costruzione, e non già sul criterio dell’incorporazione stabile previsto dalla norma.
3.4. -Il quarto mezzo lamenta l’ omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per non avere il tribunale tenuto in considerazione la perizia definitiva del CTU, limitandosi a far riferimento -per ciò che concerne la quantificazione della somma dovuta al Fallimento -alla bozza depositata dallo stesso.
-Vengono ora indicati i motivi del ricorso di COGNOME.
4.1. -Con il primo motivo ci si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 934, 1350 n. 2, 1376 e 2729 comma 2 c.c. con riferimento all’errata pronuncia dichiarativa dapprima della proprietà dell’ Impianto in capo a COGNOME, e solo successivamente, della proprietà dello stesso, per accessione, in favore di COGNOME.
4.2. -Il secondo mezzo denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 934 e 9 35 c.c. con riferimento all’errata pronuncia dichiarativa di accessione della proprietà dell’impianto in favore di COGNOME ai sensi dell’art. 935 c.c.
4.3. -Il terzo lamenta l’ omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, con riguardo al contratto di comodato d’uso del terreno s tipulato dalle parti in data 1.10.2006.
4.4. -Con il quarto motivo si deduce violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c., per aver il tribunale condannato COGNOME al pagamento del valore dell’ Impianto in favore del Fallimento in assenza di una specifica domanda da parte di quest’ultimo, la quale sarebbe stata peraltro inammissibile in sede di accertamento del passivo.
-Il primo motivo del ricorso del Fallimento è infondato.
5.1. -E’ pacifico che con la domanda tardiva di rivendica si chiedeva la restituzione dei soli Terreni « liberi e sgomberi da rifiuti, fanghi, limi ed ogni altro materiale inerte risultante dall’attività di lavorazione inerti e produzione sabbie e ghiaie condotta dalla RAGIONE_SOCIALE bonis », senza alcun riferimento all’Impianto o all’istituto delle accessioni. E’ altrettanto pacifico che solo con i l ricorso in opposizione allo stato passivo COGNOME ha chiesto di dichiararsi intervenuto l’acquisto per accessione dell’Impianto, con richiesta di restituzione dei terreni « e di ogni relativa accessione ».
Al riguardo il Fallimento sottolinea che fino ad allora l’Impianto era stato inequivocabilmente riconosciuto bene di proprietà della massa dalla stessa COGNOME, la quale nell’estate del 2015 aveva financo proposto al Curatore di prenderlo in affitto dal Fallimento.
5.2. -Tuttavia, l’ apparente mutamento di petitum (che è passato a comprendere anche l’Impianto) e causa petendi (estesa all’accertamento della pre tesa accessione), in base a presupposti di fatto e di diritto non considerati in sede di verifica -non rileva nel caso di specie, in cui si discute di un diritto c.d. autodeterminato, quale è il diritto di proprietà.
Al riguardo questa Corte ha autorevolmente chiarito (Cass. Sez. U, 3873/2018) che il diritto di proprietà e gli altri diritti reali di godimento sono individuati solo in base al loro contenuto (ossia con riferimento al bene che ne costituisce l’oggetto), cosicché la causa petendi della domanda con la quale è chiesto l’accertamento di tali diritti si identifica con il diritto stesso (c.d. “diritti autodeterminati”) e non, come nel caso dei diritti di credito, con il titolo che ne costituisce la fonte (contratto, successione, usucapione etc.).
Pertanto, nei “diritti autodeterminati” la deduzione del titolo è bensì necessaria ai fini della prova del diritto, ma non ha alcuna funzione di specificazione della domanda (Cass. 11293/2007, 40/2015), per cui non ricorre alcuna violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ove il giudice accolga la domanda, accertando la sussistenza di un diritto c.d. “autodeterminato”, sulla scorta di un titolo diverso da quello invocato dalla parte (Cass. 24702/2006, 24141/2007, 23851/2010).
Allo stesso modo in cui va escluso la configurabilità del vizio di extrapetizione, deve essere escluso anche il dedotto vizio di novità della domanda, fermo restando che, con riguardo ai “diritti eterodeterminati” (Cass. 1857/2015), il giudizio di opposizione allo stato passivo, in quanto giudizio di natura impugnatoria retto dal principio dell’immutabilità della domanda (Cass. 5167/2012, 26225/2017, 27930/2018), non tollera non solo la mutatio libelli (Cass. 6279/2022), ma nemmeno l’ emendatio libelli (Cass. 32750/2022), a differenza del giudizio ordinario (Cass. Sez. U, 12310/2015 e 22404/2018; da ultimo, Cass. 5631/2023).
Nell ‘ottica del vizio contestato ciò significa, per un verso, che la domanda di rivendicazione di un terreno non deve necessariamente includere la specifica richiesta di restituzione di ciò che vi insista, e, per altro verso, che nel caso in cui il convenuto in rivendicazione non contesti il diritto di proprietà sul terreno ma deduca un dominio utile, il thema decidendum verte sul l’accertamento di quest’ultimo, e, in caso di esclusione dell’esistenza del diritto di godimento sulla cosa altrui così dedotto, si determina la riespansione del diritto di proprietà (Cass. 6592/1986 con riferimento al diritto di enfiteusi).
6. -Il primo motivo del ricorso di COGNOME è invece fondato.
E’ infatti illogico e contraddittorio dapprima affermare, a pag. 1 del decreto impugnato, che l’Impianto per cui è causa «è di proprietà di COGNOME» (sulla scorta del contenuto di un precedente ricorso per concordato preventivo di COGNOME che includeva l’ Impianto ne ll’attivo, della proposta di locazione dell’impianto formulata a luglio 2015 dalla stessa COGNOME e dell ‘inventario fallimentare che lo comprende) e poi dichiarare, alla successiva pag. 4, che COGNOME lo ha acquistato «per accessione ai sensi dell’art. 935 cc» .
Difatti, al netto dell’erroneo riferimento all’art. 935 c.c. (di cui si dirà), i l principio dell’accessione posto dall’articolo 934 c .c. configura una fattispecie di acquisto a titolo originario della proprietà, conseguente alla incorporazione di una cosa nel fondo altrui, che opera ipso iure al momento in cui la piantagione, costruzione od opera si incorpora al suolo, tanto che la pronuncia dell’accessione da parte del giudice ha natura meramente dichiarativa ( ex multis Cass. 21683/2015).
6.1. -Solo a margine di tali rilievi mette conto di rilevare che è la stessa COGNOME a dare atto, a pag. 22 del ricorso, che COGNOME « intendeva rilocalizzare i propri impianti sui terreni di COGNOME » e che l’accordo trovato tra le parti « era proprio quello di concedere alla COGNOME la dislocazione di tali impianti sui terreni della ricorrente ».
-Sono fondati e vanno accolti anche il secondo motivo del ricorso di COGNOME ed il terzo motivo di ricorso del Fallimento, da esaminare congiuntamente.
7.1. -Entrambi censurano giustamente l’errore commesso dal tribunale nell’evocare il disposto dell’art. 935 c.c., che disciplina la diversa fattispecie di costruzione sul fondo proprio con materiali altrui, essendo invece pacifico che nel caso di specie NOME abbia installato sul terreno di COGNOME l’Impianto, realizzato con materiali propri, con conseguente applicabilità, in tesi, dell’art. 934 c.c. , che prevede il principio generale di accessione in uno alla possibilità di derogarvi mediante idoneo titolo, che nel caso in esame il Fallimento ravvisa nel contratto di comodato del 10 ottobre 2006.
-Parimenti fondati e connessi sono il secondo motivo del ricorso del Fallimento ed il terzo motivo del ricorso di COGNOME.
8.1. -Entrambi lamentano, sia pure in direzioni opposte, l’omessa valutazione da parte del tribunale delle clausole contenute nel contratto di comodato d’uso del 10 ottobre 2006.
Secondo il Procuratore generale, l a regola dell’accessione di cui all’art 934 c.c. non ha carattere di assolutezza, ma è limitata alle sole ipotesi in cui non risulti, dal titolo o dalla legge, che l’opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene ad un soggetto diverso dal proprietario di questo.
In altri termini, si tratta di una norma la cui operatività ben può essere derogata, seppure solo da una specifica disposizione di legge ovvero da un altrettanto specifica pattuizione tra le parti (e quindi non anche, ad esempio, da un negozio unilaterale come ad esempio il testamento: così Cass. 6078/2002).
In presenza di un accordo con cui le parti regolino la proprietà delle costruzioni in deroga al principio dell’accessione ex art. 934 c.c., l’eventuale costituzione di un diritto di superficie è soggetto al requisito della forma scritta ad substantiam ex art. 1350 n. 2, in relazione all’art. 952 c.c. (Cass. 1811 /1984).
Peraltro, il diverso titolo cui fa riferimento l’art . 934 c.c., può avere non solo ‘efficacia reale’ ( ad es., titolo costituivo del diritto di superficie o di trasferimento della proprietà superficiaria), ma anche ‘efficacia obbligatoria’.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno infatti chiarito che la rinuncia all’accessione può scaturire non solo da un di ritto reale di superficie, ma anche da un «contratto atipico di concessione “ad aedificandum” di natura personale, con rinuncia del concedente agli effetti dell’accessione, con il quale il proprietario di un’area concede ad altri il diritto personale di edificare sulla stessa, di godere e disporre dell’opera edificata per l’intera durata del rapporto e di asportare tale opera al termine del rapporto. Tale contratto è soggetto alla disciplina dettata, oltre che dai patti negoziali, dalle norme generali contenute nel titolo II del libro IV del codice civile (art. 1323 c.c.), nonché, per quanto non previsto dal titolo, dalle norme sulla locazione, tra cui quelle dettate dagli artt. 1599 c.c. e 2643, n. 8, c.c.» (Cass. Sez. U, 8434/2020).
E’ allora evidente che il tribunale avrebbe dovuto esaminare ed interpretare le clausole contenute nel ridetto contratto di comodato del terreno, per verificare -secondo le diverse prospettazioni delle parti -se esse integrassero o meno una rinuncia all’accessione o comunque un impedimento dei suoi effetti.
In questa prospettiva, ad esempio, il Fallimento ha segnalato che secondo gli accordi tra le parti COGNOME avrebbe potuto rilocalizzare a proprie cure e spese ‘i propri impianti’ sui terreni de quibus e, una volta cessato il contratto, avrebbe dovuto restituire a COGNOME quegli stessi terreni ‘liberi da impianti’, salvo diverso accordo tra le parti.
8.2. -Ma soprattutto non deve trascurarsi che in realtà l ‘art. 936 c.c. contempla il rapporto tra il proprietario di un immobile e il terzo che vi ha compiuto opere con materiali propri, determinandone l’acquisto a titolo originario in capo al primo, secondo il principio dell’accessione ex art. 934 c.c., fin dal momento in cui esse vengono eseguite e incorporate nel suolo.
A ben vedere, la norma si preoccupa di regolare le conseguenze economiche derivanti dalla acquisizione in proprietà delle opere eseguite dal terzo con propri materiali, per il vantaggio che ne deriva automaticamente al proprietario.
Sennonché, a i fini dell’art. 936 c.c. è terzo chi non abbia con il proprietario del fondo alcun rapporto giuridico di natura reale o personale che gli attribuisca la facoltà di costruire sul suolo (Cass. 5086/2022, 481/2019, 27900/2017, 25499/2015, 11835/2003, 10699/1994, 970/1983).
Pertanto, l’istituto dell’accessione ex art. 936 c.c. presuppone che i soggetti coinvolti non siano legati da un vincolo contrattuale.
Ne consegue, ad esempio, che deve escludersi l’applicabilità della relativa disciplina allorché l’attività costruttiva costituisca non già l’esercizio di un diritto, ma l’adempimento di un’obbligazione; in tal caso, infatti, l’obbligo restitutorio ex art. 1458 c.c., nascente dalla risoluzione del contratto, è incompatibile con il diritto potestativo del proprietario di ritenere la costruzione avvalendosi dell’accessione (Cass. 27088/2021 e Cass. 27900/2017).
La decisione della causa non può allora trascurare l’insegnamento nomofilattico (Cass. Sez. U, 3873/2018) in base al quale, ove sussista un diritto reale o personale che assegni al terzo la facoltà di edificare su suolo altrui, viene meno la stessa ragione di applicare la disciplina dell’accessione -intesa come ipotesi di soluzione del conflitto tra contrapposti interessi -perché il conflitto risulta assoggettato ad una disciplina specifica (ad es. gli artt. 1592 e 1593 c.c. in tema di miglioramenti e addizioni nel rapporto di locazione, o gli artt. 983, 985 e 986 in tema di usufrutto). E nel caso di specie la disciplina specifica dei rapporti inter partes va appunto individuata nel contratto di comodato concluso.
-Il quarto motivo del ricorso di COGNOME è fondato.
9.1. -Il tribunale, nel condannare COGNOME a corrispondere un’indennità al Fallimento, non solo è incorso in vizio di ultrapetizione, stante la pacifica assenza di una domanda della curatela fallimentare in tal senso, ma non ha nemmeno considerato che una simile domanda, se proposta, avrebbe dovuto dichiararsi radicalmente inammissibile, poiché il giudizio di opposizione allo stato passivo non contempla e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali da parte della curatela fallimentare (Cass. 27902/2020, 21490/2020, 19003/2017, 8929/2012).
9.2. -Ne resta assorbito il quarto motivo del ricorso del Fallimento, circa i criteri di quantificazione della stessa indennità.
-Segue la cassazione del decreto impugnato, con rinvio al Tribunale di Cuneo in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo del ricorso del Fallimento, rigetta il primo e dichiara assorbito l’ultimo. Accoglie il ricorso di COGNOME. Cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia al tribunale di Cuneo, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25/10/2023.