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Diritto del Lavoro

Opzione sistema contributivo: comunicazione scritta all'INPS

La Corte di Cassazione ha stabilito che l’opzione sistema contributivo per la pensione, prevista dalla legge n. 335/1995, deve essere esercitata dal lavoratore con una dichiarazione scritta e indirizzata direttamente all’INPS. La comunicazione mensile (flusso Uniemens) inviata dal datore di lavoro non è sufficiente a surrogare questa manifestazione di volontà. La sentenza chiarisce che, data la natura di diritto potestativo del lavoratore e le importanti conseguenze sul rapporto previdenziale, è necessario un atto formale che garantisca certezza giuridica, escludendo forme equivalenti.

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Pronta disponibilità e straordinario: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16147/2025, ha chiarito le regole per il calcolo del compenso per pronta disponibilità e straordinario. La Corte ha stabilito che le ore di assenza per ferie e malattia devono essere incluse nel computo dell’orario di lavoro ordinario. Di conseguenza, le ore di lavoro prestate in pronta disponibilità che eccedono tale soglia vanno retribuite come straordinario. La sentenza rigetta la tesi della società datrice di lavoro, secondo cui solo le ore di lavoro effettivamente prestate potevano essere considerate per determinare il superamento dell’orario normale, affermando la tutela dei diritti costituzionali al riposo e alla salute del lavoratore.

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Qualifica superiore: legittima anche senza mansioni

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità dell’attribuzione di una qualifica superiore a un lavoratore, anche in assenza delle mansioni corrispondenti. Questa decisione si basa sul principio del “trattamento di miglior favore”, secondo cui un datore di lavoro può derogare alle norme contrattuali a beneficio del dipendente. L’atto, compiuto dall’amministratore delegato, è stato ritenuto valido e non opponibile alla società, respingendo così il ricorso dell’azienda che contestava il pagamento delle differenze retributive.

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Assunzione società pubblica: la nullità del contratto

Un lavoratore era stato assunto da una società a totale partecipazione pubblica tramite una conciliazione giudiziale, senza aver superato un concorso. A seguito del suo licenziamento, la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità del rapporto di lavoro sin dall’origine. La Suprema Corte ha stabilito che l’obbligo di procedure selettive per l’assunzione in una società pubblica è una norma imperativa che non può essere derogata da un accordo privato, nemmeno se formalizzato in un verbale di conciliazione. Di conseguenza, il licenziamento non poteva essere impugnato, in quanto il contratto di lavoro era giuridicamente inesistente.

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Correzione errore materiale: la Cassazione si corregge

La Corte di Cassazione interviene con una procedura di correzione errore materiale per emendare una precedente ordinanza. Nel dispositivo di una sentenza, la Corte aveva erroneamente indicato un ente previdenziale come beneficiario del pagamento delle spese legali, anziché la società di servizi idrici, reale controparte nel giudizio. Riconoscendo la svista come una mera disattenzione, la Corte ha ordinato la rettifica del provvedimento, sostituendo il nome del soggetto errato con quello corretto, senza disporre sulle spese per il procedimento di correzione.

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Mancata comparizione appellante: quando è irrilevante

Un datore di lavoro ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando la nullità di una sentenza d’appello a causa della sua stessa mancata comparizione a un’udienza. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, specificando che la sanzione per la mancata comparizione dell’appellante si applica solo alla prima udienza e non a quelle successive. Di conseguenza, l’assenza strategica di una parte non può essere utilizzata per ostacolare la decisione del processo. La Corte ha inoltre rigettato gli altri motivi relativi alla rinuncia tacita e ai vizi di motivazione.

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Risarcimento danni lavoratore: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a un risarcimento danni lavoratore di oltre 3 milioni di euro. Il dipendente, un direttore di ufficio postale, aveva illecitamente riscosso buoni fruttiferi postali. La Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo le motivazioni della Corte d’Appello chiare e sufficienti e respingendo la tesi di una corresponsabilità dell’azienda per carenza di controlli.

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Ricognizione di debito: accesso agli atti non la prova

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di un contribuente di accedere agli atti per visionare una cartella di pagamento non costituisce una ricognizione di debito. Di conseguenza, tale richiesta non interrompe la prescrizione. La valutazione se un atto integri o meno un riconoscimento del debito è un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata. Il ricorso dell’Agenzia di Riscossione è stato quindi dichiarato inammissibile.

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Perdita di chance pubblico impiego: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato il diritto al risarcimento per perdita di chance di una dipendente pubblica. A causa di un illegittimo ritardo nel suo inquadramento, la lavoratrice non ha potuto partecipare a progressioni economiche successive. La Corte ha qualificato la responsabilità dell’ente come contrattuale, con prescrizione decennale, e ha ritenuto sufficientemente provata la probabilità di successo della dipendente nelle selezioni mancate, quantificando il danno nell’80% delle differenze retributive perse.

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Prova documentale appello: la Cassazione decide

Un professionista ha contestato un’ingiunzione di pagamento per contributi previdenziali, eccependo la prescrizione. La questione centrale è diventata l’ammissibilità di una prova documentale in appello, prodotta dalla Cassa di Previdenza per dimostrare l’interruzione della prescrizione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del professionista, stabilendo che il giudice d’appello ha correttamente utilizzato i suoi poteri istruttori per acquisire il documento nel formato corretto (.eml), dato che lo stesso era già stato allegato in primo grado, sebbene in un formato non idoneo (PDF). La decisione chiarisce i limiti e i poteri del giudice nell’acquisizione della prova per l’accertamento della verità materiale.

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Prescrizione retribuzione: quando inizia a decorrere?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un gruppo di dirigenti medici contro un’azienda ospedaliera, confermando l’intervenuta prescrizione retribuzione per i loro crediti. La Corte ha stabilito che la difficoltà nel quantificare le somme dovute rappresenta un mero ostacolo di fatto e non un impedimento giuridico capace di sospendere il termine di prescrizione. Il diritto poteva essere esercitato annualmente, pertanto la richiesta per emolumenti risalenti al periodo 1996-2009 è stata considerata tardiva.

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Impugnazione senza motivazione: quando scade il termine

Una società appella una sentenza di primo grado, ma il giudice decede prima di depositarne le motivazioni. La Corte di Cassazione chiarisce che in caso di impugnazione senza motivazione, il termine lungo per appellare decorre dal deposito del decreto presidenziale che attesta tale impossibilità, non da una notifica successiva. Di conseguenza, l’appello presentato oltre un anno dopo tale deposito è stato dichiarato tardivo e inammissibile.

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Licenziamento fine cantiere: quando è legittimo

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento fine cantiere. Il caso riguardava un lavoratore edile licenziato dopo la conclusione dei lavori nel sito a cui era assegnato. La Corte ha stabilito che, se l’azienda dimostra l’impossibilità di ricollocare il dipendente in altre mansioni o cantieri al momento del recesso, il licenziamento è valido, anche se nuove opportunità lavorative si presentano mesi dopo.

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Trasferimento azienda: la tutela del lavoratore escluso

La Corte di Cassazione conferma il diritto all’assunzione di un lavoratore escluso da un accordo sindacale in un’operazione di trasferimento azienda. Poiché l’attività d’impresa proseguiva e non era cessata, la Corte ha ritenuto inapplicabile la deroga che permette il mancato assorbimento di parte del personale, riaffermando la tutela prevista dall’art. 2112 c.c. anche per le aziende in amministrazione straordinaria.

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Prescrizione assegno vitalizio: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17448/2025, ha stabilito che per l’assegno vitalizio dovuto alle vittime del dovere, la prescrizione decennale non estingue il diritto in sé, ma solo i singoli ratei maturati oltre dieci anni prima della domanda. La Corte d’Appello aveva erroneamente dichiarato l’intero diritto prescritto. La sentenza è stata cassata con rinvio.

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Autorizzazione lavoro straordinario: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 15984/2025, ha stabilito che l’autorizzazione preventiva per il lavoro straordinario nel pubblico impiego è un elemento costitutivo del diritto al compenso. Di conseguenza, il lavoratore deve provarne l’esistenza. La contestazione della sua assenza da parte della Pubblica Amministrazione in appello non è un’eccezione nuova inammissibile, ma una mera difesa. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto tardiva tale contestazione.

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Orario medici: no a risarcimento senza prova del nesso

Un gruppo di dirigenti medici ha citato in giudizio lo Stato per ottenere un risarcimento danni a causa della violazione delle direttive europee sull’orario di lavoro. La Corte di Cassazione, pur riconoscendo la violazione “grave e manifesta” della normativa UE da parte dell’Italia, ha respinto la richiesta. La decisione si fonda sulla mancata dimostrazione, da parte dei medici, del nesso di causalità tra l’illecito dello Stato e il danno subito. Secondo la Corte, non è stato provato che le ore di lavoro extra fossero una conseguenza diretta di turni imposti e non una scelta volontaria legata al raggiungimento di obiettivi professionali, un aspetto cruciale per definire il corretto orario medici.

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Soccombenza reciproca: chi paga le spese legali?

Un datore di lavoro, pur vincendo parzialmente in appello, ricorre in Cassazione per la condanna alle spese legali. La Corte rigetta il ricorso, affermando che la soccombenza reciproca va valutata sull’esito complessivo della lite e non sul singolo grado di giudizio. La discrezionalità del giudice di merito nella compensazione delle spese è insindacabile se correttamente motivata.

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Vittima del dovere: prescrizione e benefici

Un servitore dello Stato, ferito durante un’operazione, ha richiesto il riconoscimento dello status di ‘vittima del dovere’ e i relativi benefici. La Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale: mentre lo status di ‘vittima del dovere’ è imprescrittibile, il diritto ai benefici economici, come la speciale elargizione, si prescrive in dieci anni. Tale termine decorre dal momento in cui la legge ha previsto il beneficio, non dalla data di formale riconoscimento dello status. Di conseguenza, sono stati respinti sia il ricorso del cittadino sulla prescrizione dei benefici, sia quello dell’Amministrazione che sosteneva la prescrittibilità dello status stesso.

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Conversione contratto di collaborazione: fine contesa

Una società ricorre in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello che aveva disposto la conversione di un contratto di collaborazione in rapporto di lavoro subordinato, a causa della mancanza di uno specifico progetto. Tra i motivi di ricorso, l’azienda contestava la decorrenza del rapporto da una data anteriore alla sua stessa costituzione. La Suprema Corte, tuttavia, non ha deciso nel merito, dichiarando cessata la materia del contendere in seguito a un accordo transattivo raggiunto tra le parti e alla conseguente rinuncia al ricorso.

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