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Diritto alla provvigione: quando spetta al mediatore?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2389/2024, ha confermato il diritto alla provvigione di un mediatore immobiliare nonostante fossero trascorsi tre anni tra la messa in contatto delle parti e la conclusione della compravendita. La Corte ha stabilito che il nesso di causalità non si interrompe per il solo trascorrere del tempo, se l’affare si conclude tra le stesse parti, per lo stesso immobile e a condizioni sostanzialmente invariate. È stato inoltre chiarito che l’impiego di collaboratori non iscritti per mansioni ausiliarie non esclude il diritto al compenso e che i comproprietari beneficiari dell’affare sono obbligati in solido al pagamento.

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Diritto alla Provvigione: Spetta Anche Dopo Anni? La Risposta della Cassazione

Una delle domande più frequenti nel settore immobiliare riguarda il diritto alla provvigione del mediatore: cosa succede se la vendita si conclude molto tempo dopo il suo intervento? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2389 del 24 gennaio 2024, offre chiarimenti cruciali su questo tema, analizzando il concetto di nesso causale e la sua persistenza nel tempo.

I Fatti del Caso: Una Vendita Conclusa a Distanza di Tre Anni

La vicenda ha origine nel 1996, quando un mediatore immobiliare mette in contatto un potenziale acquirente e il proprietario di un immobile. Nonostante una proposta di acquisto, l’accordo non viene raggiunto e le trattative si interrompono. Circa tre anni dopo, nel 1999, le stesse parti concludono la compravendita dello stesso immobile a condizioni economiche molto simili a quelle iniziali.

Il mediatore, venuto a conoscenza della vendita, agisce in giudizio per ottenere il pagamento della provvigione, ma il Tribunale di primo grado respinge la sua domanda. La Corte d’Appello, invece, ribalta la decisione, riconoscendo il diritto del mediatore al compenso. I venditori e gli acquirenti, soccombenti in appello, ricorrono quindi in Cassazione.

Il Diritto alla Provvigione e il Nesso di Causalità

Il cuore della controversia ruota attorno al concetto di “nesso di causalità adeguata” tra l’attività iniziale del mediatore e la successiva conclusione dell’affare. I ricorrenti sostenevano che il lungo lasso di tempo trascorso avesse interrotto tale nesso, rendendo la vendita un evento autonomo e slegato dall’originario intervento.

La Corte di Cassazione ha rigettato questa tesi, affermando un principio fondamentale: il semplice decorso del tempo non è di per sé sufficiente a recidere il legame causale. Affinché il mediatore perda il suo diritto alla provvigione, è necessario che si verifichino eventi o circostanze nuove, tali da costituire la vera causa della conclusione dell’affare, del tutto indipendenti dall’attività del primo mediatore.

Nel caso specifico, la Corte ha osservato che:
1. Le parti del contratto finale erano le stesse messe in contatto dal mediatore.
2. L’oggetto della compravendita era il medesimo immobile.
3. Le condizioni economiche non avevano subito mutamenti significativi.
4. Non erano emerse nuove trattative avviate in modo autonomo o l’intervento decisivo di un altro intermediario.

Di conseguenza, l’intervento del mediatore nel 1996 è stato ritenuto l'”antecedente indispensabile” per la conclusione dell’affare, mantenendo la sua efficacia causale nonostante i tre anni di stasi.

Questioni Accessorie: Collaboratori Non Iscritti e Comproprietari

La sentenza ha affrontato anche altre due importanti questioni.

In primo luogo, i ricorrenti lamentavano che parte dell’attività di mediazione (come l’accompagnamento a visitare l’immobile) era stata svolta da collaboratori del mediatore non iscritti all’apposito ruolo. La Corte ha respinto anche questa doglianza, specificando che l’impiego di ausiliari per attività meramente materiali e strumentali, svolte sotto la direzione e responsabilità del mediatore titolare, non inficia il suo diritto a percepire l’intera provvigione.

In secondo luogo, è stato sollevato il problema della comproprietà dell’immobile, sia dal lato del venditore che dell’acquirente. La Cassazione ha stabilito che l’obbligazione di pagare la provvigione ha natura solidale. Ciò significa che tutti i comproprietari che beneficiano dell’affare sono tenuti al pagamento, anche se non hanno partecipato direttamente alle trattative, poiché hanno comunque utilizzato e tratto vantaggio dall’attività del mediatore.

La Determinazione della Provvigione

Un ultimo aspetto interessante riguarda la base di calcolo della provvigione. La Corte d’Appello, decisione confermata dalla Cassazione, aveva calcolato il compenso non sul prezzo, più basso, dichiarato nell’atto di vendita, ma sulla base della somma, più alta, offerta nella proposta originaria. I giudici hanno ritenuto che tale importo fosse più rappresentativo del “reale valore dell’affare”, prescindendo dal tenore formale del contratto notarile, implicitamente considerato non veritiero per ragioni fiscali.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha basato la sua decisione sul principio consolidato della “causalità adeguata”, secondo cui il diritto alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare è una conseguenza, anche non diretta ed esclusiva, dell’intervento del mediatore. L’aver messo in relazione le parti costituisce l’antecedente necessario senza il quale il contratto non si sarebbe concluso. L’assenza di nuove circostanze decisive che abbiano dato un autonomo impulso alla ripresa delle trattative ha portato a ritenere persistente l’efficacia causale dell’originaria attività di mediazione. La Corte ha inoltre ribadito che la struttura del rapporto di mediazione è flessibile e non richiede un formale incarico preventivo, essendo sufficiente che le parti accettino, anche tacitamente, l’attività dell’intermediario, avvantaggiandosene.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza la tutela del lavoro del mediatore immobiliare. Stabilisce che il diritto alla provvigione non svanisce facilmente con il passare del tempo e che i tentativi di eludere il pagamento attendendo un periodo di “raffreddamento” sono destinati a fallire se non intervengono fatti nuovi e determinanti. Per i clienti, venditori e acquirenti, la decisione serve come monito: l’intervento di un mediatore crea un legame giuridico duraturo, e l’obbligo di pagamento della provvigione si estende a tutti i contitolari del bene che traggono vantaggio dalla sua opera.

Il solo passare del tempo è sufficiente a escludere il diritto alla provvigione del mediatore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il mero decorso del tempo (in questo caso, tre anni) non è di per sé sufficiente a interrompere il nesso di causalità tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare. È necessario che non siano intervenuti fattori nuovi e indipendenti che abbiano determinato la ripresa delle trattative.

Se un mediatore si avvale di collaboratori non iscritti al ruolo per mostrare un immobile, perde il diritto alla provvigione?
No. La sentenza chiarisce che se i collaboratori svolgono un ruolo meramente ausiliario e strumentale (come accompagnare i clienti a visitare l’immobile) su richiesta del mediatore iscritto, la loro attività non inficia il diritto del mediatore a percepire l’intera provvigione.

Chi è tenuto a pagare la provvigione se l’immobile venduto o acquistato è in comproprietà?
Tutti i comproprietari che hanno beneficiato della vendita o dell’acquisto sono tenuti in solido al pagamento della provvigione. Anche se non hanno partecipato direttamente alle trattative, l’aver utilizzato i risultati dell’attività del mediatore li rende obbligati al pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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