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Diritto alla provvigione: quando spetta al mediatore?

La Corte di Cassazione chiarisce che la semplice visita di un immobile, organizzata da un mediatore, non è sufficiente a garantire il suo diritto alla provvigione se la vendita si conclude anni dopo, a seguito di una trattativa autonoma e successiva. L’ordinanza sottolinea la necessità di un ‘nesso di causalità adeguata’ tra l’intervento del mediatore e la conclusione dell’affare, nesso che può essere interrotto da una lunga inerzia e dalla ripresa delle negoziazioni in modo del tutto indipendente.

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Diritto alla Provvigione del Mediatore: La Visita all’Immobile Non Basta

Il diritto alla provvigione per un mediatore immobiliare è un tema spesso al centro di controversie legali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, stabilendo che la semplice messa in contatto delle parti e l’organizzazione di una visita all’immobile non sono, di per sé, sufficienti a far sorgere il diritto al compenso se la trattativa si interrompe e l’affare viene concluso anni dopo in modo autonomo. Analizziamo insieme questo importante caso.

I Fatti di Causa: Una Vendita Conclusa Anni Dopo

La vicenda ha origine nel 2005, quando una società immobiliare riceve da un’impresa costruttrice l’incarico di mediazione per la vendita di un’unità immobiliare. Nel 2006, l’agenzia mette in contatto la società venditrice con una potenziale acquirente, la quale visita l’immobile.

Tuttavia, le trattative iniziali si interrompono e per circa tre anni non vi è alcun progresso. Nel 2009, la società venditrice conclude un contratto preliminare per lo stesso immobile con un terzo soggetto, il quale, a sua volta, nomina come acquirente finale proprio la persona che aveva visitato l’immobile nel 2006.

Ritenendo che la conclusione dell’affare fosse riconducibile alla sua attività iniziale, l’agenzia immobiliare cita in giudizio sia la società venditrice sia l’acquirente finale per ottenere il pagamento della provvigione. Mentre il Tribunale rigetta la domanda, la Corte d’Appello la accoglie, condannando le parti al pagamento. Contro questa decisione, l’acquirente propone ricorso in Cassazione.

La Decisione della Corte e il Diritto alla Provvigione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’acquirente, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un’altra sezione della stessa Corte. Il principio affermato è fondamentale: per riconoscere il diritto alla provvigione, non è sufficiente un nesso causale basato sulla mera ‘condicio sine qua non’ (ovvero, l’idea che senza l’intervento iniziale del mediatore l’affare non si sarebbe mai concluso). È invece necessaria la prova di una ‘causalità adeguata’.

La Differenza tra ‘Condicio Sine Qua Non’ e ‘Causalità Adeguata’

La Suprema Corte ha spiegato che il semplice fatto di aver messo in contatto le parti non costituisce un requisito sufficiente per il diritto al compenso. L’intervento del mediatore deve essere stato un anello causale determinante e adeguato per la conclusione dell’affare. Se la catena causale si interrompe, il diritto viene meno.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha individuato diversi elementi che, nel caso di specie, interrompevano il nesso causale tra l’attività del primo mediatore e la vendita finale:

1. L’interruzione della trattativa originale: La prima negoziazione del 2006 si era interrotta per motivi specifici, tra cui il disaccordo sul prezzo e la richiesta di un pagamento parziale ‘in nero’, che aveva portato alla chiusura della relazione tra le parti.
2. Il lungo lasso di tempo: Il trascorrere di circa tre anni tra la visita e la conclusione del contratto ha indebolito significativamente il legame causale.
3. L’autonomia della nuova trattativa: La seconda trattativa, avviata nel 2009, è avvenuta in modo autonomo e avulso dalla visita del 2006, coinvolgendo un diverso intermediario, senza alcuna partecipazione dell’agenzia originaria.
4. La diversità delle condizioni: Le condizioni economiche dell’affare finale (prezzo di 1.085.000 euro) erano notevolmente diverse da quelle della trattativa iniziale (1.600.000 euro), a dimostrazione di una negoziazione completamente nuova.

I giudici hanno quindi stabilito che fondare il diritto alla provvigione sulla sola visita iniziale, senza considerare questi fattori di interruzione, sarebbe un errore. L’attività del mediatore deve essere un antecedente indispensabile che si rivela una conseguenza prossima dell’opera dell’intermediario, non una remota e occasionale coincidenza.

Conclusioni

Questa ordinanza offre implicazioni pratiche rilevanti sia per i mediatori immobiliari sia per i loro clienti. Per i professionisti del settore, emerge la necessità di non limitarsi a un contatto iniziale, ma di partecipare attivamente e in modo continuativo alle trattative per poter legittimamente rivendicare la provvigione. Per i clienti, venditori o acquirenti, questa decisione rappresenta una tutela contro pretese di compenso basate su un contributo ormai superato da eventi successivi e indipendenti. In definitiva, il diritto alla provvigione non è una rendita di posizione derivante da un singolo atto, ma il giusto compenso per un ruolo attivo e determinante nella conclusione di un affare.

La semplice visita di un immobile organizzata da un mediatore dà sempre diritto alla provvigione se l’affare si conclude?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la sola visita non è sufficiente. È necessario dimostrare un ‘nesso di causalità adeguata’, ovvero che l’attività del mediatore sia stata la causa efficiente e determinante per la conclusione dell’affare, e non solo una condizione remota.

Cosa può interrompere il nesso causale tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare?
Il nesso causale può essere interrotto da vari fattori, tra cui: una lunga inerzia dopo le prime trattative (nel caso specifico, circa tre anni), la conclusione delle prime negoziazioni con esito negativo, e l’avvio di una nuova trattativa autonoma, anche tra le stesse parti, ma con l’intervento di altri soggetti e a condizioni diverse.

Chi deve provare l’esistenza del nesso causale per ottenere il diritto alla provvigione?
L’onere della prova spetta al mediatore che richiede il pagamento della provvigione. Egli deve dimostrare che la conclusione dell’affare è stata l’effetto diretto e adeguato del suo intervento, non essendo sufficiente provare solo di aver messo originariamente in contatto le parti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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