Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 27820 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 27820 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 8311/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
ricorrente
contro
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
contro
ricorrente avverso la sentenza n.590/2020 della Corte d’ appello di Perugia, pubblicata il 28-12-2020, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
8-10-2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1304/2017, pubblicata il 28-7-2017, il Tribunale di Perugia, accogliendo la domanda dell’attrice RAGIONE_SOCIALE, condannava la convenuta NOME COGNOME a pagare l’importo
OGGETTO:
mediazione
RG. NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO
C.C. 8-10-2025
di Euro 7.800,00 oltre iva, a titolo di provvigione per l’attività di intermediazione immobiliare svolta, in forza della quale NOME COGNOME aveva proposto l’acquisto di un immobile sito a Perugia in località Collestrada per il prezzo di Euro 390.000,00 e la proprietaria COGNOME aveva accettato la proposta.
Decidendo sul gravame proposto dalla COGNOME avverso la suddetta pronuncia , la Corte d’appello di Perugia lo accoglieva con sentenza n. 590/2020, pubblicata il 28-12-2020, rigettando la domanda di RAGIONE_SOCIALE e condannandola alla rifusione delle spese di lite di entrambi i gradi.
La sentenza escludeva il diritto della società alla provvigione, dichiarando che NOME COGNOME il 26-10-2009 aveva soltanto COGNOME la proposta sottopostale dal legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, senza che sulla stessa comparisse la firma del proponente l’acquisto COGNOMECOGNOME COGNOME che da nessun atto risultava che l’asserito proponente COGNOME COGNOME COGNOME la proposta di acquisto e, anzi, era emerso che lo stesso aveva subordinato la sottoscrizione alla positiva verifica della possibilità di spostare un palo RAGIONE_SOCIALE e aveva successivamente comunicato di essere interessato all’acquisto solo in caso di riduzione del prezzo; perciò, dichiarava che l’incontro delle volontà tra potenziale venditore e potenziale acquirente non si era concretato e l’affare non era stato concluso, stante anche il rifiuto della proprietaria alla richiesta riduzione del prezzo e la revoca della proposta di COGNOME, con la restituzione in suo favore, in data 2-11-2009, dell ‘ assegno rilasciato a titolo di caparra da parte della società, prima di sapere se la proprietaria COGNOME accettato la proposta, senza che il proponente COGNOME sotto scritto l’apposito spazio intitolato ‘ritiro della proposta di acquisto accettata’ ; COGNOMECOGNOME che la proposta era espressamente subordinata anche alla rinuncia al diritto di prelazione da parte dei proprietari confinanti.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza di secondo grado sulla base di quattro motivi e l’intimata NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del giorno 8-10-2025 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113 c.p.c. in ordine all’art. 1755 del c.c. in tema di diritto alla provvigione, e agli artt. 1321, 1326 e 1335 del c.c. in tema di conclusione del contratto e presunzione di conoscenza ex art. 360, 1° comma n. 3 c.p.c.’, la società ricorrente sostiene che il contratto preliminare era stato concluso e ciò comportava il sorgere del diritto alla provvigione per la società mediatrice, senza che potesse avere rilevanza la mancata stipula del contratto definitivo; afferma che la proposta di acquisto firmata dal proponente e dalla promittente venditrice per accettazione comportava la costituzione di vincolo giuridico tra le parti; prospetta che, poiché il giudice di appello ha accertato che il proponente aveva firmato dopo l’accettazione da parte della proprietaria, risulta che il proponente aveva avuto conoscenza dell’accettazione da parte della venditrice, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata; COGNOMEge che, comunque, solo il proponente poteva rilevare il difetto di conoscenza per contestare il perfezionamento del contratto.
Con il secondo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2702 del c.c. e degli artt. 214 e segg. del c.p.c. ex art. 360, 1° comma, n. 3 c.p.c., n onché dell’art. 116 del c.p.c. e dell’art. 115 del c.p.c. ex art. 360 1° comma n. 4 c.p.c.’, la ricorrente assume che la proposta di acquisto firmata dal proponente, dal
mediatore e dal venditore aveva piena efficacia tra le parti, tenuto conto che la stessa non era stata oggetto né di querela di falso né di disconoscimento, né di interpretazione del suo contenuto; evidenzia come sia pacifico che tutte le parti COGNOMEro COGNOME la proposta in data 26-10-2009, in quanto la prova è rappresentata dal documento, sottratto alla regola del prudente apprezzamento; sostiene che il giudice sia incorso in errore di percezione sulla ricognizione del contenuto del documento, con l a conseguente violazione dell’art. 115 cod. proc. civ.
Con il terzo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2729 del c.c. e dell’art. 1329 del c.c. ex art. 360 1° comma n. 3 c.p.c. e dell’art. 115 del c.p.c. ex art. 360 1° comma n. 4 c.p.c. e omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 1° comma n. 5 c.p.c.’, la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia considerato le dichiarazioni del teste COGNOME in ordine al fatto che la cubatura non corrispondeva a quella reale, per cui egli aveva chiesto di rivedere il prezzo, e abbia considerato la restituzione della caparra; rileva che si trattava di elementi privi di valore indiziario e che contrastavano con la proposta di acquisto, firmata da tutte le parti il 26-10-2009 e costituente fatto decisivo del quale era stato omesso l’esame.
Con il quarto ed ultimo motivo, intitolato ‘ violazione e/o falsa applicazione degli artt. 113 c.p.c. e dell’art. 8 della L.590/1965 in tema di prelazione agraria; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13621371 del c.c. in tema di interpretazione della clausola di prelazione -violazione o f alsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. motivazione apparente ex art. 360 1° comma n. 34 c.p.c.’, la ricorrente rileva che il contratto preliminare COGNOME il 26-10-2009 riguardava anche un terreno di circa un ettaro e, perciò, era stata inserita la clausola ‘la presente proposta andrà a buon fine previa rinuncia al diritto di prelazione dei confinanti’; sostiene che l’esercizio della prelazione ex
art. 8 legge 26-5-1965 n. 590 rappresentava condizione risolutiva del contratto preliminare e che la clausola non aveva alcuna incidenza sul diritto alla provvigione a favore del mediatore e a carico della venditrice, in quanto comunque la vendita sarebbe avvenuta anche se era incerta la persona dell’acquirente; quindi , adduce che la venditrice fosse debitrice dell’importo della provvigione in forza dell’ ‘incarico di mediazione per vendita immobiliare’ i n data 11-12-2008 e lamenta che la motivazione della sentenza impugnata sul punto sia stata solo apparente.
I primi tre motivi possono essere esaminati congiuntamente, stante la loro stretta connessione e alla stregua della continuità delle argomentazioni prospettate.
Essi sono inammissibili laddove la ricorrente, sotto lo schermo della violazione di tutte le disposizioni negli stessi indicate, intende, in realtà, sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Infatti, la sentenza impugnata ha accertato in fatto, sulla base del contenuto della proposta di acquisto, del momento in cui ne è stata eseguita la sottoscrizione da parte della proprietaria e del COGNOME, nonché della condotta delle parti, che non era stato concluso alcun affare; ciò in quanto la proprietaria, sottoscrivendo la proposta di acquisto prima del proponente, non aveva accettato alcuna proposta ma aveva eseguito una propria proposta, con riguardo alla quale la successiva sottoscrizione da parte di COGNOME non aveva il significato di accettazione, tanto che COGNOME non aveva COGNOME lo spazio titolato ‘ritiro della proposta di acquisto accettata’ e poi aveva revocato la proposta medesima, ottenendo dalla società anche la restituzione dell’assegno rilasciato per caparra.
L ‘ alternativa ricostruzione sulla quale la ricorrente fonda la tesi dell’esistenza delle violazioni di legge prospettate – secondo la quale la
scrittura intercorsa tra le parti integrava contratto preliminare, perfezionatosi a prescindere dal momento in cui le parti avevano apposto la loro sottoscrizione e dalle loro successive condotte presuppone una lettura del contenuto della scrittura medesima diversa da quella eseguita dal giudice di merito e che non può essere ottenuta nel giudizio di legittimità.
Posto il dato pacifico che l’individuazione del contenuto del documento si concreta in un accertamento di fatto, non rileva in sé il dato, sul quale insiste la ricorrente, della presenza delle sottoscrizioni delle parti nella ‘proposta di acquisto’ al fine di inferirne l’avvenuta conclusione del contratto preliminare, in mancanza dell’accertamento sul dato che il contenuto del documento fosse tale da comportare tale effetto.
Si esclude, altresì, che le violazioni degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., prospettate con il secondo e con il terzo motivo, possano essere dedotte per sostenere l’erroneo accertamento d a parte della Corte d’appello d el contenuto della scrittura che, secondo la ricorrente, integrerebbe travisamento della prova. Infatti, il vizio relativo al travisamento del contenuto oggettivo della prova va fatto valere ai sensi dell’art. 360 , co. 1, n. 5 cod. proc. civ. (da ultimo, Cass. Sez. U 5-3-2024, n. 5792), mentre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. sussiste nel caso in cui il giudice, in contraddizione con la disposizione, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio); è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggiore forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre prove, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 30-9-2020, n. 20867). A sua volta, la violazione dell’art. 116 cod. proc.
civ. sussiste se il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore, oppure il valore che il legislatore attribuisce a una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, il valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta a una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice abbia solamente male esercitato il suo prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile ai sensi dell’art. 360 , co. 1, n. 5, cod. proc. civ. solo nei limiti in cui è ancora consentito il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Cass. Sez. U 30-9-2020, n. 20867, cit.).
Si esclude qualsiasi rilievo anche alla violazione dell’art. 2729 cod. civ. dedotta nel terzo motivo, in quanto la denuncia in cassazione di violazione o falsa applicazione di tale norma può prospettarsi solo quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti, ovvero fondi la presunzione su fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inf erenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito (Cass. Sez. 2 21-3-2022, n. 9054; Cass. Sez. 1 259-2023, n. 27266).
Infine, si esclude qualsiasi fondatezza delle deduzioni della ricorrente in ordine al travisamento della prova – anche esattamente qualificate nel paradigma dell’art. 360 , co. 1, n. 5, cod. proc. civ. – e delle deduzioni svolte con il terzo motivo, laddove proposto ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. Infatti, non si è venuto a configurare il denunciato omesso esame di fatto decisivo con riguardo alla proposta
di acquisto, avendola la sentenza impugnata presa in esame ed avendo escluso in fatto, sulla base del contenuto della proposta medesima e delle altre risultanze probatorie, che fosse stato concluso l’ affare. Q uindi, si rimane nell’ambito dell’interpretazione delle risultanze processuali, riservata al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità, essendo stata svolta in termini immuni da vizi logici e giuridici.
E’ infondato anche i l quarto motivo di ricorso.
La tesi della ricorrente in ordine alla debenza della provvigione alla società mediatrice da parte della proprietaria venditrice per il fatto che, comunque, l’affare era stato concluso, o con il proponente COGNOME o con il confinante che aveva esercitato il diritto di prelazione, si fonda sul presupposto – escluso dalla sentenza impugnata con pronuncia che resiste in questa sede – che tra la proprietaria e COGNOME fosse intercorso contratto preliminare; inoltre, non risulta in alcun modo accertato in causa che il confinante COGNOME esercitato il suo diritto di prelazione, per cui neppure sotto questo profilo si prospetta la conclusione di un affare con il confinante che possa porre la questione della debenza del diritto della società mediatrice alla provvigione.
In definitiva, alla luce delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere interamente rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 co . 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 200,00 per esborsi e in euro 3.100,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa come per legge.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte suprema di cassazione il giorno 8-10-2025
Il Presidente
NOME COGNOME