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Diritto alla provvigione: quando il nesso causale manca

La Corte di Cassazione ha negato il diritto alla provvigione a un’agenzia immobiliare che aveva messo in contatto venditore e acquirente. La Corte ha stabilito che, nonostante il contatto iniziale, il nesso causale si era interrotto perché la prima trattativa si era conclusa senza successo a causa del prezzo troppo alto. La vendita è stata poi finalizzata grazie all’intervento di una seconda agenzia, che ha gestito una nuova e autonoma negoziazione a condizioni diverse e più vantaggiose per l’acquirente, interrompendo così il legame con l’attività del primo mediatore.

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Diritto alla Provvigione: Quando l’intervento di un secondo mediatore esclude il compenso?

Il diritto alla provvigione per un mediatore immobiliare non sorge automaticamente per il solo fatto di aver presentato le parti. È necessario che la sua attività sia stata la causa efficiente della conclusione dell’affare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di questo principio, stabilendo che se la prima trattativa fallisce e l’accordo viene raggiunto grazie a un intervento successivo e autonomo di un altro mediatore, il nesso causale si interrompe e il primo agente perde il diritto al compenso.

I Fatti: la mediazione interrotta

Una società di mediazione immobiliare aveva ricevuto l’incarico di vendere un immobile. L’agenzia aveva organizzato diverse visite, tra cui quelle con i futuri acquirenti, e un incontro per discutere i termini dell’acquisto. Tuttavia, la trattativa si era arenata: il prezzo richiesto dal venditore, pari a 950.000 euro oltre provvigione, era stato ritenuto eccessivo dagli acquirenti, il cui budget era inferiore. Di conseguenza, non era stata formalizzata alcuna proposta d’acquisto e le negoziazioni si erano interrotte.

Poco tempo dopo, gli stessi acquirenti venivano a conoscenza, tramite un’altra agenzia immobiliare, che il medesimo immobile era in vendita a condizioni più favorevoli. Avviavano quindi una nuova trattativa, gestita interamente dalla seconda agenzia, che si concludeva con la compravendita a un prezzo nettamente inferiore, ovvero 880.000 euro. La prima agenzia, venuta a sapere della vendita, citava in giudizio sia il venditore che gli acquirenti, chiedendo il pagamento della provvigione del 3%, sostenendo di essere stata la causa originaria del contatto tra le parti.

La Decisione della Corte sul Diritto alla Provvigione

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano respinto la richiesta dell’agenzia, non ravvisando un nesso causale diretto tra la sua attività e la vendita finale. La Corte di Cassazione ha confermato questa linea, rigettando definitivamente il ricorso.

L’assenza del Nesso Causale

Il punto centrale della decisione è l’interruzione del nesso di causalità. I giudici hanno ritenuto che la prima fase di trattative, pur avviata dal primo mediatore, non avesse prodotto alcun risultato positivo. Anzi, si era conclusa con un chiaro fallimento dovuto alla divergenza sul prezzo. La conclusione dell’affare è stata possibile solo grazie a un’iniziativa nuova e indipendente, gestita dal secondo mediatore, che ha portato a condizioni contrattuali sostanzialmente diverse, in primis un prezzo di vendita significativamente più basso.

Le Motivazioni: quando si interrompe il nesso che garantisce il diritto alla provvigione?

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: il diritto alla provvigione sorge quando la conclusione dell’affare può essere considerata una conseguenza diretta dell’opera del mediatore. Questo legame, definito ‘nesso causale’, deve essere un antecedente necessario, senza il quale l’accordo non si sarebbe raggiunto.

La Sopravvenienza di una Causa Autonoma

Tuttavia, tale nesso si interrompe se, dopo una prima fase di trattative infruttuose, le parti pervengono all’accordo attraverso iniziative nuove e autonome, non ricollegabili all’intervento originario. Nel caso di specie, l’attività del secondo mediatore (nuova pubblicità, nuove visite, gestione di una trattativa a un prezzo ribassato) ha costituito una causa autonoma e sufficiente a determinare la conclusione del contratto. La semplice circostanza di aver messo in contatto le parti per prima non è bastata a fondare il diritto della prima agenzia, poiché il suo intervento non aveva superato lo stadio di una negoziazione preliminare poi abbandonata.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per Mediatori e Clienti

Questa ordinanza offre importanti spunti di riflessione. Per i mediatori immobiliari, sottolinea l’importanza non solo di avviare un contatto, ma di portare la trattativa a uno stadio avanzato e utile per la conclusione dell’affare. Un semplice ‘pourparler’ che si conclude con un nulla di fatto non garantisce il compenso se l’affare viene poi concluso da altri a condizioni diverse. Per i clienti, venditori o acquirenti, chiarisce che il dovere di pagare la provvigione è legato all’efficacia causale dell’intervento del mediatore. Se una trattativa si interrompe e se ne avvia una nuova, completamente slegata dalla precedente, il compenso sarà dovuto solo al mediatore che ha effettivamente portato a termine l’operazione.

Quando un mediatore immobiliare ha diritto alla provvigione?
Un mediatore ha diritto alla provvigione solo quando la conclusione dell’affare è in rapporto di causa-effetto con l’attività da lui svolta. Non basta aver messo in contatto le parti, ma è necessario che il suo intervento sia stato un antecedente necessario per la stipula del contratto.

L’intervento di un secondo mediatore fa perdere il diritto alla provvigione al primo?
Sì, se l’intervento del secondo mediatore dà vita a una trattativa nuova e autonoma, slegata dalla precedente che si era conclusa senza successo. Se la seconda negoziazione porta a un accordo a condizioni diverse (come un prezzo inferiore), il nesso causale con l’attività del primo mediatore si considera interrotto, e quest’ultimo perde il diritto al compenso.

Cosa deve dimostrare il mediatore per ottenere il pagamento della provvigione?
Il mediatore che agisce in giudizio per il pagamento della provvigione ha l’onere di provare l’esistenza del nesso causale tra la propria attività e la conclusione dell’affare. Deve dimostrare che il suo intervento è stato determinante e non meramente occasionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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