Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15240 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15240 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16213/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), che li rappresenta e difende, unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti – ricorrenti –
contro
NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, alla INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO di ROMA n. 411/2020 depositata il 21/01/2020.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 03/04/2024, dal Consigliere relatore NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME chiese ed ottenne dal Tribunale di Roma un decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME, in forza di due assegni rilasciatigli da NOME COGNOME, sua convivente per trenta anni e madre di NOME COGNOME; questi oppose il monitorio e il Tribunale di Roma, espletata consulenza tecnica di ufficio, rigettò l ‘ opposizione, disattendendo l ‘ istanza di ammissione della querela di falso proposta da COGNOME.
Questi propose impugnazione e, nel ricostituito contraddittorio con il COGNOME, la Corte d ‘ appello di Roma ha, con sentenza n. 441 del 21/01/2020 accolto l ‘ impugnazione e revocato il monitorio, ritenendo insussistente un qualunque titolo giustificativo del credito del COGNOME e l ‘ assenza del patto di riempimento degli assegni.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propongono ricorso per cassazione NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME, con atto affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
Il Procurare Generale non ha depositato conclusioni.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l ‘ adunanza camerale del 3/04/2024.
Il Collegio si è riservato il deposito del provvedimento nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I ricorrenti propongono i seguenti motivi.
Primo motivo: nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 190 e 101 cod. proc. civ., nonché dell ‘ art. 24 Costituzione, in relazione all ‘ art. 360, n. 4 cod. proc. civ.
I ricorrenti deducono il vizio del procedimento per omessa concessione di termine per il deposito di scritti difensivi dopo che gli atti di causa erano stati rimessi al Procuratore generale presso la Corte d ‘ appello di Roma affinché rendesse le sue conclusioni.
Secondo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 2702 e 2909 c.c., con riferimento agli artt. 226 e 324 cod. proc. civ., in relazione all ‘ art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per non avere, la Corte territoriale, ritenuto che si fosse formato giudicato sulla genuinità degli assegni rilasciati al NOME.
Terzo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 1988, 2702 e 2909 c.c., in relazione all ‘ art. 360, n. 3, cod. proc. civ. per non avere, la Corte territoriale, concluso che la sottoscrizione in calce agli assegni doveva ritenersi come riconosciuta.
Quarto motivo, in via subordinata rispetto ai precedenti: violazione e falsa applicazione degli artt. 1988, 2697, 2702, 2727 e 2729 c.c., nonché degli artt. 115 e 221 cod. proc. civ., in relazione all ‘ art. 360, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la Corte d ‘ appello accolto l ‘ opposizione al monitorio senza che l ‘ appellante COGNOME avesse dato prova della sottoscrizione in bianco degli assegni.
La questione preliminare, proposta da NOME COGNOME, relativa alla legittimazione all ‘ azione del COGNOME e del COGNOME deve ritenersi superata dall ‘ avvenuta produzione, da parte di NOME COGNOME e di NOME NOME delle copie delle procure alle liti per atto notarile, per AVV_NOTAIO, con espresso e specifico richiamo all ‘ avvenuta accettazione dell ‘ eredità di NOME COGNOME, effettuata dai suddetti NOME COGNOME e NOME COGNOME, contenenti pure la dichiarazione che la nomina dei difensori deve ritenersi valere anche come accettazione tacita, ai sensi dell ‘ art. 476 cod. civ., dell ‘ eredità di NOME COGNOME.
Tanto vale, pertanto, a superare l ‘ eccezione di carenza di legittimazione formulata dalla difesa del controricorrente.
Deve, pertanto, passarsi ad esaminare i motivi di ricorso, e segnatamente, in ordine logico, prima ancora che numerico, il primo motivo, in quanto attinente all ‘ esplicazione piena del diritto di difesa.
Il primo motivo di ricorso è fondato, poiché, dopo l ‘ intervento del Pubblico Ministero, o, meglio, dopo la comunicazione, da parte del Collegio decidente d ‘ appello, al detto Ufficio, nella specie alla Procura Generale presso la Corte di Appello di Roma, degli atti processuali, affinché il Procuratore generale interloquisse sulla querela di falso, alle parti private non sono stati concessi i termini per le loro conclusioni e, comunque, per ulteriori memorie.
L ‘ affermazione della Corte d ‘ appello, dell ‘ avere le parti già depositato le comparse conclusionali e le memorie di replica, con la ritenuta conseguenza dell ‘ esclusione del deposito di ulteriori scritti difensivi, non può essere intesa quale adesione a una, non manifestata, e in ogni caso non esplicitata, intenzione delle parti di rinunciare all ‘ esplicazione ulteriore del diritto di difesa dopo l ‘ intervento del Procuratore Generale, delle cui conclusioni, peraltro, la sentenza della Corte territoriale non rende in alcun modo conto, cosicché se ne possa, eventualmente, inferire alcunché in ordine a un eventuale intento abdicativo delle parti (nel senso che avessero rinunciato a interloquire, si veda Cass. n. 34861 del 25/11/2022 Rv. 666495 -03) e, segnatamente, dell ‘ appellato, o comunque di rinuncia al diritto di depositare ulteriori scritti difensivi dopo l ‘ intervento dell ‘ Ufficio della Pubblica Accusa, anche solo per esaminarne la portata e le conseguenze.
Il Collegio, pur consapevole dell ‘ orientamento giurisprudenziale che, nel caso di querela di falso, e in generale nelle cause nelle quali è previsto l ‘ intervento obbligatorio del Pubblico Ministero, reputa sufficiente che gli atti siano comunicati all ‘ Ufficio del Pubblico Ministero e che, quindi, non sia necessaria una sua, o delle parti, specifica interlocuzione (quale espressione di un
orientamento costante e risalente si veda Cass. n. 27402 del 29/10/2018 Rv. 650938 – 01), ritiene che, a seguito dell ‘ intervento nomofilattico in tema di omessa concessione dei termini di cui all ‘ art. 190 cod. proc. civ. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie (Sez. U n. 36596 del 25/11/2021 Rv. 663244 – 01), il principio del contraddittorio debba ritenersi violato nel caso in cui i detti termini non siano concessi.
La violazione, nel caso di specie, si è verificata allorquando le parti private non sono state messe in grado di esplicare le proprie difese a seguito dell ‘ interlocuzione della parte pubblica (in tema di veda, nel caso in cui vi era stata richiesta di chiarimenti con rimessione della causa sul ruolo, successivamente alla richiamata pronuncia delle Sez. U n. 36596 del 2021, Cass. n. 6795 del 07/03/2023 Rv. 667134 – 01).
Il primo motivo del ricorso deve ritenersi, pertanto, fondato; ed è accolto, con assorbimento dei restanti.
La sentenza impugnata è cassata e la causa deve essere rimessa, in quanto sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, alla Corte d ‘ appello di Roma, in diversa composizione, alla quale è