Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12134 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12134 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
Dott.
NOME COGNOME
Presidente
–
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere rel. –
Dott. COGNOME
Consigliere –
Dott. NOME COGNOME
Consigliere –
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16320/2021 R.G. proposto da: COGNOME rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO NORD, rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME
– controricorrente –
e contro
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE NAPOLI INDIRIZZO CENTRO, rappresentata e difesa dall’Avv . COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1245/2021 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 4.5.2021 R.G.N. 2765/2019;
IMPIEGO PUBBLICO – SANITA’ – MOBILITA’ VOLONTARIA – NOME – SINDACATO.
LITISCONSORZIO NECESSARIO – SPESE DI LITE – SOCCOMBENZA.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.
la controversia riguarda, secondo quanto emerge dalla sentenza di appello, la pretesa di NOME COGNOME alla mobilità ‘volontaria’ dalla ASL Napoli 2 Nord, presso cui lavorava come infermiera dell’ospedale INDIRIZZO di Lacco Ameno di Ischia;
la ASL Napoli 2 Nord, ad una domanda di mobilità del 2017 finalizzata ad ottenere il trasferimento alla ASL di Caserta, presso la quale si dava corso allo scorrimento di graduatorie, non aveva fornito risposta, pur essendovi stato anche sollecito da parte della ASL di potenziale destinazione;
invece, rispetto alla richiesta di mobilità formulata dalla COGNOME verso la ASL Napoli 1 Centro, la ASL Napoli 2 Nord aveva risposto negativamente nel marzo 2018;
secondo la ricostruzione operata dalla Corte territoriale, rispetto alla prima ipotesi di mobilità la domanda della ricorrente riguardava il risarcimento del danno per perdita di chance ed aspettative, mentre rispetto alla seconda ipotesi di mobilità veniva chiesto l’accertamento dell’illegittimità per mancanza di giustificazione del diniego manifestato dalla ASL Napoli 2 Nord e l’accertamento giudiziale del diritto al trasferimento;
quanto alla prima domanda, la Corte d’Appello, nel rigettare il gravame proposto avverso la sentenza del Tribunale di Napoli, riteneva che fossero mancate allegazioni in merito alla probabilità della ricorrente di ottenere il consenso alla mobilità da parte della ASL Napoli 2 Nord di appartenenza e che anzi il diniego poi espresso per l’anno successivo rispetto alla mobilità verso la ASL Napoli 1 Centro dimostrava semmai il contrario;
quanto all’altra domanda, la Corte territoriale dava atto che il diritto della dipendente di trasferirsi per mobilità volontaria era condizionato al consenso della P.A. di appartenenza, per quanto vi era un obbligo di indicare le ragioni di un eventuale diniego nel rispetto ai criteri di buona fede e correttezza;
nel caso di specie, la Corte d’Appello evidenziava come la ASL Napoli 2 Nord avesse motivato il rifiuto con la carenza di personale infermieristico presso il presidio ospedaliero di Lacco Ameno, ove la ricorrente lavorava e con la necessità di assicurare i livelli di assistenza;
a fronte di ciò – precisava la Corte territoriale -la ricorrente non aveva allegato alcunché in senso contrario, adducendo piuttosto la possibilità di sopperire ai problemi di personale con la graduatoria interregionale degli infermieri o ricorrendo alle convenzioni, in tal modo non negando l’esistenza della carenza di addetti;
la Corte d’Appello riteneva altresì che dovesse essere considerato come, per il datore di lavoro, non sia indifferente avvalersi dell’opera di un lavoratore piuttosto che di un altro, magari senza la necessaria esperienza;
2.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi, resistiti da entrambe le ASL (Napoli 2 Nord e Napoli 1 Centro) ciascuna con controricorso;
sono in atti memorie di tutte le parti in causa;
CONSIDERATO CHE
1. il primo motivo adduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 30 del d. lgs. n. 165 del 2001, in combinazione con l’art. 52 del CCNL di comparto del 21.5.2018 e con l’art. 6 del medesimo d. lgs. n.
165 del 2001, oltre che degli artt. 112, 115 e 416 c.p.c., in relazione all’art. 360 nn. 3, 4 e 5 c.p.c.;
la censura è sviluppata sostenendo che i giudici del merito, sviati dalla disciplina della mobilità per comando, avrebbero erroneamente valutato l’ipotesi della mobilità volontaria, rispetto alla quale non vi era un potere discrezionale della P.A. di diniego, avendo essa solo la facoltà di scegliere il momento opportuno per attuarla;
la ricorrente aggiunge altresì che non solo la mobilità non crea alcun aggravio di spesa e che non ricorrono rispetto ad essa termini di decadenza per il dipendente, ma anche il fatto che la carenza di personale è dato ininfluente, atteso che il posto lasciato può essere coperto da altro personale;
ciò anche sulla base dell’art. 6 del d.lgs. n. 165 del 2001, che impone alle P.A. di curare l’ottimale distribuzione delle risorse attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità;
il secondo motivo è formulato denunciando la violazione dell’art. 6 e 30 del d. lgs. n. 165 del 2001, dell’art. 52 del CCNL di comparto, nonché degli artt. 1175 e 1375 c.c., correlati all’art. 97 Cost., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115, 416 e 437 c.p.c.;
il motivo adduce l’esistenza di documenti di varia portata che provavano tra l’altro la frequente movimentazione degli infermieri e la presenza di personale disposto a mobilitarsi verso l’ospedale di Ischia, oltre che l’inerzia e la cattiva gestione da parte della ASL;
quanto alla carenza di personale, essa, a dire della ricorrente, era smentita da documenti che comprovavano la presenza copiosa di addetti assunti con contratti atipici ed erano altresì erronei i dati in ordine alla presenza di soli 92 infermieri presso il presidio ospedaliero, mentre ne risultavano ben 128;
il motivo prosegue adducendo il riconoscimento del diritto al trasferimento giudizialmente accertato in favore di altri dipendenti, le opportunità di assunzioni in considerazione dello sblocco del turn
over e l’abuso da parte della ASL del richiamo al vincolo quinquennale di permanenza presso le sedi di destinazione;
2.
i suddetti motivi, che riguardano la decisione assunta con riferimento alla domanda di mobilità del 2018 non accolta dalla ASL
2 Napoli Nord, possono essere esaminati congiuntamente e sono in parte inammissibili ed in parte infondati;
3.
va intanto detto che risulta corretta l’impostazione giuridica sviluppata dalla Corte territoriale;
la mobilità volontaria ai sensi dell’art. 30 del d. lgs. n. 165 del 2001 realizza una fattispecie di cessione del contratto (Cass. 28 settembre 2021, n. 26265; Cass. 7 gennaio 2021, n. 86; Cass. 13 settembre 2006, n. 19654), che si manifesta con atti datoriali di mera natura gestionale, destinati a soggiacere alla disciplina civilistica (Cass. 4 marzo 2024, n. 5749; Cass. 26265/2021 cit.);
l’art. 30 cit. nel testo introdotto dall’art. 4 del d.l. n. 90 del 2014, conv. con mod. in legge n. 114 del 2014, pur non facendo più menzione espressa della cessione del contratto ed esprimendosi in termini di passaggio diretto, prevede infatti comunque la necessità di previo assenso dell’amministrazione di appartenenza, che mantiene dunque l’assetto negoziale trilatero;
tale necessità di assenso è poi è rimasta tale, per il personale delle « aziende e degli enti del servizio sanitario nazional e», pur dopo le modifiche all’art. 30 introdotte dal d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2021, n. 113, che in generale delimitano invece i casi in cui vi è necessità di esso da parte dell’ente a quo ;
in tale contesto normativo, la scelta di procedere o meno alla mobilità in uscita spetta pienamente al datore di lavoro ed essa è insindacabile nel merito;
mal posto è anche, a fronte di un potere datoriale di scelta, il tema della spesa, perché certamente essa non impone al datore di lavoro di acconsentire comunque alla mobilità verso altro ente di personale già assunto, quando esso sia necessario per lo svolgimento del servizio pubblico da assicurare;
analogamente inconferente è il richiamo all’art. 6, co. 1, del d.lgs. n. 165 del 2001, ove si afferma che la P.A. è tenuta alla « ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del personale »;
si tratta infatti di previsione di indirizzo che orienta alla mobilità come mezzo di risparmio al fine di evitare costi assunzionali, se sia possibile sopperire con i trasferimenti tra enti, ma che certamente non impone tali trasferimenti a prescindere dai riconosciuti poteri datoriali di valutarne l’opportunità, specie ove si consideri la necessità di valutare le esigenze di servizio dell’ente che sarebbe destinato a perdere addetti;
3.1
la pertinenza alle decisioni datoriali discrezionali della scelta sul consentire o meno alla mobilità verso altri enti esclude quindi che ratione temporis vi fosse un diritto del dipendente in proposito ed anche un obbligo il cui inadempimento possa in sé essere imputato al datore di lavoro;
4.
è peraltro corretto quanto precisato dalla Corte territoriale, ovverosia che, nel valutare un’istanza di mobilità volontaria rimessa alla sua discrezionalità il datore di lavoro – qui pubblico – è tenuto ad osservare i criteri di buona fede e correttezza propri degli atti civilistici, la cui violazione può dar luogo quanto meno alla tutela risarcitoria;
4.1
tali criteri impongono di fornire motivazione al diniego della mobilità che sia richiesta dal lavoratore (v. ora anche, sul punto, l’art. 63, lett. f ultimo inciso del CCNL 2019/2021 di comparto);
in proposito, l’avere denegato la mobilità sulla base della carenza di personale incentra la motivazione su un dato palesemente coerente rispetto alle valutazioni cui è chiamato il datore di lavoro;
sono del resto decisioni non sindacabili quelle dirette a non agevolare l’ipotetico trasferimento ricorrendo genericamente alla mobilità in entrata, dovendosi considerare, come ha sostanzialmente detto la Corte territoriale che il necessario previo assenso datoriale non può che concernere anche il grado di esperienza e le conoscenze specifiche di chi dovrebbe essere sostituito;
ancora meno basta poi il riferimento alla possibilità di nuove assunzioni o ad altri modi di copertura del posto della persona che chiederebbe di essere trasferita ad altro ente, come anche il ricorso a personale in convenzione, dovendosi ribadire che si tratta di opzioni che riguardano il merito insindacabile delle scelte datoriali; è quindi corretto che la Corte territoriale abbia ritenuto tale motivazione del tutto idonea e legittima;
4.2
certamente, una eventuale violazione dei parametri di correttezza e buona fede potrebbe derivare da una motivazione del diniego di mobilità che, pur basata sulla carenza di personale, dovesse risultare del tutto incoerente rispetto alla realtà di fatto;
tuttavia, l’obbligo motivazionale, come si è detto, risulta in sé assolto con il richiamo alla carenza di personale e spetterebbe quindi al lavoratore che adduce la contrarietà di esso al vero dimostrare i propri assunti, sicché non vi è stata alcuna violazione dell’art. 2697 c.c.;
la Corte d’Appello ha in proposito rilevato come la ricorrente non avesse allegato e provato che al contrario di quanto addotto dalla
ASL l’organico dell’ospedale fosse al completo e che anzi le stesse difese svolte, insistendo sulla possibilità di sopperire altrimenti all’eventuale trasferimento, avallavano gli assunti aziendali;
a fronte di ciò, il richiamo da parte della ricorrente di documenti vari è sollecitazione – tra l’altro in gran parte generica – ad una diversa valutazione sui dati istruttori, inammissibile in sede di legittimità (Cass., S.U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., S.U., 25 ottobre 2013, n. 24148; ora anche Cass. 22 novembre 2023, n. 32505);
analogamente risulta relativo all’istruttoria ed altresì di incerta decisività anche il rilievo secondo cui da certi elementi probatori si sarebbe desunto che gli infermieri in servizio presso l’ospedale fossero 120 e non 92, non essendo noto e certamente non potendosi valutare in sede di legittimità – in cui non sono consentiti accertamenti di fatto sui profili sostanziali -se ciò rendesse completo l’organico o meno;
parimenti è a dirsi per il generico riferimento a cattive gestioni o ad un’asserita insistenza della ASL rispetto a vincoli di permanenza su cui tra l’altro non si è fondata la decisione giudiziale, sicché si tratta di aspetto anche irrilevante -o sul verificarsi di mobilità in uscita di altri dipendenti, talora anche in esito a decisioni giudiziarie, ma rispetto a casi di cui sono ignote le concrete dinamiche;
generici sono altresì i riferimenti a mobilità dalla terraferma all’isola di cui non è chiara, né apprezzabile in sede di legittimità trattandosi ancora di profilo di fatto, la reale praticabilità e decisività;
si tratta – va ripetuto -di una serie di diverse soluzioni rispetto al merito del contendere, del tutto improprie ed improponibili nel giudizio di cassazione;
infine, per completezza, si rileva come il richiamo al fatto, menzionato nella memoria finale, che in epoca recente la COGNOME abbia ottenuto l’anelato trasferimento non può incidere su
valutazioni istruttorie che devono avere riguardo alle circostanze ed alle prove quali acquisite nel giudizio di merito;
in sede di legittimità non è ammissibile la produzione di documenti probatori nuovi (v. anche Cass. 20 febbraio 2020, n. 4415; Cass. 12 luglio 2018, n. 18464) e non si può ammettere la rinnovazione di valutazioni di merito sulla base di argomenti logici ed ipotetici che muovano a ritroso da eventi successivi rispetto a quelli disaminati nei giudizi di primo e di secondo grado;
5.
venendo al terzo motivo, esso, con riferimento alla domanda risarcitoria reca una rubrica analoga al secondo motivo, salvo il mancato richiamo all’art. 2697 c.c. ed il richiamo invece all’art. 274 c.p.c.;
comunque, il motivo riprende, sul piano risarcitorio, argomenti sostanzialmente sovrapponibili a quelli del secondo motivo e si traduce nella pretesa di una diversa valutazione del merito, come tale inammissibile (Cass., S.U. 34476/2019 ed altre pronunce sopra citate) e peraltro inidonea, per la genericità, a sovvertire il ragionamento della Corte d’Appello secondo cui era mancata prova che nel 2017 vi fossero elementi favorevoli sotto il profilo della copertura del personale e che semmai – con valutazione la cui plausibilità è evidente -i riscontri negativi in tal senso riguardanti il 2018 orientavano in senso contrario rispetto ad un migliore assetto solo nell’anno precedente;
6.
il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 88 e 96 c.p.c. ed affronta il tema della domanda, formulata dalla COGNOME, di condanna della ASL Napoli 2 Nord, per temerarietà della resistenza in giudizio, che tuttavia resta assorbito dal rigetto delle censure riguardanti la responsabilità sul piano sostanziale dell’ente, denegata dalla Corte d’Appello con decisione che resiste ai primi tre motivi di ricorso riguardanti tale aspetto;
è infatti evidente che nessuna responsabilità per la resistenza in giudizio può derivare da difese che sono risultate fondate;
7.
il quinto ed ultimo motivo del ricorso per cassazione afferma la violazione e falsa applicazione degli artt. 92 e 112 c.p.c.;
la censura afferma che la chiamata in causa della ASL Napoli 1 Centro era stata imposta dal ricorrere di un’ipotesi di litisconsorzio necessario e fa rilevare come quest’ultimo ente si fosse dichiarato disponibile alla mobilità in entrata della ricorrente, insistendo in primo grado per il proprio difetto di legittimazione passiva con compensazione di spese, salvo poi, nel secondo grado, chiedere la condanna della ricorrente al pagamento delle spese, effettivamente disposta in favore di essa nella sentenza di appello;
ciò posto la ricorrente, evidenziando come la chiamata in causa della ASL Napoli 1 Centro fosse più che fondata sotto il profilo della necessità del litisconsorzio, sostiene che non sarebbe comprensibile a quel punto la condanna disposta a carico della lavoratrice;
7.1
il motivo è infondato;
non vi è dubbio che, agendosi per sentir dichiarare il diritto al trasferimento da un ente ad un altro – come è almeno per il capo di domanda riguardante il 2018 -ricorra un caso di litisconsorzio necessario, perché la pronuncia positiva, per trovare attuazione ed essere utiliter data , necessita di essere opponibile sia al soggetto che cede il dipendente, sia a quello che lo deve ricevere;
altro tema è invece quello della soccombenza, che si misura sulla decisione finale di merito e che si radica, secondo ordinarie regole di responsabilità per la causazione della chiamata in giudizio, in capo alla parte che, con la propria azione, ha reso necessaria la partecipazione dei diversi litisconsorti, ivi compreso quello che, ante causam , nulla opponeva alla pretesa di chi ha poi agito, salvo
non poterla soddisfare per il diniego – in causa risultato giustificato – di altro soggetto coinvolto dalla fattispecie sostanziale;
ne deriva che del tutto legittimamente la Corte d’Appello ha condannato la ricorrente a rifondere le spese ad entrambe le parti chiamate in causa;
né vi è da ragionare sulla possibilità di una compensazione verso la ASL Napoli 1 Centro, in quanto il non averla disposta in appello dopo che essa si era avuta in primo grado – non è sindacabile in sede di legittimità, una volta osservati i criteri di causalità e soccombenza (Cass., S.U., 15 luglio 2005, n. 14989; Cass. 26 aprile 2019, n. 11329);
8.
al rigetto integrale del ricorso per cassazione segue la regolazione, ancora secondo soccombenza e verso entrambe le controricorrenti, delle spese del giudizio di cassazione;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore delle controricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, per ciascuna di esse, in euro 1.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione