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Diniego mobilità volontaria: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione conferma la legittimità del diniego di mobilità volontaria opposto da un’Azienda Sanitaria a una dipendente. La decisione si fonda sulla carenza di personale, ritenuta motivazione sufficiente e coerente. La sentenza sottolinea che il trasferimento non è un diritto del lavoratore, ma una scelta discrezionale del datore di lavoro pubblico, il quale deve agire secondo buona fede. L’onere di provare l’illegittimità o la pretestuosità del diniego spetta al lavoratore.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Diniego Mobilità Volontaria: Potere Discrezionale della P.A. e Limiti

Il trasferimento tra diverse pubbliche amministrazioni, noto come mobilità volontaria, rappresenta un’aspettativa importante per molti dipendenti pubblici. Tuttavia, non si tratta di un diritto incondizionato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i principi che regolano il diniego mobilità volontaria, chiarendo i confini del potere discrezionale del datore di lavoro pubblico e l’onere della prova a carico del lavoratore che contesta tale decisione.

Il Contesto: La Richiesta di Trasferimento e il Diniego

Il caso esaminato riguardava un’infermiera impiegata presso un’Azienda Sanitaria Locale (ASL) che aveva richiesto il trasferimento presso un’altra ASL. La sua amministrazione di appartenenza aveva negato il consenso alla mobilità, motivando la decisione con una significativa carenza di personale infermieristico presso la struttura in cui la dipendente prestava servizio, essenziale per garantire i livelli minimi di assistenza.

La lavoratrice ha impugnato il diniego, sostenendo l’illegittimità del rifiuto e chiedendo l’accertamento del suo diritto al trasferimento, oltre al risarcimento del danno per la perdita di chance. La sua tesi si basava sulla presunta possibilità per l’ASL di sopperire alla sua partenza tramite nuove assunzioni o convenzioni. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno respinto le sue richieste, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: La Mobilità è una Cessione di Contratto

La Suprema Corte ha confermato le decisioni dei giudici di merito, rigettando il ricorso della lavoratrice. Il punto centrale della decisione è la natura giuridica della mobilità volontaria, configurata come una fattispecie di cessione del contratto di lavoro. Questo istituto richiede il consenso di tre soggetti: il lavoratore (cedente), l’amministrazione di provenienza (ceduta) e quella di destinazione (cessionaria).

Di conseguenza, l’assenso dell’amministrazione di appartenenza è un elemento costitutivo indispensabile. La scelta di concedere o negare tale assenso rientra pienamente nel potere gestionale e discrezionale del datore di lavoro pubblico. Tale potere, sebbene non arbitrario, non può essere sindacato nel merito dal giudice.

Analisi del Diniego Mobilità Volontaria e l’Onere della Prova

La Cassazione chiarisce che il datore di lavoro pubblico, nel valutare un’istanza di trasferimento, deve rispettare i criteri di buona fede e correttezza. Questo si traduce nell’obbligo di fornire una motivazione al diniego. Nel caso specifico, la motivazione basata sulla carenza di personale è stata ritenuta palesemente coerente e legittima, in quanto legata a esigenze organizzative concrete e alla necessità di assicurare un servizio pubblico essenziale.

Spettava alla lavoratrice, che contestava la veridicità di tale motivazione, fornire la prova contraria. La Corte ha sottolineato come la dipendente non avesse dimostrato che l’organico dell’ospedale fosse completo o che le ragioni addotte dall’ASL fossero pretestuose. Anzi, le argomentazioni della ricorrente, incentrate sulla possibilità di assumere altro personale, finivano per confermare implicitamente l’esistenza di una carenza di organico. Le prove documentali generiche o i riferimenti a casi di altri dipendenti non sono stati ritenuti sufficienti a scardinare la motivazione dell’amministrazione.

Litisconsorzio Necessario e Ripartizione delle Spese

Un altro aspetto rilevante toccato dall’ordinanza riguarda le regole processuali. La Corte ha confermato che nelle cause volte a ottenere un trasferimento, è necessaria la partecipazione di entrambe le amministrazioni coinvolte (quella di partenza e quella di arrivo), configurando un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Poiché la domanda della lavoratrice è stata respinta nel merito, ella è stata correttamente condannata, secondo il principio della soccombenza, a rifondere le spese legali a entrambe le ASL convenute in giudizio.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso affermando che la mobilità volontaria ai sensi dell’art. 30 del D.Lgs. 165/2001 si configura come una cessione di contratto, che richiede il consenso dell’amministrazione di appartenenza. Questa decisione rientra nel potere datoriale discrezionale, non sindacabile nel merito, ma che deve essere esercitato secondo i principi di buona fede e correttezza, implicando un obbligo di motivazione. La motivazione addotta dall’ente, ovvero la carenza di personale infermieristico, è stata considerata idonea, logica e legittima. La Corte ha stabilito che l’onere di dimostrare l’incoerenza o la falsità di tale motivazione ricade sul lavoratore, onere che nel caso di specie non è stato assolto. Infine, le censure relative a una diversa valutazione delle prove sono state dichiarate inammissibili in sede di legittimità.

Le Conclusioni

In conclusione, l’ordinanza riafferma un principio consolidato: il trasferimento per mobilità volontaria nel pubblico impiego non è un diritto soggettivo del dipendente. L’amministrazione di appartenenza ha il potere discrezionale di negare il consenso, a condizione che fornisca una motivazione logica e non palesemente pretestuosa, fondata su concrete esigenze organizzative. Il lavoratore che intende contestare tale diniego deve farsi carico di un onere probatorio rigoroso, dimostrando in modo specifico l’infondatezza delle ragioni addotte dall’ente. La semplice indicazione di soluzioni alternative (come nuove assunzioni) non è sufficiente a invalidare la decisione datoriale.

Il dipendente pubblico ha un diritto assoluto alla mobilità volontaria?
No, la mobilità volontaria non è un diritto del dipendente. Si tratta di una facoltà subordinata al necessario consenso dell’amministrazione di appartenenza, la quale esercita un potere discrezionale nella decisione.

Quale motivazione può giustificare il diniego della mobilità volontaria da parte dell’amministrazione?
Una motivazione legittima è quella basata su concrete esigenze organizzative, come la carenza di personale in un determinato profilo professionale, ritenuta essenziale per garantire la continuità e la qualità del servizio pubblico.

In una causa per il trasferimento, chi deve partecipare al giudizio?
Devono partecipare obbligatoriamente sia l’amministrazione da cui il dipendente intende trasferirsi, sia quella di destinazione. Si tratta di un’ipotesi di litisconsorzio necessario, in quanto la sentenza deve essere efficace nei confronti di entrambi gli enti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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