Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6657 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6657 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12841/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di NAPOLI n. 743/2021, depositata l ‘ 1/03/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
All’origine del processo vi è la conclusione di un contratto preliminare con cui la società RAGIONE_SOCIALE si era obbligata a vendere un immobile a NOME COGNOME al prezzo di euro 230.000. COGNOME ha chiesto al Tribunale di Avellino di pronunciare la risoluzione del contratto preliminare per grave inadempimento della società, che aveva promesso in vendita un immobile privo delle qualità promesse. L’attore ha dedotto che dopo la stipulazione del contratto preliminare era risultato che la zona notte con due camere da letto, allocata nel sottotetto, non era conforme al titolo edilizio che non prevedeva alcuna destinazione urbanistica per l’area e che, a seguito di una richiesta di sanatoria da parte della società, era stata destinata a stenditoio e servizi. La società RAGIONE_SOCIALE ha instaurato un secondo processo, nel quale ha proposto domanda di adempimento ex art. 2932 c.c. e, in subordine, domanda di risoluzione per grave inadempimento di NOME, moroso nel pagamento del saldo.
Riuniti i due processi, il Tribunale di Avellino, con la sentenza n. 2228/2015, ha accolto la domanda di COGNOME. Il Tribunale ha ritenuto che non vi sia dubbio circa l’impossibilità giuridica di utilizzare una parte dell’immobile come camere da letto e bagno e ha rilevato la mancanza di prova della circostanza, eccepita dalla società, per la quale sarebbe stato lo stesso COGNOME a mutare la destinazione d’uso dell’area, essendo stata la circostanza smentita dall’istruttoria orale.
2. La sentenza è stata impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE. La Corte d’appello di Napoli, con la sentenza n. 743/2021, ha rigettato il gravame. Il giudice d’appello ha accertato come, al momento della immissione anticipata del promissario acquirente nella detenzione dell’immobile oggetto del preliminare, l’immobile risultasse completamente rifinito e abitabile e ha rigettato l’eccezione relativa alla conoscibilità del vizio da parte di COGNOME,
distinguendo il profilo della validità del contratto (alla luce dei principi fissati dalle sezioni unite di questa Corte con la pronuncia 8260/2019) dal rilievo dell’inadempimento, in ragione di difformità valutabili all’esito della domanda di risoluzione del contratto.
Avverso la sentenza la società RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione.
Resiste con controricorso NOME COGNOME.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in due motivi tra loro strettamente connessi e unitariamente trattati dalla ricorrente.
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 1455 c.c., omessa valutazione in ordine alla gravità dell’inadempimento ascritto alla venditrice e alla sua idoneità a consentire la pronuncia di risoluzione del contratto.
Il secondo motivo contesta violazione dell’art. 1490, comma 1, c.c., omessa valutazione in ordine all’idoneità o inidoneità all’uso della res venduta in presenza del denunciato vizio redibitorio.
I motivi non possono essere accolti. I giudici di merito hanno valutato la gravità dell’inadempimento ascritto alla venditrice sulla base delle prove testimoniali; è infatti emerso che l’area sottotetto si presentava già al momento della stipulazione del contratto preliminare destinata ad uso abitativo, mediante la realizzazione di due camere da letto e di un bagno. La promittente venditrice, hanno accertato i giudici di merito, aveva quindi posto in essere una condizione apparente, difforme dalle prescrizioni amministrative inerenti al piano sottotetto, avendolo realizzato e presentato a NOME come abitabile mentre in realtà non lo era; tale comportamento è stato qualificato quale grave inadempimento ai sensi dell’art. 1455 c.c., tenuto conto dell’importanza e dell’utilità che NOME intendeva trarre dall’utilizzo abitativo delle due camere da letto, da destinare alle necessità familiari (vedere in
particolare l’estratto della sentenza di primo grado riportato dal controricorrente alle pagg. da 2 a 6 del controricorso).
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente che liquida in euro 5.700, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione