Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6656 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6656 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24571/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro COGNOME NOME, COGNOME NOME;
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di GENOVA n. 238/2021, depositata il 26/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6/10/2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
1. NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno convenuto davanti al Tribunale di Savona NOME COGNOME, deducendo di avere stipulato un contratto preliminare di vendita di un appartamento in Limone Piemonte di proprietà della convenuta, con versamento di euro 3.000 a titolo di caparra e stipulazione del contratto definitivo pattuita al 20 giugno 2005; che erano state loro consegnate le chiavi dell’immobile al fine di poterne usufruire nei fine settimana, esclusi i periodi delle feste, a fronte della corresponsione di euro 300; che il 5 marzo 2005 la convenuta aveva contestato l’indebito utilizzo dell’appartamento e il 9 maggio 2005 aveva lamentato danni ai beni mobili per euro 3.000, preannunciando la risoluzione di diritto ove tale somma non le fosse stata corrisposta; che la convenuta non si era presentata alla stipulazione dell’atto di vendita nonostante i numerosi solleciti, cosicché non si era pervenuti alla conclusione del contratto definitivo per inadempimento di lei. Gli attori hanno quindi chiesto che, accertato l’inadempimento della convenuta, questa fosse condannata al pagamento del doppio della caparra, pari a euro 6.000, stante l’esercizio del diritto di recesso. La convenuta si è costituita, precisando che gli attori le avevano chiesto la cortesia di utilizzare saltuariamente l’appartamento anche prima della stipulazione del contratto definitivo e che ella vi aveva acconsentito, a condizione che essi partecipassero a parte delle spese condominiali e soltanto previa richiesta e sua autorizzazione, essendo chiaro che la convenuta avrebbe continuato a locare e/o a fruire personalmente dell’alloggio sino all’atto pubblico, così che l’utilizzazione da parte dei promissari acquirenti era subordinata alla condizione che l’alloggio fosse libero e disponibile. Era invece successo che il 20 febbraio 2005 la persona a cui aveva concesso in locazione settimanale l’appartamento lo aveva trovato già occupato dagli attori, i quali avevano detto al locatore settimanale di essere i
nuovi proprietari. La convenuta ha quindi chiesto di rigettare la domanda degli attori e, in via riconvenzionale, di condannare i medesimi al rilascio dell’immobile oggetto di causa restituendone le chiavi, fermo restando il suo diritto a ritenere la caparra confirmatoria. Il Tribunale di Savona, con la sentenza n. 1378 del 2016, ha accertato l’inadempimento della convenuta, la legittimità del recesso del contratto da parte degli attori e ha condannato la convenuta a pagare in favore degli attori la somma di euro 6.000, ha condannato i convenuti al rilascio dell’immobile oggetto di causa e alla restituzione delle chiavi.
La sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME. La Corte d’appello di Genova, con la sentenza 26 febbraio 2021, n. 238, ha rigettato il gravame. Ad avviso del giudice d’appello non è condivisibile la tesi dell’appellante secondo cui, con la missiva del 1° marzo 2005, ella aveva inteso intimare la diffida ad adempiere al fine di ottenere la risoluzione del contratto, in quanto in realtà aveva fatto una richiesta di risarcimento dei danni legata all’asserito illegittimo utilizzo dell’appartamento da parte dei promissari acquirenti, e questi ultimi hanno documentalmente provato di avere invitato l’appellante a presentarsi davanti al AVV_NOTAIO, così che correttamente il giudice di primo grado ha ritenuto inadempiente parte appellante; il Tribunale -ha sostenuto la Corte -ha correttamente valorizzato la deposizione resa dalla testimone COGNOME, la cui dichiarazione è stata rafforzata da quella di un altro testimone, cosicché gli elementi tratti dall’istruttoria orale hanno condotto il primo giudice a ritenere legittima la detenzione delle chiavi dell’alloggio da parte dei promissari acquirenti.
Avverso la sentenza NOME COGNOME ricorre per cassazione.
Gli intimati NOME COGNOME e NOME COGNOME non hanno proposto difese.
CONSIDERATO CHE
I. Il ricorso è articolato in tre motivi.
Il primo motivo denuncia omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, omessa valutazione della diffida ad adempiere di cui alla raccomandata 3 maggio 2005, ricevuta il 9 maggio 2005: la Corte d’appello ha omesso di esaminare un fatto decisivo, ossia che fu mediante la raccomandata del 3 maggio 2005 e non con la precedente missiva del 1° marzo 2005 che l’odierna ricorrente intimò diffida risolutoria e mise in mora le controparti a provvedere all’immediato rilascio dell’appartamento, con richiesta di restituzione della copia delle chiavi e con espresso avvertimento che, in difetto di adempimento di tale rilascio e della restituzione delle chiavi, oltre che del risarcimento dei danni, entro quindici giorni il contratto preliminare si sarebbe risolto di diritto.
Il motivo è fondato.
Premesso che il vizio di omesso esame di un fatto discusso e decisivo, ai sensi dell’art. 360, n. 5 c.p.c., concerne tanto i fatti storici principali quanto quelli secondari (questi ultimi dedotti in funzione probatoria dei primi), va osservato che, nella specie, la Corte d’appello si è limitata ad esaminare la lettera del 1° marzo 2005 e non ha considerato la successiva lettera del 3 maggio 2005, che pure aveva citato nella ricostruzione dei fatti come lettera del 13 maggio 2005 (verosimilmente con errore di scrittura in relazione alla data).
In effetti, la lettera del 3 maggio 2005 è un documento decisivo, siccome potenzialmente idoneo, in quanto diffida ai sensi dell’art. 1454 c.c., a modificare l’individuazione della parte da ritenersi inadempiente. In tale lettera, infatti, la ricorrente aveva invitato le sue controparti a provvedere all’immediato rilascio dell’immobile e a restituire la copia di chiavi da loro realizzata, con espresso avvertimento che, in difetto di adempimento del rilascio e della restituzione delle chiavi entro quindici giorni dalla ricezione
della missiva, il contratto si sarebbe risolto di diritto, senza rinnovare la disponibilità alla stipulazione del contratto definitivo nel rispetto del termine fissato il 20 giugno 2005. L’esame di tale documento incide, di conseguenza, sulla questione inerente alla mancata presentazione della ricorrente, il 10 giugno 2005 e il successivo 20 giugno 2005, all’incontro fissato per la stipulazione del definitivo secondo l’invito di controparte, e dunque sull’esito complessivo della lite.
L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo (che contesta omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, illogicità e mera apparenza della motivazione in relazione alle testimonianze di NOME COGNOME e NOME) e del terzo motivo (che lamenta violazione degli artt. 1454, 1350, 1351, 1385, 2273, 2909 c.c., in quanto nel contratto preliminare la volontà delle parti fu quella di subordinare alla conclusione del futuro contratto definitivo l’effetto di immettere nel possesso la parte promissaria acquirente).
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Genova, che deciderà valutando la lettera del 3 maggio 2005; il giudice di rinvio provvederà anche in relazione alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, assorbiti i restanti motivi del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Genova, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 6 ottobre 2023.
Il Presidente NOME COGNOME