Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34619 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34619 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11737/2022 R.G. proposto da:
DEL NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, con domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME NOME, NOME, elettivamente domiciliati in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, con domicilio digitale come in atti
– controricorrenti –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di BOLOGNA n. 2744/2021 depositata il 29/10/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 7/06/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME e NOME COGNOME, impiegate presso l’INPS, già INPDAP, di Reggio Emilia, in data 18/04/20213 diffusero un comunicato a loro firma, pure inserito nel sito web della Camera del lavoro territoriale di Reggio Emilia, nel quale si preannunciava lo stato di agitazione;
la dirigente della detta sede, NOME COGNOME convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Reggio Emilia le due dette sindacaliste, ritenendo il carattere diffamatorio del comunicato in parola, riprodotto oltre che sul sito web della Camera del lavoro anche su diversi organi di stampa a carattere locale;
la domanda di risarcimento dei danni venne rigettata dal Tribunale, nel contradittorio con le due impiegate NOME COGNOME e NOME COGNOME
NOME COGNOME propose appello;
la Corte d’appello di Bologna, nel ricostituito contraddittorio delle parti, ha, con sentenza n. 2744 del 29/10/2021, rigettato l’impugnazione;
avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, con atto affidato a due motivi di ricorso, NOME COGNOME;
rispondono con un unico controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME
il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni;
all’adunanza camerale del 7/06/2024 il ricorso è stato trattenuto per la decisione;
Considerato che
NOME COGNOME c ensura la sentenza della Corte d’appello di Bologna con i seguenti due motivi:
primo motivo, omesso esame, ai sensi del n. 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ., di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, la Corte d’appello ha omesso di considerare il nesso tra la proclamazione dello stato di agitazione e la gravissima situazione imputabile alla dirigenza della sede INPS, già INPDAP, così non cogliendo il carattere diffamatorio delle affermazioni contenute nel comunicato;
secondo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 Costituzione, 595 cod. pen., 2043 cod. civ. e di « tutte le norme ed i principi in materia di tutela del decoro e della reputazione personale nonché di quelle in materia di diritto di cronaca e di critica »;
il primo motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 348 ter , comma 5, cod. proc. civ., in quanto la ricostruzione dei fatti da parte del Tribunale e della Corte d’appello , nelle rispettive sentenze, è del tutto coincidente né la ricorrente ha assolto l’onere, sulla medesima incombente, di indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e di secondo grado, dimostrando che esse sono tra loro diverse, con conseguente preclusione da cd. doppia conforme (una previsione di identico contenuto precettivo è attualmente, a seguito delle modifiche del rito civile di cui al d.lgs n. 149 del 10/10/2022, quella dell’art. 360, comma 4, cod. proc. civ.) (v., ex multis, Cass. n. 7724 del 9/03/2022 e Cass. n. 5947 del 28/02/2023);
giova, in ogni caso, a completezza della motivazione, precisare che, anche a ritenerlo ammissibile, il motivo di ricorso sarebbe infondato: come esattamente ritenuto dalla Corte territoriale l’imputazione dello stato di agitazione alla «gravissima situazione» ascrivibile alla dirigenza della sede INPS, già INPDAP, di Reggio Emilia, con l’attribuzione eziologi ca dello stato di agitazione alla gravissima situazione creata dalla stessa non assume carattere
diffamatorio, trattandosi di un comunicato emesso da lavoratrici sindacaliste e dunque nell’esplicazione dell’attività sindacale, ossia nell’ambito del conflitto, che può assumere anche toni aspri (si veda Cass. n. 9743 del 5/07/2002 Rv. 555540 -01 sulla valutaizone delle espressioni utilizzate da un lavoratore sindacalista in contesto di conflittualità aziendale) tra rappresentanti dei lavoratori e datore di lavoro e la diffusione di comunicati che preannunciano lo stato di agitazione o comunque di astensione dal lavoro costituisce esplicazione dei diritti riconosciuti ai lavoratori dalla legislazione di garanzia in vigore da oltre un cinquantennio, e segnatamente dalla legge n. 300 del 20/05/1970, il cui art. 25 prevede che siano messe a disposizione in favore delle rappresentanze sindacali aziendali appositi spazi in ambito aziendale per l’affissione di propri comunicati e testi ;
il secondo motivo è del tutto inammissibile, per carenza di adeguata specificità, ai sensi dell’art. 3 66, comma 1, n. 4, in quanto non contiene alcuna idonea censura, limitandosi sin dalla sua intestazione, a una generica indicazione di violazione di legge, con richiamo di tutte le norme e i principi in materia di diffamazione, senza recare alcuna critica argomentata e ragionata alla sentenza della Corte territoriale che ha affermato, con tipica valutazione di merito, che il contenuto del comunicato sindacale era comunque rispondente al vero, posto che vi era stata effettivamente la proclamazione dello stato di agitazione e che non poteva ritenersi il carattere diffamatorio dell ‘espressione «gravissima situazione» anche ove la si ritenesse riferibile (il che effettivamente sembra essere il significato complessivo della frase) all’attività della dirigenza della sede INPS ;
in conclusione, entrambi i motivi di ricorso sono inammissibili; il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile;
le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate, in favore delle controricorrent i, come da dispositivo, tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia;
la decisione di inammissibilità del l’impugnazione comporta che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 , della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di