Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25588 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6685/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), domiciliazione telematica come in atti
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) , che la rappresenta e difende, domiciliazione telematica come in atti
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO PERUGIA n. 398/2019 depositata in data 11 luglio 2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Perugia, con sentenza del 30 maggio 2017, accoglieva domanda risarcitoria presentata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME, proprietaria confinante a un immobile dove si trovava un’azienda di ristorazione costituente un ramo d’azienda affittato dall’attrice a RAGIONE_SOCIALE, che aveva poi receduto dal contratto; i danni sarebbero derivati da tale recesso e veniv ano quantificati equitativamente dal Tribunale nell’importo di euro 34.000, oltre interessi.
La RAGIONE_SOCIALE proponeva appello, cui resisteva controparte.
La Corte d’appello di Perugia, con sentenza dell’11 luglio 2019, accoglieva il gravame, rigettando la domanda risarcitoria.
RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso, sulla base di due motivi, da cui si è difesa con controricorso la COGNOME, che ha depositato pure memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per insussistenza dei requisiti di cui agli articoli 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché difetto di motivazione della sentenza.
1.1 La corte territoriale avrebbe compiuto una ‘ricostruzione’ che ‘non trova alcun riscontro nella realtà dei fatti, così come emersa all’esito del giudizio di primo grado’. Dalle testimonianze raccolte ‘si comprende inequivocabilmente’ che la società RAGIONE_SOCIALE ‘decise di risolvere anticipatamente il contratto di locazione’ stipulato con la ricorrente esclusivamente per il comportamento della COGNOME. Sussisterebbe quindi violazione dell’articolo 132 c.p.c. per avere il giudice d’appello ‘omesso di motivare’ su fatti discussi e decisivi .
Tra le testimonianze ‘in particolare’ vi sarebbe quella di NOME COGNOME, la quale aveva firmato la lettera di recesso e testimoniò di avere lasciato ‘per tali motivi’, riferendosi così alla condotta della COGNOME.
1.2 A parte la sua natura intrinsecamente fattuale, il motivo è palesemente generico e assertivo, non spiegando quali comportamenti sarebbero stati causa del recesso contrattuale della società RAGIONE_SOCIALE. Si evincono poi in modo non sufficientemente specifico dalla premessa del ricorso, ma non si riportano i capitoli degli interrogatori e delle testimonianze.
Comunque, in disparte quanto appena osservato, si deve dichiarare infondato il motivo giacché la motivazione della sentenza sussiste, in quanto la corte territoriale non tace affatto sulla condotta della COGNOME, bensì, a pagina 5 della sentenza stessa, rileva quanto segue: ‘Manca … qualsiasi elemento probatorio che possa ricondurre il recesso a presunte condotte della COGNOME né sotto questo profilo possono essere ritenute sufficienti le dichiarazioni dei testi …, i quali hanno riferito di episodi sporad ici, privi di incisività e rilevanza nell’ottica dell’esercizio dell’attività di ristorazione’.
Il secondo motivo denuncia, ex articolo 360, primo comma, n. 5 c.p.c., omesso ed erroneo esame di fatti discussi e decisivi nonché erronea e incompleta valutazione del contenuto della lettera di recesso del 4 ottobre 2017 inviata da RAGIONE_SOCIALE in riferimento alle risultanze istruttorie.
2.1 La Corte d’appello avrebbe ritenuto unica causa di recesso quanto indicato nella raccomandata del 4 ottobre 2007 inviata appunto alla ricorrente. La lettera, però, sarebbe stata letta in maniera ‘inesatta ed incompleta’, senza tener conto delle circostanze emerse dall’istruttoria svoltasi davanti al primo giudice, ‘costituite da prove documentali e da dichiarazioni testimoniali’, e specialmente dalla testimonianza di NOME COGNOME, per cui ‘si veda il Verbale di udienza’ del 17 settembre 2015.
Si argomenta poi sul disturbo ai clienti e alla legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE quanto all’uso della piazzetta pertinenziale, come emergerebbe dalla testimonianza COGNOME ‘e da tutti i testimoni’, richiamando inoltre come
conferma la condanna penale, passata in giudicato, della COGNOME in riferimento al reato di cui all’articolo 660 c.p. per molestie a NOME COGNOME e ai clienti del ristorante ‘RAGIONE_SOCIALE‘ (qui si rinvia all”allegato alla memoria integrativa’ ex articolo 426 c.p.c. resa dall’attuale ricorrente in primo grado).
Si prosegue narrando vari fatti che avrebbero costituito i disturbi arrecati dalla COGNOME, richiamando quanto dichiarato dai testi NOME COGNOME e NOME COGNOME e raffrontando una frase dell’interrogata COGNOME con la sua ‘smentita’ effettuata in dibattimento penale dal testimone NOME COGNOME. Si sostiene che detti disturbi sarebbero stati confermati pure dal testimone NOME COGNOME, ‘gestore’ del ristorante Oio, riportando alcuni episodi da quest’ultimo dichiarati come avvenuti; sulla stessa linea si sarebbero poste le affermazioni della testimone COGNOME, ‘proprietaria e gestore’ dello stesso ristorante.
Pertanto, ad avviso della ricorrente, si dovrebbe ritenere ‘del tutto illegittima, in quanto erronea ed irragionevole, la laconica motivazione’ del giudice d’appello. In realtà il recesso sarebbe avvenuto essendo la società RAGIONE_SOCIALE ‘esasperata dalla condotta’ della COGNOME, e la corte territoriale avrebbe omesso di valutare tutte le testimonianze.
2.2 Il motivo, per quel che emerge dalla sintesi appena offerta, risulta palesemente conformato come per un gravame, per cui persegue un terzo grado di merito, ed è quindi inammissibile.
Per completezza, si osserva altresì che pure la valutazione delle prove documentali e delle deposizioni testimoniali, nonché il giudizio sulla attendibilità dei testimoni e sulla credibilità degli uni in luogo degli altri, così come, in generale, la scelta fra le risultanze probatorie di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione comportano apprezzamenti di fatto che, in quanto tali, sono riservati al giudice di merito, il quale, nel secernere una fonte di prova a discapito delle altre quale fondamento della sua decisione, trova limite esclusivamente nella indicazione motivazionale delle ragioni del suo convincimento, non essendo gravato dell’obbligo di vagliare espressamente ogni singolo elemento e confutare tutte le argomentazioni difensive, poiché sussiste
il disattendimento implicito di quanto è logicamente incompatibile con la decisione adottata ( ex multis , v. Cass. sez. 1, ord. 21 luglio 2017 n.19011, Cass. sez. 1, 2 agosto 2016 n. 16056, Cass. sez. L, 21 luglio 2010 n. 17097 e Cass. sez. 3, 24 maggio 2006 n. 12362).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate come da dispositivo.
Seguendo l’insegnamento di S.U. 20 febbraio 2020 n. 4315 si dà atto, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello del ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in un totale di € 3.200, oltre a € 200 per gli esborsi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello del ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 7 giugno 2024