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Difetto assoluto di giurisdizione: quando è escluso?

A seguito dell’annullamento di alcuni provvedimenti edilizi, il Comune competente ha chiesto chiarimenti al TAR sulle modalità di esecuzione della sentenza. I proprietari confinanti hanno contestato tale richiesta, sollevando un presunto difetto assoluto di giurisdizione, sostenendo che il giudice avrebbe invaso la sfera di discrezionalità della Pubblica Amministrazione. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che la richiesta di chiarimenti è uno strumento previsto dalla legge e il suo eventuale uso improprio attiene al merito della questione, non a un problema di giurisdizione.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Difetto Assoluto di Giurisdizione: i Confini del Potere del Giudice Amministrativo

Una recente ordinanza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti e la natura del difetto assoluto di giurisdizione. La vicenda, nata da una controversia edilizia, chiarisce quando una questione riguarda la legittimità dell’azione del giudice e quando, invece, si sconfina in una vera e propria carenza di potere giurisdizionale. Analizziamo insieme i fatti e la decisione della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La controversia trae origine dall’autorizzazione, da parte di un Comune, alla demolizione e ricostruzione di un immobile. I proprietari degli edifici confinanti impugnavano tali permessi dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR), ottenendone l’annullamento. La decisione veniva poi confermata in appello dal Consiglio di Stato.

A questo punto, il Comune, trovandosi a dover dare esecuzione al giudicato, proponeva un ricorso al TAR ai sensi dell’art. 112, comma 5, del codice del processo amministrativo. Con tale azione, l’ente chiedeva al giudice di fornire ‘chiarimenti’ sulla portata della sentenza e sulle modalità con cui riesaminare la pratica edilizia, specificando se dovesse applicare la normativa vigente all’epoca del primo provvedimento o quella sopravvenuta.

Contro questa iniziativa del Comune, i proprietari confinanti hanno sollevato un regolamento preventivo di giurisdizione davanti alla Corte di Cassazione, sostenendo che la domanda del Comune mascherasse un tentativo di far stabilire al giudice contenuti che spettano esclusivamente alla discrezionalità amministrativa. A loro avviso, ciò configurava un difetto assoluto di giurisdizione, poiché il giudice amministrativo avrebbe invaso una sfera di potere riservata alla Pubblica Amministrazione.

La Questione sul Difetto Assoluto di Giurisdizione

Il cuore della questione sottoposta alle Sezioni Unite era stabilire se la richiesta di ‘chiarimenti’ da parte del Comune potesse essere considerata una domanda che esulava completamente dai poteri del giudice, integrando così una carenza di giurisdizione. I ricorrenti sostenevano che, chiedendo al TAR di ‘illuminare’ la futura azione amministrativa, si stesse in realtà chiedendo al giudice di sostituirsi all’Amministrazione stessa, violando il principio di separazione dei poteri.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

Le Sezioni Unite hanno dichiarato il ricorso inammissibile, seguendo le conclusioni del Procuratore generale. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: il difetto assoluto di giurisdizione è ravvisabile solo quando nell’ordinamento manca una norma che consenta a un qualsiasi giudice di tutelare un determinato interesse. In altre parole, si ha solo quando la domanda non è conoscibile né in astratto, né in concreto, da alcun giudice.

Nel caso specifico, l’Amministrazione ha utilizzato uno strumento – il ricorso per chiarimenti ex art. 112, c.p.a. – che la legge le mette esplicitamente a disposizione. Pertanto, la questione non riguarda l’esistenza del potere del giudice di decidere (la giurisdizione), ma la legittimità dell’esercizio di tale potere nel caso concreto.

La Corte ha chiarito che contestare l’uso ‘improprio’ di tale strumento, sostenendo che miri a ottenere un”integrazione’ della sentenza anziché semplici ‘chiarimenti’, è una questione che attiene al merito della controversia e non alla giurisdizione. Spetta al giudice amministrativo, e non alla Cassazione in sede di giurisdizione, valutare se la richiesta del Comune rientri nei limiti del consentito. Contestare la modalità con cui un potere viene esercitato non significa negare che quel potere esista.

Conclusioni

La decisione riafferma una netta distinzione tra la questione di giurisdizione e quella di merito. Un ricorso per difetto assoluto di giurisdizione non può essere utilizzato per contestare anticipatamente le possibili derive di una decisione giudiziaria o per denunciare un presunto uso distorto degli strumenti processuali. La Cassazione ha stabilito che, finché esiste una norma che attribuisce al giudice il potere di pronunciarsi, non si può parlare di carenza di giurisdizione. L’eventuale errore del giudice nell’esercitare tale potere dovrà essere contestato attraverso i normali mezzi di impugnazione, non con un ricorso che metta in discussione la sua stessa autorità a decidere.

Quando si verifica un difetto assoluto di giurisdizione?
Si verifica solo quando nell’ordinamento giuridico manca una norma di diritto idonea a tutelare l’interesse presentato in giudizio, cosicché nessun giudice, né ordinario né speciale, ha il potere di decidere la controversia.

La richiesta di chiarimenti da parte della Pubblica Amministrazione al giudice su come eseguire una sentenza è un’invasione della sfera amministrativa?
No, secondo la Corte non si tratta di un problema di giurisdizione. Lo strumento della richiesta di chiarimenti è previsto dalla legge (art. 112, comma 5, c.p.a.). Contestare che tale richiesta sia usata in modo improprio per ottenere un’integrazione della sentenza è una questione di merito, che deve essere decisa dal giudice amministrativo stesso, non una questione di giurisdizione.

Qual è la differenza tra contestare la giurisdizione e contestare il merito di una decisione?
Contestare la giurisdizione significa sostenere che il giudice adito non ha il potere di decidere su quella materia. Contestare il merito significa invece sostenere che il giudice, pur avendo il potere di decidere, lo ha esercitato in modo illegittimo o errato. Il ricorso per regolamento di giurisdizione è ammissibile solo nel primo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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