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Dichiarazione inesatta: quando l’assicuratore paga?

La Corte di Cassazione affronta un caso di vizi costruttivi e responsabilità professionale, focalizzandosi sulla validità di una polizza assicurativa in presenza di una presunta dichiarazione inesatta da parte dell’assicurato. La sentenza distingue due posizioni: accoglie il ricorso del professionista, censurando la Corte d’Appello per aver erroneamente dichiarato inammissibile una questione relativa alla polizza già discussa in primo grado. Parallelamente, rigetta il ricorso della società costruttrice, confermando la sua responsabilità per i difetti dell’immobile e dichiarando inammissibili i motivi di ricorso per ragioni procedurali, tra cui la regola della ‘doppia conforme’.

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Dichiarazione Inesatta e Copertura Assicurativa: La Cassazione Fa Chiarezza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso i riflettori su un tema cruciale nei rapporti tra assicurati e compagnie assicurative: le conseguenze di una dichiarazione inesatta resa al momento della stipula della polizza, specialmente nel contesto dei vizi costruttivi e della responsabilità professionale. Il caso analizzato offre spunti fondamentali sia sul piano sostanziale, riguardante il diritto delle assicurazioni, sia su quello processuale, delineando i confini dell’ammissibilità dei motivi di ricorso.

I fatti di causa: Vizi costruttivi e la richiesta di risarcimento

La vicenda trae origine dalla richiesta di risarcimento avanzata da due acquirenti di unità immobiliari. Essi avevano citato in giudizio la società costruttrice e il professionista responsabile della direzione dei lavori, lamentando gravi difetti di costruzione. In particolare, denunciavano il mancato completamento di opere di urbanizzazione e, soprattutto, persistenti infiltrazioni d’acqua nei locali seminterrati, causate da una carente impermeabilizzazione delle fondamenta.

La società costruttrice e il professionista, a loro volta, si difendevano chiamando in causa le rispettive compagnie assicurative per essere tenuti indenni (in gergo tecnico, per essere manlevati) da eventuali condanne al risarcimento.

Il percorso giudiziario e la presunta dichiarazione inesatta

Il Tribunale di primo grado aveva condannato in solido la società e il professionista al risarcimento dei danni, rigettando però le domande di manleva contro le assicurazioni. La decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello, che rigettava gli appelli di entrambe le parti soccombenti.

In particolare, la Corte d’Appello aveva ritenuto inammissibile, perché proposta per la prima volta in secondo grado, la questione sollevata dal professionista circa l’assenza di dolo o colpa grave nella compilazione del questionario assicurativo, aspetto determinante per l’operatività della polizza in caso di dichiarazione inesatta.

L’analisi della Corte di Cassazione: due ricorsi, due esiti diversi

La Corte di Cassazione si è trovata a decidere su due distinti ricorsi: quello del professionista contro la sua compagnia assicurativa e quello della società costruttrice contro gli acquirenti e la propria assicurazione.

Il ricorso del professionista: l’errore processuale della Corte d’Appello

La Suprema Corte ha accolto il primo motivo del ricorso del professionista, ribaltando la decisione dei giudici d’appello. La Corte ha infatti verificato che la questione della dichiarazione inesatta e dell’assenza di dolo o colpa grave non era affatto una novità del secondo grado, ma era già stata ampiamente dibattuta in primo grado. I giudici d’appello avevano quindi commesso un errore di valutazione processuale, dichiarando inammissibile un motivo di gravame che invece avrebbero dovuto esaminare nel merito.

Il ricorso della società costruttrice: la reiezione in toto

Di segno opposto è stato l’esito del ricorso della società costruttrice. La Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati tutti gli undici motivi presentati. Molte censure sono state respinte in applicazione del principio della “doppia conforme”: poiché le sentenze di primo e secondo grado erano giunte alla medesima conclusione di condanna sulla base di un identico percorso logico-argomentativo, il ricorso per vizio di motivazione era precluso. Altri motivi sono stati giudicati generici, non autosufficienti o volti a ottenere un riesame dei fatti, attività non consentita in sede di legittimità.

Le motivazioni

La Corte ha motivato l’accoglimento del ricorso del professionista sulla base di un’attenta ricostruzione degli atti processuali, da cui emergeva chiaramente che la questione della dichiarazione inesatta era parte del thema decidendum fin dal primo grado. L’erronea declaratoria di inammissibilità da parte della Corte d’Appello ha di fatto impedito un esame nel merito di un punto cruciale per la decisione sulla copertura assicurativa. Pertanto, la sentenza è stata cassata con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello per una nuova valutazione.

Per quanto riguarda il ricorso della società costruttrice, le motivazioni del rigetto risiedono nel rigoroso rispetto dei limiti del giudizio di legittimità. La Corte ha ribadito che non può trasformarsi in un terzo grado di merito, ma deve limitarsi a verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e la coerenza logica della motivazione. I motivi proposti dalla società, secondo la Corte, miravano proprio a una nuova e inammissibile valutazione delle prove e delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio.

Le conclusioni

La sentenza offre due importanti insegnamenti. Il primo, di natura processuale, è un monito per i giudici di merito a valutare con estrema attenzione l’effettivo contenuto degli atti di causa prima di dichiarare inammissibile un motivo d’appello per novità. Il secondo, di natura sostanziale, sottolinea come la questione del dolo o della colpa grave in una dichiarazione inesatta sia un elemento centrale che deve essere esaminato nel merito per decidere sull’operatività di una polizza assicurativa. La decisione finale spetterà ora alla Corte d’Appello in sede di rinvio, che dovrà finalmente pronunciarsi sulla fondatezza delle difese del professionista.

Quando una questione, dichiarata nuova in appello, può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione?
Quando il ricorrente dimostra, producendo gli atti processuali, che la questione era già stata introdotta e discussa nel giudizio di primo grado. In questo caso, la Corte di Cassazione può cassare la sentenza d’appello per errore processuale, rinviando la causa al giudice del merito per l’esame della questione.

Cos’è il principio della ‘doppia conforme’ e quando si applica?
È un principio processuale (art. 348-ter c.p.c.) che impedisce di ricorrere in Cassazione per vizio di motivazione (ex art. 360, n. 5, c.p.c.) quando la sentenza d’appello conferma la decisione di primo grado basandosi sullo stesso iter logico-argomentativo. Lo scopo è evitare un terzo esame del fatto quando due giudici di merito sono giunti alla medesima conclusione.

Perché il ricorso della società costruttrice è stato interamente rigettato?
Il ricorso è stato rigettato perché i motivi erano per lo più inammissibili. Alcuni erano preclusi dalla regola della ‘doppia conforme’, altri erano formulati in modo generico e non specifico, e altri ancora miravano a ottenere un nuovo e non consentito riesame dei fatti e delle prove, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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