Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1613 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1613 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso 10449-2023 proposto da:
COGNOME, in proprio e in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ Avvocata NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t. , rappresentato e difeso dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
nonché
PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE e PROCURA GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE D ‘ APPELLO DI CATANZARO;
– intimate –
avverso la SENTENZA N. 408/2023 DELLA CORTE D ‘ APPELLO DI CATANZARO, depositata il 29/3/2023;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 29/5/2024;
FATTI DI CAUSA
1.1. La Corte d ‘ appello di Catanzaro, con sentenza del 29/3/2023, ha rigettato il reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Cosenza che, su richiesta del pubblico ministero, aveva dichiarato il suo fallimento.
1.2. La corte del merito ha innanzitutto respinto il motivo col quale la reclamante aveva eccepito l ‘ intervenuta estinzione del procedimento di primo grado , ai sensi dell’art. 307 c.p.c., in ragione dell’inesistenza /nullità della duplice notifica del ricorso per la dichiarazione di fallimento e del decreto di fissazione d’udienza , eseguita a mezzo della Guardia di Finanza: ha osservato al riguardo che l’ordine di rinnovo della notificazione, effettivamente impartito dal primo giudice al P.M., era in realtà superfluo, perché intervenuto alla stessa udienza in cui RAGIONE_SOCIALE si era costituita in giudizio per il tramite dell’avv. NOME COGNOME munita di regolare procura, con memoria contenente ampie deduzioni difensive di merito, così sanando ogni eventuale vizio della notificazione.
1.3. Il giudice del reclamo ha quindi affermato: i) che il tribunale non aveva posto a carico della società fallenda l’onere della prova dell’insussistenza del requisito di procedibilità di cui all’u. comma dell’art. 15 l. fall., ma aveva positivamente accertato, in base ai risultati delle indagini della G.d.F., non adeguatamente contrastate, che i debiti scaduti della stessa verso l’erario ammontavano a circa 900.000 euro, e che quelli portati da cartelle notifica te nell’ultimo quinquennio e perciò sicuramente non prescritti, ammontavano a più di 30.000 euro; ii) che l’accertamento andava condiviso, essendo irrilevante la
mancata produzione delle cartelle notificate richiamate nel prospetto redatto dalla G.d.F; iii) che era indimostrato che i debiti in questione derivassero da una presunta truffa ai danni della società e dell’INPS; iv) che la reclamante, cui incombeva il relativo onere, non aveva provato di non essere assoggettabile a fallimento ai sensi dell’art. 1, comma 2, l. fall., non potendo tale prova ricavarsi, in forza del principio di non contestazione, da bilanci creati ad hoc e illustrati da una perizia di parte, ma privi di qualsivoglia crisma di veridicità e disancorati da qualsivoglia documentazione contabile , in quanto l’onere di contestazione riguarda l’allegazione di fatti specifici e non di mere asserzioni difensive.
1.4. NOME COGNOME in proprio e nella qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 28/4/2023, ha chiesto, per cinque motivi, la cassazione della sentenza.
1.5. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.6. La Procura generale della Repubblica presso la Corte di cassazione e la Procura generale della Repubblica presso la Corte d ‘ appello di Catanzaro sono rimaste intimate.
1.7. Il ricorrente ha depositato memoria e documenti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
3.1. Preliminarmente deve escludersi l ‘ ammissibilità della produzione dei documenti allegati dal ricorrente alla memoria ex art. 380 bis. 1 c.p.c., relativi alla fondatezza nel merito delle censure sollevate col ricorso, in quanto , ai sensi dell’art. 372 c.p.c., nel giudizio per cassazione il deposito di documenti non prodotti in precedenza è ammissibile solo ove gli stessi attengano alla nullità della sentenza impugnata o all ‘ ammissibilità processuale del ricorso o del controricorso
ovvero al maturare di un successivo giudicato, (Cass. n. 2062/2024, 9689/2002)
3.2. Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la falsa applicazione dell ‘ art. 15, comma 2°, l.fall., sostiene che la sentenza dichiarativa sarebbe stata pronunciata d’ufficio, in assenza del deposito di un atto qualificabile come istanza di fallimento da parte del pubblico ministero, il quale, peraltro, vi avrebbe in ogni caso tacitamente rinunciato, in quanto rimasto contumace nel giudizio di reclamo e non comparso neppure all’udienza .
3.3. Il motivo è inammissibile nella sua prima parte, dato che la questione (mista di fatto e di diritto) concernente la mancanza di un atto del P.M. qualificabile come istanza di fallimento, che non risulta aver formato oggetto di reclamo, non poteva essere dedotta per la prima volta nella presente sede di legittimità; è invece infondato nella sua seconda parte, perché la mancata partecipazione del P.M. all’udienza non implica rinuncia alla richiesta di fallimento, neppure se si tratti dell’udienza prefallimentare (Cass. n. 11222 del 2018, Cass. n. 12537 del 2017, Cass. n. 22360 del 2013).
3.4. Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando la violazione degli artt. 24 e 111 Cost. nonché degli artt. 18 l.fall. e 101 c.p.c., censura la sentenza impugnata per avere la corte d ‘ appello assunto la relativa decisione senza procedere alla doverosa assegnazione, che era stata espressamente richiesta, di termini per il deposto di note conclusive, in analogia con quanto previsto dall ‘ art. 190 c.p.c., peraltro modificando, in assenza di contraddittorio, il proprio precedente provvedimento di concessione dei termini.
3.5. Il motivo è infondato perché il procedimento di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento non è
assoggettato alle norme previste per il processo ordinario di cognizione e all ‘ assegnazione dei relativi termini, ivi compresi quelli previsti dall ‘ art. 190 c.p.c. nel testo in vigore ratione temporis , trovando, piuttosto, applicazione la disciplina speciale dettata dall ‘ art. 18 l.fall. che, al comma 11, non prevede né impone al giudice del reclamo l ‘ assegnazione alle parti di uno o più termini per il deposito di scritti difensivi conclusionali.
3.6. Si tratta, del resto, di giudizio disciplinato (al pari di quello di primo grado innanzi al tribunale) dalle regole del rito camerale (Cass. n. 8980 del 2021) che, per esigenze di snellezza e celerità, si articola e si conclude in un ‘ unica udienza a trattazione orale, ove ciascuna parte, pur in una sequenza semplificata, è ammessa ad illustrare le proprie difese ed anche a replicare a quelle avverse, senza che però tale dialettica contempli la facoltà delle parti di depositare ulteriori memorie e consenta l ‘ applicazione delle disposizioni di cui agli artt.189 e 190 c.p.c. (Cass. n. 20836 del 2010).
3.7. Con il terzo motivo (suddiviso in due distinti submotivi) il ricorrente, lamenta in primo luogo la falsa applicazione degli artt. 83, 81 e 182 c.p.c., per avere la corte d ‘ appello ritenuto che RAGIONE_SOCIALE s.r.l. si fosse costituita nel procedimento prefallimentare, così sanando qualsivoglia vizio della notificazione del ricorso del P.M. e del decreto di fissazione di udienza, senza considerare che la procura alle liti allegata all ‘ atto del 3/2/2022 era stata da lui sottoscritta quale socio che aveva ricevuto la notifica e non quale amministratore della società, tant ‘ è che il giudice delegato alla trattazione aveva disposto un rinvio dell ‘ udienza per la rinnovazione della notificazione a quest’ultima ; denuncia poi la falsa applicazione degli artt. 307 c.p.c., 15 l.fall. e 2697 c.c. nonché degli artt. 24 e 111 Cost., deducendo che il procedimento prefallimentare
avrebbe dovuto essere dichiarato estinto, ai sensi dell’art. 307 c.p.c., in quanto la sua costituzione in giudizio in proprio non aveva sanato l’originario vizio di notificazione del ricorso, mentre la rinnovazione della notificazione disposta dal giudice il 3/2/2022 e da effettuare entro il 18/2/2022, doveva ritenersi inesistente sul piano giuridico in quanto eseguita dalla Guarda di Finanza e senza l’atto da notificare.
3.8. Entrambe le censure, da esaminare congiuntamente, sono infondate.
3.9. Va preliminarmente rilevato che, in relazione ai procedimenti prefallimentari promossi dopo l’entrata in vigore dell’art. 15, comma 5, l. fall. novellat o dal d. lgs. n. 169/2007, e proprio in ragione della possibilità, in esso per la prima volta contemplata, di portare il ricorso per la dichiarazione di fallimento e il decreto di fissazione dell’udienza a conoscenza delle parti ‘con ogni mezzo idoneo e omessa ogni formalità’, questa Corte ha ritenuto che la notificazione del ricorso di fallimento e del decreto di convocazione eseguita per il tramite della polizia giudiziaria non è inesistente, bensì nulla, in quanto non totalmente incompatibile con le regole della procedura, sicché il vizio resta sanato ove la notifica sia giunta a buon fine per aver raggiu nto lo scopo di portare l’atto a conoscenza del destinatario (Cass. n. 19797 del 2015, Cass. n. 17444 del 2016): ne consegue che la costituzione del debitore dinanzi al tribunale chiamato a pronunciarsi sulla dichiarazione di fallimento sana il predetto vi zio di nullità, ai sensi dell’art. 156 c.p.c.
3.10. Nel caso di specie, gli atti del giudizio di merito (che il collegio ha direttamente esaminato in ragione della natura processuale del vizio denunciato) dimostrano che: i) il giudice del tribunale di Cosenza delegato alla trattazione del
procedimento prefallimentare, all ‘ udienza del 3/2/2022, dopo aver rilevato che la notifica della richiesta di fallimento non era stata regolarmente effettuata, in quanto eseguita esclusivamente nei confronti dei soci, dispose che il pubblico ministero procedesse al rinnovo, nelle forme previste dall ‘ art. 15 l.fall., entro il termine del 18/2/2022; ii) alla medesima udienza l’avv. NOME COGNOME in ragione di procura apposta in calce all’atto (procura conferitale dall’odierno ricorrente, senza spendita del nome della società di cui era amministratore unico, il 16/11/2021), depositò una memoria con la quale dichiarò di costituirsi in giudizio per la società RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante NOME COGNOME; iii) in data 10/2/2022, la Guardia di Finanza provvide a notificare il ‘ ricorso introduttivo ‘ del pubblico ministero del 19/10/2021 e il decreto di ‘ fissazione di nuova udienza ‘, procedendo alla loro materiale consegna ad NOME COGNOME nella dichiarata qualità di ‘ amministratore ‘ (unico) della RAGIONE_SOCIALE
3.11. Ciò premesso, e contrariamente a quanto sostenuto in questa sede dal l’avvocata COGNOME che, senza far cenno a quanto da ella stessa scritto nella memoria depositata il 3/2/2022, sostanzialmente afferma di essersi costituita per la società senza averne ricevuto il mandato, mentre non chiarisce se e quando si sia costituita per colui che glielo aveva, invece, effettivamente rilasciato) la procura difensiva conferitale da ll’odierno ricorrente in data 16/11/2021, se letta unitamente alla memoria depositata il 3/3/2022 per conto della società, non può che essere interpretata come atto processuale da questi emesso nella qualità (oltre che di socio) anche di amministratore unico e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
3.12. Invero, come già affermato da questa Corte, ove l ‘ atto processuale contenga l ‘ espressa menzione del potere di
rappresentanza dell ‘ ente che sta in giudizio in capo a colui che ha sottoscritto la procura, non produce nullità della procura medesima la mancata indicazione della carica ricoperta o della funzione svolta dal sottoscrittore, quando, come nel caso in esame, la funzione o la carica siano desumibili con certezza per il tramite dei documenti di causa o delle risultanze del registro delle imprese (Cass. n. 28203 del 2018).
3.13. La procura alla lite dev ‘ essere infatti interpretata in relazione al contesto dell ‘ atto cui accede, con la conseguenza che la procura sottoscritta dal legale rappresentante di una societ à̀ , senza indicazione di tale qualit à̀ , è riferibile anche alla societ à̀ stessa allorch é́ l ‘ atto cui essa accede rechi l ‘ indicazione che la parte agisce in proprio e nella predetta qualit à̀ (Cass. n. 9491 del 2002).
3.14. Correttamente, pertanto, la corte del merito, a fronte dell’avvenuto deposito, in data 3/2/2022, da parte dell’ avv. NOME COGNOME ‘ in virtù di procura in calce all’atto ‘ (e cioè della procura rilasciatale da NOME COGNOME in data 16/11/2021), di una memoria per conto della società RAGIONE_SOCIALE ‘ in persona del suo l.r.p.t. … NOME COGNOME , ha ritenuto che la società resistente si fosse regolarmente costituita in giudizio, così sanando ogni vizio della notificazione del ricorso ex art. 7 l. fall. e del decreto di convocazione, e che fosse conseguentemente irrilevante accertare se l’ordine di rinnovo della notificazione, inutilmente impartito dal primo giudice, fosse stato correttamente eseguito.
3.15. Col quarto motivo, suddiviso in numerosi sub-motivi, il ricorrente denuncia nell’ordine: 1) la violazione degli artt. 115 c.p.c. , 1 e 15 l. fall., per aver la corte d’appello accertato che i debiti scaduti di RAGIONE_SOCIALE erano superiori ad €. 30.000,00 e l’esposizione d ella società verso l’Erario ammonta va all’incirca
ad €. 900.000,00 omettendo di considerare che le pretese tributarie e previdenziali di cui al ricorso del pubblico ministero erano solo ipotizzate, ma in realtà inesistenti (come comprovato, anche ai sensi dell’art. 115 c.p.c., sulla scorta di documenti e circostanze di fatto non contestate dal P.M.) sia per mancanza o nullità delle notifiche delle relative cartelle sia per prescrizione delle stesse e che, in particolare, la pretesa dell ‘ INPS, per una somma pari ad €. 302.419,24 , era ascrivibile ad una truffa, accertata dallo stesso pubblico ministero, ai danni dell ‘ istituto e della società, commessa, fra gli altri, dal coadiutore del consulente fiscale d i quest’ultima ; 2) la violazione degli artt. 2729, 2697, 2700 c.c. in relazione agli artt. 1 e 15 l. fall., per aver la corte del merito tratto la prova dell’ammontare dei debiti scaduti da una relazione della Guardia di Finanza che, per tale parte, si limitava a riferire le risultanze dell’interrogazione rivolta all’Agenzia delle entrate, priva di qualsiasi v alore privilegiato nonché di qualsiasi riferimento a notifiche, ignorando per contro tutti gli elementi documentali dai quali emergeva, quantomeno in via presuntiva, la prova dell’insussistenza di debiti scaduti superiori ai 30.000 euro e il mancato raggiungimento delle tre soglie di fallibilità (assenza di attività societaria sin dal 2010; avvenuta cessione fra il 2009 e il 2010 dei rami d’azienda relativi all’attività svolta; residuo patrimonio costituito unicamente da un box auto del valore di 20.000 euro circa; atti del processo penale relativo alla truffa ai danni INPS per inserimento di false assunzioni per percepire l’indennità di disoccupazione, in cui egli non figurava fra i soggetti rinviati a giudizio); 3) violazione degli artt. 14 d.P.R. 600/73, per aver il giudice del reclamo omesso di tener conto che, anche a voler dare per scontata l’avvenuta notifica delle cartelle, detraendo i crediti sicuramente prescritti l’ammontare del debito verso l’erario era nettamente inferiore
alla soglia dei 500.000 euro; 4) violazione degli artt. 2423 e segg. c.c., per aver la corte del merito ritenuto sussistenti i requisiti di fallibilità in contrasto con le risultanze dei bilanci e della CTP asseverata; 5) nullità dei capi della sentenza impugnati per motivazione inesistente o meramente apparente.
3.16. Il motivo è infondato là dove denuncia il difetto di motivazione della sentenza che, sebbene sinteticamente, non manca di dar conto delle ragioni su cui poggia la decisione, e là dove invoca il principio di non contestazione rispetto a circostanze in contrasto logico con quelle poste dal P.M. a fondamento della richiesta di fallimento (cfr. Cass. n. 143/2023). Per il resto è invece inammissibile, in quanto volto ad ottenere un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie da cui la corte del merito ha tratto il convincimento della procedibilità dell’istanza del P.M. e della fallibilità della società ai sensi dell’art . 1, comma 2, l. fall., con accertamento non sindacabile nella presente sede di legittimità se non nei ristretti termini previsti dall’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. (così come costantemente interpretato da questa Corte a partire da Cass. SS.UU. n. 8053/2014), nella specie neppure invocato dal ricorrente.
3.17. Peraltro, anche a voler riqualificare il motivo sotto il profilo di cui all’art. 360 n. 5 cit., va rilevato che l’ omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa (e cioè l ‘ indebitamento complessivo della società ai fini della sua dichiarazione di fallimento) sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. SU n. 8053 del 2014).
3.18. Non v’è dubbio, invero, che, c ome di recente affermato da questa Corte (Cass. n. 28185 del 2024, Cass. n. 29008/2024) il giudice del procedimento prefallimentare e il giudice del reclamo, qualora sia in discussione la ricorrenza dei requisiti di fallibilità dell’impresa, hanno l ‘ obbligo di verificare, non solo sulla base delle prove acquisite (bilanci, scritture contabili del debitore, o qualunque altra documentazione, formata anche da terzi, che possa nel concreto risultare utile a fornire la rappresentazione storica dei fatti e dei dati economici e patrimoniali dell ‘ impresa) ma anche di quelle acquisibili d’ufficio a norma dell ‘ art. 15, comma 4°, l.fall. (o dell ‘ art. 18, comma 10°, l.fall.), se ed in quale misura, alla luce delle emergenze istruttorie, i debiti contratti dal resistente siano, o meno, effettivamente ancora esistenti nella misura minima richiesta dall’art. 1, comma 2 lett. c) l. fall. in ragione del corrispondente regime giuridico sostanziale e del conseguente termine di prescrizione.
3.19. Nella specie, tuttavia, la corte d ‘ appello non si è sottratta al compito indicato, avendo ritenuto, per un verso, che la società reclamante era gravata da ‘ una esposizione nei confronti dell ‘ Erario di circa 900.000,00 euro, anche considerando le prescrizioni eventualmente maturate per i debiti portati da cartelle notificate nel quinquennio precedente la presentazione della istanza ‘ e, per altro verso, che era del tutto priva di rilievo ‘ la circostanza relativa ad una presunta truffa ai danni della società e dell ‘ INPS che sarebbe alla base di una parte consistente del debito verso detto istituto, trattandosi di circostanza allo stato indimostrata ‘.
3.20. Tali statuizioni, insindacabili (e, comunque, non specificamente censurate) nella parte in cui esprimono apprezzamenti del giudice di merito su fatti storici, a partire dalla
sussistenza (ammessa dallo stesso reclamante: v. la memoria, p. 7: ‘ a prescindere dal dato INPS, è di tutta evidenza che il passivo fallimentare complessivo è di euro 550.000,00 ‘ ) di una debitoria complessiva di oltre 500.000 euro, rendevano evidentemente superfluo verificare se nel triennio anteriore alla presentazione dell’istanza fossero stati o meno superati i requisiti dimensionali di cui alle lettere a) e b) dell’art. 1, 2° comma, l. fall.
3.21. La ricorrente, in effetti, incorre nell ‘ equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge sostanziale o processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall ‘ erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un ‘ autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. può porsi esclusivamente ove (ma non è questo il caso) il ricorrente alleghi, rispettivamente, che il giudice di merito abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d ‘ ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge, ovvero abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione.
3.22. Resta assorbito il quinto motivo, con il quale il ricorrente denuncia, in via gradata, l ‘ omesso esame del fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, costituito dall ‘ intervenuta cessazione dell ‘ attività quantomeno dal 2010, posto che ‘ in assenza di sede non c ‘ è attività di pizzeria e ristorazione ed in assenza di attività non può prodursi reddito e quindi eventuale debitoria fiscale ‘.
Il ricorso, per l ‘ infondatezza di tutti i suoi motivi, dev ‘ essere, quindi, rigettato.
5. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
6. La Corte dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese di lite, che liquida nella somma di €. 7.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%; dà atto, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima