Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8047 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8047 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
COGNOME VALENTINO
-intimato –
Avverso la sentenza n. 24/2022 del TRIBUNALE DI ANCONA, depositata il giorno 11 gennaio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18792/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO
-controricorrente –
nonché contro
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE promosse innanzi il Tribunale di Ancora procedimento di espropriazione forzata in danno del suo debitore NOME COGNOME e presso il terzo RAGIONE_SOCIALE.
Il terzo pignorato rese una dichiarazione di quantità del seguente tenore: « Il sig. COGNOME NOME è aderente al fondo pensione aperto RAGIONE_SOCIALE, gestito da RAGIONE_SOCIALE; il controvalore della posizione, alla data della notifica dell’atto di pignoramento, corrisponde a euro 197,61. Il sig. COGNOME NOME è inoltre titolare di n. 1.632,05 quote del fondo comune RAGIONE_SOCIALE per un controvalore alla data pari ad euro 16.073,61 ».
Il giudice dell’esecuzione per quanto qui ancora d’interesse dispose, con ordinanza, la vendita delle quote del fondo comune.
Avverso detta ordinanza, la RAGIONE_SOCIALE dispiegò opposizione agli atti esecutivi, adducendo l’errata interpretazione della dichiarazione, da intendersi come negativa in ordine alle quote.
La decisione in epigrafe, in accoglimento dell’opposizione, ha revocato l’ordinanza del giudice dell’esecuzione.
Ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE.
Non svolge difese in grado di legittimità NOME COGNOME, benché ritualmente intimato.
Le parti costituite hanno depositato memoria difensiva.
All’esito dell’adunanza camerale sopra indicata, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380 -bis. 1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
A suffragio dell’impugnazione, parte ricorrente lamenta:
1.1. per violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 cod. civ. ex art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la negazione di valore
probatorio alla comunicazione inviata il 18.11.2020 a mezzo mail dal procedente al terzo (recante richiesta di chiarimenti circa la titolarità delle quote di fondo comune), pur in assenza di qualsivoglia disconoscimento (men che meno rituale e tempestivo) della mail stessa (avente natura di documento contenente rappresentazione informatica di fatti, sussumibile tra le riproduzioni meccaniche) ad opera del destinatario (primo motivo);
1.2. l’omesso esame di un fatto decisivo e controverso, rilevante ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., costituito dalla mancata revoca o rettifica della dichiarazione di quantità da parte del terzo pignorato, condizione necessaria per esperire opposizione agli atti esecutivi avverso l’ordinanza di assegnazione (secondo motivo);
1.3. la nullità della sentenza ex art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per avere il giudice territoriale omesso di pronunciare sulla eccezione di inammissibilità dell’opposizione agli atti poiché non preceduta da revoca della dichiarazione di quantità (terzo motivo);
1.4. la nullità della sentenza ancora ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per aver valutato liberamente -e non già come « piena prova, secondo il disposto dell’art. 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2712 cod. civ. » – la comunicazione a mezzo mail inviata il 18.11.2020 dal procedente al terzo (quarto motivo).
I sintetizzati motivi sono inammissibili.
2.1. A fondamento del dictum reso, il giudice territoriale ha posto il carattere negativo della dichiarazione di quantità nella parte relativa alle quote del fondo comune « RAGIONE_SOCIALE », di cui, peraltro, ha accertato – sulla scorta delle prove documentali prodotte dalla parte opponente – la titolarità in capo al soggetto indicato come tale nella dichiarazione (NOME COGNOME), diverso dal debitore esecutato.
Ha, per l’effetto, concluso per la illegittimità della ordinanza del giudice dell’esecuzione che di tali quote aveva disposto la vendita.
In tal guisa ragionando, la gravata sentenza ha ravvisato un errore del giudice dell’esecuzione nella interpretazione della dichiarazione di quantità, ritenuta positiva anziché negativa: situazione legittimante il terzo pignorato a promuovere sic et simpliciter (cioè a dire, senza necessità di attività da compiersi nell’àmbito del procedimento) opposizione agli atti esecutivi avverso il provvedimento del giudice ( ex plurimis, Cass. 25/02/2016, n. 3712; Cass. 20/11/2012, n. 20310).
2.2. Rispetto alla descritta ratio decidendi , eccentriche e non conferenti si rivelano le doglianze del ricorrente.
Esse, al fondo, muovono da una premessa fallace: presuppongono, cioè, che il terzo, nella dichiarazione resa, abbia errato nell’individuare il soggetto titolare delle quote del fondo, queste ultime appartenendo, nella prospettazione del ricorrente, al debitore esecutato.
Detta circostanza, tuttavia, non soltanto non è inferibile dal tenore della dichiarazione (in narrativa riportato), chiaro ed inequivoco nel riferire a tale NOME COGNOME (pacificamente estraneo al processo esecutivo) l’appartenenza dei titoli, ma è altresì contraria all’accerta -mento in fatto operato dall’impugnata sentenza.
Sicché ad alcuna emenda o rettifica della dichiarazione (si ripete, univocamente negativa) era tenuto il terzo pignorato onde esperire il rimedio di cui all’art. 617 cod. proc. civ. (diversamente da quanto accade nella -opposta e contraria -ipotesi in cui il terzo renda una dichiarazione inficiata da errore: Cass. 31/08/2020, n. 10912; Cass. 26/02/2019, n. 5489; Cass. 05/05/2017, n. 10912) ed irrilevante era la sollecitazione, a prescindere dalla ritualità della sua formulazione, del creditore ad una rettifica del genere.
E tanto spiega l’inammissibilità dei motivi formulati.
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Attes o l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente, RAGIONE_SOCIALE, alla refusione in favore della parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 3.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione