LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Dichiarazione del terzo: opposizione senza rettifica

La Corte di Cassazione ha chiarito che se la dichiarazione del terzo in un pignoramento è chiara e negativa, ma viene erroneamente interpretata dal giudice, il terzo può proporre opposizione agli atti esecutivi senza dover prima rettificare la dichiarazione. Il caso riguardava una società di gestione del risparmio che aveva specificato che dei fondi appartenevano a un soggetto diverso dal debitore. Il giudice aveva comunque ordinato la vendita, ma la sua ordinanza è stata legittimamente revocata in seguito all’opposizione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Dichiarazione del Terzo: Opposizione Diretta in Caso di Errore del Giudice

Nel contesto delle procedure di esecuzione forzata, la dichiarazione del terzo pignorato assume un ruolo cruciale. Questo atto determina quali beni del debitore, detenuti da altri, possono essere aggrediti dal creditore. Ma cosa succede se il giudice interpreta erroneamente una dichiarazione perfettamente chiara? Con l’ordinanza n. 8047/2024, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il terzo pignorato può agire direttamente con l’opposizione agli atti esecutivi, senza necessità di una preventiva rettifica della propria dichiarazione.

Il Caso: una Dichiarazione del Terzo Fraintesa

La vicenda trae origine da un pignoramento presso terzi promosso da una società creditrice nei confronti del suo debitore. Il terzo pignorato, una società di gestione del risparmio, ha reso la sua dichiarazione al giudice. In essa specificava che il debitore era titolare di un fondo pensione di modesto valore. La stessa dichiarazione, tuttavia, menzionava che un altro soggetto, completamente estraneo alla procedura, era titolare di quote di un diverso fondo comune per un valore considerevole.

Nonostante la chiarezza della comunicazione, che di fatto era negativa riguardo alla titolarità di tali quote in capo al debitore, il giudice dell’esecuzione ha commesso un errore. Ha interpretato la dichiarazione come se anche le quote dell’altro soggetto appartenessero al debitore e ne ha disposto la vendita forzata.

La società di gestione del risparmio ha prontamente proposto opposizione agli atti esecutivi, sostenendo l’errata interpretazione della sua dichiarazione. Il Tribunale le ha dato ragione, revocando l’ordinanza di vendita. La società creditrice ha quindi impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla Dichiarazione del Terzo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso della società creditrice inammissibile, confermando la correttezza della decisione del Tribunale. Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda su un presupposto logico e giuridico inattaccabile.

La Chiarezza della Dichiarazione come Presupposto

Il punto centrale della decisione è che la dichiarazione del terzo non era errata, ma semplicemente male interpretata. La società di gestione aveva chiaramente distinto le posizioni, indicando correttamente che le quote di maggior valore non appartenevano al debitore esecutato, bensì a un’altra persona. La sua dichiarazione, per quella parte, era dunque inequivocabilmente negativa.

L’errore non risiedeva nell’atto del terzo, ma nell’attività interpretativa del giudice dell’esecuzione. L’argomentazione del creditore ricorrente, basata sulla necessità di una rettifica della dichiarazione da parte del terzo, è stata quindi giudicata fallace, poiché partiva da una premessa sbagliata: quella di un errore del dichiarante che, in realtà, non esisteva.

L’Opposizione come Rimedio Diretto

La Corte ha ribadito un principio consolidato: quando il giudice dell’esecuzione, a fronte di una dichiarazione negativa, emette un provvedimento come se fosse positiva, commette un errore procedurale. In questa situazione, il terzo pignorato è legittimato a utilizzare lo strumento dell’opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) per far valere la non conformità dell’atto giudiziario alle risultanze processuali.

Non è richiesto al terzo alcun onere di rettifica o modifica della propria dichiarazione, poiché questa era già corretta e veritiera fin dall’inizio. L’obbligo di rettifica sorge solo nell’ipotesi opposta, ovvero quando il terzo si accorge di aver reso una dichiarazione errata e intende contestare l’ordinanza di assegnazione basata sul suo stesso errore.

le motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla distinzione tra una dichiarazione errata e una dichiarazione interpretata erroneamente. La Corte ha stabilito che l’intero impianto difensivo del ricorrente si basava sulla premessa fallace che la dichiarazione del terzo fosse viziata da un errore. Al contrario, la dichiarazione era chiara e inequivocabile nell’attribuire i titoli di maggior valore a un soggetto diverso dal debitore. Di conseguenza, la dichiarazione era da considerarsi negativa per quella porzione di patrimonio. L’errore è stato commesso dal giudice dell’esecuzione nella sua interpretazione. Pertanto, il terzo pignorato non era tenuto ad alcuna rettifica per poter esperire il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, che si è rivelato lo strumento corretto per contestare il provvedimento viziato del giudice.

le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del terzo pignorato di fronte a possibili errori interpretativi del giudice dell’esecuzione. Stabilisce con chiarezza che, se la dichiarazione è corretta e precisa, il terzo non subisce le conseguenze di un fraintendimento giudiziario e può difendersi con lo strumento processuale più agile e diretto, ovvero l’opposizione agli atti esecutivi. La decisione sottolinea l’importanza per i giudici di leggere con la massima attenzione le dichiarazioni rese dai terzi, per evitare l’emissione di provvedimenti illegittimi che possono danneggiare soggetti estranei alla procedura esecutiva.

Se un giudice interpreta male una dichiarazione del terzo, cosa può fare il terzo pignorato?
Il terzo pignorato può proporre opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 del codice di procedura civile, per contestare il provvedimento del giudice basato sull’errata interpretazione.

È necessario correggere o revocare una dichiarazione del terzo prima di fare opposizione se il giudice l’ha fraintesa?
No. Se la dichiarazione resa dal terzo era chiara, corretta e univocamente negativa riguardo alla titolarità di certi beni in capo al debitore, non è richiesta alcuna rettifica prima di proporre opposizione avverso l’ordinanza che l’ha erroneamente interpretata.

Qual è la differenza tra una dichiarazione del terzo errata e una dichiarazione interpretata erroneamente?
Una dichiarazione è errata quando il terzo commette un errore nel comunicare i beni del debitore che detiene. Una dichiarazione è interpretata erroneamente quando è di per sé corretta e veritiera, ma il giudice ne travisa il significato, come nel caso di specie, dove ha attribuito al debitore beni appartenenti a un’altra persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati