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Devoluzione eredità allo Stato: quando è possibile?

Una società creditrice chiedeva la devoluzione eredità allo Stato dei beni di una sua debitrice defunta, sostenendo che fossero trascorsi dieci anni senza accettazione da parte degli eredi. Il Tribunale di Venezia ha respinto la domanda, chiarendo che il semplice decorso del tempo non è sufficiente. La ricorrente non ha fornito la prova rigorosa dello stato di vacanza dell’eredità, ovvero l’assenza di eredi (nella fattispecie, i figli della defunta) che avessero accettato, anche tacitamente, l’eredità entro il decennio.

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Devoluzione Eredità allo Stato: Il solo passare del tempo non basta

Un creditore può ottenere la devoluzione eredità allo Stato dei beni del proprio debitore defunto semplicemente perché sono passati dieci anni dall’apertura della successione? A questa domanda ha risposto con un secco no il Tribunale di Venezia, con una recente sentenza che chiarisce i rigorosi presupposti per l’acquisto dei beni ereditari da parte dello Stato. Il caso offre spunti fondamentali sull’onere della prova che grava su chi agisce in giudizio e sulla natura non automatica di questo meccanismo successorio.

I Fatti di Causa

Una società, cessionaria di crediti deteriorati, si trovava a essere creditrice nei confronti di un’altra società, la cui garanzia era costituita da un’ipoteca su un immobile di proprietà di una signora. Quest’ultima era deceduta da oltre dieci anni. La società creditrice, constatando che dalle visure immobiliari non risultava trascritta alcuna accettazione di eredità, ha adito il tribunale. L’obiettivo era far accertare e dichiarare la devoluzione dell’eredità, e in particolare dell’immobile ipotecato, allo Stato, al fine di poter poi procedere esecutivamente contro quest’ultimo per soddisfare il proprio credito.

La questione giuridica e la devoluzione eredità allo Stato

La questione centrale ruotava attorno all’interpretazione dell’art. 586 del Codice Civile. La società ricorrente basava la sua pretesa su un’argomentazione apparentemente logica: poiché il diritto di accettare l’eredità si prescrive in dieci anni e tale termine era decorso, non vi erano più eredi che potessero rivendicare i beni, i quali, di conseguenza, dovevano essere considerati vacanti e quindi devoluti allo Stato. Tuttavia, il Tribunale ha ritenuto questa visione troppo semplicistica e non conforme alla legge.

Le Motivazioni della Decisione

Il Giudice ha respinto integralmente la domanda della società creditrice, esponendo in modo dettagliato le ragioni del rigetto.

Il punto cruciale della decisione risiede nell’onere della prova. Per poter ottenere una declaratoria di devoluzione allo Stato, non è sufficiente allegare il mero decorso del termine decennale di prescrizione. È invece necessario fornire la prova positiva dello ‘stato di vacanza’ dell’eredità. Questo significa dimostrare che non esistono successibili, oppure che tutti i possibili chiamati all’eredità (fino al sesto grado di parentela) hanno rinunciato o perso il diritto di accettare.

Nel caso specifico, era emerso che la defunta aveva lasciato due figli. La ricorrente non solo non ha provato la loro rinuncia all’eredità, ma non ha nemmeno escluso che essi, o i loro discendenti per rappresentazione, avessero compiuto atti di accettazione tacita entro il decennio. L’accettazione tacita, come ricorda il Tribunale, non richiede atti formali o trascrizioni, ma si realizza con il compimento di un’azione che il chiamato non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede.

Inoltre, la sentenza sottolinea come la prescrizione del diritto di accettare debba essere eccepita da una parte interessata e non possa essere rilevata d’ufficio. Un chiamato potrebbe accettare l’eredità anche dopo i dieci anni, e tale accettazione sarebbe valida se nessuno degli altri interessati sollevasse tempestivamente l’eccezione di prescrizione.

Il Tribunale ha quindi concluso che la ricorrente non ha fornito la prova necessaria, limitandosi a una constatazione negativa (l’assenza di trascrizioni) senza svolgere un’indagine approfondita sull’effettiva assenza di successibili che avessero accettato l’eredità.

Le Conclusioni

La sentenza del Tribunale di Venezia è un importante monito per i creditori: la devoluzione eredità allo Stato è un’ipotesi residuale e non uno strumento per aggirare le complessità della ricerca degli eredi. Il creditore che intende agire in questo senso ha un preciso onere probatorio: deve dimostrare in modo rigoroso l’assenza totale di eredi accettanti. Non può limitarsi a un’attesa passiva, ma deve, se necessario, attivarsi per sollecitare i chiamati a esprimersi, ad esempio tramite l’actio interrogatoria prevista dall’art. 481 c.c. In assenza di tale prova, la domanda è destinata al fallimento, poiché lo Stato interviene come erede solo in ultima istanza, per assicurare la continuità dei rapporti giuridici facenti capo al defunto e non per risolvere le difficoltà dei creditori.

Dopo dieci anni dalla morte di una persona, la sua eredità passa automaticamente allo Stato se nessuno l’ha reclamata?
No, il semplice decorso del termine decennale di prescrizione per accettare l’eredità non è sufficiente a determinarne la devoluzione automatica allo Stato. È necessario fornire la prova positiva che non vi siano eredi che abbiano accettato, anche tacitamente, entro quel periodo.

Cosa deve dimostrare un creditore per ottenere la devoluzione di un’eredità allo Stato?
Il creditore deve provare in modo rigoroso il cosiddetto ‘stato di vacanza’ dell’eredità. Ciò significa dimostrare l’assenza di chiamati all’eredità fino al sesto grado, o che tutti i possibili eredi abbiano rinunciato o perso il diritto di accettare. La sola mancanza di un’accettazione trascritta nei registri immobiliari non costituisce prova sufficiente.

L’esistenza di figli del defunto impedisce la devoluzione dell’eredità allo Stato?
Sì, a meno che non si dimostri che tali figli (e i loro discendenti) abbiano formalmente rinunciato all’eredità o non l’abbiano accettata, neppure tacitamente, nel termine di prescrizione decennale. La loro semplice esistenza rende molto più difficile per il creditore provare lo stato di vacanza dell’eredità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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