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Denuncia vizi: il messaggio è una prova valida?

Una società produttrice di cosmetici ha perso un appello contro una società acquirente. La controversia riguardava una fornitura di prodotti risultati contaminati. La Corte ha stabilito che la denuncia vizi della cosa venduta, effettuata dall’acquirente tramite un semplice messaggio di testo, era valida e tempestiva. La decisione sottolinea che la prova dei difetti, fornita tramite analisi di un laboratorio terzo e testimonianze, era sufficiente per giustificare la revoca del decreto ingiuntivo di pagamento ottenuto dal produttore.

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Denuncia Vizi della Cosa Venduta: Basta un Messaggio per Far Valere i Propri Diritti?

Nell’ambito dei contratti di compravendita, soprattutto tra imprese, la gestione dei difetti della merce è un aspetto cruciale. Cosa succede quando i prodotti acquistati si rivelano non conformi? È sufficiente una comunicazione informale per avvisare il venditore? Una recente sentenza della Corte di Appello di Genova ha affrontato proprio questo tema, stabilendo che una denuncia vizi della cosa venduta effettuata tramite un semplice messaggio di testo può essere pienamente valida, a patto che sia tempestiva e chiara.

I Fatti di Causa

Una società specializzata nella produzione di cosmetici per conto terzi (in regime “full service”) aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro una società cliente per il mancato pagamento di una fornitura. La società cliente, a sua volta, si era opposta al decreto, sostenendo che i prodotti forniti (bagnoschiuma) fossero affetti da una grave contaminazione batterica.

Per dimostrare le proprie ragioni, l’acquirente aveva prodotto in giudizio le analisi di un laboratorio terzo, che confermavano la presenza di una carica batterica anomala. Il Tribunale di primo grado aveva dato ragione all’acquirente, revocando il decreto ingiuntivo. La motivazione principale si basava sulla natura del contratto “full service”, che attribuiva al produttore la responsabilità dell’intero ciclo produttivo, escludendo la possibilità di contaminazioni successive alla consegna. Insoddisfatto della decisione, il produttore ha proposto appello.

I Motivi dell’Appello e la questione della denuncia vizi

L’appellante (il produttore) ha basato il proprio ricorso su diversi motivi, tra cui:

1. Violazione del principio del chiesto e pronunciato (ultra petita): il giudice di primo grado avrebbe revocato l’intero decreto ingiuntivo, andando oltre le richieste dell’acquirente.
2. Mancanza di prova dei difetti: le analisi del laboratorio privato non sarebbero state una prova sufficiente.
3. Decadenza dalla garanzia: questo è il punto centrale. Il produttore sosteneva che la denuncia vizi della cosa venduta da parte dell’acquirente fosse tardiva e inefficace. Secondo l’art. 1495 c.c., l’acquirente decade dal diritto alla garanzia se non denuncia i vizi al venditore entro otto giorni dalla scoperta. L’appellante riteneva che un messaggio di testo generico non potesse costituire una denuncia valida.

La Decisione della Corte d’Appello

La Corte di Appello di Genova ha rigettato integralmente l’appello, confermando la sentenza di primo grado. La Corte ha smontato uno per uno i motivi del ricorso, fornendo importanti chiarimenti sulla validità delle comunicazioni informali e sull’onere della prova.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto infondati tutti i motivi di appello con argomentazioni precise.

In primo luogo, ha escluso la violazione del principio ultra petita, rilevando che l’acquirente aveva chiesto la revoca del decreto e la restituzione delle somme, domanda che il primo giudice aveva accolto.

Sul punto cruciale della denuncia vizi della cosa venduta, la Corte ha stabilito che la comunicazione via messaggio dell’8 maggio era sia tempestiva che idonea. La tempestività è stata valutata non dalla semplice segnalazione dei clienti, ma dal momento in cui l’acquirente ha avuto ‘certezza obiettiva e completa’ del vizio, ovvero dopo aver ricevuto i risultati delle analisi di laboratorio. Il termine di otto giorni, quindi, decorre da tale momento. Per quanto riguarda l’idoneità, la Corte ha sottolineato che la denuncia non richiede forme solenni. Un messaggio di testo è sufficiente se, come nel caso di specie, il suo contenuto (richiesta di analisi su tutti i lotti per segnalazioni di reazioni allergiche) e la risposta del venditore (che si dichiara ‘curioso di esaminare queste presunte contestazioni’) dimostrano che il messaggio è stato ricevuto e compreso come una contestazione sulla qualità della merce.

Infine, riguardo all’onere della prova, la Corte ha confermato che l’acquirente lo aveva pienamente assolto. Le analisi di un laboratorio terzo, corroborate dalla testimonianza del responsabile del laboratorio stesso, sono state ritenute prove sufficienti. La Corte ha criticato l’inerzia del produttore, il quale, pur contestando le analisi, non si era mai attivato per effettuare una controanalisi né aveva richiesto una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU), indebolendo così la propria posizione difensiva.

Le Conclusioni

Questa sentenza offre due importanti lezioni pratiche per le imprese. La prima è che la tecnologia ha cambiato le regole della comunicazione commerciale: un messaggio di testo, un’email o un messaggio su una piattaforma di messaggistica istantanea possono avere pieno valore legale come denuncia vizi della cosa venduta. L’importante è che la comunicazione sia chiara, inequivocabile e inviata entro i termini di legge. La seconda lezione riguarda la gestione delle contestazioni: rimanere passivi di fronte a un’accusa di fornitura difettosa, senza attivarsi per verificare o controbattere con dati oggettivi, è una strategia processuale rischiosa che può portare alla soccombenza.

Un messaggio di testo (SMS) può essere considerato una valida denuncia vizi della cosa venduta?
Sì. La Corte d’Appello ha confermato che la denuncia dei vizi non richiede forme solenni. Un messaggio è considerato valido se il suo contenuto è sufficientemente chiaro da informare il venditore del problema e se viene inviato tempestivamente, come dimostrato nel caso di specie.

Da quale momento decorre il termine di 8 giorni per denunciare un vizio nascosto?
Il termine di otto giorni previsto dall’art. 1495 c.c. non decorre dal semplice sospetto, ma dal momento in cui l’acquirente acquisisce la ‘certezza obiettiva e completa’ del vizio. Questo momento può coincidere, ad esempio, con la ricezione dei risultati di analisi tecniche o di laboratorio che confermano il difetto.

Chi deve provare l’esistenza dei difetti di un prodotto?
L’onere di provare l’esistenza dei vizi grava sull’acquirente che intende avvalersi della garanzia (ad esempio, per chiedere la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto). In questa sentenza, l’acquirente ha assolto a tale onere producendo i report di un laboratorio terzo e le relative testimonianze, prove ritenute sufficienti dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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