Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4300 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4300 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19045/2020 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
e contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
DELLE MILIZIE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
nonché contro
COGNOME NOME, TERRACINA DELIA, COGNOME BRUNO, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresentano e difendono; -controricorrenti-
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata- e sul ricorso incidentale proposto da:
COGNOME NOME, TERRACINA DELIA, COGNOME BRUNO, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresentano e difendono; -ricorrenti incidentali-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente al ricorso incidentalee contro
NOME, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che
la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente al ricorso incidentalee nei confronti di
COGNOME NOME; RAGIONE_SOCIALE;
-intimati- e sul ricorso incidentale proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo Studio dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-ricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-controricorrente al ricorso incidentale-
nonché contro
NOME COGNOME, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente al ricorso incidentale- e nei confronti di
COGNOME NOME, TERRACINA DELIA, COGNOME BRUNO, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
–
e sul ricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende;
-ricorrente incidentale-
contro
NOME COGNOME, in persona del suo rappresentante legale, NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente al ricorso incidentale-
e contro
COGNOME NOME, TERRACINA DELIA, COGNOME BRUNO, COGNOME NOME, COGNOME NOME, tutti elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio degli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresentano e difendono;
-controricorrenti al ricorso incidentale-
e contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo Studio dall’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente al ricorso incidentalee nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE;
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 736/2020 depositata il 30/01/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato in fatto che:
la società RAGIONE_SOCIALE, utilizzatrice dell’immobile sito in Roma, INDIRIZZO, conveniva, dinanzi al Tribunale di Roma, NOME COGNOME.E.I.E. che aveva venduto l’immobile, poi concessole in leasing , alla RAGIONE_SOCIALE, oggi RAGIONE_SOCIALE, per: i) accertare l’esistenza di vizi sul bene, consistenti in lesioni sulle murature e sui solai, che necessitavano di lavori di consolidamento strutturale; ii) accertare la diminuzione di valore dello stesso; iii) quantificare i costi di ripristino; iii) condannare la convenuta al risarcimento del danno;
RAGIONE_SOCIALE chiedeva l’autorizzazione a chiamare in giudizio i suoi danti causa – NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME – e nel merito domandava che fosse accertato il difetto di legittimazione attiva dell’attrice che, essendo mera utilizzatrice del bene oggetto di leasing , avrebbe potuto agire solo nei confronti della società concedente e non del fornitore; deduceva, in aggiunta, l’insussistenza dei vizi lamentati e la non imputabilità a sé dei medesimi;
NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME, costituitisi in giudizio, contestavano la domanda di manleva e chiedevano il rigetto di quella attorea, attribuendo la causa delle fessurazioni, definite non strutturali, alle opere poste in essere dalla società RAGIONE_SOCIALE e, in via gradata, domandavano che il danno fosse liquidato in euro 10.000,00, coma da relazione tecnica di parte;
il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 16748/2016, rigettava la domanda, rilevando il difetto di legittimazione della società attrice, perché essa per agire nei confronti del fornitore, come previsto dall’art. 3 del contratto di leasing , avrebbe dovuto chiedere ed ottenere l’autorizzazione alla società concedente;
la Corte d’appello di Roma, con la sentenza n. 736/2020 depositata il 30/01/2020, ha accolto l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE e, per l’effetto, ha condannato RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni, liquidandoli in euro 299.165,25, ha ritenuto NOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME nonché NOME COGNOME tenuti in solido a manlevare la RAGIONE_SOCIALE;
in particolare, per quanto ancora rileva, la Corte d’appello:
ha riformato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva escluso la legittimazione ad agire della società utilizzatrice nei confronti della venditrice/fornitrice del bene, facendo applicazione della pronuncia delle Sezioni Unite n. 19785/2015 che ha riconosciuto che la sussistenza di un collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di vendita legittima l’utilizzatore ad agire direttamente nei confronti del venditore, eccetto che per domandare la risoluzione del contratto di vendita e la riduzione del prezzo, se non in presenza di una specifica clausola contrattuale che gli abbia trasferito la posizione sostanziale del concedente/acquirente;
b) ha ravvisato la ricorrenza di due clausole che avevano attribuito all’utilizzatrice la facoltà di agire direttamente nei confronti della società venditrice: l’una, contenuta nel contratto di vendita tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE (Art. 3) -stipulato con l’intervento della società RAGIONE_SOCIALE che dichiarava di approvarne tutte le pattuizioni – con cui era stato previsto che la società utilizzatrice avrebbe potuto rivolgersi direttamente alla società venditrice ‘per qualsivoglia reclamo o pretesa relativo all’immobile oggetto della presente compravendita’, previa comunicazione scritta alla società
acquirente e relativa autorizzazione da parte di quest’ultima e che, a tal fine, la società venditrice riconosceva che il termine per la denuncia dei vizi di cui all’art. 1495 cod.civ. sarebbe stato, nei confronti dell’acquirente e dell’utilizzatore, di 30 giorni a decorrere da quello della scoperta (p. 5 della sentenza); l’altra era quella prevista dall’art. 14 del contratto di leasing , con la quale si riconosceva all’utilizzatrice la facoltà di avanzare direttamente verso il venditore e/o terzi eccezioni, riserve e denunce nonché di proporre azioni e reclami e si stabiliva che il concedente si sarebbe attivato affinché il venditore estendesse all’utilizzatore le garanzie e le azioni ad esso spettanti quali committente;
ha risolto l’apparente conflitto tra tali due clausole, ritenendo necessario, per valutare il contenuto delle facoltà spettanti all’utilizzatrice, avere riguardo per l’art. 14 del contratto di leasing , perché il contratto di compravendita aveva previsto la partecipazione della società RAGIONE_SOCIALE, al solo scopo di ‘avvalorare il collegamento negoziale con il contratto di leasing ‘;
ha rilevato che solo l’art. 3 del contratto di compravendita richiedeva l’autorizzazione della società concedente;
ha accolto l’appello avverso la statuizione del giudice di prime cure che aveva ritenuto i vizi denunciati facilmente riconoscibili e la necessità di interventi di risanamento percepibile, dato lo stato di vetustà dell’immobile, affermando che l’esclusione della garanzia per i vizi facilmente riconoscibili è espressione del principio di autoresponsabilità dell’acquirente e consegue all’inosservanza da parte sua di un onere di diligenza in ordine alla rilevazione di vizi facilmente percepibili senza ricorrere all’opera di esperti o l’effettuazione di specifiche indagini; perciò, nel caso in esame, dato che i vizi denunciati attenevano alla struttura muraria del bene, come emergeva dalla perizia dell’ing. COGNOME, non erano facilmente percepibili e, in aggiunta, erano occultati dalla controsoffittatura; ha escluso quindi che dovesse applicarsi l’art.
1491 cod.civ., diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale, e ha considerato tempestiva la denuncia dei vizi del 19/11/2020, perché avvenuta entro il termine di trenta giorni previsto dal contratto;
f) ha reputato ampiamente documentata sia la sussistenza dei vizi denunciati sia l’entità dei costi necessari per la loro eliminazione (euro 85.151,00), considerando, in virtù di un apprezzamento discrezionale, la perizia dell’ingAVV_NOTAIO NOME convincente e supportata da innumerevoli riscontri e, per contro, non condivisibili le argomentazioni difensive dell’appellante;
g) ha ritenuto che la società venditrice dovesse farsi carico del risarcimento dei danni, indipendentemente dalla conoscenza che avesse avuto degli stessi: a carico del venditore l’art. 1495 cod.civ. pone una presunzione di responsabilità per la conoscenza dei vizi, non superata nel caso di specie, perché, benché la RAGIONE_SOCIALE avesse acquistato e rivenduto l’immobile nella stessa giornata, non poteva andare esente da responsabilità, non apparendo credibile che non avesse visionato l’immobile prima dell’acquisto e che lo avesse pagato euro 1.670.000,00 solo sulla base di documenti, a maggior ragione in considerazione del fatto che il suo core business consisteva nella compravendita di immobili;
h) ha riconosciuto a favore della società RAGIONE_SOCIALE anche il diritto al risarcimento del danno da mancata locazione, ritenendo fatto notorio che nel mercato immobiliare delle locazioni si registrava una elevata richiesta di immobili ad uso commerciale nel centro di Roma, ‘per cui non vi è necessità di una specifica prova in ordine alla facilità di concludere contratti di locazione di immobili di prego’; di talché, considerando che la utilizzatrice avrebbe potuto locare il bene fin dal dicembre 2010 e che per causa dei lavori di stabilizzazione dell’immobile riuscì, invece, a locarlo, al canone mensile di euro 8.500,00 più IVA, solo nell’aprile 2012, ha riconosciuto alla società RAGIONE_SOCIALE a titolo di risarcimento del danno da
mancata locazione l’importo di euro 165.000,00 (11.000,00 per 15 mesi), al netto di rivalutazione e interessi;
ha accolto la domanda di manleva della società RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei suoi danti causa, ritenendo non superata da parte di questi ultimi la presunzione di conoscenza dei vizi;
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza formulando tre motivi, resistono e propongono ricorso incidentale NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali a tale scopo formulano sette motivi (ad esso resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE. e la società RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOME, il cui ricorso incidentale si basa su otto motivi (cui resistono con controricorso RAGIONE_SOCIALE.E. e la società RAGIONE_SOCIALE) e la società RAGIONE_SOCIALE che articola due motivi (resistono con controricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE);
RAGIONE_SOCIALE, rimasta contumace anche nelle fasi di merito, non ha svolto attività difensiva in questa sede;
la trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.;
hanno depositato memoria NOME COGNOME, la società RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Considerato in diritto che:
Ricorso principale di NOME G.E.I.E.
con il primo motivo sono dedotte la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1490 e 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
secondo parte ricorrente, la Corte d’appello avrebbe ritenuto dimostrata la sussistenza di danni all’immobile sulla scorta della perizia di controparte e delle fatture relative alle opere eseguite,
ma non avrebbe accertato il momento in cui le fessurazioni denunciate si erano verificate né individuato la causa delle stesse; cioè non avrebbe appurato qual era la condizione dell’immobile al momento della vendita e, di conseguenza, se i danni all’immobile fossero stati o meno causati dai lavori di rifacimento del solaio del primo piano programmati dalla società utilizzatrice, incorrendo nella violazione dell’art. 2697 cod.civ., per il quale il compratore ha l’onere di offrire la prova della esistenza dei vizi là dove intenda esercitare le azioni di risoluzione del contratto o di riduzione del prezzo;
il motivo non ha pregio;
se la censura deve essere ricondotta, come indica la società ricorrente, alla violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ., deve dichiararsene l’inammissibilità, posto che non è stato individuato il fatto storico asseritamente omesso che, se esaminato, avrebbe determinato una decisione diversa;
se invece il vizio denunciato è stato solo per errore ricondotto alla categoria giuridica del vizio di omesso esame e quindi se correggendo detto errore di sussunzione si intenda ritenere denunciata la ricorrenza di un error in iudicando, la censura formulata risulterebbe parimenti inaccoglibile, perché, secondo il costante indirizzo di questa Corte, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge, di cui all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto dell’art. 366, 1° comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena d’inammissibilità, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (Cass., Sez . Un., 05/05/2006 n.
10313);
è opportuno aggiungere che un motivo denunciante la violazione dell’art. 2697 cod.civ. si configura effettivamente e, dunque, dev’essere scrutinato come tale solo se in esso risulti dedotto che il giudice di merito abbia applicato la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costitutivi ed eccezioni; viceversa, allorquando il motivo risulti argomentato solo con la postulazione (erronea) che la valutazione delle risultanze probatorie abbia condotto ad un esito non corretto, il motivo è inammissibile come motivo in iure e si risolve in un surrettizio tentativo di postulare il controllo della valutazione delle prove (Cass. , Sez. Un ., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054 ; Cass., Sez. Un. 5/08/2016, n. 16598 e già Cass. 10/06/2016, n. 11892);
con il secondo motivo alla Corte d’appello si imputa la violazione degli artt. 1491 e 1494 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
la Corte d’appello sarebbe incorsa in contraddizione, giacché avrebbe, dapprima, negato la riconoscibilità dei vizi dell’immobile, senza l’indagine tecnica di un professionista e, poi, avrebbe ritenuto non superata la presunzione di conoscenza dei vizi da parte del venditore, sostenendo che non fosse credibile che il venditore avesse concluso la vendita solo sulla base di documenti, a maggior ragione considerando che svolgeva professionalmente l’attività di commercio di immobili e che quindi non poteva non scegliere i beni da acquistare accuratamente, dopo aver accertato le loro condizioni anche allo scopo di verificare la congruità del prezzo; in sostanza, per un verso, la Corte territoriale avrebbe ritenuto la venditrice responsabile perché i vizi erano visibili e facilmente riconoscibili con l’uso della ordinaria diligenza e,
dall’altro, avrebbe escluso la responsabilità della società RAGIONE_SOCIALE, considerando gli stessi vizi non visibili e conoscibili;
il motivo è infondato;
la Corte d’appello, dopo avere escluso l’applicabilità dell’art. 1491 cod.civ., perché i vizi denunciati non erano facilmente riconoscibili, ha condannato la venditrice al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 1494 cod.civ.; così statuendo non è incorsa in alcuna contraddizione, al contrario, ha fatto corretta applicazione della disciplina della garanzia dei vizi della vendita e della giurisprudenza di questa Corte sul punto, per la quale, in tema di vendita, la riconoscibilità del vizio, rendendo non dovuta la relativa garanzia, esclude che l’acquirente possa ottenere sia la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto, sia il risarcimento dei danni che l’art. 1494 cod. civ. gli attribuisce;
solo quando l’obbligazione di garanzia non sia sorta, come nei casi di esclusione convenzionale (art. 1490 cod. civ.) o di conoscenza o facile riconoscibilità dei vizi da parte del compratore (art. 1491 cod. civ.), non è configurabile alcun inadempimento a carico del venditore, sanzionabile con il risarcimento dei danni (Cass. 15/04/2004, n. 7147; Cass. 01/12/2000, n. 15395);
essendo sorta l’obbligazione di garanzia (perché l’acquirente non era nella condizione di riconoscere i vizi), il venditore è stato giudicato obbligato, ex art. 1494 cod.civ., al risarcimento di tutti i danni subiti dal compratore, non solo quindi di quelli relativi alle spese necessarie per l’eliminazione dei vizi accertati, ma anche di quelli inerenti alla mancata o parziale utilizzazione della cosa o al lucro cessante, non avendo vinto la presunzione di colpa posta a suo carico; per agevolare il compratore il codificatore ha interamente spostato l’onere probatorio sull’alienante, al quale non basta per vincere la presunzione dimostrare di non aver conosciuto i vizi, occorrendo che egli dimostri di avere ignorato senza colpa i vizi del bene alienato;
la censura che il ricorrente muove alla sentenza impugnata è, in tutta evidenza, fondata su una premessa in iure errata, cioè che il fatto che i vizi non fossero facilmente riconoscibili, ai sensi e per gi effetti di cui all’art. 1491 cod.civ., potesse andare a vantaggio del compratore;
con il terzo ed ultimo motivo parte ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
la Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato il principio di soccombenza, avendola condannata al pagamento delle spese di lite della terza chiamata, in violazione del principio secondo cui in caso di soccombenza del chiamato in garanzia questi è tenuto a sopportare le spese sostenute dal garantito per resistere alle domande formulate contro di lui dall’attore, in quanto l’attività difensiva svolta dallo stesso è resa necessaria da un fatto addebitabile al chiamato in garanzia che ha dato causa alla lite (Cass. n. 2819/1964; Cass. n. 42/1970);
il motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e dal terzo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME (su cui cfr. infra ).
Ricorso incidentale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME
4) Con il primo motivo è denunciata la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., per non avere la Corte territoriale, limitatasi ad accogliere la domanda di manleva formulata nei loro confronti, ritenendo che non avessero superato la presunzione di conoscenza dei vizi, deciso sulle domande con cui avevano chiesto di dichiarare nulla la chiamata di terzo, inammissibile e infondata la domanda di manleva, di contenere la condanna nei limiti di euro 10.000,00;
il motivo non merita accoglimento;
il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione e argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito; ne consegue che il vizio di omessa pronuncia -configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto – non ricorre nel caso in cui, benché manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto (Cass. 28/07/2023, n.23100); esaminando ed accogliendo la domanda di manleva la Corte d’Appello ha dimostrato di avere implicitamente rigettato le pretese fatte valere dagli odierni ricorrenti;
5) con il secondo motivo i ricorrenti adducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 1495 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
la Corte territoriale ha ritenuto tempestiva la denuncia dei vizi da parte della società utilizzatrice, perché intervenuta nei termini (30 giorni) di cui al contratto; ma quel termine pattizio, previsto in deroga alla disciplina di diritto comune, non avrebbe potuto esser fatto valere nei confronti dei terzi -estranei al contratto -pertanto, nei loro confronti la denuncia dei vizi avrebbe dovuto essere considerata tardiva;
il motivo è fondato;
dalla impugnata sentenza si evince che la Corte d’appello ha ritenuto efficace e tempestiva la denuncia dei vizi, fatta attraverso la comunicazione che società RAGIONE_SOCIALE aveva inviato alla NOME
RAGIONE_SOCIALE ed agli odierni ricorrenti, danti causa di quest’ultima, il 19 novembre 2010, a meno di un mese dalla stipulazione del contratto di vendita concluso il 27 ottobre 2010, nei termini in deroga all’art. 1495 cod.civ. previsti pattiziamente (p. 8 della sentenza);
la Corte d’Appello ha evidentemente ritenuto che quella denuncia avesse prodotto gli effetti di cui all’art. 1495 cod.civ. ‘anche’ nei confronti degli odierni ricorrenti e implicitamente che avesse esonerato la RAGIONE_SOCIALE dal denunciare, a sua volta, i vizi ai suoi danti causa, ma così non è;
l’esonero dalla denunzia è, infatti, espressione del principio generale sancito nell’art. 2966 cod.civ. secondo cui, in materia di diritti disponibili, la decadenza è impedita dal riconoscimento proveniente dalla parte contro cui il diritto si deve far valere ed è certo che il riconoscimento del diritto altrui non è, in tal caso, attuato dalla semplice conoscenza che l’obbligato ne abbia, ma deve consistere, se non in una manifestazione di volontà, comunque in una manifestazione di verità o di scienza relativa alla sussistenza di un fatto produttivo di conseguenze giuridiche negative per il dichiarante. In conseguenza, il comportamento di un terzo, rimasto del tutto estraneo al rapporto contrattuale tra venditore e compratore non può rilevare a tal fine (da ultimo, in tal senso, cfr. Cass. 23/08/2023, n.25114);
il fatto che la denuncia dei vizi sia stata fatta dalla società RAGIONE_SOCIALE agli odierni ricorrenti è sufficiente per accogliere il motivo; motivo che è fondato anche perché la Corte d’appello ha ritenuto tempestiva la denuncia dei vizi effettuata nel termine previsto in deroga a quello di cui al codice civile attraverso un contratto -quello tra la società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE -al quale i ricorrenti erano estranei e che quindi non poteva esser fatto valere nei loro confronti;
6) con il terzo motivo i ricorrenti si dolgono che la Corte d’appello abbia omesso l’esame di un fatto decisivo per giudizio, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
in particolare, il giudice a quo avrebbe omesso di esaminare la perizia tecnica giurata depositata in primo grado, quella dell’architetto COGNOME, che aveva accertato la presenza di pali posti a sostegno del solaio, giustificati dalla sua flessione provocata dalla rimozione del solaio originario e dalla sostituzione dello stesso con uno di diverso materiale, che detti pali di sostegno avevano stabilizzato la struttura, che non vi era il rischio di una progressione della destabilizzazione, che le riparazioni per le fessurazioni erano da quantificare tra euro 2.287,36 ed euro 3.872,64;
7) con il quarto motivo i ricorrenti si dolgono della violazione e falsa applicazione dell’art. 1491 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., e dell’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
la Corte d’appello avrebbe omesso di tener conto del fatto che l’acquirente aveva dichiarato di avere accertato direttamente lo stato di fatto e di diritto dell’immobile, senza sollevare eccezione alcuna;
8) con il quinto motivo sono denunciate la violazione e falsa applicazione delle norme che presiedono all’interpretazione del contratto, ex art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.;
secondo la Corte d’appello la previa comunicazione alla società concedente e la autorizzazione della stessa necessarie per far valere i vizi della cosa nei confronti del proprietario/fornitore sarebbero condizioni previste solo dall’art. 3 del contratto di compravendita intercorso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e non anche dall’art. 14 del contratto di leasing , nel quale era riconosciuta all’utilizzatrice la facoltà di avanzare direttamente verso il venditore e/o terzi eccezioni, riserve e denunce; nel
conflitto tra dette due previsioni pattizie, la Corte d’Appello ha ritenuto che dovesse prevalere l’art. 14 del contratto di leasing , ma sarebbe giunta a tale conclusione per effetto di una erronea interpretazione della volontà negoziale, frutto, in particolare, di una mancata considerazione del comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto; la società RAGIONE_SOCIALE aveva infatti rivendicato la tempestività della denuncia dei vizi proprio invocando la deroga contenuta nell’art. 3 del contratto di vendita che la legittimava ad effettuare la denuncia entro 30 giorni, anziché otto; detto termine più lungo rispetto a quello previsto dal diritto comune dei contratti -art. 1495 cod.civ. -si giustificava solo in ragione della necessità di acquisire l’autorizzazione del concedente, pertanto il conflitto tra le due previsioni, l’art. 3 del contratto di vendita, e l’art. 14 del contratto di leasing ,avrebbe dovuto essere risolto attribuendo prevalenza all’art. 3 del contratto di vendita; di conseguenza, la domanda avrebbe dovuto essere dichiarata inammissibile per difetto di una condizione dell’azione, come aveva rilevato il Tribunale;
6) con il sesto motivo i ricorrenti denunciano la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1126, 2043, 2056 cod.civ. e degli artt. 115 cod.proc.civ. e 2697 cod.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., e lamentano l’omessa valutazione di un fatto decisivo nonché la ricorrenza di motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
la Corte d’Appello avrebbe liquidato alla società RAGIONE_SOCIALE l’importo di euro 165.000,00 per non aver potuto locare l’immobile per quindici mesi senza pretendere la prova del danno da mancata locazione, limitandosi a ritenere che costituisce un fatto notorio che c’è un grande interesse per la locazione di immobili di pregio, quale quello per cui è causa, nel centro di Roma; non avrebbe, però, considerato che la società utilizzatrice aveva comunque
programmato di eseguire dei lavori all’interno dell’immobile, iniziati effettivamente nel novembre del 2010, e non avrebbe richiesto una CTU al fine di accertare se i lavori che avevano impedito di locare l’immobile fossero da porsi in relazione e in che misura con i danni riscontrati nell’immobile;
10) con il settimo motivo i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056 cod.civ. e del dpr n. 633/1972, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ. nonché la motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
alla Corte d’appello si imputa di aver applicato l’Iva al risarcimento del danno accordato alla società RAGIONE_SOCIALE, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità secondo cui il risarcimento comprende anche l’Iva, a meno che il danneggiato per l’attività svolta non abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell’Iva versata;
l’accoglimento del secondo motivo determina l’assorbimento dei motivi dal terzo al settimo.
Ricorso incidentale di NOME COGNOME
12) Con il primo motivo è dedotta la violazione del principio del contraddittorio, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., perché la Corte d’appello all’udienza del 21 settembre 2017 aveva rinviato la causa all’udienza del 6 giugno 2019 per la precisazione delle conclusioni; la udienza del 21 settembre 2017 era stata ulteriormente differita al 30 gennaio 2020 e pochi giorni prima del suo svolgimento era stato comunicato che la causa sarebbe stata discussa oralmente;
sicché, in violazione degli artt. 281 e 281 sexies cod.proc.civ., il giudice d’appello non avrebbe tenuto conto delle istanze istruttorie formulate, non avrebbe consentito lo svolgimento dell’udienza di precisazione delle conclusioni e avrebbe fissato l’udienza di
trattazione orale con un preavviso così breve da non permettere la preparazione di una adeguata difesa;
il motivo non merita accoglimento;
costituisce ius receptum che la parte che alleghi la nullità della sentenza per vizio radicale del procedimento è tenuta a dimostrare che da tale vizio sia conseguita in concreto una lesione del suo diritto di difesa, allegando il pregiudizio che gli sia derivato, essendo altrimenti il gravame inammissibile per difetto di interesse; ciò in quanto non è dato configurare un generico e astratto diritto di difesa, necessitando -invece -la prospettazione, a fondamento dell’impugnazione, delle ragioni per le quali la dedotta lesione di detto diritto abbia comportato l’ingiustizia del processo, causato dalla impossibilità di difendersi a tutela di quei diritti o di quelle posizioni giuridicamente protette (Cass. 16/09/2022, n.27324);
13) il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.;
la Corte d’Appello non si sarebbe pronunciata né sulla posizione dei terzi chiamati né sulle loro domande, limitandosi a ritenere che i danti causa della RAGIONE_SOCIALE non avessero superato la presunzione di conoscenza dei vizi;
il motivo ha un contenuto analogo al primo motivo del ricorso incidentale di NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME e NOME COGNOME e ne condivide le sorti (cfr. supra );
14) con il terzo motivo sono denunciate la violazione e falsa applicazione delle norme che presiedono all’interpretazione dei contratti, perché il giudice a quo avrebbe ritenuto applicabile l’art. 14 del contratto di leasing e non l’art. 3 del contratto di vendita intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, al fine di considerare tempestiva la denuncia dei vizi;
il motivo merita accoglimento;
come già osservato scrutinando il secondo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’Appello è incorsa in un duplice errore ritenendo sufficiente e tempestiva la denuncia dei vizi che la società RAGIONE_SOCIALE aveva indirizzato a loro e alla RAGIONE_SOCIALE: quello di aver considerato idonea la denuncia dei vizi effettuata dalla società RAGIONE_SOCIALE e quella di averla considerata tempestiva, applicando una deroga al termine di cui all’art. 1495 cod.civ. convenuta da terzi (la società RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, cui aveva partecipato la società RAGIONE_SOCIALE);
15) con il quarto motivo i ricorrenti lamentano l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, costituito dalla perizia dell’architetto COGNOME, ed avrebbe fondato la sua decisione sulla perizia dell’ing. COGNOME espletata nell’interesse della società RAGIONE_SOCIALE, senza in alcun modo motivare perché vi avesse prestato adesione;
16) con il quinto motivo il ricorrente si duole della falsa applicazione e violazione degli artt. 1491 e 1495 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e della ricorrenza di una motivazione incomprensibile, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
pur avendo provato documentalmente, attraverso il contratto preliminare e in particolare gli artt. 2 e 4, che la RAGIONE_SOCIALE conosceva lo stato dell’immobile e lo aveva visionato, che l’immobile era vetusto, che vi erano delle lesioni in aree perfettamente visibili, la Corte d’appello ha ritenuto il vizio non facilmente riconoscibile, non ha applicato l’art. 1491 cod.civ. ed ha ritenuto non superata la presunzione di conoscenza dei vizi da parte del venditore;
17) con il settimo motivo il ricorrente adduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 2043, 2056 cod.civ., dell’art. 115
cod.proc.civ. e dell’art. 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché l’omesso esame di un fatto decisivo, il vizio di motivazione apparente, perplessa e obiettivamente incomprensibile, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.;
la tesi sostenuta è che la Corte d’appello abbia riconosciuto e liquidato a favore della società RAGIONE_SOCIALE il danno da mancata locazione, in assenza di prova, e ciò in contrasto con la giurisprudenza di legittimità che non ammette danni in re ipsa ; aggiunge che non avrebbe tenuto conto del fatto che la società RAGIONE_SOCIALE aveva comunque programmato di eseguire una ristrutturazione dell’immobile, non ne avrebbe valutato l’incidenza causale sul danno, anche attraverso una CTU che avrebbe potuto accertare non solo la natura delle lesioni, ma anche la riconducibilità dei lavori effettuati alla sola rimozione dei vizi strutturali lamentati;
18) con l’ottavo motivo il ricorrente ascrive alla Corte d’appello la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1226 e 2056 cod.civ. nonché del dpr n. 633/1972, in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché motivazione apparente, perplessa e obbiettivamente incomprensibile, ex art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ.
19) i motivi dal terzo all’ottavo sono assorbiti.
Ricorso incidentale di RAGIONE_SOCIALE
20) Con il primo motivo la società ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., non avendo la Corte d’Appello statuito sulla domanda di condanna degli appellati alla restituzione delle somme corrisposte per le spese legali del primo grado di giudizio;
21) con il secondo motivo la società lamenta la violazione dell’art. 112 cod.proc.civ., ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., per non avere la Corte territoriale pronunciato sulla richiesta di condanna degli appellati al pagamento delle spese e dei compensi professionali del doppio grado di giudizio;
22) i motivi di ricorso sono assorbiti dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e dal terzo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME;
23) per le ragioni esposte vanno accolti il secondo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e il terzo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME; vanno dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso principale, va rigettato il secondo; va dichiarato assorbito il terzo; va dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, vanno dichiarati assorbiti i motivi dal terzo al settimo; va rigettato il primo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, va dichiarato inammissibile il secondo, va accolto il terzo, vanno dichiarati assorbiti i restanti; va dichiarato assorbito il ricorso incidentale della società RAGIONE_SOCIALE;
24) la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME e il terzo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME; dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo, dichiara assorbito il terzo;
dichiara inammissibile il primo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, dichiara assorbiti i motivi dal terzo al settimo; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale di NOME COGNOME, dichiara inammissibile il secondo, accoglie il terzo, dichiara assorbiti i restanti; dichiara assorbito il ricorso incidentale della società RAGIONE_SOCIALE.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che