Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 2018 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 2018 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 14864-2017 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore p.t. , rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, in persona del soco accomandatario, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del controricorso
– controricorrente- e contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME in virtù di procura speciale a margine del controricorso
-controricorrente, ricorrente incidentalee contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
avverso la sentenza n. 498/2017 della Corte di Appello di Napoli, pubblicata in data 3.2.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 13/6/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE, con contratto definitivo stipulato l’11.5.2011 , trasferì ad RAGIONE_SOCIALE ed a RAGIONE_SOCIALE, ciascuna per la quota del 50%, la proprietà di un appartamento e di un garage siti in Lucca per il prezzo di 165.000 euro, che le venne versato, su delegazione delle acquirenti, dalla loro debitrice, RAGIONE_SOCIALE, a sua volta creditrice di RAGIONE_SOCIALE per il medesimo importo. L ‘operazione comportò dunque la contestuale estinzione del debito della venditrice/delegataria, per compensazione con quello di pagamento del prezzo assunto dalla delegata, e del debito di quest’ultima verso le deleganti.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE, dichiarato il 20.7.2011, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE e F.lli COGNOME per sentir dichiarare l’inefficacia, ai sensi dell’art. 67, 1° comma, n.2 l. fall., della delegazione di pagamento nonché della compensazione volontaria intercorsa tra venditrice e delegata e per sentir in conseguenza condannare le società acquirenti a restituire al Fallimento la somma di € 165.000 e RAGIONE_SOCIALE al pagamento del credito, di pari ammontare, vantato dalla società fallita nei suoi confronti.
Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 06.11.2015, rigettò le domande proposte dal Fallimento contro RAGIONE_SOCIALE mentre accolse
quelle avanzate dall’attore contro RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e, dichiarata inefficace nei confronti della massa la delegazione di pagamento, in quanto atto estintivo anomalo dei debiti della società poi fallita verso le stesse, condannò ciascuna delle predette convenute a restituire all’attore la somma di euro 82.500.00.
L’ordinanza fu appellata in INDIRIZZO, con unico atto, da RAGIONE_SOCIALE e da F.NOME COGNOME e in via incidentale dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE
5. La Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 3.2.2017, ha dichiarato inammissibile, perché tardivo, il gravame incidentale di RAGIONE_SOCIALE ha invece accolto l’appello principale e, per l’effetto, ha dichiarato assorbito l’appello incidentale del Fallimento ed ha respinto le domande da questo avanzate nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e di F.lli COGNOME. A sostegno della decisione, per quanto ancora interessa, la corte del merito ha osservato: i) che la delegazione di pagamento costituisce mezzo anormale di pagamento dei debiti del fallito allorché quest’ultimo via abbia fatto ricorso (quando era ancora in bonis ) quale delegante, conferendo incarico al proprio debitore (delegato) di estinguere il suo debito nei confronti di un terzo suo creditore (delegatario), ii) che, viceversa, nel caso in esame ad impartire la delega erano state le società creditrici di RAGIONE_SOCIALE che aveva svolto le funzioni di delegata; iii) che pertanto i condivisibili principi giurisprudenziali richiamati dal primo giudice erano stati applicati in maniera impropria, in presenza di una situazione di fatto opposta rispetto a quella in relazione alla quale erano stati enunciati; iv) che anche sotto il profilo oggettivo la vicenda non risultava sussumibile nello schema dell’azione revocatoria proposta, dal momento che l’ordine rivolto da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE COGNOME alla società poi fallita, essendosi risolto nell’assegnazione ad RAGIONE_SOCIALE di un nuovo soggetto obbligato al pagamento del prezzo in loro vece, e dunque in una delegatio promittendi e non solvendi , aveva comportato l’estinzione
delle obbligazioni di RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle deleganti senza che vi fosse stato il pagamento di una somma di denaro; v) che l’estinzione era stata, invece, effetto dell’accettazione della delegazione da parte della società poi fallita e della conseguente compensazione legale inte rvenuta fra quest’ultima e la venditrice; vi) che era evidente che la funzione principale del contratto stipulato fra le parti era rappresentata dalla compravendita delle unità immobiliari oggetto di trasferimento da RAGIONE_SOCIALE ad RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE COGNOME, mentre la partecipazione di RAGIONE_SOCIALE al regolamento negoziale, peraltro già interamente pattuito col preliminare stipulato nel 2009, era stata determinata unicamente dalla circostanza che la società poi fallita fosse al contempo creditrice della prima e debitrice delle seconde; vii) che una volta escluso il carattere oggettivamente anomalo della delegazione di pagamento, veniva meno anche la presunzione di conoscenza dello stato di insolvenza che l’art. 67, 1° comma, l. fall. ricollega alla sussistenza di una delle fattispecie oggettive contemplate; viii) che infine, ai fini della revoca ai sensi dell’art. 67, II comma, l. fall., dell’operazione che aveva dato luogo all’estinzione del debito di RAGIONE_SOCIALE nei confronti delle deleganti e alla compensazione fra i reciproci debiti e crediti della stessa RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE, il Fallimento avrebbe dovuto fornire la prova della scientia decoctionis delle convenute/appellanti, che invece non era stata concretamente offerta, perché affidata alla mera relazione ex art. 33 l. fall. del curatore, nella quale si dava conto di circostanze non documentate o irrilevanti.
La sentenza, pubblicata il 3.2.2017, è stata impugnata dal RAGIONE_SOCIALE con ricorso per cassazione affidato a quattro motivi. RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con separati controricorsi, quest’ultima proponendo anche ricorso incidentale condizionato per due motivi, mentre RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Il Fallimento e NOME hanno depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, che denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 67 comma 1 n. 2 l. fall., il Fallimento sostiene che la sentenza impugnata non sarebbe assolutamente condivisibile perché il giudice d’appello avrebbe omesso di valutare c iò che emergeva chiaramente dagli atti, e cioè c he l’atto notarile di vendita era stato stipulato fra le tre società convenute non solo al fine di determinare gli effetti reali del trasferimento degli immobili, ma anche quale strumento per realizzare una funzione solutoria di reciproci debiti attraverso i meccanismi negoziali della delegazione di pagamento titolata e della compensazione: l’anormalità del pagamento doveva, dunque, essere individuata nella complessità del meccanismo satisfattorio posto in essere, estraneo alle comuni relazioni commerciali.
1.1. Il motivo è inammissibile sia perché rimprovera alla corte d’appello l’omesso esame non di un fatto, ma della tesi difensiva disattesa, sia perché non si confronta compiutamente con la ratio che sorregge la decisione impugnata, là dove la corte del merito ha escluso la revocabilità dell’atto perché non integrante una delegatio solvendi , ma una mera delegatio promittendi, che non aveva comportato il pagamento di una somma di denaro né da parte della fallita né da parte di terzi e in cui l’estinzione delle obbligazioni si era determinata per effetto dell’accettazione della delegazione di pagamento da parte della fallita, che aveva dato luogo ai presupposti per la compensazione legale: in sostanza, non risulta sottoposto ad alcuna critica l’a ssunto della corte d’appello secondo cui nella specie non si versava nella fattispecie di cui all’art. 67, 1° comma n. 2 l. fall, perch é non era stata utilizzata la provvista della società poi fallita, ma quella delle deleganti, mentre solo la concomitante posizione creditoria e debitoria di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE aveva consentito l’estinzione delle obbligazioni .
Con il secondo mezzo, che denuncia violazione e/o falsa applicazione, dell’art.67, 2° comma l.fall., il ricorrente lamenta il
rigetto della domanda svolta, ai sensi della norma predetta, in via di appello incidentale, deducendo che dagli allegati alla relazione ex art. 33 l. fall. del curatore emergevano chiaramente tutti gli indici rilevanti ai fini della prova della scientia decoctionis delle convenute (formalità trascritte, protesti, procedimenti monitori), al di là del fatto che la prova in questione era desumibile dalla stessa complessità dell’operazione negoziale utilizzata (anche) per estinguere il debito di RAGIONE_SOCIALE le due società acquirenti; aggiunge che la declaratoria di inefficacia della delegazione avrebbe necessariamente comportato il venir meno dei presupposti della compensazione.
2.1 Anche questo motivo è inammissibile, in quanto volto ad ottenere un nuovo apprezzamento dei fatti dedotti e della documentazione allegata dal Fallimento ai fini della prova della scientia decoctionis di COGNOME e F.NOME COGNOME, diverso da quello compiuto dalla corte del merito con accertamento, come noto, non sindacabile in sede di legittimità se non nei ristretti termini previsti dall’art. 360, 1° comma, n. 5 c.p.c. , così come costantemente interpretato da questa Corte a partire da Cass. SS.UU. n. 8053/2014.
Con il terzo motivo , che prospetta la violazione dell’art. 342 c.p.c. , il ricorrente si duole dell’errore compiuto dalla corte del merito per non aver rilevato la palese inammissibilità dell’atto di appello di RAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE
3.1 Il motivo è inammissibile , ai sensi dell’art. 366, 1° comma, nn. 4 e 6 c.p.c., in quanto non riporta minimamente il contenuto dell’atto di appello, che non è stato neanche allegato specificamente al ricorso.
Trova dunque applicazione la giurisprudenza consolidata di questa Corte, secondo cui ‘ il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione – che trova la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice di legittimità di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte – trova applicazione anche in relazione ai motivi di appello rispetto ai quali
siano contestati errori da parte del giudice di merito; ne discende che, ove il ricorrente denunci la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., conseguente alla mancata declaratoria di nullità dell’atto di appello per genericità dei motivi, deve riportare nel ricorso, nel loro impianto specifico, i predetti motivi formulati dalla controparte (cfr. da ultimo, fra molte, Cass. nn. 29495/2020, 24048/2021, 3612/2022).
4. Col quarto mezzo, che denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. , il ricorrente lamenta di essere stato condannato al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio anche in favore di RAGIONE_SOCIALE nonostante l’appello incidentale spiegato da detta società fosse stato dichiarato inammissibile.
4.1 La doglianza è inammissibile, perché il sindacato di questa Corte in tema di spese processuali, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, mentre nella specie non è dubbio che il Fallimento sia risultato soccombente nei confronti della società venditrice sia in primo che in secondo grado.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso principale consegue l’ assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e assorbito il ricorso incidentale; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in favore di ciascuna delle due controricorrenti in euro 5.000 per compensi e in euro 200 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% e ad Iva e cpa come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma il 13.6.2024