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Delegazione di pagamento: non revocabile se promittendi

La Corte di Cassazione ha stabilito che una complessa operazione di compravendita immobiliare, regolata tramite una delegazione di pagamento, non è soggetta ad azione revocatoria fallimentare. La Corte ha chiarito che, non trattandosi di un pagamento anomalo ma di una ‘delegatio promittendi’ che ha portato a una compensazione legale, l’atto non è inefficace nei confronti del fallimento. La decisione si basa sulla distinzione cruciale tra l’ordine di pagare e l’assunzione di un nuovo debito.

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Delegazione di pagamento e fallimento: la Cassazione fa chiarezza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un caso complesso riguardante la delegazione di pagamento nel contesto di un’azione revocatoria fallimentare. La pronuncia è fondamentale per comprendere quando un’operazione trilaterale di questo tipo possa essere considerata un mezzo di pagamento anomalo e, quindi, inefficace nei confronti della massa dei creditori. La vicenda offre spunti cruciali sulla differenza tra delegatio promittendi e delegatio solvendi e sulle loro conseguenze in ambito concorsuale.

I Fatti di Causa

La controversia nasce da una compravendita immobiliare. Una società venditrice cede un appartamento e un garage a due società acquirenti per un prezzo di 165.000 euro. Il pagamento non avviene direttamente, ma tramite un meccanismo più articolato: le acquirenti (deleganti) incaricano una terza società (delegata), loro debitrice, di saldare il prezzo alla venditrice. A sua volta, la società delegata era creditrice della venditrice per un importo identico. L’operazione ha quindi comportato la contestuale estinzione di tre rapporti obbligatori:
1. Il debito delle acquirenti verso la venditrice per il prezzo dell’immobile.
2. Il debito della società delegata verso le acquirenti.
3. Il debito della venditrice verso la società delegata.

Poco dopo, la società delegata viene dichiarata fallita. Il curatore fallimentare agisce in giudizio per far dichiarare l’inefficacia dell’intera operazione, sostenendo che la delegazione di pagamento e la conseguente compensazione costituissero un mezzo anomalo di estinzione dei debiti, revocabile ai sensi dell’art. 67 della Legge Fallimentare.

L’Iter Giudiziario

Il Tribunale di primo grado accoglie parzialmente la domanda del Fallimento, dichiarando inefficace la delegazione di pagamento nei confronti delle società acquirenti e condannandole a restituire la somma corrispondente. La Corte d’Appello, tuttavia, ribalta la decisione. Secondo i giudici di secondo grado, il caso in esame non configurava un atto di pagamento anomalo. La delega era stata impartita dalle società creditrici (le acquirenti) e non dalla società poi fallita. Quest’ultima aveva agito come delegata, assumendo un nuovo obbligo verso la venditrice, configurando così una delegatio promittendi (delegazione di promessa) e non una delegatio solvendi (delegazione di pagamento). L’estinzione dei debiti era avvenuta non con un pagamento diretto da parte della fallita, ma per effetto di una successiva compensazione legale tra quest’ultima e la venditrice. Contro questa sentenza, il Fallimento ha proposto ricorso per Cassazione.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la bontà della decisione d’appello. I giudici hanno sottolineato che il motivo centrale del ricorso non criticava adeguatamente la ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte d’Appello aveva correttamente escluso la revocabilità dell’atto perché non si trattava di una delegatio solvendi, ma di una delegatio promittendi. In altre parole, la società poi fallita non aveva eseguito un pagamento utilizzando la propria provvista, ma si era semplicemente obbligata a pagare, dando luogo ai presupposti per una compensazione legale. L’anormalità del pagamento, richiesta dall’art. 67, comma 1, n. 2 della Legge Fallimentare, non sussisteva perché non vi era stato alcun depauperamento del patrimonio della fallita tramite un’uscita di denaro. L’estinzione delle obbligazioni era l’effetto dell’accettazione della delegazione e della conseguente compensazione legale, meccanismo non considerato anomalo in questo specifico contesto. La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi di ricorso, inclusi quelli relativi alla prova della scientia decoctionis (conoscenza dello stato di insolvenza) e alla presunta inammissibilità dell’appello originario, ritenendoli infondati o non adeguatamente formulati.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un importante principio in materia di revocatoria fallimentare e delegazione di pagamento. La distinzione tra delegatio promittendi e delegatio solvendi è dirimente: solo la seconda, che implica un effettivo atto solutorio con mezzi propri della società poi fallita, può potenzialmente configurare un mezzo anomalo di pagamento. Quando, invece, l’operazione si risolve nell’assunzione di un nuovo debito che viene poi estinto per compensazione legale, senza un esborso finanziario diretto, l’atto non rientra nella fattispecie revocabile. La decisione offre quindi maggiore certezza giuridica alle imprese che utilizzano strutture negoziali complesse per regolare i propri rapporti di debito e credito, chiarendo che non ogni meccanismo trilaterale è, di per sé, sospetto agli occhi della legge fallimentare.

Quando una delegazione di pagamento è considerata un atto anomalo revocabile in un fallimento?
Secondo la Corte, una delegazione di pagamento può essere considerata un atto anomalo se configura una delegatio solvendi, ovvero quando la società poi fallita esegue un pagamento diretto utilizzando la propria provvista, in modo non conforme alle comuni pratiche commerciali. Non lo è, invece, se si tratta di una delegatio promittendi.

Qual è la differenza tra delegatio promittendi e delegatio solvendi rilevante ai fini della revocatoria?
La delegatio solvendi è un ordine di pagamento immediato che depaupera il patrimonio del delegato. La delegatio promittendi, invece, consiste nell’ordine dato al delegato di assumere un’obbligazione verso il delegatario. In quest’ultimo caso, l’estinzione del debito non deriva da un pagamento, ma dall’assunzione di un nuovo debito, che nel caso di specie ha poi portato a una compensazione legale. Questa differenza è cruciale perché solo la prima modalità può configurare un pagamento con mezzi anormali.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Fallimento in questo caso specifico?
Il ricorso è stato rigettato perché la Corte ha ritenuto che l’operazione non costituisse un mezzo di pagamento anomalo. La società poi fallita non aveva pagato una somma di denaro, ma aveva accettato una delegazione che l’ha resa debitrice della società venditrice. L’estinzione dei debiti reciproci è avvenuta per compensazione legale, un meccanismo non considerato revocabile ai sensi dell’art. 67, comma 1, n. 2 della Legge Fallimentare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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