Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4600 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4600 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11578-2017 r.g. proposto da:
AVV_NOTAIO COGNOME, nato a Gela il DATA_NASCITA -C.F: CODICE_FISCALE -, autodifeso ex art. 86 c.p.c.; AVV_NOTAIO COGNOME, nato a Gela il DATA_NASCITA, C.F. CODICE_FISCALE, autodifeso ex art. 86 c.p.c.; elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, (PP_IVA: P_IVA), in persona dei Curatori pro tempore, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO COGNOME NOME rappresentato e difeso da NOME COGNOME del foro di AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO come da procura speciale in calce al controricorso
-controricorrenti e ricorrenti incidentali – avverso il decreto del Tribunale di Gela, in R.G. n. 881/2016, depositato in data 27.4.2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/1/2024 dal AVV_NOTAIO;
FATTI DI CAUSA
1.Gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME proponevano, ai sensi dell’art. 98 l. fall., opposizione allo stato passivo del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE per la mancata ammissione integrale al passivo di un credito di euro 781.347,89 maturato per prestazioni professionali svolte in favore della società in bonis . A sostegno della dispiegata opposizione, gli opponenti spiegavano che: (i) la vicenda contrattuale posta alla base della richiesta di ammissione del credito nasceva da una scrittura privata stipulata tra le parti in data 3.3.2011, nella quale gli AVV_NOTAIO avevano pattuito con la società predetta compensi per prestazioni professionali svolte nei confronti della società poi dichiarata fallita; (ii) in virtù della predetta scrittura privata gli AVV_NOTAIO avevano chiesto ed ottenuto da parte del Tribunale di Gela due decreti ingiuntivi che erano stati opposti dalla società RAGIONE_SOCIALE, dando vita a due procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo dichiarati successivamente estinti dal Tribunale di Gela in data 6.11.2012; (iii) in tale ultima data era stata altresì stipulata tra le parti una transazione per la definizione dei rapporti di debito; (iv) il credito insinuato doveva essere pertanto ammesso sulla base di quanto accertato nei predetti decreti ingiuntivi e non già sulla base della transazione intervenuta in data 6.11.2012, che avrebbe dovuto ritenersi superata dal giudicato sui decreti ingiuntivi formatosi successivamente.
Gli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME con l’atto di opposizione deducevano: (a) l’ inefficacia della scrittura privata del 6.11.2012 e la prevalenza su di essa dei decreti ingiuntivi nn. 163/2012 e 164/2012 emessi dal Tribunale di Gela, passati in giudicato dopo la stipula della transazione; (b) la risoluzione per inadempimento della transazione; (c) l’inopponibilità della stessa al curatore in quanto terzo ex art. 2704 cod. civ.; (d) l’erronea ammissione con riserva del credito, in spregio all’elencazione tassativa di cui all’art. 96 l. fall.
Con memoria difensiva datata 28 ottobre 2016, si costituiva in giudizio anche il RAGIONE_SOCIALE, chiedendo, da un lato, il rigetto
della proposta opposizione e sollevando, dall’altro, eccezione di revocatoria fallimentare degli atti di rinuncia all’opposizione, quali mezzi anomali ex art. 67, 1 comma, l. fall., ed anche eccezione di inadempimento e di risarcimento del danno; la RAGIONE_SOCIALE fallimentare proponeva nel medesimo contesto giudiziale anche impugnazione incidentale, lamentando che il g.d. avesse emesso (1) una decisione ultrapetita e chiedendo (2) la revocatoria fallimentare della transazione stipulata in data 6.11.2012 ed eccependo (3) la nullità dei decreti ingiuntivi, delle scritture private di pattuizione dei compensi e dell’accordo transattivo in conseguenza della integrazione dei reati di usura, estorsione e infedele patrocinio, nonché, da ultimo, (4) la nullità della transazione.
Il Tribunale di Gela, con il decreto qui impugnato, ha accolto parzialmente l’opposizione allo stato passivo così proposta e per l’effetto ha ammesso al passivo del fallimento il credito vantato dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME pari ad euro 100.000 al privilegio, per ciascun creditore, e ha rigettato le domande proposte dalla RAGIONE_SOCIALE fallimentare, compensando le spese del giudizio di opposizione.
4. Il Tribunale ha rilevato che l’efficacia del decreto ingiuntivo dopo l’estinzione del giudizio non possa essere equiparata all’efficacia del decreto ingiuntivo per mancata opposizione o costituzione dell’opponente, e ciò sulla base di quanto statuito dall’art. 653 c.p.c. (che si rife risce alla sola efficacia esecutiva) e dal combinato disposto degli artt. 647 e 656 c.p.c. (che si riferisce alla sola chiusura del giudizio per mancata opposizione o mancata costituzione); ha osservato che, comunque, i fatti suc cessivi all’ emanazione dei decreti ingiuntivi oggetto di causa erano estranei al giudizio formatosi sulla base delle allegazioni prodotte in sede di instaurazione del procedimento di opposizione; ha evidenziato che la transazione oggetto di causa era stata pacificamente stipulata tra le parti nella stessa data della emanazione dell’ordinanza estintiva dei giudizi aventi ad oggetto l’opposizione ai decreti ingiuntivi ovvero il 6.11.2012 e che, come emergeva dal chiaro tenore della stessa scrittura privata transattiva, il credito di cui ai decreti ingiuntivi nn. 163 e 164/2012 poteva essere ‘azionato’ entro e non oltre la soglia di 200.000; ha dunque osservato che, dal contenuto della predetta transazione,
sebbene non menzionata da al cuna delle parti nel corso dell’iter processuale avente ad oggetto le opposizioni ai decreti ingiuntivi, emergeva chiaramente, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ., che la comune intenzione delle parti , al momento della stipula dell’accordo transattivo, fosse stata quella di limitare il ‘credito richiedibile esecutivamente’ entro la soglia di euro 200.000 e a prescindere dall’inadempimento dello stesso, questione ultima che pertanto risultava assorbita dal limite di azionabilità del credito che avevano concordato le parti stesse; ha inoltre osservato che – anche al di là dell ‘espressione utilizzata all’art. 2 della transazione del 6.11.2012 (secondo cui ‘il presente accordo … non ha alcuna efficacia novativa’) -l’interpretazione che doveva darsi del predetto contratto non poteva limitarsi al senso letterale delle parole ma doveva indagare la comune intenzione delle parti, dovendosi dunque concludere per la natura novativa dell’accordo ex art. 1965, 2 comma, cod. civ., e ciò sulla base della considerazione che le parti avevano infatti modificato il proprio rapporto di debito-credito derivante dai due decreti ingiuntivi sopra indicati, sostituendolo con una nuova obbligazione il cui importo, sensibilmente diverso da quello derivante dal rapporto novato, costituiva ulteriore indice dell’intento novativo dell’ originaria obbligazione contratta; ha inoltre osservato che la transazione era ben opponibile alla RAGIONE_SOCIALE fallimentare senza i limiti di cui all’art. 2704 cod. civ., RAGIONE_SOCIALE che si poneva nella medesima posizione, sostanziale e processuale, della società fallita; ha concluso nel senso della correttezza dunque della soluzione già adottata dell ‘ ammissione dei professionisti istanti nella misura indicata dal g.d., e cioè per euro 100.000 per ciascuno, ed in via privilegiata ex art. 2751 bis. n. 2 c.c., modificando lo stato passivo solo limitatamente alla decretata ammissione con riserva, in quanto dalla scrittura privata del 6.11.2012 non emergeva alcun obbligo di previa escussione di NOME COGNOME rispetto alla RAGIONE_SOCIALE, obbligo solo in presenza del quale avrebbe potuto giustificarsi l’ammissione con riserva , ai sensi degli artt. 55 e 96 l. fall.; ha infine evidenziato, a sostegno del rigetto di tutte le domande ed eccezioni avanzate dalla RAGIONE_SOCIALE, che quelle di nullità, inefficacia ed inopponibilità dei decreti ingiuntivi sopra indicati rimanevano assorbite dalla dichiarata efficacia e validità della transazione stipulata in data
6.11.2012 e che le restanti domande dovevano essere qualificate come domande riconvenzionali, non proponibili dalla RAGIONE_SOCIALE in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo; ha osservato da ultimo che anche le domande di impugnazione incidentali proposte dalla RAGIONE_SOCIALE dovessero essere dichiarate inammissibili in quanto tardivamente proposte.
Il decreto, pubblicato il 27.4.2017, è stato impugnato dagli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso, con il quale ha proposto ricorso incidentale articolato su due motivi.
I ricorrenti hanno presentato anche controricorso al ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti principali lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2908, 2909 cod. civ., del combinato disposto degli artt. 308 e 178 c.p.c., nonché del combinato disposto degli artt. 653 e 108 c.p.c. e dell’art. 652 c.p.c., sul rilievo che il Tribunale di Gela avrebbe considerato efficace e giuridicamente vincolante la transazione sottoscritta inter partes , nonostante il successivo giudicato sui decreti ingiuntivi formatosi in data 17.12.2012, a seguito della rinuncia dei debitori ai procedimenti di opposizione a decreto ingiuntivo dagli stessi radicati nei giudizi di cui ai nn. 1034 e 1035 presso il Tribunale di Gela.
1.1 Le doglianze proposte dai ricorrenti sono infondate perché confliggenti con i principi già affermati da questa Corte di legittimità nel precedente, in
termini, rappresentato da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6337 del 19/03/2014.
In tale pronuncia, cui il Collegio intende dare continuità, è stato invero affermato che ‘ Il passaggio in giudicato della sentenza che dichiari l’inammissibilità, per ragioni di rito, di un’opposizione a decreto ingiuntivo, al pari dell’estinzione del giudizio incardinato dall’opposizione, la quale riguarda solo l’opposizione al decreto in quanto accertativo del credito al momento della sua pronuncia, non precludono al debitore ingiunto di far valere – con
un’azione di accertamento negativo o, se sia minacciata o iniziata l’esecuzione sulla base del decreto, attraverso gli strumenti, secondo i casi, dell’opposizione al precetto o all’esecuzione – eventuali fatti modificativi, impeditivi o estintivi del diritto azionato in via monitoria verificatisi tra l’emissione del decreto ingiuntivo ed il termine per proporre opposizione, ovvero sopravvenuti nel corso del giudizio ex art. 645 cod. proc. civ., ancorché gli stessi fossero stati introdotti in tale sede senza formare oggetto di una specifica domanda di accertamento ‘ .
1 .2 Orbene, la peculiarità dell’ odierna vicenda processuale, che risulta ben inquadrata anche nel precedente sopra ricordato (Cass. n. 6337/2014), risiede nel fatto che, dopo l’emissione dei due decreti ingiunti vi nn. 163 e 164/2012, azionati dagli AVV_NOTAIO a tutela del loro credito professionale, le parti decidevano di concludere una transazione, con la quale concordavano che il credito portato dai decreti ingiuntivi potesse essere ‘azionato’, entro e non oltre la soglia di 200.000 euro ; tuttavia lo stesso giorno della transazione, ovvero il 6.11.2012, le medesime parti comparivano innanzi al giudice istruttore delle due cause di opposizione a d.i. riunite per rinunciare agli atti del giudizio di opposizione (senza, peraltro, far menzione dell’intervenuta transazione) e per far dichiarare, come poi avvenuto, l’estinzione del giudizio con ordinanza, con l’evidente conseguenza che i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo non si concludevano con una sentenza accertativa o meno del diritto di credito, ma con una decisione in mero rito che, nel caso di specie, sanciva l’estinzione dei predetti giudizi.
Ne consegue che il giudicato emergente dal decreto ingiuntivo non potrà riguardare i fatti estintivi, modificativi od impeditivi verificatisi dopo la sua pronuncia (nel caso di specie, la stipulazione del contratto transattivo), perché, anche nella ipotesi in cui essi fossero stati dedotti nel giudizio di opposizione e fossero stati oggetto di accertamento – evenienza, peraltro, neanche verificatasi nel caso di specie, ove in realtà le parti nulla avevano dedotto innanzi al giudice istruttore, che aveva dic hiarato l’estinzione dei giudizi di opposizione a d.i. – tali fatti non sarebbero stati accertati né negativamente né positivamente da una successiva sentenza, essendovi stata
nella vicenda di epilogo una mera finale pronuncia di rito dichiarativa della richiesta estinzione dei giudizi.
Detto altrimenti, il passaggio in giudicato dei decreti ingiuntivi per la estinzione del giudizio di opposizione a d.i. fa sì che risulti incontestabile ciò che era accaduto prima dell’ emissione dei provvedimenti monitori, ma non già quello che è successo dopo, e dunque anche la transazione intervenuta medio tempore nel corso dei giudizi di opposizione, poi oggetto del provvedimento di estinzione.
1.4 I principi sopra ricordati sono stati anche recentemente riaffermati dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 36308/2023, in motivazione), ove è stato di nuovo espressamente argomentato e deciso che ‘ la definitività della sentenza che dichiari l’inammissibilità, per ragioni di rito, della proposta opposizione a decreto ingiuntivo determina un accertamento, con efficacia di giudicato, sulla esistenza del credito azionato (e del rapporto da cui esso orig ina) ed anche sull’inesistenza di fatti esti ntivi, impeditivi o modificativi del diritto azionato in via monitoria che si siano verificati in epoca anteriore al provvedimento ingiuntivo (siano essi dedotti o meno con l’opposizione ex art. 645 cod. proc. civ.), precludendone la deduzione, ad opera de ll’ingiunto, con un’azione di accertamento negativo, di ripetizione dell’indebito o con il rimedio dell’opposizione all’esecuzione eventualmente minacciata o intrapresa (espressamente, sul punto, Cass. 19/03/2014, n. 6337; Cass. 14/10/2021, n. 28044; analogo effetto deriva da provvedimenti di chiusura in rito del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, quali la estinzione Cass. 24/09/2018, n. 22465 -o la improcedibilità per tardiva costituzione dell’opponente: Cass. 03/03/2004, n. 4294). E sull’equiparazione al giudicato della definitività del decreto ingiuntivo, con principio affermato per il caso di mancanza di opposizione ma generalizzabile a qualunque ipotesi di infruttuoso esperimento di questa, la giurisprudenza di questa Corte è fermissima (da ultimo, Cass. 06/04/2023, n. 9479, ove ulteriori ed ampi riferimenti) ‘ .
Alla luce dei principi ora ricordati (e qui ribaditi), le censure proposte dai ricorrenti nel primo motivo vanno dunque disattese.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver il Tribunale omesso di pronunciarsi sull ‘ eccezione di risoluzione di diritto della transazione per inadempimento delle obbligazioni contratte dalla società RAGIONE_SOCIALE produttive degli effetti previsti dalla clausola risolutiva espressa contenuta nella transazione.
2.1 Il motivo di doglianza è infondato.
In realtà, non corrisponde al vero che non vi sia stata una pronuncia da parte del Tribunale sulla domanda di risoluzione del contratto di transazione, posto che detta domanda era stata ritenuta nel decreto impugnato implicitamente rigettata nella parte in cui si era ritenuto da parte del Tribunale che la volontà negoziale delle parti fosse quella di limitare il ‘credito richiedibile esecutivamente’ entro la soglia di euro 200.000 e a prescindere dall’inadempimento dello stesso, questione ultima che pertant o risultava ‘ assorbita dal limite di azionabilità del credito ‘ , che avevano concordato le parti stesse (cfr. pag. 6 del decreto impugnato).
3. Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., per vizio di omesso esame di fatto decisivo, sul rilievo che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto vincolante la transazione omettendo di verificare gli effetti della clausola risolutiva che ne prevedeva la risoluzione di diritto per inadempimento delle obbligazioni contratte dalla società RAGIONE_SOCIALE e dal Greco personalmente. 3.1 La doglianza propone, in realtà, le medesime censure avanzate nel secondo motivo, questa volta sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art.
360, primo comma, n. 5, c.p.c.
Può dunque replicarsi richiamando le medesime considerazioni sopra svolte in relazione al motivo che precede, con l’ulteriore precisazione che comunque il vizio di omesso esame, compreso nel paradigma applicativo di cui all’art. 360, primo comma n. 5, c.p. c., può riguardare un ‘fatto storico’, decisivo ed oggetto di dibattito processuale, e non già il mancato esame di una questione giuridica asseritamente pretermessa dal giudicante (Cass. Sez. Un. n. 8053/2014).
4. Il quarto mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1956, 2 comma, cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere novativa la transazione conclus a, a dispetto dell’ espressa volontà negoziale manifestata dalle parti nel contratto e della comune intenzione di esse, come riscontrabile anche dalla previsione di una clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto transattivo.
4.2 La censura così proposta è inammissibile, per come formulata.
4.2.1 Occorre infatti ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (sez. 3, sentenza n. 2465 del 10/02/2015; n. 2074 del 2002; vedi: n. 4178 del 2007, n. 22801 del 2009, n. 25866 del 2010). A ciò va aggiunto che – ai fini della censura di violazione dei predetti canoni ermeneutici – non è peraltro sufficiente l’astratto riferimento alle regole legali di interpretazione, ma è necessaria la specificazione dei canoni in concreto violati, con la precisazione del modo e delle considerazioni attraverso i quali il giudice se ne è discostato, nonché, in ossequio al principio di specificità e autosufficienza del ricorso, con la trascrizione del testo integrale della regolamentazione pattizia del rapporto o della parte in contestazione, ancorché la sentenza abbia fatto ad essa riferimento, riproducendone solo in parte il contenuto, qualora ciò non consenta una sicura ricostruzione del diverso significato che ad essa il ricorrente pretenda di attribuire (cfr. anche Sez. 3, Sentenza n. 10891 del 26/05/2016). In ogni caso, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto
che ne sia stata privilegiata un’altra (cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 2007).
4.2.2 Orbene, ritiene il Collegio che i ricorrenti abbiano chiesto una nuova lettura dell’articolato contrattuale , per accogliere una diversa e alternativa ipotesi ricostruttiva della volontà negoziale rispetto a quella già verificata dai giudici del merito, con motivazione in realtà esplicita, adeguata e scevra da appariscenti criticità argomentative, scrutinio che, per quanto detto sopra, esula dal sindacato del giudizio di legittimità.
5.Il RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso incidentale articolato su due motivi.
5.1 Con il primo motivo di ricorso incidentale -che si propone condizionatamente all’accoglimento del ricorso principale – si censura il provvedimento impugnato per nullità ‘nella parte in cui’ aveva statuito ‘l’inammissibilità delle eccezioni riconvenzionali formulate dalla RAGIONE_SOCIALE, erroneamente qualificate come domande riconvenzionali, in violazione degli artt. 36, 112, 167 c.p.c. e 99 l. fall. ‘
5.2 Con il secondo mezzo articolato nel ricorso incidentale si censura, invece, il provvedimento impugnato nella parte in cui aveva dichiarato l’inammissibilità dell’opposizione incidentale tardiva proposta dalla RAGIONE_SOCIALE fallimentare in violazione degli articoli 99 l. fall. e 334 c.p.c.
5.3 Le censure così proposte sono inammissibili, in relazione al secondo motivo, ed assorbite, quanto al primo motivo di ricorso incidentale.
5.3.1 Quanto al secondo motivo, le doglianze risultano inammissibili, ai sensi dell’art. 360bis c.p.c., perché le stesse confliggono con i consolidati principi espressi da questa Corte di legittimità.
Sul punto la giurisprudenza di legittimità è ferma nel ritenere che l’opposizione allo stato passivo del fallimento (come disciplinata a seguito del d.lgs. n. 169 del 2007), ancorché abbia natura impugnatoria, costituendo il rimedio avverso la decisione sommaria del giudice delegato, non è un giudizio di appello, per cui il relativo procedimento è integralmente disciplinato dalla legge fallimentare, la quale prevede che avverso il decreto di esecutività dello stato passivo possano essere proposte solo l’opposizione (da parte dei creditori o dei titolari di diritti su beni), l’impugnazione (da parte del curatore
o di creditori avverso un credito ammesso) o la revocazione. Ciascuno di tali rimedi, peraltro, può essere utilizzato, dal soggetto legittimato, esclusivamente entro il termine di cui all’art. 99 l.fall., restando concettualmente inconfigurabile un’impugnazione incidentale, tardiva o tempestiva, atteso che, ove il termine sia ancora pendente, non può che essere proposta l’impugnazione a sé spettante, mentre, se sia ormai decorso, si è decaduti dalla possibilità di contestare autonomamente lo stato passivo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9617 del 11/05/2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24489 del 30/11/2016; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21581 del 03/09/2018).
5.3.1 Le censure sollevate, invece, solo in via condizionata nel primo motivo di ricorso incidentale, risultano assorbite dal rigetto del ricorso principale.
Anche le rimanenti doglianze del ricorso incidentale -con cui si ripropongono le ragioni dell’impugnazione incidentale tardiva sollevate nel giudizio di merito – rimangono naturalmente assorbite.
Le spese del giudizio di legittimità devono essere compensate in ragione della reciproca soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti principali e di quello incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale; dichiara inammissibile quello incidentale; compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti; a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 17.1.2024