Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 21971 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 21971 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18438/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO TRIESTE INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2005/2020, depositata il 22/04/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 2/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Con la sentenza n. 628/2014 il Tribunale di Latina, in accoglimento della domanda del Fallimento di COGNOME ha accertato che alla società RAGIONE_SOCIALE era stata trasferita la proprietà del solo terreno, sito in Nettuno, di metri quadri 1830 circa, foglio 13, particella 212, sub 501, esclusa la proprietà dei manufatti insistenti sulla particella 212, sub 2, 3 e 4, con condanna della società convenuta alla restituzione dei manufatti indebitamente occupati; con la stessa sentenza è stata respinta la domanda del Fallimento di condanna alla restituzione dei frutti.
La sentenza è stata impugnata dalla società RAGIONE_SOCIALE che in riforma dell’impugnata sentenza chiedeva che fosse rigettata la domanda attorea con cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale. Costituendosi tardivamente il Fallimento contestava la fondatezza del gravame e riproponeva le proprie domande ritenute assorbite; faceva quindi valere appello incidentale in ordine al mancato accoglimento della domanda risarcitoria, chiedendo la condanna dell’appellante alla restituzione dei frutti.
Con la sentenza n. 2005/2020, la Corte d’appello di Roma ha rigettato sia il gravame principale che quello incidentale.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione RAGIONE_SOCIALE Resiste con controricorso il Fallimento della ditta COGNOME Americo. Memoria è stata depositata dal controricorrente.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in cinque motivi.
Il primo motivo denuncia ‘nullità della sentenza per inammissibilità dell’azione di mero accertamento proposta dal Fallimento con violazione dell’articolo 100 c.p.c.’: la domanda del Fallimento non era una domanda di accertamento della perdurante
proprietà della particella 212, sub 2, 3 e 4, ma una domanda tesa ad accertare un mero fatto, quale fosse in ipotesi l’asserita diversa estensione del diritto ceduto alla società aggiudicataria; la stessa domanda di accertamento dell’estensione del diritto aggiudicato alla società ricorrente era pertanto inammissibile in quanto l’accertamento giurisdizionale può stimolarsi solo a tutela di diritti soggettivi; è quindi nulla la consequenziale domanda di condanna alla restituzione dei fabbricati, non essendo stata esercitata una domanda di accertamento della proprietà di questi beni.
Il secondo motivo contesta ‘nullità della sentenza per violazione delle preclusioni endo-fallimentari e dei relativi rimedi degli artt. 26 della legge fallimentare, 487 c.p.c., 617 c.p.c. in relazione all’art. 105 della legge fallimentare’: la legittimazione della curatela era limitata alla sola impugnativa dei provvedimenti del giudice delegato diretti al trasferimento immobiliare tramite reclamo ovvero con l’opposizione agli atti esecutivi, salva revoca o modifica d’ufficio, fino a quando non avessero avuto esecuzione e cioè, nel caso di procedura immobiliare, fino a che non fosse stato trascritto il decreto di trasferimento; la Corte d’appello ha violato il sistema processuale quando – fuori dal giudizio fallimentare, dai suoi tempi e dai suoi rimedi – ha proceduto a correggere il decreto di aggiudicazione del giudice delegato, riducendo il trasferimento all’aggiudicatario di quasi 1.000 metri quadri di terreno.
Il terzo motivo lamenta ‘ingiustizia della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 586 c.p.c. e 2826 c.c.’: la Corte d’appello ha violato il complesso di regole che disciplinano gli effetti delle vendite forzate, individuali come fallimentari; secondo il costante orientamento della Corte di cassazione l’identificazione dell’immobile trasferito deve avvenire sulla base dei confini catastali del bene indicati nel decreto di trasferimento del giudice dell’esecuzione.
4. Il quarto motivo denuncia ‘nullità della sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione alla pretermissione dell’efficacia di prova legale dell’atto pubblico del decreto di trasferimento del giudice fallimentare’: la Corte d’appello ha, in ogni caso, violato le norme in tema di valore probatorio del titolo e del principio dell’accessione; il decreto di trasferimento del giudice fallimentare ha efficacia di prova legale, efficacia disattesa dalla Corte di merito laddove ha ritenuto che i fabbricati fossero esclusi dalla vendita perché oggetto di altro lotto, sulla base di un’asserita minore estensione del terreno venduto alla ricorrente.
5. Il quinto motivo contesta ‘ingiustizia della sentenza per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 840, 932 e 1362 ss. c.c.’: la sentenza, laddove la Corte d’appello si impegna nell’esegesi del decreto di trasferimento, viola le disposizioni richiamate, in quanto l’alienazione di un terreno su cui insistano delle costruzioni comporta per il principio dell’accessione il trasferimento a titolo originario dei relativi immobili, anche se non espressamente menzionati nell’atto, a meno che il venditore, contestualmente alla cessione, riservi a se stesso o ad altri la proprietà del fabbricato.
I motivi sono infondati. La ricorrente con il primo motivo contesta la possibilità per il Fallimento di proporre un’azione di accertamento della individuazione dei beni aggiudicati alla ricorrente. A prescindere dal fatto che l’azione proposta dal Fallimento non è un’azione di mero accertamento, avendo il Fallimento anche chiesto la condanna della ricorrente alla restituzione dei manufatti indebitamente occupati, si tratta di azione ammissibile. Questa Corte (cfr. al riguardo Cass. n. 1361/2018 e Cass. n. 4732/1988) ha infatti precisato che, qualora si controverta da parte degli aggiudicatari di beni immobili espropriati in danno di un fallito è proponibile l’azione di rivendica o di accertamento della proprietà, principio che vale anche quando, come nel caso in esame, la
contro
versia sia tra l’aggiudicatario dei beni espropriati e il fallimento. In tale ipotesi il giudice adito ‘può e deve procedere all’interpretazione dei decreti di aggiudicazione e trasferimento, al fine di stabilirne l’esatta portata e di individuare i beni che ne formano oggetto, facendo ricorso, in caso d’insufficienza o contraddittorietà degli elementi in essi contenuti, agli altri atti della procedura espropriativa e, in particolare, ai provvedimenti di vendita e ai relativi bandi’ (così Cass. n. 1361/2018, appena richiamata). La Corte d’appello si è attenuta a tali principi, avendo interpretato il decreto di trasferimento alla luce degli altri atti emessi nell’ambito della procedura fallimentare e in particolare l’istanza di vendita, l’ordinanza di vendita e la perizia estimativa espletata in sede fallimentare e richiamata nel decreto di trasferimento. Dall’insieme di tali atti la Corte d’appello ha ricavato che il trasferimento è limitato alla porzione di terreno individuata dal Tribunale, evidenziando che se è vero che nell’ordinanza di vendita e nel decreto di trasferimento è indicata erroneamente la superficie del lotto, nell’ordinanza di vendita e nella relazione del consulente tecnico d’ufficio è espressamente evidenziato che la superficie indicata è quella riportata nella documentazione catastale, cosicché l’erronea indicazione della superficie non può prevalere sugli altri elementi, quali l’indicazione catastale delle particelle, la descrizione dei confini e l’inserimento dei vari beni in lotti diversificati. La Corte d’appello ha anche sottolineato come il dato letterale del decreto di trasferimento faccia riferimento unicamente alla proprietà di un terreno coltivato, senza menzionare alcun manufatto e la perizia indichi che sul terreno ricompreso nel lotto 6 insiste un solo albero da frutta. Per quanto poi riguarda in particolare il quinto motivo e il riferimento della ricorrente all’accessione, correttamente la Corte d’appello ha ritenuto improprio tale riferimento, dato che istituto dell’accessione non può
trovare applicazione nel caso in esame, avendo la medesima Corte escluso il trasferimento della parte di terreno in questione.
II. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore del controricorrente, che liquida in euro 3.200, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione