Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11241 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11241 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9391/2021 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME e NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME, NOME COGNOME , elettivamente domiciliati in AREZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che li rappresenta e difende
Oggetto: Intermediazione finanziaria -Responsabilità intermediario -Art. 2049 c.c. -Prescrizione -Decorrenza
R.G.N. 9391/2021
Ud. 04/04/2025 CC
CASTELLANA NOME
-intimato – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO FIRENZE n. 1848/2020 depositata il 01/10/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 04/04/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1848/2020, pubblicata in data 1° ottobre 2020, la Corte d’appello di Firenze, nel contraddittorio dell’appellata RAGIONE_SOCIALE in proprio e quale società incorporante di RAGIONE_SOCIALEe nella contumacia dell’al tro appellato NOME COGNOMEha parzialmente accolto l’appello proposto da NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Arezzo n. 297/2017 pubblicata in data 7 marzo 2017 e, per l’effetto, ha condannato RAGIONE_SOCIALEquale società incorporante di RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME a corrispondere alla sola RAGIONE_SOCIALE € 27.901,18, a titolo di danno patrimoniale, ed € 5.000,00, a titolo di danno morale, oltre accessori.
La Corte d’appello, infatti, delle molteplici allegazioni e domande originariamente articolate da COGNOME e COGNOME -ed integralmente disattese in prime cure -ha ritenuto fondata unicamente quella relativa ad un bonifico non autorizzato operato da un soggetto che aveva dichiarato di agire quale promotore finanziario di RAGIONE_SOCIALE BANCA S.P.A.
nonché contro
-controricorrenti –
Affermata, sulla scorta di elementi indiziari desumibili anche da un procedimento penale, la responsabilità del suddetto promotore, la Corte territoriale ha ritenuto responsabile anche RAGIONE_SOCIALE S.P.A. -e quindi l’incorporante RAGIONE_SOCIALE in quanto il responsabile materiale della condotta lesiva aveva dichiarato di agire quale promotore finanziario di RAGIONE_SOCIALE.P.ARAGIONE_SOCIALE, avvalendosi di moduli intestati a quest’ultima e determinando in capo agli appellanti la convinzione di un suo stabile inserimento del promotore nell’attività della banca.
La Corte d’appello, quindi, ha ritenuto di affermare la responsabilità della banca ‘ex art. 2049 c.c. in base allo stesso nesso di occasionalità necessaria richiesto dall’art. 31 TUF, ravvisabile ove sia stata agevolata o resa possibile dalle incombenze affidate all’agente, nonché ex art. 1228 c.c. avendo i CLIENTI allegato anche la responsabilità contrattuale dell’INTERMEDIARIO (…)’ .
La Corte d’appello ha invece disatteso l’eccezione di prescrizione sollevata dall’originaria convenuta, in quanto ha ritenuto che il termine decorresse non già dalla data di addebito dell’assegno non autorizzato, bensì dal momento in cui la DIONIGI aveva avuto ‘piena contezza di tutti gli elementi costitutivi della truffa perpetuata ai propri danni’ , ritenendo ulteriormente di applicare il più lungo termine di prescrizione previsto per il reato.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello ricorre RAGIONE_SOCIALE quale società incorporante di RAGIONE_SOCIALE
Resistono con controricorso NOME COGNOME e COGNOME
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Le parti hanno depositato memorie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 444, 445 comma 1bis c.p.p. in combinato disposto con gli artt. 2049, 2669 e 2729 c.c. e con l’art. 115 c.p.c. ‘nella parte della sentenza in cui la Corte d’Appello di Firenze ha accertato i presupposti della responsabilità della Banca ai sensi dell’art. 2049 c.c. sulla base di asseriti elementi indiziari del tutto insussistenti, in quanto mai allegati o provati da lle parti’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte d’appello avrebbe erroneamente fondato la propria decisione su elementi desunti dalla sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p. – pur dopo averne correttamente escluso la valenza di giudicato -ed in particolare avrebbe erroneamente ritenuto che tale sentenza fosse riferibile al bonifico non autorizzato per € 25.000,00 che invece non era menzionato nel capo di imputazione.
Ulteriormente, la Corte territoriale avrebbe:
-affermato che l’ordine di bonifico bancario sottoscritto dalla stessa DIONIGI -era stato abusivamente compilato dal Promotore finanziario in assenza dell’espletamento di qualunque mezzo istruttorio idoneo a suffragare la tesi;
-valorizzato il contenuto della delibera CONSOB di radiazione del promotore finanziario, sebbene tale delibera consistesse in ‘un provvedimento riassuntivo e anonimo’ , privo di specifici riscontri;
-affermato la sussistenza del nesso causale sulla sola base della sentenza di applicazione della pena ex art. 444 c.p.
In tal modo, conclude la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe basato il proprio convincimento su presunzioni prive dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, peraltro basandosi su una circostanza inesistente.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 2946, 2947, 2935 c.c. e art. 157, 160 e 161 c.p., ‘nella parte della sentenza in cui la Corte d’Appello, dopo aver accertato la responsabilità della Banca ai sensi dell’art. 2049 c.c., ha fatto riferimento alla prescrizione decennale ed in alternativa alla prescrizione penale di anni 7 e mezzo, applicando le norme del codice penali attualmente vigenti e non quelle vigenti al momento della commissione del reato (2002) e nella parte in cui il dies a quo della prescrizione è stato individuato nella data del 18 novembre 2009, applicando i principi di diritto sanciti per la prescrizione degli i c.d. illeciti c.d. ‘lungolatenti’ anz iché i principi stabiliti per gli illeciti istantaneo’ .
Argomenta, in particolare, il ricorso che la sentenza impugnata:
-avrebbe erroneamente fatto riferimento alla prescrizione decennale ex art. 2946 c.c. sebbene la condanna della ricorrente sia poi avvenuta, ai sensi dell’art. 2049 c.c., trattandosi quindi di responsabilità extracontrattuale che soggiace alla prescrizione breve quinquennale ex art. 2947 c.c.
-avrebbe erroneamente individuato il termine di prescrizione del reato di truffa secondo il regime vigente degli artt. 157, 160 e 161 c.p. e non nella versione vigente all’epoca della commissione del reato, e cioè nel 2002, in tal modo individuando un termine di prescrizione diverso da quello, corretto, di cinque anni;
-avrebbe erroneamente ritenuto che la prescrizione iniziasse a decorrere dalla data di scoperta del bonifico non autorizzato e, quindi, oltre sette anni dopo l’operazione in discussione.
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza ‘per omessa pronuncia sull’eccezione di concorso di colpa dei Sig.ri NOME COGNOME e NOME COGNOME ex art. 1227 c.c. proposta in primo grado e assorbita dalla decisione favorevole resa dal Tribunale di Arezzo e reiterata tempestivamente nel giudizio di appello’
1.4. Con il quarto motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli art. 2059 c.c. e 185 c.p. ‘nella parte in cui la Corte ha condannato la Banca al risarcimento della somma di euro 5.000,00 a titolo di danni non patrimoniali, consistenti in ‘patemi d’animo’, mai provati dai Resistenti nel corso dei due giudizi di merito’ .
Ritiene questa Corte di procedere all’esame preliminare del secondo motivo, il quale è da ritenersi fondato nei termini che ci si appresta a specificare.
Non si può, infatti, ravvisare nella decisione impugnata quella sovrapposizione tra il termine di prescrizione dell’azione da inadempimento contrattuale ed il termine di prescrizione dell’azione risarcitoria da illecito aquiliano, cui invece si appuntano le doglianze della ricorrente nella parte iniziale del ricorso (pagg. 44-45).
Premesso, infatti, che la Corte territoriale ha condannato l’odierna ricorrente RAGIONE_SOCIALE nella veste di società incorporante d ell’intermediario RAGIONE_SOCIALEe quindi non nella distinta veste che la medesima RAGIONE_SOCIALE aveva quale istituto di credito presso il quale era aperto il conto corrente integrato dal servizio di negoziazione, esecuzione, ricezione e
trasmissione ordini -si deve osservare che la stessa Corte territoriale ha -invero non in modo pienamente perspicuo – ricollegato al titolo di responsabilità contrattuale la sola posizione di NOME COGNOME (pag. 18 primo paragrafo della sentenza), mentre ha ricondotto la responsabilità di RAGIONE_SOCIALEe quindi di RAGIONE_SOCIALE quale società incorporante della prima -alla previsione di cui all’art. 2049 c.c. , al punto che è in relazione a tale secondo profilo che la Corte territoriale ha poi ritenuto di valutare l’applicabilità dell’art. 2947 c.c., terzo comma, c.c., dopo che aveva escluso l’applicabilità dell’art. 31 TU F.
Parimenti non possono essere valutate le deduzioni della ricorrente concernenti la corretta individuazione, da parte della decisione impugnata, del termine di prescrizione del reato sempre ai fini dell’applicazione dell’art. 2947, terzo comma, c.c.
Ciò in quanto tali deduzioni risultano prive di adeguata specificità ex art. 366 c.p.c., essendosi la ricorrente limitata ad operare in via meramente assertiva una diversa ricostruzione del termine di prescrizione del reato sulla base della disciplina ratione temporis applicabile -peraltro non specificata nella decisione impugnata – senza neppure operare un adeguato riferimento alle imputazioni, comprensive delle aggravanti, contenute nella sentenza penale di applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. in tal modo precludendo a questa Corte la concreta possibilità di valutare le deduzione contenute nel mezzo.
Fondata, invece, è la censura che la ricorrente muove alla decisione impugnata nella parte in cui quest’ultima ha proceduto ad individuare il momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto di applicare al caso ad essa sottoposto i principi enunciati da questa Corte in tema di danni c.d.
‘lungolatenti’, in quanto ha concluso che l’odierna controricorrente aveva avuto conoscenza del bonifico non autorizzato – effettuato in data 26 luglio 2002 solo nell’anno 2009, allorquando la Banca presso la quale era aperto il conto corrente aveva messo a disposizione della controricorrente medesima la documentazione relativa alla situazione del conto corrente personale di investimento.
È noto l’orientamento formatosi in seno a questa Corte -che, nel caso di danni non immediatamente percepibili, ha ritenuto di collegare il momento iniziale di decorrenza della prescrizione del diritto al risarcimento del danno al momento in cui la conseguenza lesiva viene o comunque può essere percepita, usando l’ordinaria diligenza, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del l’autore della lesione.
Non è inopportuno ricordare che questo orientamento ha avuto modo di formarsi inizialmente con riferimento ai danni da trasfusione di emoderivati (Cass. Sez. U, Sentenza n. 576 del 11/01/2008; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28464 del 19/12/2013; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6213 del 31/03/2016; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 13745 del 31/05/2018; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 13745 del 31/05/2018; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16217 del 18/06/2019, ma si veda anche la decisione Corte costituzionale n. 35 del 2023), e cioè con riferimento a fattispecie nelle quali le stesse conoscenze scientifiche non consentivano inizialmente di individuare la potenziale lesività delle trasfusioni stesse in relazione a specifici agenti infettivi, risultando quindi evidente che gli stessi danneggiati non avrebbero potuto avere percezione degli eventi dannosi -e della loro eziologia -anche usando la massima diligenza.
Proprio le carenze nelle cognizioni scientifiche, quindi, si erano tradotte in un obiettivo impedimento alla possibilità di percepire – in
via generale e non da parte dei soli danneggiati -sia la vicenda fonte di danno nei suoi elementi costitutivi sia, ancora prima, il danno medesimo, manifestatosi a distanza di diverso tempo dalla condotta lesiva.
È parimenti noto che lo stesso indirizzo, poi, ha trovato crescente applicazione anche in relazione ad altre fattispecie, tutte accomunate dalla difficoltà per il danneggiato di avere immediata percezione del danno e della sua fonte (Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 4683 del 21/02/2020; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 16631 del 12/06/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 22059 del 22/09/2017; Cass. Sez. L – Ordinanza n. 31919 del 28/10/2022; Cass. Sez. U – Ordinanza n. 4115 del 09/02/2022; Cass. Sez. U – Sentenza n. 2146 del 29/01/2021; Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 24270 del 03/11/2020; Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15839 del 23/07/2020).
Progressivamente, l’orientamento di questa Corte è pervenuto ad interessare anche l’area della responsabilità nel campo dell’ intermediazione finanziaria, essendo stato di recente affermato il principio per cui il termine di prescrizione per l’esercizio, da parte del cliente, dell’azione di risarcimento dei danni cagionati dall’inadempimento dell’intermediario inizia a decorrere solo quando si manifesta in concreto per il cliente il pregiudizio patrimoniale, ossia la conseguenza dannosa da lui oggettivamente percepibile, secondo il metro dell’ordinaria diligenza, e rappresentata dalla perdita patrimoniale sofferta, essendo questo il momento in cui il diritto al risarcimento può essere fatto valere rispetto a un danno effettivamente determinatosi (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 32226 del 12/12/2024; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 2066 del 24/01/2023).
L’orientamento in questione merita piena condivisione ma proprio l’esame dell’odierno ricorso palesa l’esigenza di operare una migliore
focalizzazione dello stesso, ed in particolare di richiamare l’attenzione sulla necessità che essa venga a ricevere applicazione solo una volta rigorosamente verificata la presenza degli specifici presupposti da questa stessa Corte individuati, determinandosi, altrimenti, il concreto rischio che un’applicazione indiscriminata a non ponderata del principio si traduca in una sistematica disapplicazione della regola generale di cui all’art. 2947 c.c. , laddove di tale ultima previsione l’ orientamento ora in esame vuole costituire criterio di corretta applicazione e non surrettizio meccanismo di neutralizzazione.
Occorre allora ricordare in primo luogo il correlato principio per cui, in tema di risarcimento del danno, l’impossibilità di far valere il diritto quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c., è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende, quando il danno sia percepibile all’esterno e conoscibile da parte del danneggiato, gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, tra i quali l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, o il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 19193 del 19/07/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 21026 del 06/10/2014).
La lettura combinata dei principi sin qui richiamati, allora, vale a rendere evidente che l’esistenza uno iato temporale significativo tra il fatto generatore del danno ed il danno medesimo giustifica l’ancoraggio del momento iniziale di decorrenza del termine di prescrizione al definitivo palesarsi delle conseguenze dannose solo nei casi nei quali queste, pur adottando la diligenza ex art. 1176 c.c., non risultino anteriormente percepibili, in virtù di fattori oggettivi e non di mere circostanze soggettive riferibili al danneggiato.
Conseguentemente, lo specifico criterio di individuazione del momento iniziale di decorrenza della prescrizione individuato da questa Corte deve essere riferito ai soli casi nei quali lo iato temporale tra la condotta lesiva ‘che determina ontologicamente il danno’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12699 del 25/05/2010) ed il manifestarsi all’esterno del danno medesimo venga a dipendere da fattori obiettivi, dovendosi comunque valutare la percepibilità del danno da parte dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c., secondo standards obiettivi (Cass. Sez. 3 – Ordinanza n. 16631 del 12/06/2023; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 22059 del 22/09/2017; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6747 del 07/04/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 3176 del 18/02/2016; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 1263 del 27/01/2012; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12699 del 25/05/2010; Cass. Sez. U, Sentenza n. 27337 del 18/11/2008).
I medesimi principi, allora, devono ritenersi operanti anche nello specifico caso dell’intermediazione finanziaria, come, del resto, ben evidenziato anche dal recente precedente poc’anzi richiamato (Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 32226 del 12/12/2024) dal momento che anche quest’ultimo ha comunque specificato che il momento in cui per il cliente diviene, o è divenuto, realmente percepibile il danno da ascriversi all’intermediario inadempiente ai propri obblighi informativi, dipende dalle circostanze del singolo caso concreto, dovendo la relativa indagine tener conto che i peculiari beni oggetto della controversia (titoli azionari o obbligazionari, derivati e simili) non sono assimilabili ad altri beni mobili e che il danno risarcibile ex art. 1223 c.c. non può essere provocato dal normale andamento del valore o del prezzo del titolo sul mercato secondario, poiché la sua fluttuazione è ontologicamente connaturata alla natura mutevole della valorizzazione degli investimenti finanziari, essendo, invece, necessario un quid
pluris , anche un evento anomalo, che al contempo disveli il rischio taciuto dall’intermediario e concretizzi la lesione patrimoniale.
Tale affermazione vale ad evidenziare che l’estensione del principio enunciato da questa Corte anche al caso dell’intermediazione finanziaria non può avvenire in via indiscriminata ma è da riferirsi ai casi -peraltro non infrequenti -nei quali le conseguenze dannose della condotta dell’intermedi ario -comunque non riconducibili alle mere fluttuazioni di mercato del valore degli investimenti -vengano a palesarsi in un momento successivo rispetto alla condotta dell’intermediario e non siano, per un investitore che adotti l’ordinaria diligenza, immediatamente percepibili.
Anche nel caso dell’intermediazione finanziaria, allora, va ribadita la necessità di tenere distinte le ipotesi -cui si riferiscono appunto i precedenti di Cass. Sez. 1 – Sentenza n. 32226 del 12/12/2024 e Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 2066 del 24/01/2023 -nelle quali le ripercussioni dannose sull’investitore della condotta inadempiente dell’intermediario non siano immediatamente percepibili dall’investitore medesimo anche usando l’ordinaria diligenza -o in virtù delle caratteristiche dell’operazione finanziaria posta in essere, la quale può presentare caratteri di dannosità non immediatamente evidenti persino ad operatori di elevata esperienza, oppure in virtù di altri fattori specifici -dalle ipotesi nelle quali invece, con il semplice esercizio dell’ordinaria dilige nza, l’investitore possa autonomamente e tempestivamente percepire le conseguenze dannose derivanti dalla condotta dell’intermediario .
È evidente, in questo secondo caso, che il momento iniziale di decorrenza della prescrizione non potrà essere individuato secondo l’interpretazione specifica dell’art. 2947 c.c. elaborata da questa Corte in materia di danni non immediatamente percepibili.
Tornando, allora, allo specifico caso in esame, è agevole osservare che dei principi sin qui richiamati la Corte territoriale ha fatto inadeguato governo, applicando acriticamente l ‘ orientamento di questa Corte ad una fattispecie nella quale (non in concreto bensì già in astratto) risultavano radicalmente carenti i presupposti di applicazione del l’orientamento medesimo , non avendo, anzi, la Corte neppure operato una verifica di sussistenza dei presupposti medesimi.
Se si considera, infatti, che la specifica condotta lesiva in relazione alla quale è stato riconosciuto il danno alla sola controricorrente COGNOME -essendo state per il resto disattese tutte le domande dei ricorrenti anche da parte della Corte territoriale – è costituita da un bonifico non autorizzato effettuato abusivamente dal conto della stessa controricorrente a favore di un soggetto terzo sconosciuto, risulta evidente che l’esercizio dell’ordinaria diligenza, consistente nella verifica e controllo periodico dell’andamento del suddetto conto , avrebbe agevolmente consentito di verificare con immediatezza l’operazione non autorizzata e quindi la lesione patrimoniale, non potendosi ritenere che la controricorrente fosse in grado di scoprire la condotta illecita solo dopo che, attivatasi finalmente nel 2009, aveva chiesto alla Banca la trasmissione della documentazione relativa al conto.
L’errore nel quale, in sintesi, è incorsa la Corte territoriale è stato quello di riferire il termine di decorrenza della prescrizione al successivo momento di scoperta del danno, basandosi unicamente sulla circostanza della scoperta medesima e senza in alcun modo individuare ed evidenziare la presenza di fattori oggettivi – e non meramente soggettivi che valessero ad impedire, usando l’o rdinaria diligenza, un’anteriore percezione del danno da parte dell’odierna
contro
ricorrente, in tal modo facendo inadeguato governo della regola generale di cui all’art. 2947 c.c.
Da ciò consegue, l’accoglimento, in parte qua del motivo di ricorso.
L’accoglimento del secondo motivo di ricorso determina l’assorbimento d egli ulteriori mezzi.
In conclusione, il ricorso va accolto in relazione al primo motivo, con assorbimento degli ulteriori motivi e la decisione impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, la quale, nel conformarsi al principio qui richiamato, provvederà a regolare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La Corte, accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a lla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima