Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1578 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1578 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. 28602/2022) proposto da:
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso e all’istanza ex art. 380 -bis , secondo comma, c.p.c., dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso gli indirizzi PEC dei difensori;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, già titolare della cessata RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME COGNOME (P.IVA: P_IVA), rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del difensore;
-controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano n. 2719/2022, pubblicata in data 8 agosto 2022, notificata a mezzo PEC il 23 settembre 2022;
R.G.N. 28602/22
C.C. 5/12/2024
Appalto -Pagamento corrispettivo -Vizi dell’opera Risarcimento danni
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 5 dicembre 2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
vista l’opposizione tempestivamente spiegata dalla ricorrente avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio ex art. 380bis c.p.c.;
letta la memoria illustrativa depositata nell’interesse del controricorrente, ai sensi dell’art. 380 -bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Con decreto ingiuntivo n. 23939/2016 del 29 settembre 2016, notificato il 7 ottobre 2016, il Tribunale di Milano ingiungeva il pagamento, in favore di NOME COGNOME COGNOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME COGNOME e a carico di COGNOME COGNOME, della somma di euro 5.000,00, a titolo di saldo del corrispettivo dovuto per la ristrutturazione dell’unità immobiliare di proprietà dell’ingiunta, come da contratto di appalto concluso per iscritto tra le parti il 30 maggio 2015.
Con atto di citazione notificato il 16 novembre 2016, proponeva opposizione COGNOME NOMECOGNOME la quale deduceva che l’appalto non era stato eseguito a regola d’arte, in ragione dei vizi manifestatisi, e che alcune opere non erano state completate.
Per l’effetto, chiedeva che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato e, in via riconvenzionale, che l’appaltatore fosse condannato al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti.
Si costituiva nel giudizio di opposizione NOME COGNOME COGNOME quale titolare della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME COGNOME,
il quale resisteva all’accoglimento dell’opposizione, eccependo l’intervenuta decadenza dalla garanzia per i vizi dell’appalto.
In corso di causa era assunta la prova testimoniale ammessa ed era espletata consulenza tecnica d’ufficio, con plurime integrazioni peritali.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 1830/2021, depositata il 1° marzo 2021, notificata il 4 marzo 2021, accoglieva l’opposizione e, per l’effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto, condannando parte opposta al pagamento, in favore di parte opponente, della somma di euro 4.715,96, oltre interessi sulla somma progressivamente rivalutata a far tempo dal 29 ottobre 2019, a titolo di risarcimento danni per i vizi riscontrati, previa compensazione con il compenso residuo vantato dall’appaltatore.
2. -Con atto di citazione notificato il 2/7 aprile 2021, NOME COGNOME COGNOME, quale titolare della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME COGNOME, proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado, lamentando: 1) l’erroneo rigetto della sollevata eccezione di decadenza tempestivamente sollevata, avendo la sentenza impugnata ritenuto contraddittoriamente che, a fronte della valida denuncia dei soli vizi oggetto della comunicazione del 27 gennaio 2016, non fosse decorso il termine decadenziale di 60 giorni, nonostante l’assunto secondo cui i lavori dovevano reputarsi ultimati nel mese di ottobre 2015; 2) l’erronea quantificazione del risarcimento dei danni, poiché la differenza di valore degli infissi doveva ritenersi bilanciata dalla realizzazione di più finestre rispetto a quelle concordate, mentre la committente non aveva mai richiesto la sostituzione della porta d’ingresso, la cui voce
dunque non doveva essere riconosciuta, ed ancora la tinteggiatura della camera da letto adiacente all’ingresso era stata prevista a titolo gratuito, con l’effetto che alcun importo poteva essere riconosciuto per la mancata tinteggiatura di tale ambiente; 3) l’errato conteggio operato dal Tribunale, in quanto la consulenza tecnica d’ufficio aveva riconosciuto un danno per le uniche problematiche emerse, pari ad euro 4.070,00, IVA compresa, e non già di euro 7.372,32, senza alcun riconoscimento delle ulteriori voci liquidate in euro 5.425,96.
Si costituiva nel giudizio di impugnazione COGNOME la quale instava per il rigetto dell’appello proposto e la conferma della sentenza impugnata.
Decidendo sul gravame interposto, la Corte d’appello di Milano, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva per quanto di ragione l’impugnazione e, per l’effetto, in parziale riforma della pronuncia impugnata, determinava in euro 2.482,15 il minor valore dell’opera e conseguentemente, previa compensazione con il corrispettivo residuo vantato dall’appaltatore di euro 5.000,00, a saldo dei lavori eseguiti, condannava COGNOME NOME al pagamento, in favore di NOME Rocco COGNOME, della somma di euro 2.517,85, oltre interessi legali dalla domanda al saldo, condannando altresì parte appellata alla refusione della metà delle spese del primo e del secondo grado di giudizio, con compensazione della residua metà.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che il Tribunale, pur avendo dichiarato che i lavori erano terminati ad ottobre del 2015, aveva disatteso l’eccezione di decadenza a fronte
dell’erronea considerazione della tempestività della denuncia di tutti i vizi segnalati nella mail datata 27 gennaio 2016; b ) che, in ogni caso, quand’anche la denuncia fosse stata tempestiva, i vizi descritti nella predetta comunicazione non erano stati rilevati dal consulente tecnico d’ufficio e neppure erano stati riconosciuti meritevoli di tutela risarcitoria da parte del giudice; c ) che l’eccezione di decadenza era pertanto meritevole di accoglimento e, ad ogni modo, gli unici vizi per i quali poteva ipotizzarsi la tempestività della denuncia non erano provati; d ) che doveva essere riconosciuto, invece, il risarcimento dei danni in ordine ai lavori non ultimati ovvero correttamente eseguiti posando beni di valore inferiore a quello concordato (con riferimento ai serramenti e alla caldaia), fattispecie in cui la disciplina applicabile era quella generale in materia di inesatto adempimento e non già la garanzia per i vizi; e ) che non poteva invece essere riconosciuto il danno alla porta d’ingresso, in quanto esso ricadeva nell’eccezione di decadenza, con l’effetto che occorreva in primo luogo scorporare, rispetto a quanto liquidato dal Tribunale, la somma di euro 2.000,00, oltre IVA, a tale titolo addebitata; f ) che la sentenza di primo grado presentava poi i seguenti errori di calcolo in fase liquidativa: – quanto alla tinteggiatura delle pareti per euro 4.600,00, oltre IVA, in luogo di euro 770,00, IVA inclusa; – quanto al minor valore dei serramenti installati di euro 2.067,72, in luogo di euro 1.559,49 (euro 6.500,00 -euro 5.082,28); – quanto al minor valore della caldaia di euro 244,60, in luogo di euro 9,02 (euro 1.760,00 -euro 1.750,98); con l’effetto che l’importo complessivo riconoscibile a parte appellata ammontava ad euro 2.338,51, anziché a quello liquidato dal primo giudice di euro
9.372,32, cui doveva essere aggiunto l’importo di euro 143,64 per l’acquisto dei materiali, per un totale complessivo di euro 2.482,15, da compensarsi con il credito di euro 5.000,00 dell’appellante, al quale doveva essere riconosciuto un credito residuo di euro 2.517,85.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, COGNOME NOME.
Ha resistito, con controricorso, l’intimato NOME COGNOME COGNOME già titolare della cessata RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME COGNOME.
-All’esito, è stata formulata proposta di definizione del giudizio depositata il 21 maggio 2024, comunicata il 22 maggio 2024, ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., alla stregua della ritenuta improcedibilità del ricorso.
Con atto depositato il 28 giugno 2024, COGNOME NOME ha spiegato opposizione avverso la proposta di definizione anticipata del giudizio.
5. -Il controricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -In via preliminare, si rileva che le ragioni addotte con l’atto di opposizione avverso la proposta di definizione anticipata, che aveva ipotizzato l’improcedibilità del ricorso, sono fondate.
In effetti parte ricorrente ha allegato copia della sentenza impugnata, completa di relata di notifica a mezzo PEC perfezionatasi in data 23 settembre 2022, all’istanza di visibilità depositata in Corte d’appello in data 24 ottobre 2022, come da
relativa schermata estratta dalla consolle Avvocati (ossia prima che il ricorso in cassazione fosse notificato e depositato).
La disponibilità in via telematica del fascicolo d’ufficio del giudizio d’appello (come supportata dalla prova documentale offerta dall’opponente) consente di ritenere comunque soddisfatto l’onere gravante sul ricorrente (Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 27883 del 29/10/2024; Sez. U, Sentenza n. 21349 del 06/07/2022).
2. -Tanto premesso, con il primo motivo articolato la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1667 c.c., per avere la Corte di merito confuso i profili della decadenza e della prescrizione dell’azione di garanzia e per avere omesso l’esame della documentazione inerente al termine dei lavori, ai fini della rilevazione della tempestiva denuncia dei vizi.
Osserva l’istante che erroneamente la ricorrente sarebbe stata considerata decaduta dall’azione di garanzia per le difformità e i vizi, computando il termine iniziale in una data diversa dalla fine o consegna dei lavori, il che avrebbe determinato il mancato riconoscimento del vizio relativo alla porta e degli altri vizi emersi con perizia di parte.
2.1. -Il motivo è infondato.
E ciò perché la sentenza impugnata ha rilevato l’incongruenza in cui era incorso il Tribunale, il quale -per un mero errore di computo -aveva ritenuto che, a fronte dell’accertata conclusione dell’opera appaltata nel mese di ottobre dell’anno 2015, la denuncia dei vizi ‘palesi’ risultanti all’esito del completamento dei lavori fosse avvenuta tempestivamente -ossia entro il
termine di decadenza di 60 giorni -con la comunicazione del 27 gennaio 2016.
In proposito, la Corte d’appello ha rilevato che dall’ultimo giorno di ottobre 2015 sino al 27 gennaio 2016, per converso, il termine di 60 giorni era decorso, sicché l’appaltante è stato dichiarato decaduto dalla garanzia per le difformità e i vizi.
Ciò chiarito, in questa sede non può essere sindacato l’accertamento in fatto del dies a quo di decorrenza del termine di decadenza, ossia il momento in cui i lavori sono effettivamente terminati.
Infatti, il relativo accertamento, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto, come nella specie (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 567 del 13/01/2005).
Conclusione nella fattispecie a fortiori avvalorata dalla circostanza che, in ordine ai vizi ‘palesi’ ( recte riconosciuti o riconoscibili), il riscontro deve avvenire al momento della verifica o dell’accettazione, ai sensi dell’art. 1667, primo comma, secondo periodo, c.c., con l’effetto che, successivamente all’accettazione dell’opera ultimata, accettazione eventualmente anche tacita ai sensi dell’art. 1665, quarto comma, c.c., la garanzia per le difformità e i vizi non è più dovuta, senza che operi la decorrenza di alcun termine di decadenza -termine di decadenza di 60 giorni ex art. 1667, secondo comma, primo periodo, c.c. che, di contro, decorre dalla ‘scoperta’ per le sole difformità e vizi occulti -(Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14584 del 30/07/2004; Sez. 1, Sentenza n. 9174 del 11/12/1987; Sez. 2,
Sentenza n. 962 del 05/02/1983; Sez. 2, Sentenza n. 3752 del 06/11/1975; Sez. 3, Sentenza n. 346 del 13/02/1970; Sez. 1, Sentenza n. 2430 del 25/09/1964).
3. -Con il secondo motivo svolto la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale erroneamente valutato i costi del rifacimento dell’intonaco e dell’imbiancatura, valutazione che avrebbe inciso sulla determinazione della soccombenza.
Obietta l’istante che la sentenza impugnata avrebbe omesso di considerare le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio e delle sue integrazioni, che avrebbero quantificato un maggiore e più costoso onere per l’esecuzione dei lavori di tinteggiatura delle pareti della camera da letto, con la necessità di liquidazione di un più cospicuo risarcimento.
4. -Con il terzo motivo proposto la ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale erroneamente sottratto il costo di posa della caldaia, decurtazione che avrebbe inciso sulla determinazione della soccombenza.
Espone l’istante che il minor valore della caldaia avrebbe dovuto essere determinato escludendo l’IVA e senza tenere conto della posa in opera.
4.1. -I due motivi che precedono -che possono essere scrutinati congiuntamente in quanto connessi -sono inammissibili.
Attraverso tali doglianze si chiede infatti al giudice di legittimità di rivalutare i costi del rifacimento dell’intonaco e dell’imbiancatura nonché le differenze dei costi della caldaia ordinata rispetto a quella installata, peculiari accertamenti in fatto che non possono essere svolti in questa sede (Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Sez. 1, Ordinanza n. 5987 del 04/03/2021; Sez. U, Sentenza n. 34476 del 27/12/2019; Sez. 6-5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017; Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
5. -In definitiva, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Poiché, all’esito dell’opposizione alla proposta di definizione anticipata del giudizio, ai sensi dell’art. 380 -bis , ultimo comma, c.p.c., il giudizio è stato definito prescindendo dai termini della proposta, non deve essere applicato l’art. 96, terzo e quarto comma, c.p.c. (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 21668 del 01/08/2024; Sez. U, Ordinanza n. 36069 del 27/12/2023).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione, in favore del controricorrente, delle spese di lite, che liquida in
complessivi euro 2.000,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda