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Decadenza Somministrazione: no per differenze retributive

Un lavoratore in somministrazione per anni ha rivendicato differenze retributive basate sull’anzianità maturata, senza impugnare i contratti. La Corte di Cassazione ha stabilito che la decadenza somministrazione, un termine perentorio, non si applica in questi casi. La richiesta, fondata sul principio di parità di trattamento e non sulla costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, è stata ritenuta legittima. Il caso è stato rinviato alla Corte d’Appello per una decisione nel merito.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Decadenza Somministrazione: Stop alle Applicazioni Estese per le Differenze Retributive

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha tracciato una linea netta su un tema cruciale per i lavoratori in somministrazione: la decadenza somministrazione. La Suprema Corte ha chiarito che il termine di decadenza per impugnare i contratti non si applica quando il lavoratore chiede unicamente il pagamento di differenze retributive basate sul principio di parità di trattamento e sulla continuità di fatto del rapporto lavorativo. Questa decisione rafforza le tutele per i lavoratori somministrati, distinguendo nettamente tra la richiesta di accertamento di un rapporto di lavoro e la rivendicazione di diritti economici maturati.

I Fatti di Causa: Anni di Lavoro in Somministrazione

Il caso riguarda un lavoratore che ha prestato servizio per un lungo periodo, dal 2008 al 2015, presso un’azienda manifatturiera tramite contratti di somministrazione stipulati con un’agenzia per il lavoro. Pur senza mai contestare la legittimità dei singoli contratti, il lavoratore ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento della continuità del suo impiego ai fini economici. La sua domanda mirava a ottenere le differenze retributive derivanti dal corretto inquadramento professionale, dalla maturazione degli scatti di anzianità e da altri emolumenti previsti dal CCNL applicato ai dipendenti diretti dell’azienda utilizzatrice.

La Decisione della Corte d’Appello e il Ricorso in Cassazione

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello avevano dichiarato la domanda inammissibile per intervenuta decadenza. I giudici di merito avevano interpretato la richiesta del lavoratore come una domanda volta, implicitamente, all’accertamento di un rapporto di lavoro in capo all’azienda utilizzatrice. Tale interpretazione faceva scattare il rigido termine di decadenza previsto dall’art. 32 della Legge n. 183/2010, norma che disciplina l’impugnazione dei contratti a termine e di altre tipologie contrattuali flessibili. Il lavoratore ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la sua domanda avesse natura puramente retributiva e non mirasse a modificare la titolarità del rapporto di lavoro.

Decadenza Somministrazione: La Distinzione Cruciale della Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del lavoratore, ribaltando le decisioni precedenti. Il punto centrale della motivazione risiede nella corretta qualificazione della domanda giudiziale. La Suprema Corte ha affermato che i giudici di merito hanno commesso un errore nel confondere due tipi di azioni legali nettamente distinte:

1. Azione di accertamento/costituzione del rapporto: Questa azione mira a far dichiarare l’invalidità dei contratti di somministrazione per ottenere la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’azienda utilizzatrice. Solo questa tipologia di domanda è soggetta ai brevi termini di decadenza somministrazione.
2. Azione per differenze retributive: Questa azione si basa sul principio di parità di trattamento e non mette in discussione la validità dei contratti. Il lavoratore chiede semplicemente che, per tutto il periodo in cui ha lavorato, gli vengano riconosciuti gli stessi diritti economici (anzianità, inquadramento, premi) dei dipendenti diretti dell’utilizzatore.

La Corte ha specificato che la domanda del lavoratore rientrava pacificamente nella seconda categoria. Egli non ha mai chiesto di diventare un dipendente dell’azienda utilizzatrice, ma ha rivendicato il diritto a non essere discriminato economicamente.

Il Principio di Non Discriminazione e la Tutela del Lavoratore

L’ordinanza ha richiamato con forza il principio di non discriminazione, sancito dalla normativa europea (Direttiva 1999/70/CE) e nazionale. Questo principio impone che i lavoratori a tempo determinato e in somministrazione non possano essere trattati in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato comparabili, a meno che non sussistano ragioni oggettive. Il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata attraverso una successione di contratti è una delle applicazioni più importanti di tale principio.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che l’errata applicazione del termine di decadenza avrebbe svuotato di significato il principio di parità di trattamento. Se un lavoratore fosse costretto a impugnare ogni singolo contratto entro un breve termine per poter poi chiedere le differenze retributive, la tutela risulterebbe inefficace. La Corte ha chiarito che l’oggetto della domanda non era l’illegittimità dei contratti, ma la violazione del principio di non discriminazione nell’applicazione delle condizioni retributive durante il loro legittimo svolgimento. Pertanto, l’azione per il riconoscimento dei diritti economici non è soggetta alla decadenza prevista per l’impugnazione contrattuale, ma segue i normali termini di prescrizione dei crediti di lavoro.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La decisione ha importanti implicazioni pratiche. I lavoratori in somministrazione che, pur in presenza di contratti formalmente legittimi, hanno subito un trattamento economico deteriore rispetto ai colleghi assunti direttamente dall’utilizzatore, possono agire in giudizio per recuperare le differenze retributive senza il timore di vedersi opporre la decadenza. Questa pronuncia chiarisce che la richiesta di conteggiare l’intera durata del servizio per calcolare l’anzianità è un diritto che discende direttamente dal principio di parità di trattamento e non richiede una preventiva impugnazione dei contratti. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare la questione nel merito, applicando i principi stabiliti dalla Suprema Corte.

La richiesta di differenze retributive per un lavoratore in somministrazione è soggetta al termine di decadenza previsto per l’impugnazione dei contratti?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il termine di decadenza previsto dall’art. 32 della legge 183/2010 si applica solo quando si chiede la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo a un soggetto diverso dal titolare (l’utilizzatore), ma non quando si richiedono differenze retributive basate sul principio di parità di trattamento, senza contestare la validità dei contratti di somministrazione.

Un lavoratore somministrato può chiedere il riconoscimento dell’anzianità maturata attraverso più contratti per ottenere scatti e un inquadramento superiore?
Sì. La richiesta del lavoratore si fonda proprio sul principio di non discriminazione, che impone di riconoscere l’anzianità di servizio maturata per il calcolo delle retribuzioni, applicando le stesse condizioni economiche e normative dei dipendenti diretti dell’utilizzatore a parità di mansioni, come previsto dalla normativa nazionale ed europea.

Qual è la differenza tra chiedere la “continuità del rapporto” ai fini retributivi e chiedere la “costituzione di un rapporto di lavoro” con l’utilizzatore?
Secondo la sentenza, chiedere la “continuità del rapporto” ai fini retributivi significa domandare che i diversi periodi di lavoro svolti, anche con contratti separati, vengano sommati per calcolare l’anzianità e i relativi benefici economici. Chiedere la “costituzione di un rapporto” significa invece contestare la legittimità dei contratti di somministrazione per ottenere un contratto di lavoro a tempo indeterminato direttamente con l’azienda utilizzatrice. Solo questa seconda ipotesi è soggetta a termini di decadenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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