Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 18690 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 18690 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20990-2020 proposto da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME,
Oggetto
R.G.N. 20990/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 25/03/2025
CC
che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 853/2019 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 15/11/2019 R.G.N. 743/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
1.- La Corte d’appello di Bologna, con la sentenza in atti, ha rigettato l’appello proposto da NOME avverso la sentenza del tribunale di Reggio Emilia che aveva dichiarato inammissibile per decadenza il ricorso proposto dallo stesso lavoratore avente ad oggetto l’impugnazione dei contratti a termine e dei contratti di somministrazione intervenuti con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (nel periodo dall’1.12.2008 al 6.8.2015) allo scopo di ottenere l’accertamento della continuità del rapporto ai fini del pagamento delle differenze retributive maturate in virtù del passaggio del primo livello al secondo e del corretto inquadramento professionale e retributivo del lavoratore somministrato, nonché per la maturazione degli scatti di anzianità.
2.- La Corte d’appello ha affermato che la domanda proposta dal lavoratore, nonostante l’espressione utilizzata (mera continuità del rapporto) implicasse una pronuncia inerente la ricostituzione del rapporto in capo all’utilizzatore e pertanto incorreva nella previsione dell’articolo 32, 4 comma lett. d ) della legge n. 183 del 2010, la quale ha stabilito che la decadenza dell’art. 6 della legge 604/1966 si applica “in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto”.
Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il lavoratore con tre motivi di ricorso ai quali hanno resistito le società RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE con controricorso. Le parti hanno depositato memorie. Il collegio ha autorizzato il deposito di sessante giorni nel termine previsto dalla legge.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si deduce ex art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 32 co. 4 lett. D, l.183/2010 , posto che la Corte di appello avrebbe errato nell’aver ritenuto applicabile la decadenza a questioni di mero pagamento di differenze retributive richieste con la domanda previo accertamento della continuità di fatto e storica di plurimi contratti di somministrazione a termine e della complessiva anzianità di lavoro.
2.- Con il secondo motivo di ricorso si deduce ex art 360 n. 3 c.p.c. la violazione dell’art. 32 co. 4 lett. D, l.183/2010 in combinato disposto con l’art. 39 co.1 d. Lgs. 81/2015, per aver la Corte di appello errato a ritenere applicabile la decadenza a questioni di differenze retributive previo accertamento della validità dei plurimi contratti di somministrazione, non essendo stato mai chiesto nel giudizio che venisse dichiarata la invalidità o la irregolarità dei contratti di somministrazione o la c ostituzione del rapporto in capo all’utilizzatore.
3.- Con il terzo motivo di ricorso si deduce ex art 360 n. 3 la violazione degli artt.3 e 36 cost. in combinato disposto con gli artt. 3.1 e 5.1, Dir. 2008/104, nonché con l’art. 23 d. Lgs. 276/2003 e art. 35 d. Lgs. 81/2015, per la mancata liquidazione delle differenze retributive dovute.
Il primo ed il secondo motivo di ricorso sono fondati per le ragioni di seguito indicate.
Come risulta in atti il ricorrente ha agito in giudizio, in primo grado ed in appello, per chiedere l’applicazione del principio di
parità di trattamento tra i dipendenti dell’utilizzatore ed i dipendenti del somministratore a parità di mansione, ex art. 23 d.lgs.276/2003, applicabile ratione temporis. Tanto con riferimento all’applicazione del regime degli scatti di anzianità, del superiore inquadramento, del premio aziendale e dello adeguamento del tfr, in base al CCNL RAGIONE_SOCIALE, applicato dall’utilizzatrice; ha chiesto che in via pregiudiziale venisse ‘ accertata la continuità sia del rapporto con la somministratrice RAGIONE_SOCIALE sia della prestazione lavorativa in favore della RAGIONE_SOCIALE
5.- Allo scopo ha affermato di aver lavorato ininterrottamente – salvo nei giorni festivi e in occasioni della chiusura estiva e/o natalizia -per la RAGIONE_SOCIALE COGNOME in virtù di contratti di somministrazione stipulati con la RAGIONE_SOCIALE, con 9 contratti ed oltre 40 tra proroghe e missioni per un periodo di 6 anni e 8 mesi: la missione risultava interrotta solo un paio di giorni corrispondenti ai fine settimana (non lavorati presso l’utilizzatrice il cui orario settimanale era articolato su cinque giorni dal lunedì al venerdì) nonché nel mese di agosto e delle volte in corrispondenza alle festività natalizie, in periodi in cui l’ utilizzatrice era tradizionalmente chiusa per ferie.
Ha evidenziato che tali interruzioni fossero funzionali esclusivamente a costituire un risparmio di spesa, non consentendo al lavoratore di godere (nella maggior parte dei casi) delle ferie ed evitando al datore di lavoro ed all’utilizzatrice il pagamento di eventuali giorni festivi ricadenti nel periodo.
Alla scadenza del termine apposto alla seconda proroga dell’ottavo contratto a termine, in data 6.8.2025, il contratto non veniva più rinnovato ed il rapporto cessava. Alla fine sarebbero risultati dovute le differenze retributive per il passaggio di livello (dal primo al secondo nell’ambito della mobilità verticale prevista dal CCNL dopo 18 mesi di effettivo
svolgimento delle mansioni), gli scatti di anzianità e gli aumenti di stipendio, sempre a termini del CCNL.
6.- Allo scopo di percepire queste differenze retributive il ricorrente ha agito in giudizio ed ha chiesto dunque che venisse accertata la continuità del rapporto di lavoro nei termini sopra indicati distinguendo ‘la continuità del rapporto con la somministratrice’ dalla ‘continuità della prestazione in favore della F.RAGIONE_SOCIALE COGNOME‘.
7.- La Corte di appello ha invece sostenuto che la domanda proposta dal lavoratore, nonostante l’espressione utilizzata (accertamento della mera continuità del rapporto con la somministratrice e della prestazione con la utilizzatrice), implicasse una pronuncia inerente la ricostituzione del rapporto in capo all’utilizzatore e che pertanto la domanda incorreva nella previsione dell’articolo 32, 4 comma lett. d ) della legge n. 183 del 2010, la quale ha stabilito che la decadenza dell’art. 6 della legge 604/1966 si applica ” in ogni altro caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’articolo 27 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto “.
La Corte di appello ha sostenuto perciò che il lavoratore con la domanda proposta avesse chiesto che venissero eliminati dall’ordinamento i singoli contratti e gli autonomi rapporti a termine e che pertanto la stessa domanda avesse a presupposto l’invalidità dei medesimi contratti a termine.
8.- Tanto premesso, risulta anzitutto che i primi due motivi, per come formulati in ricorso, sollevino pure, in maniera evidente, il tema pregiudiziale della violazione del principio della domanda ex art. 112 c.p.c. posto che, ai fini dell’applicazione della normativa sulla decadenza ex art. 32, 4 comma lett. d ) della legge n. 183/2010, un conto è la richiesta di ricostituzione del
rapporto in capo all’utilizzatore oppure l’impugnazione dei contratti a termine, altro diverso conto è la domanda di pagamento di differenze retributive relative al periodo di lavoro effettivamente svolto e rivendicate sulla scorta del principio di parità di trattamento.
9.- Sul punto è opportuno premettere anzitutto che l’erronea (ed a maggior ragione incompleta) intitolazione di un motivo di ricorso per cassazione, che non indichi espressamente la violazione dell’art.112 c.p.c., non preclude a questa Corte la individuazione del vizio e la riqualificazione del motivo o la sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c., né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo proposto sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato, come si verifica nel caso di specie (v. anche Cass. n. 759 del 12/01/2025, e Cass. n. 25557 del 27/10/2017).
Inoltre va pure ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte (ad. es. Cass n. 21087/2015) ‘Il giudice del merito, nell’indagine diretta all’individuazione del contenuto e della portata delle domande sottoposte alla sua cognizione, non è tenuto ad uniformarsi al tenore letterale degli atti nei quali esse sono contenute, ma deve, per converso, avere riguardo al contenuto sostanziale della pretesa fatta valere, come desumibile dalla natura delle vicende dedotte e rappresentate dalla parte istan te’ .
11.- Sul piano processuale rileva infine il noto orientamento di legittimità il quale ha affermato che quando la Corte di cassazione è chiamata a sindacare un vizio di inosservanza di norme processuali, essa è per definizione giudice del fatto processuale che ha determinato la violazione denunciata, in modo pieno e senza limiti, potendo, dunque, controllare sia l’esatta individuazione dell’interpretazione della norma astratta
applicata od applicabile, sia l’esatta sussunzione della vicenda processuale sotto di essa, sia l’intero processo logico seguito dal giudice di merito nell’applicare o nel male applicare la norma processuale, con piena possibilità di riscontrare, negli atti rimessi alla Corte con il fascicolo d’ufficio e presenti nei fascicoli di parte pure con esso rimessi o ritualmente depositati, l’intero “fatto processuale” e con il solo limite di quanto da tali fascicoli risulta (Cass. n. 13514 del 08/06/2007).
Perciò quando, come nel caso in esame, venga denunciata col ricorso per cassazione la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendosi l’erronea qualificazione della domanda, il giudice di legittimità non deve limitarsi a valutare la sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investita del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda (Cass. n .21397 del 10/10/2014).
12.- Ciò posto, risulta evidente dalle premesse, come ad avviso del Collegio, ai fini della qualificazione della domanda un conto sia una richiesta di ricostituzione del rapporto in capo all’utilizzatore (mai avanzata in questo giudizio) oppure l’impugnazione dei contratti a termine ( del pari mai dedotta) nel ricorso introduttivo; altro conto siano le differenze retributive relative al periodo di lavoro effettivamente svolto, sulla scorta del principio di parità di trattamento.
Basti considerare altresì che nessuna irregolarità dei contratti a termine od a somministrazione sia stata mai indicata dal ricorrente; sicchè non si vede sulla base di quali presupposti processuali e sostanziali sia stata individuata la domanda ai fini dell’applicazione dell’art.32 della legge n. 210/2010.
13.Qui la parte ricorrente ha invocato semmai una discriminazione per contratti legittimi; non per contratti illegittimi, la cui nullità non è mai stato richiesto di accertare e
dichiarare come tale nel giudizio. E’ stata dedotta nella domanda una violazione del principio di non discriminazione nei contratti precari legittimi (come accade ad es. per l’anzianità di servizio ai fini retributivi per i contratti dei precari per la scuola; v. infra) su cui dovranno pronunciare i giudici di merito.
14.- Il principio di non discriminazione, per quanto riguarda le condizioni di impiego, è stabilito della clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, secondo cui i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
15. Rileva altresì il principio di non discriminazione previsto dall ‘ art. 6. D.lgs. 368/2001 nei seguiti termini: ‘ Al prestatore di lavoro con contratto a tempo determinato spettano le ferie e la gratifica natalizia o la tredicesima mensilita’, il trattamento di fine rapporto e ogni altro trattamento in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili, intendendosi per tali quelli inquadrati nello stesso livello in forza dei criteri di classificazione stabiliti dalla contrattazione collettiva, ed in proporzione al periodo lavorativo prestato sempre che non sia obiettivamente incompatibile con la natura del contratto a termine’.
16. Va pure richiamata la giurisprudenza di questa Corte, in particolare a Sez. Unite (n. 22726 del 20/07/2022) secondo la quale ‘Ai fini del computo dell’anzianità di servizio all’atto dell’immissione in ruolo dei docenti non di ruolo, sia di materie curriculari che di religione cattolica, alla luce di una interpretazione sistematica complessiva del sistema scolastico, che consente una piena fungibilità tra i ruoli di ogni ordine e grado, e del diritto unionale, come interpretato dalla CGUE,
nella parte in cui, nel rispetto della clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, vieta trattamenti discriminatori nel riconoscimento dell’anzianità di servizio tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato comparabili, l’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994 va interpretato estensivamente così da prevedere il riconoscimento dei servizi pregressi non di ruolo, anche se prestati presso le scuole dell’infanzia, non solo in caso di immissione in ruolo nella scuola primaria ma anche in caso di immissione in ruolo nella scuola secondaria ‘ .
17. E la successiva pronuncia sempre a Sez Unite n. 38100 del 29/12/2022: ‘ In applicazione della clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE, i docenti a tempo determinato hanno diritto, a parità di condizioni di impiego, alla piena equiparazione del proprio trattamento retributivo a quello del personale assunto con contratto a tempo indeterminato ed alla conseguente ricostruzione della carriera agli effetti economici, con condanna dell’Amministrazione scolastica a provvedere ai relativi adeguamenti retributivi e a corrispondere le differenze stipendiali riconosciute dal contratto collettivo di comparto in base all’anzianità maturata per il periodo effettivamente lavorato, senza che da tale importo possano essere detratte le somme già percepite a titolo di indennità per ferie non godute e di indennità di disoccupazione, trattandosi di istituti che caratterizzano il lavoro a tempo determinato e quello a tempo indeterminato in maniera tale da non potere essere comparati’.
18. In tema rileva pure Cass. n. 14959 del 11/05/2022: ‘ Al personale scolastico non di ruolo della Provincia di Trento, assunto a tempo determinato, come per i docenti a termine della scuola statale, spetta, in applicazione del divieto di discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro
allegato alla direttiva n. 99/70/CE, di diretta applicazione, il riconoscimento dell’anzianità maturata in forza della successione di contratti di lavoro a tempo determinato ed il conseguente trattamento retributivo secondo il sistema di progressione professionale per fasce di anzianità previsto per gli assunti a tempo indeterminato, non ravvisandosi nello speciale regime di reclutamento del personale scolastico e di conferimento delle supplenze nella Provincia Autonoma di Trento, alcuna ragione oggettiva idonea a giustificare il trattamento economico differenziato’ .
19.- Già in precedenza, e sulla stessa scia, v. Cass. n. 4051 del 19/03/2003: ‘ In riferimento alla condizione dei lettori di lingua straniera presso le Università, a seguito delle sentenze n.3388 del 30 maggio 1989 e n.25991 del 2 agosto 1993 della Corte di Giustizia, nonché della legge 21 giugno 1995, n. 236 ( che riqualifica tali lettori ” collaboratori ed esperti linguistici” e fa salvi i loro diritti quesiti , una volta che siano stati assunti dalle Università) e a seguito della recente pronuncia della Corte di Giustizia, n. 21299 del 26 giugno 2001, sono stati rimossi tutti gli elementi di discriminazione in danno dei suddetti lavoratori derivanti dalla disciplina previgente ; ne consegue che i rapporti di lavoro instaurati con le università dai lettori di lingua straniera devono essere considerati come rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza sin dall’inizio del primo contratto da ciascuno di essi stipulato con l’università, di talché essi possano godere per il futuro dei riflessi, sia economici che in termini di carriera, connessi con l’anzianità di servizio già maturata fin dal primo contratto di lettorato’.
20. Nel caso in oggetto i giudici di merito hanno invece applicato l’art.32 l.183/2010 secondo cui la decadenza dall’impugnazione si applica in ogni caso in cui ‘si chieda la costituzione o l’accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto
diverso dal titolare del contratto” ( e secondo la stessa norma la decadenza si applica inoltre in ipotesi di impugnazione dei contratti a termine). Ma nel caso di specie il lavoratore ricorrente non ha mai richiesto non solo la costituzione ma nemmeno l’accertamento della imputazione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore; non ha mai chiesto inoltre di accertare la nullità dei contratti di lavoro a termine e la conversione in un rapporto a tempo indeterminato.
20.- Il lavoratore ha chiesto di sapere solo se ai fini del Ccnl e del principio di parità vale il lavoro effettivamente svolto e la sua anzianità di lavoro; ha chiesto l’accertamento della continuità del rapporto (da intendersi non come rapporto di lavoro a tempo indeterminato, bensì come conteggio del tempo effettivo di lavoro ai fini dell’anzianità prevista dal Ccnl) in relazione alla maturazione dell’inquadramento superiore e degli scatti di anzianità, ferma restando l’imputazione del rapporto in capo al somministratore e la mera responsabilità solidale delle parti ex art. 35 d.lgs. n. 276/2003.
21.- Il lavoratore non ha mai chiesto di invalidare contratti e termine e di accertare l’esistenza di un contratto a termine e non ha fatto valere nessun diritto connesso all’illegittimità della clausola appositiva del termine; non ha mai detto che sia stata violata alcuna norma che regola la disciplina del contratto a termine. Ha chiesto l’applicazione del principio di parità ed allo scopo è errato sostenere che gli istituti invocati si applichino o si possano applicare solo ai contratti a tempo indeterminato.
22.Non è vero infatti che l’accertamento della durata effettiva della prestazione, richieda di eliminare i singoli rapporti a termine e di configurare un unitario rapporto di lavoro a tempo indeterminato: posto che valutare se, ai fini della durata richiesta per poter maturare i diritti rivendicati, si possano sommare i periodi svolti in contratti a termine diversi richiede
soltanto un esame di merito della stessa disciplina alla luce del principio di parità e di non discriminazione; esame che nel caso di specie è mancato del tutto avendo i giudici – equivocando sull’individuazione della domanda – applicato in via preliminare la decadenza ex art. 32 cit.
23.- Il lavoratore ha chiesto in definitiva solo che venisse conteggiato il tempo del lavoro effettivamente prestato e condannati in solido i controricorrenti ex art. 35 d.lgs. 81/2015 secondo cui ‘Per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore’ .
A tale domanda dovrà dare una risposta di merito in sede di rinvio il giudice competente, attenendosi ai principi sopra indicati.
24.- Alla luce di quanto fin qui osservato i primi due motivi di ricorso devono essere accolti, mentre va dichiarato assorbito il terzo.
La sentenza deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rimessione al giudice di rinvio indicato in dispositivo il quale dovrà procedere alla prosecuzione della causa e provvedere altresì sulle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo ; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione anche per le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 25.3.2023.
La Presidente
Dott.ssa NOME COGNOME