Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7193 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7193 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9756/2020 R.G. proposto da: COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
DI NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di SALERNO n. 135/2020 depositata il 05/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio NOME COGNOME, titolare dell’omonima impresa edile, per sentirlo condannare ad eliminare, a sue cure e spese, i difetti del l’ opera a lui data in appalto dagli attori e realizzata; in via gradata, per sentir dichiarare ridotto il corrispettivo dell’appalto in dipendenza dei suddetti difetti; in ogni caso per sentir condannare il convenuto al risarcimento del danni causati agli attori e al pagamento delle spese di lite.
Gli attori esponevano di aver affidato in appalto al convenuto l’esecuzione dei lavori di straordinaria manutenzione di un loro appartamento, ubicato in Roma al INDIRIZZO per l’importo di complessivi E.172.438,00; di aver corrisposto all’appaltatore il solo i mporto di €.99.302,28 poiché i lavori erano stati male eseguiti e neanche collaudati.
Il convenuto resisteva alla domanda, chiedendone il rigetto e spiegava domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento di €.73.135,72, oltre svalutazione e interessi, quale saldo riportato dallo stato finale dei lavori.
Il Tribunale, rigettando ogni altra domanda, accoglieva la domanda principale, condannando il convenuto alla eliminazione a sue spese dei vizi riscontrati; accoglieva, altresì, la domanda riconvenzionale condannando gli attori, in solido, al pagamento
della somma di €.73.135,72 oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo.
Il Tribunale motivava che gli attori avevano tempestivamente denunciato i lamentati vizi, che parte di essi erano stati riscontrati dal CTU incaricato e che, pertanto, il convenuto doveva essere condannato alla relativa eliminazione.
Quanta alla domanda riconvenzionale, il Tribunale motivava che non vi era stata contestazione sul quantum , ma questione solo sulla sussistenza dell’obbligazione di pagamento in riferimento alla domanda di fissazione di un termine per l’adempimento, decorso il quale, in presenza di inadempimento, gli attori avevano chiesto disporsi la riduzione del prezzo dell’appalto; domanda che, tuttavia, doveva essere dichiarata inammissibile a mente del l’ art. 1668, comma 3, c.c..
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano appello avverso la suddetta sentenza.
NOME COGNOME resisteva al gravame chiedendone il rigetto e proponeva appello incidentale.
La Corte d’Appello accoglieva l’appello incidentale sull’eccezione di decadenza del committente dalla garanzia per vizi e difformità, p osto che l’onere della prova della tempestiva denuncia ricadeva sul committente che non lo aveva assolto.
Infatti, a seguito dell ‘ accertamento dei vizi da parte del direttore dei lavori nominato dal committente dell’opera appaltata decorreva il termine per la denunzia all’appaltatore e la contestazione non poteva essere validamente fatta dal medesimo direttore dei lavori che non ne aveva il potere. In particolare, l’architetto NOME COGNOME direttore dei lavori, aveva riferito che
vi erano state da parte sua contestazioni all’appaltatore già nel corso d ell’ esecuzione dei lavori ma, invece, i committenti non avevano provato alcuna contestazione da parte loro né tanto meno l’avevano allegata.
Peraltro, nella specie si trattava pacificamente di vizi riconoscibili (come confermato oltre che dal direttore dei lavori anche dal teste NOME COGNOME e come evidenziato dal primo giudice) e la consegna dell’opera era avvenuta in data 19.06.2004, mentre la denuncia dei vizi da parte dei committenti era stata rivolta all’appaltatore unicamente con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado in data 25.01.2005. Di conseguenza, andava affermato che i committenti erano ampiamente decaduti dalla garanzia per difformità o vizi del l’ opera ex art. 1667 c.p.c., il che conduceva all’accoglimento dell’appello incidentale, dovendo essere rigettata la domanda inizialmente introdotta da COGNOME NOME e COGNOME NOME
Quanto all’appello principale , la doglianza relativa alla esatta determinazione dell ‘i mporto dovuto a saldo dell’appalto era inammissibile.
A fronte della motivazione del primo giudice, che aveva ritenuto che la questione fosse stata tardivamente prospettata dagli attori e che “dall’esame dell’atto di citazione, non vi era stata contestazione sul quantum delle opere, essendosi limitati gli attori ad affermare di non aver sottoscritto lo stato finale, gli appellanti principali avevano dedotto in contrario, ma del tutto genericamente, di aver contestato il relativo importo fin da epoca antecedente l’i ntroduzione del giudizio. Orbene, la censura era generica e non idonea a confutare le ragioni della decisione sul
punto, né era supportata da alcun elemento idoneo a porre la Corte in condizione di verificare la veridicità dell’affermazione.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di un motivo di ricorso.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso
Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’artt. 1665 e 1667, primo comma, c.c. (art. 360, comma 1, nn.3 e 5 c.p.c.) error in iudicando , vizio di motivazione.
La censura si articola in tre parti: la prima, secondo la quale la Corte avrebbe erroneamente ritenuto avvenuta la consegna dell’opera e la sua accettazione; la seconda attiene al fatto che, dagli atti istruttori, risulterebbe che la denuncia dei vizi sia stata fatta anche dai committenti e che gli stessi erano stati anche riconosciuti dal l’appaltatore (nel ricorso si riportano le dichiarazioni dei testi dalle quali risulterebbe l’erronea valutazione della prova da parte della Corte d’Appello ); la terza censura riguarda la ritenuta mancanza di contestazione del quantum debeatur (i ricorrenti riportano i passi dell’atto di citazione dal quale emergerebbe la suddetta contestazione).
Infine, parte ricorrente lamenta l’erronea liquidazione delle spese di lite che alla luce dell’accoglimento de lle censure proposte dovrebbero essere poste a carico della controparte.
Il motivo deve essere rigettato. Le prime due censure sono inammissibili e la terza è infondata.
La Corte d’Appello ha evidenziato che la consegna dell’opera era avvenuta in data 19.06.2004, mentre la denuncia dei vizi da parte dei committenti era stata rivolta all’appaltatore unicamente con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado in data 25.01.2005.
I ricorrenti con il motivo in esame tendono ad una inammissibile diversa ricostruzione in fatto della vicenda al fine di affermare che non vi sia stata consegna dell’opera e tantomeno una sua accettazione e che i vizi siano stati tempestivamente denunciati anche dai committenti e non solo dal direttore dei lavori architetto COGNOME
La corte territoriale è giunta alle conclusioni opposte con corretto apprezzamento di merito esponendo adeguatamente le ragioni del suo convincimento. La ricostruzione dei fatti sulla base della valutazione delle risultanze istruttorie – prendendo le mosse dall’esame dei fatti e delle prove inerenti al processo – è rimessa all’esame del giudice del merito, le cui valutazioni, alle quali il ricorrente contrappone le proprie, non sono sindacabili in sede di legittimità, ciò comportando un nuovo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel giudizio di cassazione.
In base alla suddetta ricostruzione fattuale le conclusioni della Corte d’Appello sono conformi alla consolidata giurisprudenza di legittimità.
Devono richiamarsi i seguenti principi: L’accertamento dei vizi di un’opera appaltata da parte del direttore dei lavori nominato dal committente fa decorrere il termine per la denunzia da parte di questi all’appaltatore, il cui onere non è assolto se la contestazione è effettuata da detto direttore, che non ha il potere di compiere atti
giuridici per conto del committente (Cass. Sez. 2, 08/09/2000, n. 11854, Rv. 540050 – 01). In tema di appalto, allorché l’appaltatore eccepisca la decadenza del committente dalla garanzia di cui all’art. 1667 cod. civ. per i vizi dell’opera, incombe su questi l’onere di dimostrare di averli tempestivamente denunziati, costituendo tale denuncia una condizione dell’azione (Nella specie, in applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto non assolto l’onere del committente di provare la tempestività della denunzia di vizi riconoscibili, dovendosi tener conto dell’epoca di esecuzione delle opere, nonché della presenza di un direttore dei lavori) (Cass. Sez. 2, 25/06/2012, n. 10579, Rv. 622877 – 01).
Infine è infondata la censura relativa alla tardiva contestazione del quantum debeatur come emerge dalla lettura del ricorso nel quale gli stessi ricorrenti evidenziando di aver solo contestato il saldo in relazione ai vizi chiedendo la riduzione del corrispettivo.
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte
contro
ricorrente che liquida in euro 6000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione