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Decadenza fideiussione: agire entro sei mesi è d’obbligo

Un creditore perde la garanzia per decadenza fideiussione non avendo intrapreso azioni legali entro sei mesi dalla scadenza del debito. La Cassazione chiarisce che la procedura di concordato preventivo del debitore non esonera il creditore da tale onere. Tuttavia, la Corte cassa la sentenza d’appello per non aver adeguatamente motivato il rigetto della prova testimoniale sulla presunta rinuncia alla decadenza da parte del fideiussore.

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Decadenza Fideiussione: La Guida all’Art. 1957 c.c. secondo la Cassazione

La fideiussione è uno strumento di garanzia fondamentale nelle transazioni commerciali, ma nasconde insidie per i creditori poco diligenti. L’art. 1957 del Codice Civile impone un termine perentorio di sei mesi per agire contro il debitore, pena la perdita della garanzia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: cosa succede quando il debitore principale avvia una procedura di concordato preventivo? Questo evento esonera il creditore dal suo obbligo di agire? L’analisi della Corte fornisce chiarimenti essenziali sulla decadenza fideiussione e sulla possibilità di provare una rinuncia a tale decadenza da parte del garante.

I Fatti di Causa

Il caso origina dalla richiesta di un creditore di ottenere il pagamento di una somma ingente da parte del soggetto che si era costituito fideiussore (garante) per un finanziamento concesso a una società. La società debitrice, tuttavia, aveva presentato domanda di ammissione al concordato preventivo. Il fideiussore si è difeso sostenendo che il creditore non aveva intrapreso alcuna azione legale entro sei mesi dalla scadenza del debito, come richiesto dall’art. 1957 c.c., e che quindi la garanzia si era estinta per decadenza.

Sia il Tribunale di primo grado sia la Corte d’Appello hanno dato ragione al fideiussore, confermando l’avvenuta decadenza. Il creditore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra i vari motivi, che l’inclusione del suo credito nell’elenco dei debiti della società in concordato dovesse bastare a impedire la decadenza e che la Corte d’Appello avesse errato nel non ammettere le prove testimoniali volte a dimostrare che il fideiussore aveva verbalmente riconosciuto il debito e rinunciato alla decadenza.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato i diversi motivi di ricorso, fornendo importanti principi di diritto sulla disciplina della decadenza della fideiussione e sui suoi rapporti con le procedure concorsuali.

L’Obbligo di Agire del Creditore e la Decadenza Fideiussione

La Corte ribadisce un principio consolidato: per evitare la decadenza fideiussione, il creditore deve proporre le sue “istanze” contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione. La giurisprudenza è unanime nel ritenere che tali “istanze” debbano essere di natura giudiziale. Non sono sufficienti, quindi, semplici solleciti o messe in mora stragiudiziali. È necessario avviare un’azione legale (di cognizione o esecutiva) volta all’accertamento e al soddisfacimento del credito. Lo scopo della norma è tutelare il fideiussore dall’inerzia del creditore, che potrebbe aggravare la sua posizione lasciando aumentare il debito nel tempo.

Concordato Preventivo: Nessuna Deroga all’Onere del Creditore

Il punto centrale del ricorso era se la procedura di concordato preventivo del debitore principale potesse modificare questo scenario. La risposta della Cassazione è netta: no. L’ammissione del debitore al concordato non esonera il creditore dall’onere di agire giudizialmente entro il termine semestrale. La Corte chiarisce che l’inserimento del credito nell’elenco presentato dal debitore per il concordato, o nella relazione del commissario giudiziale, non equivale a un’azione giudiziale. Tali atti hanno finalità interne alla procedura concorsuale (principalmente per la legittimazione al voto) e non costituiscono un mezzo di tutela processuale idoneo a impedire la decadenza.

La Prova della Rinuncia alla Decadenza e il Vizio di Motivazione

Se i motivi relativi all’effetto del concordato vengono respinti, la Corte accoglie invece le censure relative al mancato esame delle prove. Il creditore aveva chiesto di provare per testimoni che il fideiussore, in più occasioni, aveva riconosciuto il proprio debito e chiesto tempo per pagare, rinunciando di fatto ad avvalersi della decadenza. La Corte d’Appello aveva rigettato tali richieste di prova definendole “generiche e irrilevanti” sulla base di un non meglio precisato “coacervo probatorio”.

La Cassazione ha ritenuto questa motivazione apparente e insufficiente. Un giudice non può rigettare una prova testimoniale, potenzialmente decisiva, senza spiegare in modo specifico perché la ritiene generica o irrilevante. Il rifiuto immotivato di ammettere una prova cruciale costituisce un vizio della sentenza, in quanto priva la decisione del suo fondamento logico-giuridico.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una netta distinzione tra gli adempimenti interni a una procedura concorsuale e gli oneri processuali previsti dalla legge a tutela di terzi, come il fideiussore. La ratio dell’art. 1957 c.c. è quella di sollecitare il creditore a un’azione rapida per non lasciare il garante in una posizione di incertezza e di potenziale aggravio economico. Questa esigenza non viene meno con l’apertura del concordato, procedura che impedisce le azioni esecutive individuali ma non quelle di accertamento del credito.

Per quanto riguarda l’aspetto processuale, la Corte sottolinea l’importanza del diritto alla prova. La possibilità per una parte di dimostrare un fatto decisivo, come la rinuncia alla decadenza (che ai sensi dell’art. 2966 c.c. può avvenire anche tramite un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersene), non può essere negata con una motivazione generica. Rigettare la prova e poi dichiarare il fatto non provato viola il “minimo costituzionale” della motivazione e rende la decisione ingiusta. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza impugnata su questo specifico punto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha rigettato i motivi di ricorso volti a sostenere che la procedura di concordato interrompesse il termine di decadenza. Tuttavia, ha accolto i motivi relativi al vizio di motivazione per la mancata ammissione della prova testimoniale sulla rinuncia alla decadenza. La sentenza d’appello è stata quindi annullata con rinvio a una diversa sezione della Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso, valutando correttamente l’ammissibilità e la rilevanza delle prove richieste dal creditore. Questa pronuncia riafferma la severità dei termini previsti per la decadenza fideiussione ma, al contempo, tutela il diritto delle parti a una valutazione completa e motivata di tutte le prove decisive.

L’ammissione del debitore al concordato preventivo impedisce la decadenza della fideiussione se il creditore non agisce entro 6 mesi?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’ammissione del debitore principale alla procedura di concordato preventivo non è di ostacolo alla decadenza e non esonera il creditore dall’onere di proporre un’azione giudiziale contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza del credito, come previsto dall’art. 1957 c.c.

L’inserimento di un credito nell’elenco dei creditori del concordato vale come azione giudiziale ai sensi dell’art. 1957 c.c.?
No. Secondo la Corte, l’inserimento del credito nell’elenco previsto dalla legge fallimentare o nella relazione del commissario giudiziale non è equipollente a un’azione giudiziale. Tale annotazione attribuisce al creditore solo il diritto di voto nella procedura, ma non costituisce un’istanza idonea a interrompere il termine di decadenza della garanzia fideiussoria.

È possibile provare la rinuncia del fideiussore alla decadenza tramite testimoni?
Sì. La Corte ha cassato la sentenza d’appello proprio perché aveva rigettato in modo immotivato la richiesta di ammissione di una prova per testimoni. Tale prova era volta a dimostrare che il fideiussore aveva riconosciuto il debito e si era impegnato a pagare, comportamento che può integrare una rinuncia ad avvalersi della decadenza. La mancata ammissione di una prova potenzialmente decisiva costituisce un vizio di motivazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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