Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 356 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 356 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25321/2019 R.G. proposto da : COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrenti-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 323/2019 depositata il 29/01/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Premesso che:
1.NOME COGNOME convenne davanti al Tribunale di Bologna, NOME e NOME COGNOME e la srl COGNOME e, esponendo di essersi reso cessionario, nel 1996, di due contratti preliminari di vendita stipulati dalle COGNOME con la srl COGNOME ed aventi ad oggetto cinque box auto da realizzarsi da parte di quest’ultima, di non aver ottenuto il trasferimento dei box entro il termine previsto dai preliminari, propose domanda ex art. 2932 c.c. nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e, ‘in alternativa’, delle COGNOME nonché domanda di condanna delle COGNOME al pagamento dell’equivalente del valore dei cinque box in forza della clausola contrattuale con cui le convenute si erano rese garanti dell’adempimento della società. Le COGNOME, contro questa domanda, eccepirono che l’attore era incorso in decadenza ai sensi dell’art.1957 c.c. essendo rimasto inerte dal 1998 -data in cui i box erano stati accatastati e si era così perfezionata la condizione, prevista nel contratto di cessione dei preliminari, a decorrere dalla quale, entro sei mesi, i definitivi avrebbero dovuto essere stipulali- al 2009 (data della notifica della citazione introduttiva del giudizio di primo grado). L’attore rinunciò alle domande ex art. 2932 c.c. Il Tribunale rigettò la domanda di garanzia ritenendo fondata l’eccezione di decadenza. Il COGNOME impugnò la sentenza contestando di essere rimasto inerte nei confronti della COGNOME. La Corte di Appello di Bologna, con sentenza n.323 del 29 gennaio 2019, dichiarò che, ‘nonostante le articolate argomentazioni avverso la decisione del primo giudice che invero risultano nuove e inammissibili, l’appello risulta comunque da rigettare indipendentemente dall’ammissibilità o meno delle nuove produzioni ed allegazioni’ dato che ‘comunque’ non veniva
efficacemente attaccata l’affermazione fatta dal Tribunale in ordine alla decadenza dell’attore dalla garanzia. La Corte di Appello argomentò nel modo seguente: era provato che il 13 maggio 1998 i box erano stati accatastati; l’accatastamento era condizione per il trasferimento; da quella data decorreva il termine semestrale entro cui l’appellante avrebbe dovuto attivarsi per ottenere l’adempimento della Zeffiro; in realtà l’appellante si era attivato solo ‘molti anni’ dopo la scadenza del termine; non poteva ritenersi, al contrario di quanto dedotto dall’appellante, che la clausola del contratto di cessione dei preliminari per cui stava alla COGNOME convocare l’appellante davanti al notaio integrasse una condizione sospensiva trattandosi invece di clausola dispositiva di semplice modalità con la quale addivenirsi alla stipula del definitivo;
NOME COGNOME ricorre per la cassazione della suddetta sentenza della corte bolognese con cinque motivi avversati da NOME e NOME COGNOME con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
1.con il primo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 345 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) e conseguente omesso esame di fatti decisivi per il giudizio di fatti tempestivamente dedotti in causa (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.)’;
con secondo motivo di ricorso si lamenta ‘violazione dell’art. 345 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) e conseguente omesso esame di fatti decisivi per il giudizio di fatti tempestivamente dedotti in causa (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.)’;
i due motivi sono inammissibili.
Il ricorrente stesso rileva che l’affermazione della Corte di Appello secondo cui le allegazioni nuove erano inammissibili è un’affermazione fatta solo ‘in modo incidentale’ (v. ricorso pagina 12). L’affermazione, anche nella parte relativa alle nuove
produzioni -pur esse dichiarate inammissibili- appare essere, in effetti, incidentale alla luce del fatto che essa è preceduta da quella per cui l’appello ‘è infondato’ ed è seguita, in primo luogo, da quella per cui ‘indipendentemente dall’ammissibilità o meno delle nuove produzioni e allegazioni’ le ragioni d’appello non erano idonee a censurare in modo efficace la sentenza impugnata e, in secondo luogo, dalle osservazioni relative allo svolgimento dei fatti che hanno portato la Corte di Appello a ribadire il rilievo del Tribunale di intervenuta decadenza del ricorrente dalla garanzia ai sensi dell’art. 1957 c.c.. La Corte di Appello ha infatti osservato che, essendosi verificata nel 1998 l’unica condizione sospensiva prevista nei preliminari e nel contratto di cessione dei preliminari ossia la ultimazione e l’accatastamento dei box -, entro sei mesi dalla quale avrebbe dovuto essere adempiuto dalla Zeffiro l’obbligo di trasferimento ed avendo il ricorrente omesso per anni di attivarsi per ottenere l’adempimento di quell’obbligo, il ricorrente era decaduto dalla garanzia fideiussoria.
Si aggiunge che i due motivi, per la parte in cui denunciano l’omesso esame di fatti decisivi in relazione al n.5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c., sono inammissibili ai sensi dell’art. 348 ter, comma 5, c.p.c., (applicabile al caso di specie ratione temporis ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, conv. in l. n. 134 del 2012, essendo stato l’appello introdotto successivamente all’11 settembre 2012) che esclude che possa essere impugnata ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”,
4. con il terzo motivo di ricorso si lamenta ‘erroneità della sentenza per errori di fatto e di diritto, determinati dal mancato esame degli atti e documenti di causa, che hanno provocato travisamento del fatto e del processo quindi motivazione incomprensibile (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) nonché violazione degli artt. 277, 115 e 116 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)’. Il motivo è così
articolato: vi è in primo luogo una deduzione secondo cui la Corte di Appello avrebbe travisato gli atti processuali con l’affermare che non sarebbe stata censurata l’affermazione del giudice di primo grado di intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 1957 c.c. dalla garanzia fideiussoria; segue la trascrizione (da pagina 17 a pagina 20 del ricorso) dei motivi di appello avverso la sentenza di primo grado, a dimostrazione che detta affermazione era stata censurata; vi è poi la deduzione per cui il travisamento dell’atto di appello si è tradotto in ‘violazione dell’obbligo di adeguata motivazione sancito in via generale dagli artt.277, 115 e 116 del codice di rito civile’; 5. il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, in primo luogo, non ha ‘travisato gli atti processuali’ negando l’esistenza di motivi di appello. Ha ritenuto l’appello ‘infondato’ e dopo averne esaminato le ragioni, l’ha ‘rigettato’ dicendo che la sentenza non era stata ‘utilmente’ gravata ossia che i motivi di appello non erano utili allo scopo.
Dal punto di vista motivazionale poi, la sentenza si sottrae ad ogni censura. Premesso che il ricorrente denuncia l’ ‘inadeguatezza’ della motivazione laddove, con la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al “minimo costituzionale”, restandone esclusa la rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” -o così di inadeguatezza- della motivazione (v. Cass. 8054/2014), la motivazione della sentenza impugnata è effettiva, scevra da contraddizioni (irriducibili), perfettamente comprensibile: vi si osserva -come già più volte ricordato- che il Tribunale aveva ben dichiarata la decadenza del ricorrente dalla garanzia prestata dalle controricorrenti, ai sensi dell’art. 1957 c.c. posto che egli era rimasto inerte per anni dopo che si era verificata l’unica condizione sospensiva prevista nei preliminari e nel contratto di cessione dei preliminari -la ultimazione e
l’accatastamento dei box – entro sei mesi dalla quale avrebbe dovuto essere adempiuto dalla Zeffiro l’obbligo di trasferimento;
6. con il quarto motivo di ricorso si lamenta ‘erroneità della sentenza per mancato esame di fatti decisivi, risultanti da atti e documenti di causa, che hanno provocato travisamento del fatto (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) nonché violazione dell’art. 345 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)’;
7. il motivo è inammissibile.
In primo luogo vale anche in relazione a questo motivo la preclusione per ‘doppia conforme’ a cui si è fatto riferimento sopra riguardo al secondo motivo di ricorso: ai sensi dell’art. 348 ter, comma 5, c.p.c., è escluso che possa essere impugnata ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado”.
In secondo luogo, l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (Cass Sez. 6 – 1, ordinanza n.2268 del 26/01/2022). Nel caso di specie, la parte ricorrente argomenta che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Appello, non vi sarebbe stata un’unica condizione sospensiva dell’obbligo della Zeffiro di trasferire i box ma vi sarebbero state condizioni ulteriori.
In terzo luogo l’art. 345 c.p.c. è evocato nella rubrica del motivo senza tuttavia che l’evocazione sia seguita da alcun preciso sviluppo argomentativo;
8. con il quinto motivo di ricorso si lamenta ‘erroneità della sentenza per violazione degli artt. 1410, comma 2, 1957, 2932,
2944, 2945, 2966, 2967, 2943, 1406 ss, 1292 e ss. 1310, 2967 c.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.) nonché erroneità della sentenza per mancato esame di fatti decisivi, risultanti da atti e documenti di causa, che hanno provocato travisamento del fatto (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.) nonché violazione dell’art. 345 c.p.c. (art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.)’.
Il motivo è indirizzato contro l’affermazione finale della sentenza impugnata, in cui la Corte di Appello, tirando le fila delle osservazioni svolte per ribadire l’accertamento del giudice di primo grado in ordine alla intervenuta decadenza del ricorrente dalla garanzia fideiussoria, ha dichiarato ‘certo’ il fatto che era ‘decorso il semestre di cui all’art. 1957 c.c. gli obblighi delle sorelle COGNOME quali fideiussori erano cessati’;
9. Il motivo è inammissibile per le ragioni già espresse in riferimento ai motivi precedenti. Il ricorrente stesso qualifica il motivo ora in esame come ripropositivo dei precedenti laddove scrive, dapprima, che l’affermazione censurata è ‘sostanzialmente priva di autonoma valenza interpretativa ed è una sorta di rafforzativo di quanto affermato in precedenza’ e poi che ‘si ribadisce tutto quanto esposto nei precedenti quattro motivi rinviando a tutti gli atti e documenti sopra citati’;
10 in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
11. le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, liquidate in € 7800,00, per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater del d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ad opera del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma 21 novembre 2024.