Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18661 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18661 Anno 2025
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 11784/2022 r.g. proposto da:
COGNOME NOME, in proprio e quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, titolare de ‘RAGIONE_SOCIALE‘, rappresentato e difeso , giusta procura speciale in calce al ricorso dall’AVV_NOTAIO, unitamente all’AVV_NOTAIO, i quali dichiarano di voler ricevere le notifiche e le comunicazioni relative al presente procedimento agli indirizzi di posta elettronica certificata indicati.
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE di Trieste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO
COGNOME e dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte di appello di Trieste n. 53/2022, depositata il 11/2/2022
udita la relazione RAGIONE_SOCIALE causa svolta nella camera di consiglio del 16/5 /2025 dal AVV_NOTAIO
RILEVATO CHE:
Il 29/3/2001 la Capitaneria di porto di Trieste rilasciava alla società RAGIONE_SOCIALE, di cui era socio accomandatario NOME COGNOME, un’area demaniale marittima per il mantenimento di un locale bar.
Il 4/11/2002 la direzione regionale e la società RAGIONE_SOCIALE sottoscrivevano un atto suppletivo avente per oggetto l’occupazione di un’ulteriore area demaniale marittima, allo scopo di realizzarvi n. 3 aree attrezzate RAGIONE_SOCIALE balneazione.
NOME COGNOME, quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, chiedeva il rinnovo RAGIONE_SOCIALE concessione demaniale, nell’area Barcola-Trieste, in data 3/12/2004 per 6 anni, a decorrere dal 1/1/2005, quindi sino al 31/12/2011.
In data 21/6/2008 si verificava un incendio, con distruzione dello stabilimento.
Successivamente, in data 9/12/2008 vi era una mareggiata che provocava gravi danni alle strutture.
Il 23/4/2009 il RAGIONE_SOCIALE autorizzava il RAGIONE_SOCIALE al ripristino dei locali danneggiati.
In data 21/5/2009 il COGNOME chiedeva la proroga, in proprio, non più quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE società di persone.
Il 2/2/2010 la concessione veniva prorogata per un anno, fino al 31/12/2012, proprio in ragione RAGIONE_SOCIALE distruzione delle strutture a causa RAGIONE_SOCIALE mareggiata.
Con nota del 29/4/2011 il RAGIONE_SOCIALE chiedeva il pagamento del canone demaniale per gli anni 2009 e 2010, nella misura di euro 10.913,99.
Il 17/6/2011 il COGNOME chiedeva la rateazione, senza contestare gli importi richiesti.
Il 2/2/2012 il RAGIONE_SOCIALE di Trieste prorogava la concessione demaniale al 31/12/2012, prendendo però atto che la proroga veniva concessa, non più alla società RAGIONE_SOCIALE, ma a NOME COGNOME, titolare di impresa individuale.
Il 26/11/2012 il RAGIONE_SOCIALE invitava il COGNOME a quantificare il danno derivante dalla prima mareggiata, oltre che a pagare gli importi dei canoni dal 2009 al 2012.
Il 21/2/2013 il RAGIONE_SOCIALE sollecitava ad asportare i materiali accumulatisi sul luogo RAGIONE_SOCIALE concessione a seguito delle mareggiate e dell’incendio, oltre che a pagare i canoni scaduti.
L’ente locale informava il Di COGNOME che l’art. 34duodecies , del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito in legge n. 221 del 2012, aveva determinato la proroga RAGIONE_SOCIALE concessione fino al 31/12/2020.
In data 30/4/2014 veniva notificata al concessionario la comunicazione di avvio del procedimento per la dichiarazione di decadenza RAGIONE_SOCIALE concessione.
Con lettera del 1/9/2014 il COGNOME chiedeva la sospensione del procedimento di decadenza al fine di poter costituire un nuovo soggetto giuridico (la nuova società) alla quale poter cedere la concessione demaniale ai sensi dell’art. 46 del cod. nav., richiedendo la proroga RAGIONE_SOCIALE concessione almeno fino al 31/12/2014.
Con la delibera del 25/9/2014 il RAGIONE_SOCIALE invitava l’apposito servizio comunale ad assicurare al Di COGNOME la possibilità di costituire altro soggetto giuridico per il subentro RAGIONE_SOCIALE concessione, di fatto sospendendo il procedimento di decadenza.
In data 10/10/2014 veniva accolta la richiesta di proroga RAGIONE_SOCIALE concessione.
Con la determinazione n. 284 del 2015, notificata il 2/3/2015, il RAGIONE_SOCIALE di Trieste, dopo aver costatato che nessuna comunicazione era stata fatta circa la costituzione di un nuovo soggetto giuridico e che i materiali accumulatisi dopo l’incendio e le mareggiate non erano stati asportati come più volte richiesto, pronunciava la decadenza RAGIONE_SOCIALE concessione demaniale n. 843/2004, ai sensi dell’art. 47 del cod. nav., dando atto di avere eseguito i lavori di pulizia, recinzione e altro per mettere in sicurezza i luoghi con una spesa complessiva di euro 3147,29.
Gli oneri concessori venivano determinati in euro 11.084,97 per il periodo 2009-2010, euro 10.983,08 per il periodo 2011-2012, euro 5549,91 per l’anno 2013, euro 5543,47 per anno 2014, per un totale di euro 33.161,43.
Il COGNOME in data 29/6/2015 presentava ricorso al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica, che lo rigettava in data 7/2/2017, reputandolo in parte inammissibile, con riferimento all’asserito errore nel calcolo del canone, spettante alla giurisdizione del giudice ordinario.
Con atto di citazione del 20/9/2017 il COGNOME chiedeva: 1) accertare e dichiarare che l’aumento del canone RAGIONE_SOCIALE concessione demaniale da euro 1000,00 a € 5000,00 annui era illegittimo, dovendo al contrario il canone essere dimezzato in conseguenza RAGIONE_SOCIALE distruzione dei beni che insistevano sulla zona oggetto di concessione; 2) dichiarare che la pretesa di euro 33.000,00, contenuta nel provvedimento di decadenza ex art. 47 cod. nav., era
destituita di fondamento; 3) dichiarare che il provvedimento di decadenza doveva essere disapplicato, dovendo essere l’intera vicenda rivisitata alla luce RAGIONE_SOCIALE pretesa del canone effettivamente dovuto (nella misura dimidiata) e RAGIONE_SOCIALE concessione di un periodo di tempo adeguato agli investimenti; 4) dichiarare il provvedimento di decadenza nullo perché pronunciato dal dirigente del servizio, privo del relativo potere, con la determina, anziché dal sindaco; 5) dichiarare la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE di Trieste per avere con colpa ignorato la distruzione dei beni e quintuplicato il canone concessorio; 6) dichiarare la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE, con condanna al risarcimento dei danni nella misura di euro 250.000,00.
Il tribunale di Trieste, con sentenza n. 278/2020, depositata il 19/6/2020, accoglieva solo parzialmente la domanda, riducendo il canone concessorio per il periodo 2009-2010 ad euro 5542,48, dovendo applicarsi le nuove tariffe di cui alla legge finanziaria del 2006, con dimidiazione del canone concessorio, per la mareggiata del dicembre del 2010.
Preliminarmente, il tribunale dava atto che la società era stata cancellata dal registro delle imprese il 24/10/2007.
Quanto al provvedimento di decadenza, il tribunale osservava che l’incompetenza prospettata comportava la sola illegittimità di un provvedimento amministrativo, ma non anche l’inesistenza.
Tra l’altro, il provvedimento era stato adottato nel rispetto dell’art. 107 del d.lgs. n. 267 del 2000.
Quanto al merito, il tribunale evidenziava che la norma di riferimento per la dimidiazione del canone concessorio era il comma 251 dell’art. 1 RAGIONE_SOCIALE legge 27/12/2006, n. 296, che prevedeva la riduzione del canone, nella misura del 50%, in presenza di eventi dannosi di eccezionale gravità, che comportassero una minore utilizzazione dei beni oggetto RAGIONE_SOCIALE concessione.
Per il tribunale, il COGNOME aveva assunto un atteggiamento inerte rispetto alle richieste di chiarimenti circa la prosecuzione del rapporto e l’esecuzione di interventi di risistemazione dell’area demaniale, nonostante le sollecitazioni del RAGIONE_SOCIALE.
Erano stati prodotti documenti nei quali il RAGIONE_SOCIALE insistentemente chiedeva di ripulire l’area dei materiali bruciati dall’incendio o danneggiati dalla mareggiata, oltre a chiedere di pagare i canoni e fornire informazioni sulla prosecuzione del rapporto concessorio.
Tra l’altro il COGNOME, prima del giudizio, non aveva mai chiesto la riduzione del canone, ma solo rateizzazioni.
Il RAGIONE_SOCIALE, peraltro, in occasione dell’atto di proroga avrebbe dovuto ridurre il canone RAGIONE_SOCIALE metà con riferimento agli anni 2009 e 2010, in applicazione dell’art. 1, comma 251, RAGIONE_SOCIALE legge finanziaria 2007.
Per il tribunale, due anni (2009 e 2010) sarebbero stati più che sufficienti a consentire al COGNOME di organizzarsi e tentare di trovare le risorse economiche per riavviare attività.
Non essendovi riuscito, avrebbe dovuto rinunciare a ulteriori proroghe RAGIONE_SOCIALE concessione.
Il permanere dello stato dei luoghi in situazione di abbandono per un tempo di fatto superiore a 6 anni era a lui imputabile.
Pertanto, l’unico canone da dimezzare era quello relativo agli anni 2009-2010, per complessivi euro 5542,48.
Era infondata la domanda di risarcimento dei danni per mancato guadagno in quanto il fatto non era imputabile al RAGIONE_SOCIALE.
Quest’ultimo, anzi, con atteggiamento di attesa nella pronuncia del provvedimento di decadenza aveva manifestato il fine di agevolare il COGNOME nella prosecuzione del rapporto.
Avverso tale sentenza proponeva appello NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
5.1. Con il primo motivo d’appello si lamentava l’omessa pronuncia sull’eccezione di mancata acquisizione del parere (obbligatorio e vincolante) dell’intendenza di finanza prima del provvedimento di decadenza ex art. 26 del d.P.R. n. 328 del 1952.
5.2. Con il secondo motivo d’appello si deduceva l’omessa valutazione dell’avvenuta quintuplicazione del canone RAGIONE_SOCIALE concessione in luogo RAGIONE_SOCIALE dimidiazione, oltre che la concessa proroga solo di un anno.
5.3. Con il terzo motivo d’appello si contestava la determinazione del canone e la nullità RAGIONE_SOCIALE decadenza, deducendo di non aver mai ricevuto comunicazione di tale rideterminazione.
5.4. Con il quarto motivo si lamentava che il canone non pagato ammontava ad euro 1000,00 per ogni anno e non ad euro 5000,00 per ogni anno, come illegittimamente aumentato, su cui doveva essere operata la dimidiazione. L’aumento del canone operato dal RAGIONE_SOCIALE il 28/1/2016 era ingiustificato. Tra l’altro, il concessionario non svolgeva alcuna attività sul bene in concessione.
5.5. Con il quinto motivo si deduceva l’errata valutazione da parte del RAGIONE_SOCIALE di euro 33.000,00, mentre la somma doveva essere ridotta ad euro 3300,00
5.6. Con il sesto motivo l’appellante si doleva RAGIONE_SOCIALE circostanza che il canone non gli era stato ridotto, ma era stato aumentato cinque volte, pur sapendo il RAGIONE_SOCIALE che non si svolgeva più alcuna attività economica nei luoghi oggetto di concessione.
5.7. Con il settimo motivo si deduceva il vizio di Ultrapetizione con riferimento alla declaratoria di nullità delle domande proposte dalla società, in quanto l’eccezione del RAGIONE_SOCIALE di Trieste non era stata rivolta nei confronti RAGIONE_SOCIALE società.
La Corte d’appello di Trieste, con sentenza n. 53/2022, depositata l’11 2022, accoglieva solo parzialmente l’appello, e, in parziale modifica RAGIONE_SOCIALE sentenza di prime cure, quantificava, con riferimento all’anno 2011, il canone concessorio in euro 2745,77, dovendosi tenere conto RAGIONE_SOCIALE mareggiata dell’anno 2010, con conseguente dimidiazione RAGIONE_SOCIALE somma dovuta.
6.1. La Corte territoriale chiariva, preliminarmente, che il ricorso straordinario al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica era stato rigettato «per essere corretta e motivata la pronunciata decadenza ex art. 47 cod. nav., dichiarandosi solo inammissibili le doglianze sul calcolo dei canoni non pagati per difetto di giurisdizione, materia riservata alla competenza del giudice ordinario».
Sempre preliminarmente, si chiariva che non sussisteva il lamentato vizio di ultrapetizione, in quanto competeva al giudice verificare anche d’ufficio la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso.
Residuavano, da ultimo, le doglianze inerenti all’ammontare del quantum dovuto per il canone di concessione.
Dopo la seconda mareggiata del dicembre 2010 e prima RAGIONE_SOCIALE scadenza prorogata al 31/12/2011, il Di COGNOME aveva presentato il 17/6/2011 domanda di rateazione, mentre il RAGIONE_SOCIALE aveva prospettato al concessionario la possibilità di procedere ad abbattimento del canone 2011-2012, ex art. 1, comma 251 RAGIONE_SOCIALE legge 296 del 2006.
Con la nota del 26/11/2012 il RAGIONE_SOCIALE aveva invitato il COGNOME a quantificare i danni derivanti dalla mareggiata, ma tale richiesta era «rimasta poi per anni inspiegabilmente senza riscontro dal concessionario».
La Corte d’appello condivideva le argomentazioni del giudice di prime cure, nel senso che il COGNOME era rimasto inerte rispetto alle
richieste di chiarimenti circa la prosecuzione del rapporto e l’esecuzione di interventi di risistemazione dell’area demaniale.
Il RAGIONE_SOCIALE, però, conosceva bene la situazione dei luoghi sicché era corretta la riduzione del canone RAGIONE_SOCIALE metà con riferimento agli anni 2009 e 2010.
La decisione del tribunale era «nella quasi totalità condivisibile», ma appariva al collegio censurabile esclusivamente laddove il primo giudice aveva limitato la riconosciuta dimidiazione solo agli anni 2009 e 2010, tenendo conto solo RAGIONE_SOCIALE prima mareggiata, senza valutare gli effetti successivi alla seconda mareggiata del dicembre 2010.
Pertanto, con riferimento all’anno 2011, il canone doveva essere ridotto ad euro 2745,77, pari ad euro 5491,54 : 2.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, in proprio e quale legale rappresentante RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, titolare de ‘RAGIONE_SOCIALE‘, depositando memoria scritta.
Ha resistito con controricorso il RAGIONE_SOCIALE di Trieste, depositando memoria scritta.
CONSIDERATO CHE:
Anzitutto, si rileva che è passata in giudicato la questione in ordine al difetto di titolarità attiva del rapporto da parte RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE, in quanto la relativa statuizione del tribunale è stata confermata dalla Corte d’appello (cfr. pagina 13 RAGIONE_SOCIALE sentenza di Corte d’appello «Il settimo motivo è privo di pregio, non sussistendo il lamentato vizio di ultrapetizione posto che compete al giudice verificare e rilevare anche d’ufficio la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso»).
1.1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza e/o del procedimento per violazione delle
regole di giurisdizione esposte nel decisum del ricorso straordinario al Capo dello Stato in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
La sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello ha ritenuto definitivamente coperta da giudicato la validità ed efficacia del provvedimento di decadenza, a seguito del rigetto del ricorso straordinario al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica presentato dal COGNOME.
La sentenza, sul punto, sarebbe «palesemente e macroscopicamente errata».
Ciò, in quanto, il Consiglio di Stato, nel suo parere, avrebbe osservato che doveva dichiararsi inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione, in ordine all’asserito errato calcolo del canone e al suo omesso pagamento.
Sarebbe erronea l’affermazione RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello di Trieste di «ritenere coperta dal giudicato la validità ed efficacia del provvedimento di decadenza nella sua totalità».
Il provvedimento di decadenza poteva considerarsi coperto da giudicato «relativamente alle censure di competenza del giudice amministrativo, non certamente per quelle che rientrano nella competenza del giudice ordinario e sulle quali non vi è pronuncia e quindi non vi è giudicato».
Le censure sollevate con i motivi primo, secondo, terzo e quinto, attengono tutte – ad avviso del ricorrente – alla questione del canone e alla sua determinazione, oltre al suo dedotto mancato pagamento, rientrando tutte nella giurisdizione del giudice ordinario.
In particolare, con il terzo motivo d’appello il COGNOME aveva eccepito di non aver mai ricevuto la comunicazione RAGIONE_SOCIALE rideterminazione del canone demaniale. Si tratterebbe di un ulteriore profilo di nullità RAGIONE_SOCIALE decadenza per la mancanza di una valida comunicazione del provvedimento amministrativo presupposto.
Con il quinto motivo d’appello il COGNOME aveva eccepito che la pretesa non era di euro 33.000,00, ma di euro 3300,00; sicché, per una morosità di euro 3300,00 non poteva pronunciarsi decadenza.
Con il primo motivo d’appello l’attore aveva denunziato l’omessa pronuncia su un punto decisivo RAGIONE_SOCIALE controversia. Sarebbe mancato il parere obbligatorio e vincolante dell’intendenza di finanza previsto dall’art. 26 comma 2 del regolamento approvato con d.P.R. n. 328 del 1952.
Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza e/o del procedimento per omessa pronuncia e comunque per mancanza di idonea motivazione, in particolare per motivazione contraddittoria, perplessa ed obiettivamente incomprensibile, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.».
Con il quarto motivo d’appello il COGNOME ha ritenuto la sentenza di prime cure erronea contraddittoria nella parte in cui ha accolto il capo domanda dell’attore, statuendo una riduzione del canone per il periodo gennaio 2009-2010 pari ad euro 5542,48.
Al contrario, il canone ammontava ad euro 1000,00 anni, mentre quello illegittimamente aumentato arrivava ad euro 5000,00 annui.
Doveva essere dimezzato, allora, il canone di euro 1000,00 e non quello aumentato di euro 5542,48.
Tale aumento non poteva essere consentito in assenza dell’operatività del concessionario.
La Corte d’appello non avrebbe pronunciato sulla domanda relativa alla individuazione dell’importo da dimezzare.
Il canone ammontava ad euro 1000,00 annui ed era questo il canone che doveva essere dimezzato, «per l’intero periodo e non solo per i tre anni indicati».
Il primo motivo è inammissibile.
3.1. Il ricorrente si duole dell’erronea applicazione del giudicato formatosi sul rigetto del ricorso straordinario al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica presentato dal COGNOME il 29/6/2015.
Tuttavia, il ricorrente omette di trascrivere, almeno nei suoi aspetti salienti, il contenuto del provvedimento di natura giurisdizionale, del AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica, che ha rigettato il ricorso straordinario.
Deve peraltro osservarsi che soltanto a partire dal 16 settembre 2010, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 104 del 2010, si è completato – in virtù, in particolare, di quanto stabilito dall’art. 7, comma 8, del citato d.lgs. (secondo cui il “ricorso straordinario è ammesso unicamente per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa”) – il processo di completa “giurisdizionalizzazione” del ricorso straordinario al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica. Ne consegue che solo le decisioni presidenziali adottate all’esito di ricorsi proposti a partire da tale data hanno natura giurisdizionale e sono suscettibili di passare in giudicato (Cass., sez. L, 4/12/2023, n. 33799; Cass., sez. 3, 2/9/2013, n. 20054; Cass., Sez.U., 6/9/2013, n. 20569).
La Corte d’appello, sul punto, ha correttamente ritenuto sussistere il giudicato esclusivamente in ordine alla motivazione del provvedimento di decadenza [«avverso il detto provvedimento di decadenza (ricorso straordinario al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica), il quale venne rigettato per essere corretta e motivata alla pronuncia di decadenza ex art. 47 cod. nav., dichiarandosi sono inammissibili le doglianze sul calcolo dei canoni non pagati per difetto di giurisdizione, materia riservata alla competenza del giudice ordinario»].
Pertanto, la Corte territoriale ha ritenuto, in modo corretto, che risultava «definitivamente ‘coperta da giudicato’ la validità ed efficacia del provvedimento di decadenza, pronuncia definitiva cui è
sottesa quella dell’ an debeatur del canone applicato nel provvedimento indicato, con conseguente rigetto del primo, secondo, terzo, quinto e sesto motivo di doglianza».
Del resto, il primo motivo d’appello era relativo all’assenza di acquisizione del parere obbligatorio e vincolante dell’intendenza di finanza.
Il secondo motivo atteneva alla quintuplicazione del canone RAGIONE_SOCIALE concessione in luogo del dimezzamento dello stesso oltre che per la concessione RAGIONE_SOCIALE proroga di un solo anno, insufficiente per ricostruire ed ammortizzare i rilevanti investimenti.
Il terzo motivo ineriva alla «nullità RAGIONE_SOCIALE decadenza» per omessa ricezione RAGIONE_SOCIALE comunicazione di tale rideterminazione.
Il quinto motivo riguardava la pretesa del RAGIONE_SOCIALE di euro 33.000,00, mentre non sarebbe stato possibile «pronunciare la decadenza RAGIONE_SOCIALE concessione per una morosità di euro 3300,00».
Il sesto motivo atteneva alla concessione di una mera proroga annuale insufficiente per ammortizzare gli investimenti.
Tutti motivi, come visto, sono connessi e collegati a provvedimento di decadenza che, però, è stato ritenuto legittimo, a seguito di presentazione di ricorso straordinario al AVV_NOTAIO RAGIONE_SOCIALE Repubblica.
Il settimo motivo è stato rigettato, in quanto il difetto di titolarità, attiva o passiva del rapporto poteva essere rilevato d’ufficio dal giudice.
La Corte d’appello ha poi affrontato espressamente il profilo del quantum del canone di concessione, proprio in ragione RAGIONE_SOCIALE giurisdizione del giudice ordinario su tale questione.
6. Il secondo motivo è inammissibile.
6.1. La motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello è presente, non solo in senso grafico, ma anche nella indicazione delle argomentazioni logiche e giuridiche sottese alla decisione adottata.
La Corte d’appello ha chiarito le ragioni per cui è stato applicato il canone di euro 5542,48, in luogo di quello di euro 1000,00.
La Corte territoriale, infatti, ha rilevato che l’aumento del canone è stato determinato dall’introduzione RAGIONE_SOCIALE legge n. 296 del 2006, che, peraltro, ha anche previsto il dimezzamento dell’importo in presenza di eventi dannosi di eccezionale gravità.
Si è osservato, infatti, che, a fronte RAGIONE_SOCIALE determinazione del canone da parte RAGIONE_SOCIALE PA, il COGNOME si è limitato a presentare «il 17/6/2011 domanda di rateazione» (cfr. pagina 13 RAGIONE_SOCIALE motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte d’appello).
Inoltre, si è specificato che «il RAGIONE_SOCIALE di Trieste aveva allora prospettato al concessionario la possibilità di procedere ad abbattimento del ‘canone 2011-2012’ ex art. 1 c. 251 L. 296/06 e con nota d.d. 26/11/2012 […] invitando COGNOME a quantificare inoltre i danni RAGIONE_SOCIALE prima mareggiata, richiesta rimasta poi per anni inspiegabilmente senza riscontro dal concessionario ma che sottende comunque che in tale momento (novembre 2012) l’ente comunale era ben consapevole RAGIONE_SOCIALE situazione in essere e delle ragioni RAGIONE_SOCIALE medesima».
Pertanto, in motivazione si fa sempre riferimento al canone, come quantificato in base alle modifiche normative.
L’aumento del canone a seguito RAGIONE_SOCIALE legge finanziaria 2007 è avvenuto in via automatica, ed è stato applicato fino al provvedimento di decadenza RAGIONE_SOCIALE concessione, emesso in data 4/2/2015, notificato il 2/3/2015.
Ed infatti, il RAGIONE_SOCIALE di Trieste in data 29/4/2011 aveva inviato una nota quantificando il canone dovuto per gli anni 2009-2010 in
euro 10.913,99, di cui euro 5477,35 per il 2009 ed euro 5435,98 nel 2010. Il COGNOME, non ha mai contestato importo dei canoni, ma ha solo chiesto la rateazione degli stessi.
Del resto, nella sentenza di prime cure, confermata quasi integralmente dalla Corte d’appello, si è evidenziato che «il COGNOME ha assunto un atteggiamento decisamente inerte rispetto alle richieste di chiarimenti circa la prosecuzione del rapporto e l’esecuzione di interventi di risistemazione dell’area demaniale nonostante le sollecitazioni del RAGIONE_SOCIALE».
Del resto, il tribunale ha anche sottolineato che era vero «quanto affermato dal RAGIONE_SOCIALE circa il fatto che mai abbia richiesto prima di questo giudizio la riduzione del canone, ma solo rateizzazioni».
7. Deve osservarsi che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza RAGIONE_SOCIALE motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” RAGIONE_SOCIALE motivazione (Cass., Sez.U., n. 8053 del 2014).
Va da sé, dunque, che la declinata doglianza non si allinea al diritto vivente e non merita perciò alcun seguito.
8. Le spese del giudizio di legittimità vanno poste, per il principio RAGIONE_SOCIALE soccombenza, a carico del ricorrente si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
dichiara inammissibile ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare in favore del controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2.200,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%, Iva e cpa.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1-q uater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 1, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALE I sezione