Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7490 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 2 Num. 7490 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2025
S E N T E N Z A
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura alle liti allegata al ricorso, dall’Avvocat o NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec del difensore .
Ricorrente
contro
Insanguine NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura alle liti allegata al controricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso l’indirizzo pec del difensore.
Controricorrente
avverso la sentenza n. 361/2023 della Corte di appello di Catania, depositata il 28.2.2023.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12.12.2024 dal consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udite le difese svolte dall’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente.
Fatti di causa
Con atto di citazione del 2018 RAGIONE_SOCIALE NOME propose opposizione al precetto notificatole da NOME, titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, per il pagamento della somma di euro 13.725,93, corrispondente, pro quota , a quanto liquidato dal decreto ingiuntivo emesso nel 2011 nei confronti del condominio di INDIRIZZO in Catania , per il pagamento di lavori di manutenzione dell’edificio , divenuto esecutivo a seguito della sentenza del tribunale di Catania del 2016 che aveva rigettato l’opposizione proposta dal condominio . La opponente motivò la sua domanda assumendo di non dover rispondere del debito avendo acquistato l’unità immobiliare facente parte del condominio nel 2009, in epoca posteriore alla delibera condominiale che aveva disposto i lavori in appalto, adottata nel 2003, ed anche alla loro effettiva esecuzione.
Nel contraddittorio delle parti, il tribunale di Catania, con sentenza del 2021, accolse l’opposizione e dichiarò nullo l’atto di precetto.
Proposta impugnazione, con sentenza n. 361 del 28.2.2023 la Corte di appello di Catania confermò la decisione di primo grado. Motivò tale conclusione sul rilievo che, in caso di subentro nella proprietà di un immobile ricompreso in un condominio, l’obbligo di pagamento dei lavori straordinari sulle parti comuni disposti dall’assemblea grava su colui che è proprietario al momento della approvazione della delibera che dispone la spesa, mentre la opponente aveva acquistato l’immobile in data posterior e. Per la stessa ragione ha ritenuto inoltre irrilevante, ai fini della fondatezza dell’opposizione a precetto, che la RAGIONE_SOCIALE non avesse impugnato la successiva delibera dell’assemblea del condominio che le aveva imputato la quota di debito in oggetto.
Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato il 28. 4. 2023, ha proposto ricorso COGNOME NOME sulla base di un unico motivo.
Insanguine NOME ha notificato controricorso.
Il P. M. e la ricorrente hanno depositato memoria.
Ragioni della decisione
L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 647 e 324 c.p.c. e 1130 e 1131 c.c.
Sotto un primo profilo, la ricorrente lamenta che la Corte di appello non abbia ritenuto l’inoppugnabilità del decreto ingiuntivo posto a fondamento del precetto, che, nel corso del giudizio di opposizione proposto dal condominio, era stato notificato in forma esecutiva anche alla RAGIONE_SOCIALE e non era stato dalla stessa opposto.
Si assume, altresì, l’erroneità della sentenza impugnata per non avere considerato che la definitività del decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, a seguito del rigetto della opposizione, costituiva titolo esecutivo nei confronti della controparte, risultando il decreto emesso ed il giudizio di opposizione svoltosi nel 2011, dopo che la RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato l’unità abitativa ed era pertanto diventata condomina. L’amministratore del condominio, infatti, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, rappresentava anche l’ odierna opponente e la decisione emessa in quel giudizio spiegava piena efficacia anche nei suoi confronti.
Il motivo non merita di essere accolto.
La questione di diritto sollevata ha per oggetto la possibilità per il singolo condomino di opporre al creditore, in sede di esecuzione del provvedimento di condanna emesso a carico del condominio, la propria estraneità al debito, per avere acquistato l’immobile in epoca successiva alla sua assunzione. Nello specifico, la sentenza aveva rigettato l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo che intimava al condominio il pagamento del corrispettivo dei lavori dati in appalto e la condomina, proponendo opposizione al precetto che le aveva intimato la corresponsione pro quota del somma liquidata, aveva dedotto il proprio difetto di titolarità passiva del rapporto obbligatorio, per avere acquistato l’unità abitativa facente parte del condominio dopo l’adozione della delibera che aveva approvato i lavori e dopo la loro esecuzione, pur essendo stato il decreto ingiuntivo emesso quando ella era già condomina.
Va segnalato che il tema controverso non riguarda, in generale, su chi gravi, nel caso di vendita di un immobile facente parte di un condominio, l’obbligo di pagare i lavori di manutenzione straordinaria dello stabile comune. Il relativo
profilo di responsabilità risulta, infatti, risolto dalla sentenza impugnata, con statuizione non oggetto di censura, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, nel senso che, in caso opere consistenti in innovazioni, straordinaria manutenzione o ristrutturazione delle parti comuni, il debito deve ritenersi assunto da colui che era proprietario al momento della adozione della delibera di approvazione dei lavori (Cass. n. 21094 del 2023; Cass. n. 11199 del 2021). Non è in discussione, pertanto, il principio secondo cui, ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c., il condomino che acquista successivamente alla delibera non sia obbligato, nemmeno in via solidale, al pagamento dei lavori in questione.
Tanto precisato, la tesi sostenuta nel ricorso è argomentata dal richiamo al principio, del tutto consolidato, che il giudicato formatosi all’esito di un processo in cui sia stato parte l’amministratore di un condominio, fa stato anche nei confronti dei singoli condomini, pure se non intervenuti in giudizio, atteso che il condominio è ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini e l’amministratore ne ha, per legge, la rappresentanza processuale (art. 1131 c.c.) (Cass. n. 4436 del 2017; Cass. n. 12911 del 2012; Cass. n. 12343 del 2002). Il decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, divenuto definitivo in caso di mancata opposizione ovvero, come nel caso concreto avvenuto, a seguito del suo rigetto, pertanto, autorizza il creditore ad agire in via esecutiva nei confronti dei singoli condomini. Nel caso di specie è pacifico che il decreto ingiuntivo sia stato emesso dopo il perfezionarsi dell’acquisto dell’immobile da parte dell a opponente, quando cioè ella aveva già acquisito la qualità di condomina. La conseguenza è che, pert anto, l’ ingiungente fosse in possesso di un titolo esecutivo efficace nei confronti dell’opponente. Tale efficacia, nel caso di specie, conseguiva anche dalla circostanza che il provvedimento monitorio era stato notificato, oltre che al condominio, anche alla condomina, che non aveva proposto opposizione.
Aggiunge il ricorso che la conclusione che il condomino non possa opporre, in sede di esecuzione, la sua particolare posizione di estraneità rispetto al debito del condominio, discenderebbe anche dal principio, generalmente riconosciuto
nell’ambito dei rimedi posti a disposizione del debitore nella fase esecutiva, che con l’ opposizione all’esecuzione promossa in base ad un titolo di formazione giudiziale possono essere dedotti fatti estintivi, impeditivi o modificativi verificatisi dopo il momento in cui il titolo si è formato, ma non fatti precedenti (in questo senso: Cass. n. 3277 del 2015; Cass. n. 3716 del 2020, che individua tale momento nella maturazione delle preclusioni processuali intervenute nel giudizio di cognizione che ha portato alla formazione del titolo).
Le argomentazioni svolte dalla ricorrente non appaiono condivisibili.
La conclusione proposta sconta, in particolare, una evidente criticità sotto il profilo della tutela da riconoscere al condomino nella particolare situazione dedotta in giudizio. Va in proposito evidenziato che la negazione della possibilità per il condomino di far valere, in sede di opposizione a precetto, il proprio difetto di titolarità passiva rispetto al credito fatto valere dal terzo nei confronti del condominio, passa necessariamente, come sembra ammettere lo stesso ricorso, attraverso il riconoscimento della sua possibilità di sollevare la suddetta eccezione nel giudizio che ha portato alla formazione del titolo. Una diversa soluzione, infatti, porterebbe a negare in toto la facoltà della parte di rappresentare la propria posizione di estraneità al debito contratto dal condominio, con evidente compromissione del suo diritto di difesa, non lasciandogli altro rimedio che quello di ripetere da chi era condomino al momento del la assunzione dell’obbligazione da parte del condominio quanto indebitamente pagato.
Il tema rimanda quindi alla questione se, nella situazione descritta, il condomino possa var valere la sua posizione di estraneità al debito nel procedimento introdotto, in via monitoria o in via di azione ordinaria, dal creditore nei confronti del condominio.
La risposta, tenendo conto dell’orientamento della giurisprudenza e , quindi, del profilo della effettività delle tutele apprestata dall’ordinamento , appare però negativa, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente.
Nello specifico, l’indirizzo prevalente di questa Corte , infatti, non riconosce al singolo condomino la legittimazione a proporre opposizione al decreto ingiuntivo emesso nei confronti del condominio, né a proporre in via autonoma
impugnazione nei confronti della sentenza ad esso sfavorevole (Cass. n. 7053 del 2024; Cass. n. 20282 del 2023; Cass. n. 15567 del 2018; contra: Cass. n. 40857 del 2021). Ciò che viene riconosciuto al condomino, quando l’azione del terzo riguardi un diritto di credito relativo ad una obbligazione assunta dal condominio, al di fuori cioè dei casi in cui la lite investa diritti dei condomini sulle parti comuni dell’edificio e quindi diritti reali (Cass. S.U. n. 10934 del 2019; Cass. n. 22116 del 2023), è solo l’intervento adesivo dipendente, a sostegno delle ragioni del condominio (Cass. n. 7053 del 2024). Ora, a parte il rilievo, di per sé assorbente, che l’intervento del condomino nel giudizio è volontario, cioè facoltativo, e non è assimilabile ad un onere, il che evidentemente impedisce di far discendere, dalla sua mancanza, alcuna conseguenza negativa a suo carico, la stessa natura della sua eventuale partecipazione al giudizio, qualificata come intervento ad adiuvandum , porta ad assegnargli una posizione subalterna rispetto a quella del condominio che abbia proposto opposizione all’ingiunzione, essendo precluso, per giurisprudenza consolidata, all’interveniente adesivo proporre domande ed eccezioni autonome e, in generale, ampliare il tema del contendere.
Resta per l’effetto irrilevante che il decreto ingiuntivo sia stato notificato personalmente alla condomina, adempimento che, come precisato dalla Corte territoriale, va inteso non già diretto a provocare, da parte della stessa, l’opposizione e quindi la d efinitività del provvedimento ingiuntivo, ma soltanto a consentire l’es eguibilità nei suoi confronti del titolo giudiziale , ai sensi dell’art. 479 c.p.c. (Cass. n. 20590 del 2022; Cass. n. 8150 del 2017).
Deve pertanto essere affermato che il quadro normativo non appare consentire al condomino, nella situazione descritta, di eccepire, nel giudizio instaurato dal creditore verso il condominio, la propria estraneità al debito d i quest’ultimo . Né può assumere autonoma rilevanza il fatto che l’azione del creditore venga esercitata verso il condominio nel momento in cui egli, avendo acquistato l’unità immobiliare che ne fa parte, abbia acquistato la qualità di condomino, atteso che la posizione di estraneità che egli vanta rispetto al debito del condominio ha natura strettamente personale e privata ed è sostanzialmente estranea alle difese del condominio, con l’effetto che essa non può essere veicolata attraverso
la rappresentanza processuale del suo amministratore. La natura e consistenza della eccezione sollevabile dal condomino, nell’ipotesi considerata, determina quindi una frattura del rapporto di rappresentanza processuale in capo all’amministratore di condom inio, la cui posizione sostanziale è indifferente rispetto a quella del condomino. Deve convenirsi, sotto questo profilo, che il provvedimento di condanna viene pronunciato nei confronti del condominio, ma non accerta anche e non spiega efficacia assoluta sulla posizione debitoria dei singoli condomini, che per particolari vicende personali potrebbero non rispondere del debito verso il terzo.
Cade pertanto il presupposto giuridico che sostiene la critica sollevata dal ricorso, che, vale a dire, la pronuncia di condanna nei confronti del condominio estende il suo giudicato anche su tutte le questioni sollevabili dai singoli condomini, potendo essi intervenire nel relativo giudizio. Ne discende che rimane travolta anche la conclusione che, nella situazione descritta, la posizione di estraneità al debito del condominio, in quanto preesistente alla formazione del titolo, non avrebbe potuto essere sollevata in sede di opposizione esecutiva. In realtà, non essendo tale situazione rappresentabile dal singolo condomino nel giudizio instaurato dal creditore nei confronti del condominio, è giocoforza ammettere che essa possa essere sollevata dall’interessato in sede di esecuzione della sentenza.
Deve quindi affermarsi che, se la sentenza di condanna del condominio in via generale ha efficacia e costituisce titolo esecutivo nei confronti dei condomini, sia con riguardo alla esistenza che all’ammontare del credito, per ciò stesso non resta preclusa in modo assoluto al singolo condomino il diritto di opporre, in sede di esecuzione, la propria estraneità al debito accertato nei confronti dell’ente condominiale.
Il ricorso va pertanto respinto.
Attesa la novità della questione, le spese del giudizio di legittimità si dichiarano interamente compensate tra le parti.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese del giudizio.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, previsto per il dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ricorso, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in