Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 3124 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2   Num. 3124  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
OGGETTO: nullità e annullamento di contratto
R.G. 7046/2019
C.C. 13-12-2023
sul ricorso n. 7046/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO,
con indirizzo pec EMAIL
ricorrente
contro
NOME COGNOME, c.f. CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, con indirizzo pec EMAIL
contro
ricorrente
nonché contro
AMATO NOME, AMATO NOME
intimati avverso  la  sentenza  n.  2038/2018  della  Corte  d’appello  di  Palermo depositata il 18-10-2018
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1310-2023 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con sentenza n. 825/2015 il Tribunale di Agrigento rigettò la domanda proposta da NOME COGNOME ed NOME COGNOME  volta a ottenere la dichiarazione di nullità o l’ annullamento del contratto con il quale essi in data 23-11-2009 avevano trasferito ad NOME COGNOME e NOME COGNOME la proprietà di un appartamento a estinzione del debito di Euro 350.000,00 che il loro figlio NOME COGNOME aveva assunto nei confronti dei convenuti, suoi suoceri.
Proposero appello NOME COGNOME ed NOME COGNOME, la quale poi  proseguì  il  giudizio  anche  in  qualità  di  erede  del  marito;  si costituirono gli appellati NOME COGNOME e NOME COGNOME e, a seguito della morte di NOME COGNOME, proseguirono il giudizio in qualità di suoi eredi NOME e NOME COGNOME e la stessa NOME COGNOME.
2.Con  sentenza  n.  2038  depositata  il  18-10-2018  la  Corte d’appello di Palermo ha rigettato l’appello, condannando l’appellante alla rifusione delle spese di lite del grado.
La sentenza ha dichiarato che il contratto del 23-11-2009 ‘ datio in solutum da parte del terzo’ non doveva essere ricondotta a una vicenda modificativa dei soggetti dell’obbligazione ma integrava una vicenda solutoria complessa, nella quale l’effetto estintivo delle obbligazioni veniva realizzato mediante il collegamento funzionale di due negozi giuridici aventi entrambi causa solutoria, da un lato l’adempimento del terzo ex art. 1180 co d. civ. da parte degli appellanti e dall’altro lato la datio in solutum tra i soggetti dell’originario rapporto obbligatorio; quindi, NOME COGNOME non era terzo estraneo, ma parte contrattuale, il contratto aveva una propria causa solutoria esistente e valida, che era comune tanto all’adempimento del terzo quanto alla datio in solutum; l’accordo rispondeva anche a interesse tutelato dall’ordinamento, consistente nella volontà del trasferimento del bene immobile degli appellanti attraverso il quale si realizzava sia l’interesse
degli  appellanti  all’estinzione  del  debito  del  figlio,  in  modo  gratuito secondo  lo  schema  causale  tipico  dell’adempimento  del  terzo,  sia l’interesse del contraente NOME COGNOME alla liberazione dell’obbligazione e anche l’interesse dei creditori . Ha aggiunto che il rapporto obbligatorio tra il figlio degli appellanti e i suoi suoceri trovava fondamento in una ricognizione di debito, della quale si dava atto nella premessa del rogito.
La sentenza ha altresì dichiarato che era onere della parte che eccepiva l’incapacità naturale darne prova e nella fattispecie il giudice di primo grado l’aveva correttamente esclusa, essendo tale incapacità incompatibile con la lunga ponderazione della vicenda da parte degli appellanti, che avevano avuto modo di esaminarne la portata anche avvalendosi di supporto e parere tecnico di un legale. Ha escluso l’esistenza di errore essenziale, in quanto l’errore sull’esistenza del debito o sul fatto che la soluzione avrebbe evitato conseguenze al figlio sul piano del rapporto di lavoro non costituiva errore essenziale ma al più errore sui motivi. Ha infine escluso che ricorressero i presupposti della rescissione per lesione.
3.Avverso  la  sentenza  NOME  COGNOME  ha  proposto  ricorso  per cassazione sulla base di tre motivi.
Ha resistito con controricorso NOME COGNOME, mentre sono rimasti intimati  NOME  e  NOME  COGNOME,  ai  quali  il  ricorso  è  stato ritualmente notificato a mezzo pec al procuratore costituito in grado di appello.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e a ll’esito della camera di consiglio del 13-12-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il  primo motivo ‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1180, 1197, 1418 e 1325 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.
-nullità della sentenza’ la ricorrente lamenta che sia stato rigettato il suo primo motivo di appello e sia stata esclusa la nullità del contratto di dazione in pagamento e del relativo atto pubblico. Evidenzia che, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, vi era stata modifica del rapporto obbligatorio dal lato soggettivo, per intervento di soggetti diversi dal presunto debitore; sostiene che la partecipazione di NOME COGNOME alla stipula non poteva essere ritenuta tale da attribuirgli la qualifica di parte contrattuale, in quanto egli aveva avuto parte meramente passiva alla stipula. Aggiunge che la ricognizione di debito , pur essendo stata richiamata nell’atto, non proveniva da chi aveva dato il bene oggetto del contratto in pagamento del (presunto) debito e che il debito era riferibile a un soggetto terzo rispetto al contratto di datio in solutum, per cui non poteva avere l’effetto attribuitole di astrazione processuale della causa; quindi sostiene che i convenuti avrebbero dovuto a ssolvere all’onere della prova sull’esistenza del rapporto fondamentale .
1.1.Il motivo è in primo luogo inammissibile per mancanza di specificità ex art. 366 co.1 n. 6 cod. proc. civ., in quanto in sostanza censura la qualificazione giuridica del contratto del 23-11-2009 eseguita dalla sentenza impugnata -negozi giuridici funzionalmente collegati di adempimento del terzo e di datio in solutum-, ma a tal fine la ricorrente avrebbe dovuto specificare il contenuto del contratto medesimo, così da evidenziare quale fosse il suo concreto contenuto che dimostrasse l’erroneità della qualificazione eseguita dalla sentenza impugnata.
Per il resto, gli argomenti della ricorrente non sono utili né a fare emergere una illegittima ricognizione della fattispecie da parte della sentenza impugnata né a ritenere l’assenza di causa del negozio. In linea  astratta  il  trasferimento  di  immobile  eseguito  dai  genitori  al debitore del figlio a estinzione del debito del figlio integra una datio in
solutum da parte del terzo e perciò una fattispecie nella quale il terzo, anziché eseguire la prestazione dovuta dal debitore come previsto dall’art. 1180 cod. civ., estingue l’obbligazione attraverso una prestazione diversa, che il creditore accetta secondo quanto previsto dall’art. 1197 cod. civ. L’affermazione della ricorrente, per cui il meccanismo comporterebbe una modifica dei soggetti del rapporto obbligatorio non ha fondamento, perché il negozio è stato concluso al fine di estinguere l’obbligazione. Per sostenere la nullità del negozio per mancanza di causa la ricorrente avrebbe dovuto dedurre, con modalità ammissibili in sede di legittimità, l’acquisizione della prova in ordine l’inesistenza del debito che le parti avevano voluto estinguere ; infatti, a fronte del riconoscimento di debito eseguito nel rogito da parte del debitore di cui dà atto la sentenza impugnata con pronuncia che non è stata attinta da censura ammissibile, vale il principio posto da ll’art. 1988 cod. civ. secondo il quale doveva essere provata l’ inesistenza di tale debito.
2.Con il secondo motivo -‘ omesso esame delle circostanze che hanno indotto alla stipula dell’atto di dazione in pagamento in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c. nullità della sentenza’ -la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata abbia erroneamente ritenuto la datio in solutum intercorsa tra i soggetti dell’originario e, secondo l a ricorrente, insussistente rapporto obbligatorio; ciò, sulla base dell’omesso esame della circostanza, consistente nell’errato presupposto che i coniugi COGNOME e COGNOME si fossero avvalsi del parere tecnico di un legale e senza esaminare le dichiarazioni dei testi COGNOME, COGNOME e COGNOME.
2.1.Il  motivo  proposto  ex  art.  360  n.  5  cod.  proc.  civ.  è inammissibile ai  sensi  dell’art.  348 -ter  co.  5  cod.  proc.  civ.  vigente ratione  temporis, applicabile  ai  giudizi  di  appello,  quale  il  presente, introdotti dal giorno 11-9-2012, ai sensi dell’art. 54 co. 2 d.l. 83/2012
conv. con mod. dalla legge 7-8-2012 n. 134 (e prima del 28-2-2023 ex d.lgs. 149/2022) . Si verte in ipotesi di sentenza d’appello che ha confermato la sentenza di primo grado e la ricorrente non ha indicato, come sarebbe stato necessario al fine di ritenere l’ammissibilità del motivo, che le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza d’appello siano diverse (Cass. Sez. 3 28-2-2023 n. 5947 Rv. 667202-01, Cass. Sez. 6-2 9-3-2022 n. 7724 Rv. 664193-01, Cass. Sez. 1 22-12-2016 n. 26774 Rv. 64324403).
3.Con il terzo motivo -‘ violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1428 e 1439 cod. civ. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. nullità della sentenza’ -la ricorrente lamenta che sia stato rigettato il motivo di impugnazione volto a ottenere l’annullamento del contratto per incapacità e per vizi del consenso. Lamenta che la sentenza abbia ritenuto la correttezza della decisione di primo grado che aveva escluso i vizi, essendo l’incapacità incompatibile con la lunga ponderazione della vicenda e con il fatto di essersi avvalsi del parere di legale di fiducia, mentre l’AVV_NOTAIO aveva dichiarato di avere assistito i coniugi COGNOME; rileva che tale errore ha contribuito in modo decisivo anche al rigetto della domanda di annullamento.
3.1.Il motivo è inammissibile, perché gli argomenti non sono utili a sostenere né la violazione né la falsa applicazione di legge, ma sono finalizzati esclusivamente a ottenere una rivalutazione delle risultanze probatorie, in quanto tale inammissibile in questa sede.
Infatti, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di una erronea ricognizione da parte del provvedimento  impugnato  della  fattispecie  astratta  recata  da  una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di una erronea ricognizione della fattispecie concreta  a  mezzo  delle  risultanze  di  causa  è  esterna  all’esatta
interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass. Sez. 1 5-2-2019 n. 3340 Rv. 652549-02, Cass. Sez. 1 13-10-2017 n. 24155 Rv. 645538-03).
Non  possono  essere  esaminate  neppure  le  deduzioni  riferite  al travisamento della prova relativamente alle dichiarazioni rese dal teste COGNOME, in quanto non veicolate attraverso la proposizione di motivo di ricorso formulato in modo ammissibile.
4.In conclusione il ricorso è integralmente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 c o. 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese di lite relative al giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 10.800,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege. Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione