Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9581 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9581 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 09/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14978/2020 R.G. proposto da:
NOME, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME EMAIL), giusta procura speciale allegata al ricorso.
–
ricorrente – contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (EMAIL).
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 865/2020 depositata il 05/02/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 05/02/2024
dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.1. NOME chiedeva ed otteneva decreto ingiuntivo nei confronti di COGNOME NOME, sua convivente more uxorio, al fine di ottenere il pagamento di una somma di denaro in adempimento della scrittura privata sottoscritta dalle parti al fine di regolamentare i rispettivi rapporti economici-patrimoniali all’atto della cessazione del loro rapporto personale.
La COGNOME proponeva opposizione, eccependo di aver già estinto la propria obbligazione mediante rinuncia alla designazione, quale beneficiaria, di una polizza assicurativa contratta dall’attore, e dunque l’avvenuta estinzione ex art. 1197 cod. civ., sul rilievo che l’ex convivente avesse acconsentito alla prestazione in luogo dell’adempimento; in via riconvenzionale, considerato il fatto che la polizza assicurativa fosse di controvalore superiore rispetto all’importo dell’obbligazione assunta, chiedeva la condanna alla restituzione della somma differenziale.
Per contro, parte opposta NOME deduceva che la rinuncia alla polizza non avesse effetti estintivi e che, in ogni caso, la pretesa estintiva fosse fondata su una ‘scrittura privata falsificata nel suo contenuto’, per cui proponeva querela di falso, al fine di privare di efficacia probatoria il documento dal quale l’ex
convivente COGNOME aveva desunto il di lui consenso alla prestazione in luogo dell’adempimento.
1.2. Il Tribunale di Roma, ammessa la querela di falso e svolta l’istruttoria, dichiarava la inefficacia probatoria della scrittura privata da cui si sarebbe dovuto desumere il consenso del creditore opposto, respingeva l’opposizione, rigettava la domanda riconvenzionale e compensava integralmente le spese di lite.
COGNOME NOME proponeva appello, in cui si costituiva resistendo NOME.
2.1. Con sentenza n. 865/2020 del 5 febbraio 2020, la Corte d’Appello di Roma, in totale riforma della sentenza n. 10745/2017 del Tribunale di Roma, respingeva la querela di falso avverso la scrittura privata datata 15/12/2011, sottoscritta da NOME e per l’effetto dichiarava estinta l’obbligazione di pagamento gravante su COGNOME NOME.
Avverso la sentenza NOME propone ora ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni.
Il ricorrente e la resistente hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 281 sexies cod. proc. civ. Violazione del diritto di difesa ex art. 101 cod. proc. civ. e artt. 24 e 111 Cost. (art. 360, n. 3 e n. 4 cod. proc. civ.)’.
Lamenta che la corte territoriale non ha accordato il
differimento dell’udienza ex art. 281 sexies cod. proc. civ. per la discussione orale o per deposito di memorie scritte.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme in tema di valutazione delle prove del principio di non contestazione ex art. 115 cod. proc. civ. e dei principi di cui agli artt. 116 e 214 cod. proc. civ.; omessa valutazione di fatti decisivi. Omessa lettura dei documenti per avere la corte ritenuto pacifici fatti irrilevanti ai fini del decidere e trascurati altri fatti rilevanti, taluni dei quali oggetto di ammissione esplicita dell’appellante (art. 360, n. 3,4 e 5 cod. proc. civ.)’.
Lamenta che la corte territoriale ha omesso di porre a fondamento della propria decisione i fatti non contestati e non ha considerato le prove documentali in atti, tra cui la scrittura privata riconosciuta di scioglimento del ménage e le condizioni generali di polizza.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ‘Nullità della sentenza per violazione e/o errata applicazione dell’art. 1197 cod. civ. e dell’art. 1277 cod., civ.’.
Lamenta, in relazione all’art. 360, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., che la Corte d’Appello di Roma ha erroneamente sussunto il comportamento della debitrice COGNOME nella ipotesi della datio in solutum , con travisamento e contraddittoria motivazione su un punto determinante della controversia ed omessa valutazione e lettura dei documenti.
Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ‘Violazione dell’art. 345 cod. proc. civ. per aver la parte appellante, e la corte territoriale, introdotto in giudizio fatti e prospettazioni completamente nuove e dunque inammissibili’.
Lamenta che la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che in sede di appello la controparte ha mutato completamente prospettazione e strategia difensiva,
introducendo dei nova inammissibili.
Il primo motivo è infondato, in tutte le censure che lo compongono.
5.1. In primo luogo, il ricorrente lamenta che l’ordinanza ha fissato l’udienza ex art. 281 sexies cod. proc. civ. testualmente ‘per precisazione delle conclusioni e lettura sentenza ex art. 281 sexies cod. proc. civ.’, dunque omettendo ogni riferimento alla previa discussione orale.
Orbene, premesso che l’art. 281 sexies cod. proc. civ., nella formulazione vigente ratione temporis , prevede che ‘il giudice, fatte precisare le conclusioni, può ordinare la discussione orale della causa nella stessa udienza o, su istanza di parte, in un’udienza successiva e pronunciare sentenza al termine della discussione’, nella sentenza impugnata si legge espressamente che la sentenza è stata pronunciata ‘all’esito di trattazione orale’ (v. p. 6) e lo stesso ricorrente dà atto che all’udienza fissata le parti hanno discusso oralmente la causa.
Non è pertanto ravvisabile alcuna violazione di legge né alcuna lesione del diritto di difesa.
In secondo luogo, il ricorrente sostiene che la corte ha violato il suo diritto di difesa anche perché non ha accolto l’istanza del suo nuovo difensore, costituitosi solo il giorno prima dell’udienza fissata, di differimento dell’udienza di discussione, istanza reiterata direttamente all’udienza, nell’opposizione del difensore del convenuto, ‘compiaciuto dalla corte che ha ordinato la discussione subitanea’ (v. p. 18 del ricorso).
Anche in tal caso la corte territoriale non è incorsa in violazione alcuna, posto che l’art. 281 sexies cod. proc. civ. dispone letteralmente che il giudice ‘può’ disporre la discussione orale della causa, o direttamente all’udienza fissata o, in caso di richiesta della parte, in un’udienza successiva; in alcuna parte della disposizione, diversamente da quanto sostenuto dal
ricorrente, è previsto che, in caso di istanza di parte, il giudice debba necessariamente disporre il differimento dell’udienza di discussione.
La norma attribuisce al giudice un potere discrezionale, anzitutto nel concedere alle parti di discutere oralmente, ed a maggior ragione nel differire l’udienza di discussione a richiesta delle medesime.
Questa Corte ha poi già avuto modo di affermare che l’art. 281 sexies cod. proc. civ. prevede che il giudice “può” differire, anche su istanza di parte, la discussione orale ad altra udienza. Tale facoltatività incontra il limite della tutela dei diritti di difesa delle parti; tutela che ben può essere assicurata mediante l’assegnazione di un termine per memorie difensive. In ogni caso, la deduzione di una nullità processuale deve essere accompagnata dall’indicazione dell’interesse sostanziale effettivamente pregiudicato (Cass., 24/09/2018, n. 22521; Cass., n. 7104 del 09/04/2015, n. 7104).
Orbene, si desume dal contenuto del motivo che, nel caso di specie, il (nuovo) difensore del ricorrente non ha chiesto la revoca dell’ordinanza con cui era stata fissata l’udienza ex art. 281 sexies cod. proc. civ., ed ha richiesto un breve rinvio dell’udienza di discussione con la motivazione di aver da poco ricevuto il mandato; negatogli il rinvio, ha proceduto alla discussione della causa in contraddittorio con la controparte.
La mancata trascrizione, nel ricorso, del contenuto dell’istanza e di quanto ancora verbalizzato ancora all’udienza di discussione, in violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ., impedisce a questa Corte di rilevare ulteriori argomentazioni svolte a sostegno della prospettata lesione del diritto di difesa: in particolare nel ricorso ci si limita a dire che la richiesta di rinvio veniva reiterata a verbale dell’udienza di discussione, per la motivazione di aver ricevuto il mandato a ridosso della suddetta
udienza, mentre non si menziona per nulla la richiesta di concessione di memorie difensive (v. p. 16 del ricorso), né in ultima analisi, in che cosa si sarebbe concretamente sostanziata la prospettata lesione del diritto di difesa.
5.2. Le ulteriori considerazioni del ricorrente, sia in ordine alla mancata considerazione della costituzione del nuovo difensore solo il giorno prima dell’udienza fissata ex art. 281 sexies cod. proc. civ., sia in ordine alla inopportunità di definire il giudizio secondo siffatto modello decisorio, che non sarebbe stato adeguato alla complessità del caso di specie, non solo mirano a sollecitare a questa Corte una nuova valutazione di circostanze fattuali, preclusa in sede di legittimità (cfr., tra le tante, Cass., Sez. Un., 25/10/2013, n. 24148; Cass., 24/05/2006, n. 12362; Cass., 23/05/2014, n. 11511; Cass., 13/06/2014, n. 13485), ma contrastano anche con l’orientamento di questa Corte , secondo cui la eventuale nullità della sentenza impugnata per violazione del diritto al contraddittorio in relazione al modello decisorio di cui all’art. 281 sexies cod. proc. civ., ove mai sussistente, ‘risulta comunque sanata, ai sensi dell’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ., ove -come nella specie – le parti all’udienza di discussione orale non abbiano chiesto la revoca dell’ordinanza di fissazione di tale udienza ex art. 281 sexies cod. proc. civ. e la concessione dei termini per il deposito della comparsa conclusionale e della memoria di replica ex art. 190 cod. proc. civ., in tal modo omettendo di tenere il comportamento processuale necessario per indurre il Collegio a procedere nelle forme ordinarie, restando altresì esclusa ogni lesione del diritto del contraddittorio, laddove le stesse parti abbiano avuto la possibilità di svolgere appieno le proprie difese (Cass., 13/01/2020, n. 344, che richiama Cass., 13/10/2011, n. 21216 e Cass., 13/04/2012, n. 5891)’.
6. Il secondo motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
In primo luogo, perché cumula svariate doglianze in indifferenziato riferimento ai numeri 3, 4 e 5 dell’art. 360 cod. proc. civ. (v. Cass., 02/10/2020, n. 21204 Cass., 10/03/2020, n. 6734: ‘l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi’).
In secondo luogo, perché sia l’invocato comportamento di non contestazione della controparte sia i documenti da esso ricorrente prodotti ed asseritamente non esaminati dalla corte d’appello sono indicati solo genericamente ed affatto localizzati nel contesto processuale, con conseguente violazione dell’art. 366, n. 3 e n. 6, cod. proc. civ.
In terzo luogo, la censura, peraltro non di ‘omesso esame’ bensì di ‘omessa valutazione’, di ‘fatti decisivi’ risulta inammissibile per la mancata indicazione di quali siano i fatti decisivi a cui viene fatto riferimento, indicazione vieppiù necessaria a seguito del recente arresto delle Sezioni Unite di questa Corte sul tema del travisamento della prova, che delinea una distinzione tra travisamento del contenuto oggettivo della prova, verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio ed ulteriore ripartizione di questo a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale, ponendo il seguente principio di diritto: ‘Il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, cod. proc. civ., mentre, ove il fatto
probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, cod. proc. civ., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale’ (Cass., Sez. Un., 05/03/2024, n. 5792).
6.1. Le critiche che il ricorrente rivolge alla impugnata sentenza si risolvono, in effetti, in una contestazione del cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove (non legali) da parte del giudice di merito e non sono, pertanto, né riconducibili al vizio di violazione di legge, né inquadrabili nel paradigma dell’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5 (che attribuisce rilievo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio: v. Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054), ne’ in quello del precedente n. 4, disposizione che, nel combinato disposto con l’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., attribuisce rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (Cass., 26/09/2018, n. 23153; Cass., 10/06/2016, n. 11892; Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
E ciò sia perché la contestazione della persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie attiene alla sufficienza della motivazione, non più censurabile secondo il nuovo parametro di cui all’articolo 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5, sia perché la parte ricorrente in cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendovi la propria, la valutazione delle risultanze processuali e la ricostruzione della fattispecie operate dai giudici del merito,
trattandosi di accertamento di fatto, precluso in sede di legittimità (Cass., 15/05/2018, n. 11863; Cass., 17/12/2017, n. 29404; Cass., 02/08/2016, n. 16056).
Il terzo motivo è inammissibile per le stesse ragioni del secondo.
Il ricorrente svolge doglianze generiche, finendo per contrapporre una propria ricostruzione alternativa del fatto su cui sollecita il riesame di questa Corte, invece precluso.
Valga in ogni caso rilevare che, come si evince dalla lettura della impugnata sentenza (pp. 8 e 9), con motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici, fondata sulla valutazione delle richiamate risultanze probatorie, la corte territoriale ha ripetutamente affermato, da un lato, che COGNOME NOME ha rinunciato alla qualità di beneficiaria della polizza e, dall’altro, che NOME ha prestato il proprio consenso allo svincolo della polizza medesima.
Il quarto motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
La doglianza del ricorrente è generica e non chiarisce specificamente il contenuto delle criticate domande o produzioni nuove, neppure specificamente localizzate nel complessivo contesto processuale e di cui l’impugnata sentenza non fa menzione alcuna.
In conclusione, il primo motivo deve essere rigettato, gli altri devono essere dichiarati inammissibili.
L’altalenante esito dei precedenti gradi di giudizio impone l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012,
dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza