Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9820 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 9820 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24315/2021 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliato presso il domicilio digitale del medesimo, pec:
-ricorrente-
contro
NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliate presso il domicilio digitale del medesimo,
pec:
-controricorrenti-
nonchè
contro
BOSETTO
NOME
NOME
NOME
-intimati- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BRESCIA n. 828/2021 depositata il 25/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che
Le signore NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero in giudizio, davanti al Tribunale di Brescia, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME esponendo di essere creditrici nei confronti del COGNOME per prestazioni professionali risalenti al biennio 2007-2008, i cui onorari erano stati fatti oggetto di due decreti ingiuntivi non opposti. Esposero che il COGNOME, tra il luglio del 2011 ed il febbraio 2012, si era spogliato di quasi tutti i beni immobili di cui risultava essere proprietario con due distinti rogiti, il primo in favore di NOME COGNOME che era il suo commercialista, ed il secondo in favore della propria moglie NOME COGNOME sicchè con tali atti aveva reso più incerto il soddisfacimento del proprio credito per onorari professionali, risultando la consapevolezza dell’evento dannoso anche in capo agli acquirenti/terzi contraenti.
Ciò premesso chiesero la revocatoria dei suddetti atti al fine di conservare la garanzia patrimoniale del proprio debitore.
NOME COGNOME si costituì in giudizio rappresentando di aver stipulato, in favore del COGNOME, dei contratti di mutuo e di aver ottenuto dal medesimo un atto pubblico di riconoscimento di debito.
Eccepì, pertanto, che la vendita dell’immobile , con annessa compensazione del residuo debito. Costituiva adempimento di un debito scaduto e non poteva essere oggetto di azione revocatoria.
Assunse altresì che le creditrici avrebbero potuto intervenire nella procedura di esecuzione immobiliare relativa allo stesso immobile.
Il Tribunale di Brescia accolse le due domande revocatorie evidenziando che i crediti delle attrici risalivano ad epoca anteriore agli atti di disposizione immobiliare e che l’obbligazione del COGNOME , di restituzione di somme date a mutuo dal Maddaluno, era stata estinta con il trasferimento immobiliare, dunque con una datio in solutum, estranea all’esenzione di cui al terzo comma dell’art. 2901 c.c. Il giudice ritenne sussistenti sia l’ eventus damni, costituito dall’avvenuta alienazione, da parte del debitore, di quasi tutti i propri cespiti immobiliari, sia la scientia fraudis, non potendo sostenersi che il COGNOME, nel porre in essere gli atti dispositivi, ignorasse di ledere le ragioni creditorie delle due professioniste.
NOME COGNOME propose appello e NOME COGNOME appello incidentale. La Corte d’Appello di Brescia , con sentenza n. 828 del 25/6/2021, ritenne fondato l’appello principale solo limitatamente ad una domanda di manleva azionata nei confronti di COGNOME e COGNOME per le conseguenze pregiudizievoli che il COGNOME avrebbe subito per effetto della dichiarazione di inefficacia pronunciata nei suoi confronti, e per il resto confermò la sussistenza di tutti i presupposti della revocatoria degli atti.
Avverso la sentenza NOME COGNOME propone ricorso per cassazione sulla base di cinque motivi.
Resistono NOME COGNOME e NOME COGNOME con controricorso.
Il Consigliere Delegato ha formulato una proposta di definizione anticipata del ricorso nel senso della sua inammissibilità, proposta che il ricorrente assume non essergli stata trasmessa nella sua interezza, così da pregiudicare il suo diritto di difesa. Contestualmente il ricorrente ha chiesto la decisione del ricorso.
In vista dell’adunanza camerale fissata per la trattazione del ricorso entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo -omessa pronuncia su uno specifico capo di impugnazione violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. -il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui la corte del gravame ha ritenuto che, a fronte di una datio in solutum, posta in essere dal debitore nei confronti del Maddaluno, con la conseguente revocabilità di un atto pur costituente adempimento di un debito scaduto, non sussisterebbe una causa di esenzione di cui al l’art. 2901, 3 comma c.c. Il giudice avrebbe dovuto considerare che, essendo stato sottoscritto un atto di riconoscimento di debito ed avendo la vendita la finalità di consentire il reperimento della liquidità occorrente all’adempimento del debito, l’atto rientrava propriamente tra quelli espressamente esentati dall’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901, terzo comma c.c.
Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c.
Nella giurisprudenza di legittimità è consolidato il principio in base al quale ‘ quando l’estinzione del debito avviene attraverso una datio in solutum , è innegabile l’intervento di una scelta volitiva, da parte del debitore in accordo con il creditore, intervento sufficiente ad escludere ogni carattere di “atto dovuto” dal meccanismo negoziale prescelto (Cass., Sez. 1, 21 dicembre 1990, n. 12123: ‘La ‘datio in solutum’, -nella specie attuata mediante la cessione di beni con imputazione del prezzo a compensazione di un debito scaduto-, costituisce modalità anomala di estinzione dell’obbli gazione ed è quindi assoggettabile all’azione revocatoria ordinaria promossa dal curatore ex art. 66 l.fall., sottraendosi all’inefficacia ai sensi dell’art. 2901, comma 3, c.c. solo l’adempimento di un debito scaduto in senso tecnico e non un atto
discrezionale, dunque non dovuto, come la predetta cessione, in cui l’estinzione dell’obbligazione è l’effetto finale di un negozio soggettivamente ed oggettivamente diverso da quello in virtù del quale il pagamento è dovuto ‘ , conf. Cass., 6-1, n. 26927 del 14/11/2017; Cass., 3, n. 4244 del 19/2/2020).
Con il secondo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc sotto il profilo dell’accertata valenza pregiudizievole dell’atto di vendita – il ricorrente impugna la sentenza per avere la corte ritenuto sussistente l’elemento oggettivo dell’ eventus damni.
Il motivo è inammissibile.
Esso impinge in una valutazione di merito, rimessa alla discrezionale valutazione del giudice a quo .
La Corte d’Appello di Brescia, infatti, sulla scorta del fatto accertato della vendita del bene immobile e quindi della fuoriuscita dal patrimonio del debitore del bene immobile oggetto di contratto tra Bosetto e Maddaluno, ha ritenuto che fosse dimostrato il fatto che sarebbe stato più difficoltoso o incerto per le creditrici il compito di realizzare il loro credito, poiché comunque l’alienazione del bene determinava una riduzione del patrimonio del debitore.
Con il terzo motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc con riguardo all’incombenza dell’onere di provare l’efficacia pregiudizievole -il ricorrente denunzia la violazione dei principi sull’onere della prova , per avere la corte apoditticamente affermato che il COGNOME avrebbe dovuto dare la prova che i suoi beni residui, ormai consistenti nel solo usufrutto su un altro bene immobile, fossero idonei a salvaguardare le ragioni creditorie delle attrici.
Il motivo è inammissibile, in quanto volto ad evocare un riesame dei fatti e delle prove.
Peraltro nella parte in cui il debitore viene indicato come onerato della prova della esistenza di un patrimonio residuo, l’impugnata sentenza risulta informata al principio affermato da questa Corte secondo cui la prova della esistenza di un patrimonio residuo incombe al debitore (Cass., 3, n. 28286 del 9/10/2023).
Con il quarto motivo -violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc con riguardo alla valutazione cumulativa del pregiudizio derivato dagli atti di vendita- il ricorrente introduce nel giudizio un argomento nuovo -e come tale inammissibileconsistente nel ‘preteso effetto di trascinamento riverberatosi sulla pronuncia d’appello per effetto dell’indistinto apprezzamento che il giudice di prime cure ha fatto dell’asserito pregiudizio cumulativo derivante dall a combinata interazione dei due atti di compravendita’. Il motivo manca della struttura propria del mezzo di impugnazione perché non viene indicato in quali termini la questione sia stata introdotta nel giudizio di merito, quale sia stata la pronuncia impugnata, quale il motivo di appello e quale la decisione del giudice del gravame.
Il motivo è pertanto inammissibile per assenza dei requisiti di contenuto-forma.
Con il quinto motivo di ricorso -violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc sotto il profilo della asserita valenza peggiorativa dell’atto di vendita il ricorrente si duole, sempre con riferimento all’ eventus damni, che la corte del merito abbia ritenuto sufficiente gli atti dispositivi per configurare un peggioramento del patrimonio del debitore.
Il motivo è inammissibile perché in contrasto con il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui, ai fini dell’azione revocatoria , non è necessario provare che dall’atto sia derivato al creditore un danno concreto ed effettivo risultando sufficiente dimostrare ‘una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta l’esecuzione coattiva del debito o da compro metterne la fruttuosità ‘ (cfr. Cass., 6-3, n. 16221 del 18/6/2019 ).
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile e il ricorrente condannato al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 21 febbraio 2025 dal Collegio riconvocatosi nella