Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16360 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16360 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6628/2022 R.G. proposto da:
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME COGNOME ex lege domiciliato come da Pec.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME
COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME
–
contro
ricorrente – avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 2494/2021 depositata il 30/12/2021. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE (di seguito, per brevità, il Fallimento) propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza n. 2494 del 30 dicembre 2021 con cui la Corte d’Appello di Firenze, in riforma della sentenza n. 593 del 9 luglio 2017 con cui il Tribunale di Prato aveva accolto l’azione revocatoria proposta dalla curatela, aveva invece ritenuto che l’azione fosse prescritta, sul rilievo per cui -premesso che ex art. 2704 cod. civ. una scrittura privata è opponibile al curatore in qualità di soggetto terzo solo quando abbia assunto data certa la conclusione dell’atto di cessione in data anteriore a quella (22 ottobre 2010) risultante dal timbro postale sullo stesso apposto e, di conseguenza, in data antecedente al termine quinquennale di prescrizione, fosse provata dai timbri postali apposti sulla documentazione relativa alle raccomandate di notifica della cessione inviate ai debitori ceduti in data 22-25 maggio 2009, timbri aventi la stessa valenza di quello apposto sul contratto di cessione, e che tale anteriorità di data fosse ulteriormente desumibile dalla contabilità della società fallita, nella quale la cessione dei crediti era stata iscritta in data antecedente a quella (22 ottobre 2010) risultante dal timbro postale apposto sul contratto.
Resiste con controricorso la RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza
camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1, cod. proc. civ.
Il ricorrente e la controricorrente hanno depositato rispettiva memoria ilustrativa, che non possono considerarsi peraltro tale, in difetto dei requisiti di legge.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione ed errata applicazione dell’art. 2704 codice civile in relazione all’art. 360, primo comma, c.p.c. ed in ipotesi omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (motivo 3)’.
Con il terzo motivo il ricorrente denunzia ‘In ipotesi, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia’.
Lamenta che la corte territoriale ha errato nell’attribuire rilievo al timbro postale sulle raccomandate di notificazione, da parte della cedente poi fallita, della cessione dei crediti ai vari debitori ceduti, mentre avrebbe dovuto tenere conto del fatto che la cessionaria non aveva dato prova del contenuto del plico notificato e che la notifica della cessione del credito non può essere considerata atto idoneo a dimostrare una data certa, ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.
Come detto, il motivo è stato trattato unitamente sia al primo sia al secondo motivo di ricorso e, per le ragioni sinora esposte, ne segue la medesima sorte.
1.1. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono inammissibili.
1.2. Giova anzitutto ricordare: a) che il curatore fallimentare che esercita l’azione revocatoria onde far dichiarare inefficace la cessione del credito da parte del cedente poi fallito (atto, questo, anomalo per la procedura) è considerato terzo; b) che da questa circostanza, cioè l’essere il curatore terzo e non parte, discende l’applicabilità dei limiti probatori indicati dall’art. 2704 cod. civ.;
c) che l’art. 2704 cod. civ. dispone, al primo comma: ‘La data della scrittura privata, della quale non è autenticata la sottoscrizione, non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del
documento ‘.
1.3. Orbene, previa motivata valutazione in fatto, la corte di merito è pervenuta ad affermare che, rispetto alla data del timbro postale apposto sull’atto di cessione del credito, la notifica della cessione ai debitori ceduti da parte della cedente, poi fallita, risulta essere avvenuta in data anteriore, come dimostrato dalle raccomandate inviate a tutti i debitori ceduti ex art. 1264 cod. civ. per avvisare della avvenuta cessione, in quanto ‘raccomandate tutte spedite in data 22 /25.5.2009 (come da cartoline postali in atti munite di timbro di spedizione)’, tenuto conto che ‘la natura pubblica del timbro postale impresso sulle cartoline ha la medesima valenza del timbro postale apposto sul contratto di cessione, trattandosi sostanzialmente di attestazioni aventi pari efficacia probatoria rispetto ai terzi’ (così p. 9 dell’impugnata sentenza).
Per contro, il ricorrente, pur invocando la violazione dell’art. 2704 cod. civ., e pur deducendo il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, non tiene conto della motivazione impugnata, e non spiega perché la considerazione, da parte della corte di merito, di questo timbro postale -e quindi di questa dataanteriore abbia comportato violazione dei principi posti dall’art. 2704 cod. civ.
Neppure poi è chiaramente individuato quale sia il fatto
storico decisivo, oggetto di discussione tra le parti, che la corte territoriale avrebbe omesso di esaminare, per cui il ricorrente incorre in manifesta violazione dell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ.
Al contrario, correttamente la corte territoriale ha rilevato l’anteriorità del timbro postale recante la data della notificazione della cessione del credito ai debitori ceduti, circostanza questa della data contenuta in un timbro postale- del tutto equipollente a quella, costituita dalla data del timbro postale apposta sull’atto di cessione del credito, invocata dal Fallimento per negare l’avvenuto decorso della prescrizione dell’azione revocatoria.
1.4. Sono poi inammissibili le ulteriori doglianze secondo cui non vi è prova del contenuto dell’atto la cui data di notificazione è stata considerata come certa dalla corte d’appello e, per altro verso, la corte territoriale ha asseritamente violato l’ orientamento giurisprudenziale per cui il timbro postale deve ritenersi idoneo a conferire carattere di certezza alla data di una scrittura tutte le volte in cui lo scritto faccia corpo unico con il foglio sul quale il timbro stesso risulti apposto, poiché la timbratura eseguita in un pubblico ufficio deve considerarsi equivalente ad un’attestazione autentica che il documento è stato inviato nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita (Cass., n. 5561/2004; Cass., 21814/2006; Cass., 23281/2017).
Con motivata sul punto non specificatamente impugnata dal ricorrente la corte di merito , sul rilievo che ‘per sostenere che il timbro postale impresso sulle buste di invio non potesse avere valenza e attendibilità dimostrativa ex art. 2704 c.c., occorreva contestare che quelle buste recanti i timbri di spedizione non afferivano appunto alle missive di avviso dell’avvenuta cessione’, ha posto in rilevo come invero ‘mai in corso di causa il Fallimento ha contestato la corrispondenza tra la notifica dell’atto ed il contenuto dell’atto medesimo’ (v. p. 10 della sentenza). E anche in questa sede il ricorrente non indica né ‘ localizza ‘ se, dove e
quando abbia svolto la contestazione che invece la corte di merito nega esserci stata.
Rispetto dunque a tale ratio decidendi (v. ancora p. 10 dell’impugnata sentenza: ‘la curatela cioè non ha preso alcuna posizione circa l’esistenza di una data del pari certa evincibile da queste raccomandate che dimostrerebbe che l’atto di cessione risale ad un’epoca anteriore al 22.2.2010’), la motivazione resa dalla corte d’appello viene dunque a consolidarsi, atteso il consolidato orientamento in base al quale quando la sentenza di merito impugnata risulta come nella specie fondata su più autonome rationes decidendi ( nel senso che ognuna di esse è sufficiente, da sola, a sorreggerla ) perché possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile che il soccombente le censuri tutte, dato che l’omessa impugnazione di una di essere rende definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, e le restanti censure non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (Cass., 28/06/2023, n. 18403; Cass., 27/07/2017, n. 18641; Cass., 14/02/2012, n. 2108; Cass., 03/11/2011, n. 22753).
Con il secondo motivo il ricorrente denunzia ‘Violazione ed errata applicazione dell’art. 2710 codice civile in relazione all’art. 360, primo comma, c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia’.
Il ricorrente lamenta che la corte d’appello ha errato nell’attribuire rilevanza, ai fini della prova della data della intervenuta cessione dei crediti, alle risultanze dei libri contabili, dato che il disposto dell’art. 2710 cod. civ. opera soltanto tra imprenditori, in relazione a rapporti inerenti l’esercizio dell’impresa, mentre il curatore non è un imprenditore, in quanto gestisce il patrimonio del fallito e rappresenta la massa dei creditori (viene a tal fine invocata Cass., Sez. Un., n. 4213 del
20/02/2013).
2.1. Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente, infatti, non censura correttamente l’impugnata sentenza, anzitutto perché trascura che il suindicato passaggio motivazionale è stato reso meramente ad abundantiam , come si desume dall’espresso incipit che lo introduce (v. p. 11 dell’impugnata sentenza, ove si legge; ‘Ma che quella cessione avesse data anteriore rispetto alla apposizione del timbro si desumeva anche dalla contabilità stessa della fallita’).
Inoltre, la censura coglie soltanto una parte della motivazione, risultando dalla corte di merito invero precisato che il curatore non può essere considerato imprenditore nella misura in cui agisce in rappresentanza della massa dei creditori, mentre, ‘Nel caso oggetto di giudizio è il curatore che agisce in revocatoria, e quindi a tutela della massa, per far dichiarare l’inefficacia di una cessione di crediti che risulta iscritta nella stessa contabilità della fallita in un’epoca anteriore rispetto alla asserita data certa del 22.2.2010’ (v. p. 12 della sentenza).
Il dictum del giudice di appello viene pertanto a consolidarsi relativamente alla parte di motivazione non specificamente censurata.
3. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 4.200,00, di cui euro 4.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà
atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza