Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18089 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 03/07/2025
ORDINANZA
COGNOME C. F. CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME C.F. CODICE_FISCALE ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma INDIRIZZO giusta procura speciale in calce al ricorso.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE (P.I. CODICE_FISCALE), corrente in INDIRIZZO – 00035 Olevano Romano (RM), in persona del Commissario Liquidatore, Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE in virtù del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 6.02.2019 n.52/SAA/2019 rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.CODICE_FISCALE ) ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
contro
Avv. NOME COGNOME quale controinteressata
-intimata –
avverso il decreto n. 918/2024 emesso dal Tribunale di Tivoli, depositato il 16/04/2024 e comunicato il 16/04/2024; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/5/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con il decreto impugnato il Tribunale di Tivoli ha rigettato l’opposizione allo stato passivo presentata da NOME COGNOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE in RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale ha rilevato ed osservato che: (i) il titolo di credito asseritamente vantato dall’opponente non risultava né provato, né fornito di data certa; (ii) la ulteriore documentazione versata in atti non era idonea a spiegare alcuna efficacia probatoria nei confronti dalla società RAGIONE_SOCIALE posta in liquidazione coatta amministrativa; (ii) in primo luogo, non era stato provato il titolo sulla base del quale veniva promossa l’opposizione , in quanto il contratto prodotto risultava essere stato sottoscritto unicamente dalla ricorrente; (iii) il documento denominato ‘certificato strumento finanziario partecipativo’, inoltre, non era fornito di data certa; (iv) in relazione, poi, ai versamenti asseritamente effettuati con assegno, difettava la prova dell’effettivo incasso, nella completa carenza di documentazione idonea in tal senso; (iv) l ‘estratto associativo depositato in atti non era esso stesso sottoscritto e mancava di data certa; (v) la richiesta di esibizione nei confronti della parte dell ‘opposta degli estratti conto risulta va essere, infine, esplorativa, non avendo la parte opponente provveduto a depositare i propri estratti conto da cui evincere la fuoriuscita delle somme; (vi) mancava dunque la prova del pagamento; (vii) con riguardo al caso della quietanza di pagamento rilasciata dal fallito era stato affermato, nella giurisprudenza di legittimità che – in tema di valore probatorio della quietanza nei confronti della curatela fallimentare e dall ‘ anteriorità, con atto di data certa, della quietanza stessa al fallimento – da tale prova non poteva ricavarsi anche la certezza dell ‘ effettività del pagamento quietanzato, giacché tale certezza poteva derivare solo dalla dimostrazione dell’avvenuto pagamento, mediante strumenti finanziari incontestabili; (viii) ai fini probatori risultava dunque insufficiente la mera produzione delle copie degli assegni, poiché il
pagamento necessitava di una prova rigorosa, da riscontrare con ulteriore documentazione finanziaria.
Il decreto, pubblicato il 16/04/2024, è stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., ‘ nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c .c. e ai principi di data certa della scrittura privata ‘ .
1.1 Sostiene la ricorrente che, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale, aveva fornito ampia prova in merito all’effettiva esistenza del suo credito e segnatamente all’effettivo versamento a favore della soc. RAGIONE_SOCIALE della somma di € 68.921,14 , avendo provato documentalmente sia la fonte negoziale del suo diritto di credito ( rectius , contratti di adesione) e sia e soprattutto i versamenti effettuati. Avrebbe, altresì, provato – ai sensi dell’art. 2704 c.c. – la certezza delle date delle singole scritture private e dei contratti versati in atti e, conseguentemente, la loro opponibilità ai terzi.
1.2 Si evidenzia che il Tribunale si sarebbe soffermato, erroneamente, ad esaminare soltanto l’allegato n. 1 del ricorso, consistente nella domanda di adesione e ovviamente sottoscritta soltanto da ella ricorrente. Sarebbe stato, invece, sufficiente esaminare l’allegato n. 2 dell’opposizione, al fine di verificare con facilità che il contratto di adesione era stato sottoscritto anche dalla RAGIONE_SOCIALE, contratto su cui era stato indicato peraltro un bonifico effettuato di euro 60.000,00.
1.3 In ordine, poi, alla questione della data certa, emergeva dalla documentazione versata in atti l’opponibilità di tutte le scritture private depositate alla procedura concorsuale, in quanto le sue ragioni creditorie erano state debitamente provate sia dal contratto di adesione che dalla documentazione bancaria. Il Giudice di merito, infatti, potrebbe utilizzare qualunque mezzo per valutare la certezza della data e nel caso di specie tale requisito sarebbe stato evidente: il contratto (detto CSFP) riportava la data
del 9.01.2014 e il bonifico era stato effettuato il 7.01.2014. In particolare, la sopra citata documentazione avrebbe costituito piena prova della certezza della data riportata nelle singole scritture private e, dunque, della loro opponibilità alla procedura concorsuale, in quanto sarebbe stata formata anteriormente al decreto ministeriale di ammissione alla L.C.A.
1.4 Il motivo è inammissibile.
La parte ricorrente sollecita invero questa Corte di legittimità ad un inammissibile riesame della documentazione probatoria, al fine di rinnovare lo scrutinio, involgente indagini di carattere meritale, in ordine alla prova della data certa dei documenti di cui si perora l’opponibilità alla procedura concorsuale.
In realtà, è noto che il ‘fatto ulteriore’ ex art. 2704 c.c. possa essere provato per testi o presunzioni (Cass. n. 17926/16), a patto che si tratti di fatto oggettivo che non provenga dal soggetto interessato (cfr. anche: Cass. n. 4509/18) e che i limiti ex 2704 c.c. riguardano in realtà la prova del documento, ma non già il contenuto del contratto (v. anche: C. 37028/21). Tuttavia, è altrettanto notorio che la selezione degli ‘altri fatti’, da cui desumere l’anteriorità del documento, è attività rimessa a l prudente apprezzamento del giudice del merito (cfr. Cass. n. 6462/18; Cass. n. 20813/21).
Ne consegue che doglianze così articolate dalla parte ricorrente si infrangono inesorabilmente contro le barriere dell’inammissibilità poste a presidio del giudizio di legittimità. Ed invero, non è possibile richiedere nel giudizio di cassazione un nuovo apprezzamento dei documenti, già scrutinati nella fase di merito, per patrocinare una diversa (e più favorevole) valutazione giudiziale del profilo della loro anteriorità rispetto alla procedura di l.c.a., e ciò, peraltro, facendo riferimento ad altri docum enti anch’essi privi di data certa. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è chiara nell’affermare che, in ragione del fatto che l’art. 2704 c.c. fa discendere la certezza della data della scrittura privata non autenticata rispetto ai terzi, oltre che dalla registrazione ovvero dagli eventi specificamente considerati dalla norma, anche dal verificarsi di un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento, la certezza della data di un
documento, nei riguardi del curatore fallimentare, non può essere desunta dai altri documenti, ove, a propria volta, quest’ultimi non abbiano data certa e non siano quindi opponibili al fallimento (v. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 1389 del 18/01/2019; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 17926 del 12/09/2016).
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 183 cod. proc. civ, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.
2.1 Sostiene la ricorrente che, in sede di memoria di trattazione scritta, aveva chiesto di ordinare alla RAGIONE_SOCIALE il deposito degli estratti del conto bancario intestato alla RAGIONE_SOCIALE (mai prodotti), al fine di verificare gli effettivi incassi della stessa, non comprendendosi le ragioni per le quali la RAGIONE_SOCIALE in sede di opposizione non avesse mai depositato né gli estratti del conto bancario né libro dei soci della stessa. Sarebbe stato così sufficiente, ai fini della prova, accogliere la richiesta di ordinare alla COGNOME il deposito della documentazione in suo possesso, ma il Tribunale di Tivoli aveva invece rigettato la richiesta con motivazione insufficiente.
2.2 Anche quest’ulteriore seconda censura, sollevata in ordine al diniego dell’emissione dell’ordine di esibizione , risulta all’evidenza inammissibile.
È infatti principio costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui il provvedimento di cui all’art. 210 cod. proc. civ. è espressione di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, che non è tenuto ad indicare le ragioni per le quali ritiene di avvalersi, o no, del relativo potere, il cui mancato esercizio non può, quindi, formare oggetto di ricorso per cassazione, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione (cfr. Cass. 29.10.2010, n. 22196; Cass. Sez. lav. 25.10.2013, n. 24188; cfr. più recentemente anche Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 27412 del 08/10/2021, secondo cui espressamente ‘ In tema di poteri istruttori del giudice, l’emanazione di ordine di esibizione è discrezionale e la valutazione di indispensabilità non deve essere neppure esplicitata; ne consegue che il relativo esercizio è svincolato da ogni onere di motivazione e il provvedimento di rigetto dell’istanza non è sindacabile in sede di legittimità, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, trattandosi di strumento istruttorio residuale, utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa
in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa ‘).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della contro ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2025