Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 5240 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1   Num. 5240  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28000/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE N 19/15, elettivamente domiciliato in  INDIRIZZO,  presso  lo  studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
 avverso il DECRETO del TRIBUNALE di TORRE ANNUNZIATA n. RG 19/2015 depositato il 24/10/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del  13/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Con ricorso ex art. 98 l. fall. la società RAGIONE_SOCIALE ha proposto opposizione avverso il diniego di ammissione del proprio  credito  al  passivo  del  RAGIONE_SOCIALE, motivato dal giudice delegato con il rilievo d’ufficio della «mancanza di prova della data certa anteriore al fallimento».
-Il Tribunale di Torre Annunziata ha rigettato l’opposizione, osservando che: i) le risultanze delle scritture contabili ritualmente tenute ex art. 2710 c.c., ivi comprese le fatture emesse dal 5.11.2012 al 22.4.2013, non sono opponibili al curatore del fallimento, che nel procedimento di verifica dei crediti assume la posizione di terzo; ii) le fatture costituiscono documento di provenienza unilaterale e non provano l’avvenuta consegna della merce ivi indicata, né hanno data certa anteriore al fallimento, ai sensi dell’art. 2704 c.c.; iii) la prova testimoniale dedotta è in parte irrilevante e in parte inammissibile, poiché vertente direttamente sulla data di formazione delle fatture e non su altri fatti idonei a stabilirne in modo ugualmente certo l’anteriorità; iv) l’anteriorità non può essere ricavata nemmeno dalla lettera “raccomandata a.r. senza busta”, datata 18.11.2013, asseritamente contenente il riconoscimento del debito, poiché sul corpo di tale missiva non è apposto alcun timbro postale, né vi è prova che proprio essa fosse oggetto della comunicazione a mezzo pec del 18.11.2013, di cui risulta stampata la ricevuta, o fosse la raccomandata inviata a mezzo posta il 20.11.2013; v) le ricevute di spedizione e l’avviso di ricevimento della raccomandata, prodotte in atti, non possono ritenersi sufficienti a dare certezza della data di formazione del documento poiché lo scritto non fa corpo unico con il foglio (avviso di ricevimento o ricevuta di accettazione della raccomandata) sul quale il timbro postale è apposto; vi) la data certa della formazione e annotazione delle fatture non risulta dall’estratto del registro Iva vendite, poiché non «vi è alcuna attestazione di un AVV_NOTAIO ufficiale/notaio, circa la conformità dell’estratto all’originale e circa la regolare tenuta delle scritture».
-Avverso detta decisione la società ha proposto ricorso in tre mezzi, illustrato da memoria, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il primo motivo lamenta « Violazione e falsa applicazione degli artt. 2704 e 2697 c.c. in combinato disposto con l’art. 360 c. 1. n. 3. Errores in procedendo. Violazione dei principi relativi al concorso tra creditori e alla prova dei crediti nella verifica fallimentare. Vizio di motivazione » , sul rilievo che l’opponibilità dei documenti prodotti deriverebbe dal fatto che si tratta di documenti di trasporto e fatture emesse non dalla ricorrente, ma dalla società da essa incaricata della macellazione e della consegna delle merci; inoltre, la prova dell’anteriorità del credito emergerebbe dalla corrispondenza intrattenuta con la società in bonis , contenente un espresso riconoscimento del debito (pec del 26/11/2013), così come dal numero progressivo degli estratti dei registri Iva risulterebbe l’anno di registrazione delle fatture; in tutti i casi si tratterebbe di scritture contabili autenticate, non contestate in sede di progetto e di verifica dello stato passivo, fatti equipollenti alla prova della data certa.
-Il secondo mezzo denuncia « Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c. Errores in procedendo e iudicando. Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2704 c.c. in relazione alla L.Fall., artt. 93, 95 e 97). Omessa ed illogica motivazione su un punto decisivo della controversia. Violazione del principio dispositivo », sul rilievo che il timbro postale viene apposto sulla copia del destinatario (in possesso della curatela) e non sulla copia che resta al mittente, perciò impossibilitato « a fornire la prova che la missiva notificata al destinatario sia proprio quella di cui desidera gli effetti, vertendosi ciò su prova negativa e pertanto inibita », e che le ricevute pec depositate «inglobano in modo immodificabile sia il documento inviato che la certezza della data», ai sensi «dell’art. 20, comma 3, D.L. 07.03.2005 n. 82 “cod. amm. Dig.».
-Il  terzo  deduce  « Violazione  e  falsa  applicazione  degli artt. 2215 e 2215 bis c.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5
c.p.c. Errores in procedendo e iudicando », poiché, con l’entrata in vigore dell’art. 8, legge n. 383 del 2001, è stato soppresso l’obbligo di bollatura e vidimazione, riscritto l’art. 2215 c.c. e inserito l’art. 2215-bis c.c. (che prevede, in caso di tenuta con strumenti informatici, l’a pposizione almeno una volta all’anno della marcatura temporale e della firma digitale dell’imprenditore o di altro soggetto del medesimo delegato), mentre l ‘art. 2218 c.c. prevede che l’imprenditore, qualora lo ritenga opportuno, possa sottoporre i libri contabili a bollatura e vidimazione.
-Tutti  i  motivi,  formulati all’evidenza in  modo confuso e aspecifico, sono inammissibili.
4.1. -In primo luogo, il ricorso per cassazione deve essere articolato in specifiche censure riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad uno dei cinque motivi di impugnazione previsti dall’art. 360, comma 1 c.p.c., sicché, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di uno dei predetti motivi, è indispensabile che le censure individuino con chiarezza i vizi prospettati, tra quelli inquadrabili nella tassativa griglia normativa’ (Cass. Sez. U, 32415/2021; conf. ex plurimis Cass. 7345/2023, 17470/2018).
Non è nemmeno ammissibile prospettare una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali -che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma -e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione; ove dunque la violazione di legge sia mediata dalla denuncia di omessa considerazione di un fatto decisivo e controverso, si versa nell’ipotesi di denuncia della erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, che attiene al merito e non è sindacabile in questa sede (Cass. Sez. U, 10313/2006; Cass. 195/2016, 26110/2015, 8315/2013, 16698/2010).
Innumerevoli sono i precedenti di questa Corte sulla inammissibilità del  motivo  congegnato  sotto  forma  di  censura  inestricabilmente combinata e contenente simultanee denunce di violazione di legge
sostanziale  e  processuale  e  di  omessa  considerazione  di  fatti decisivi  e  controversi  (si  vedano  ad  esempio,  solo  nel  2023,  i provvedimenti  nn.  7340,  7341,  7343,  7344,  6951,  6935,  6916, 6912,  6909,  6904,  6823,  5291,  5004,  5003,  4652,  4651,  4631, 4015,  3650,  3650,  3603,  3154,  3122,  2804,  2760,  2395,  1305, 1093).
4.2. -In secondo luogo, l’accertamento della data di una scrittura privata non autenticata e della sussistenza e idoneità di fatti diversi da quelli specificamente indicati nell’art. 2704 c.c., ma equipollenti a questi ultimi -in quanto idonei a stabilire in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento -costituisce compito proprio del giudice del merito, la cui valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, ove sia correttamente motivata (cfr. Cass. 35192/2022, 1520/2021, 4104/2017).
E difatti le censure versano tutte nel merito, poiché mirano ad una diversa valutazione degli elementi probatori scrutinati dai giudici del l’opposizione , trasformando surrettiziamente il giudizio di legittimità in un ulteriore grado di merito (Cass. Sez. U, 34476/2019); al contrario, la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale, dovendo esercitare un controllo su legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, anche perché, se si ammettesse in sede di legittimità un sindacato sulle quaestiones facti , si consentirebbe un inammissibile raffronto tra le ragioni del decidere espresse nel provvedimento impugnato e le risultanze istruttorie sottoposte al vaglio del giudice di merito (Cass. Sez. U, 28220/2018; Cass. 2001/2023, 28643/2020, 33858/2019, 32064/2018, 8758/2017).
Come noto, la valutazione del materiale probatorio è attività riservata in via esclusiva al giudice di merito, il quale la esercita secondo il suo prudente apprezzamento ex art. 116 c.p.c., anche selezionando, tra tutte le risultanze istruttorie, quelle ritenute più attendibili e idonee a sorreggere la motivazione, senza doversi esprimere analiticamente su ciascuna di esse, né confutare singolarmente le diverse argomentazioni prospettate dalle parti ( ex plurimis , Cass. 42/2009, 11511/2014, 16467/2017). Di
conseguenza,  il  ricorrente  per  cassazione  non  può  pretendere  di contrapporre a quella del giudicante la propria diversa valutazione o interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti, o comunque una diversa lettura delle risultanze processuali ( ex plurimis , Cass. 3630/2017, 9097/2017, 30516/2018, 205/2022).
Insomma, non è compito di questa Corte condividere o meno la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, così sovrapponendo la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito, e ciò anche se il ricorrente prospettasse un più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. 12052/2007, 3267/2008).
4.3. -Quanto alla denunziata violazione dell’art. 115 c.p.c. , essa ricorre solo ove il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la norma, ponga a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti ma disposte di sua iniziativa, fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (fermi il principio di non contestazione e il notorio), mentre non è ammesso dolersi che il giudice, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, trattandosi di attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. (Cass. Sez. U, 16303/2018, 20867/2020, 23650/2022; Cass. 2001/2023, 4599/2023, 9351/2022, 20553/2021, 22397/2019, 21098/2016, 27197/2011).
4.4. -Analogamente, la pretesa violazione dell’art. 116 c.p.c. ricorre in realtà solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una risultanza probatoria, non abbia operato secondo il suo “prudente apprezzamento”, attribuendole un diverso valore o il valore assegnato a una differente risultanza probatoria (ad es., valore di prova legale), oppure l’abbia valutata secondo il suo prudente apprezzamento nonostante fosse soggetta a una specifica regola di valutazione; quando invece si deduca, come nel caso di specie, che il giudice ha male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura, un tempo limitatamente ammissibile ai
sensi  dell’art.  360,  n.  5,  c.p.c.,  lo  è  ora  solo  in  presenza  dei gravissimi vizi di motivazione al di sotto del ‘minimo costituzionale’ individuati da Cass. Sez. U, 8053/2014 (Cass. Sez. U, 20867/2020, 34474/2019; Cass. 2001/2023), che non ricorrono nella sentenza impugnata.
4.5. -Infine, non rivestono valore decisivo le deduzioni svolte con riguardo alla soppressione dell’obbligo di bollatura e vidimazione delle scritture contabili, che non impedisce di certo all’imprenditore di continuare ad avvalersene; d’altro canto, la ricorrente sostiene di aver depositato le copie conformi delle scritture contabili con indicazione del numero progressivo, della data e della marcatura temporale così come per legge, ma tale affermazione confligge con il contrario rilievo del tribunale.
-Alla  declaratoria  di  inammissibilità  del  ricorso  segue  la condanna alle spese, liquidate in dispositivo.
-Sussistono  i  presupposti di  cui  all’ art.  13,  comma  1quater, d.P.R. 115/02 (cfr. Cass. Sez. U, 23535/2019, 4315/2020).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per  compensi,  oltre  alle  spese  forfettarie  nella  misura  del  15  per cento,  agli  esborsi  liquidati  in  Euro  200,00  ed  agli  accessori  di legge.
Ai  sensi  dell’art.  13  comma  1 -quater  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13/02/2024.