Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4582 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4582 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 8244/2016 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Ferrara, alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE.
–
intimato – avverso la ‘ ordinanza ‘ del TRIBUNALE DI PISA, datata 02/02/2016; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 13/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE chiese l’ammissione al passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE per l’importo di € 292.504,66, in chirografo, derivante da forniture di merce dalla prima effettuate in favore della indicata società in bonis .
1.1. Il giudice delegato, su conformi conclusioni del curatore, respinse l’istanza, attesa ‘ l’apparente estraneità della fornitura con l’oggetto sociale della fallita e la mancanza di sottoscrizione dei documenti di trasporto ‘.
Pronunciando sull’opposizione promossa avverso quel decreto, ex art. 98 l.fall., da RAGIONE_SOCIALE, l’adito Tribunale di Pisa la rigettò con ‘ ordinanza ‘ datata 2 febbraio 2016, comunicata il successivo 17 febbraio 2016, da cui non si evince l’avvenuta costituzione, in quella sede , del fallimento predetto.
2.1. Quel tribunale così motivò l’assunta decisione: « Vista la propria ordinanza del 12.10.2015, il cui contenuto deve intendersi interamente richiamato; considerato che è stato richiesto alla parte ricorrente di chiarire come sarebbe sorto il rapporto sulla base del quale viene avanzata la pretesa creditoria; considerato che la parte opponente ha chiesto di produrre nuova documentazione, che, però, non può essere utilizzata ai fini della decisione, in quanto tardiva; ritenuto che le specificazioni offerte non sono tali da consentire di superare le perplessità evidenziate nell’ordinanza sopra richiamata; rilevato, in particolare, che non viene offerta alcuna prova a dimostrazione dell’esistenza di un rapporto contrattuale tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, posto che gli ordini prodotti risultano essere stati inviati da quest’ultima alla RAGIONE_SOCIALE ed al RAGIONE_SOCIALE; ritenuto che i rapporti interni eventualmente esistenti tra queste ultime due società e la RAGIONE_SOCIALE non potrebbero essere opposti alla RAGIONE_SOCIALE in assenza di prove in ordine al fatto che questa fosse eventualmente consapevole del fatto di avviare un rapporto commerciale con la RAGIONE_SOCIALE, visto che nessuna spendita del suo nome emerge dalla documentazione offerta; rilevato, altresì, che nel giudizio di opposizione allo stato passivo la curatela è parte terza, nei confronti della quale deve essere data piena prova del rapporto; ritenuto che la documentazione offerta, in quanto priva di data certa anteriore al fallimento, no n è idonea a provare l’esistenza del rapporto giuridico dal quale si cerca di far derivare l’esistenza del credito; considerato che non vengono
richieste altre prove al riguardo, per cui deve escludersi che sia stata fornita la prova necessaria per l’ammissione del credito al passivo fallimentare ».
Per la cassazione di questa ‘ ordinanza ‘ ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a sette motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis cod. proc. civ.. Il fallimento RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese in questa sede.
3.1. La Sezione Sesta civile, sottosezione I, originariamente investita della decisione della controversia, con ordinanza interlocutoria del 3 aprile/22 maggio 2017, n. 12857, ha ritenuto insussistenti i presupposti per la definizione innanzi ad essa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I formulati motivi di ricorso denunciano rispettivamente, in sintesi:
« Violazione e falsa applicazione dell’art. 2704 c.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », contestandosi la decisione impugnata nella parte in cui ha ritenuto carente di data certa opponibile al fallimento, ex art. 2704 cod. civ., la documentazione prodotta dalla RAGIONE_SOCIALE a sostegno della sua domanda ex art. 93 l. fall.;
II) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 2328, 2384 e 2475 -bis cod. civ., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. », ascrivendosi al tribunale di avere erroneamente ritenuto estranee all’oggetto sociale di RAGIONE_SOCIALE le forniture di merce cui si riferiva il credito di cui era stata chiesta l’ammissione al passivo del fallimento di quest’ultima;
III) « Nullità della sentenza per motivazione inesistente o apparente, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. », ritenendosi meramente apparente la motivazione utilizzata dal giudice a quo per negare l’ammissione al passivo del credito dell’opponente;
IV) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Nullità della sentenza con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ». Si sostiene che « l’avere i l Giudice dell’opposizione deciso per l’insussistenza del credito denunciato dalla RAGIONE_SOCIALE, fondando il convincimento sull’assenza di elementi di prova in ordine alla data delle forniture (anteriore al fallimento) e alla riferibilità delle forniture alla società fallita (mancanza di ordine diretto ed estraneità
all’oggetto sociale) , pare costituire un errore di tale portata da pregiudicare alle fondamenta tutto l’ iter della sentenza, facendo ritenere che non si sia correttamente formato il convincimento del Giudice, con conseguente nullità della sentenza »;
V) « Violazione degli artt. 113 e 132 c.p.c., e 111, comma 6, Costituzione, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. », insistendosi nell’assunto di un radicale vizio di motivazione del provvedimento impugnato, asseritamente mancante di una decisione secondo diritto ex art. 113 cod. proc. civ.;
VI) « Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. ». Si assume che « La sentenza impugnata è anche affetta (al di là del vizio relativo alla sua nullità) dalla omessa percezione e scorretta valutazione delle prove documentali (depositate) e testimoniali (di cui è stata chiesta l’ammissione) rispetto alle date di fornitura e d alla riferibilità dell’ordine alla società fallita »;
VII) « Violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 115 c.p.c., con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.. Nullità della sentenza con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. ». Si sostiene che « il Tribunale, preso atto del contratto di esternalizzazione, avrebbe dovuto trarne la convinzione che le forniture, a seguito dell’ordinativo della RAGIONE_SOCIALE, tramite l’agente RAGIONE_SOCIALE, erano state effettuate proprio in nome e conto della RAGIONE_SOCIALE e, quindi, ammettere il credito ».
Anteriormente allo scrutinio del primo motivo di ricorso, giova doverosamente ricordare che l’art. 2704 cod. civ. non contiene una elencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autentica deve ritenersi certa rispetto ai terzi, ma lascia al giudice di merito la valutazione, caso per caso, della sussistenza del fatto (diverso dalla registrazione) idoneo, secondo l’allegazione della parte, a dimostrare la data certa ( cfr . anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 12090 del 2023; Cass. 12959 del 2018; Cass. n. 23425 del 2016; Cass. n. 24793 del 2008; Cass. n. 23793 del 2006), sia pure con il limite del carattere obiettivo del fatto, il quale non deve essere riconducibile al soggetto che lo invoca e deve essere altresì
sottratto alla sua disponibilità, di modo che il fatto atipico, da cui risulti l’anteriorità della formazione del documento, sia fornito di un livello di certezza uguale a quello dei fatti tipici menzionati nella prima parte della stessa norma ( cfr . Cass. n. 12090 del 2023; Cass. n. 27192 del 2019; Cass. n. 26115 del 2017; Cass. n. 19656/2015, in tema di opposizione allo stato passivo fallimentare, e Cass. n. 2299 del 2012).
2.1. Sempre in tema di opponibilità della data della scrittura privata ai terzi, è altrettanto pacifico che, qualora manchino le situazioni tipiche di certezza contemplate dall’art. 2704, comma 1, cod. civ., la prova di un fatto idoneo a stabilire in modo ugualmente certo l’anteriorità della formazione del documento può avvenire anche attraverso testimoni o presunzioni, sempre che esse evidenzino un fatto munito della specificata attitudine richiesta, e non siano rivolte, in via meramente indiziaria e induttiva, a provocare un giudizio di mera verosimiglianza della data apposta sul documento ( cfr., ex multis , Cass. n. 6985 del 2019; Cass. n. 21446 del 2023).
2.1.1. Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, infine ( cfr. , per tutte, Cass., SU, n. 4213 del 2013, ribadita, in motivazione, dalla più recente Cas. n. 33724 del 2022) il curatore, in sede di formazione dello stato passivo, deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l’istanza di ammissione, conseguendone l’applicabilità della disposizione contenuta nell’art. 2704, comma 1, cod. civ.. Ne discende che l’onere probatorio incombente sul creditore istante in sede di ammissione al passivo può ritenersi soddisfatto ove questi produca documentazione idonea, perché dotata di data certa antecedente all’apertura del concorso, e come tale opponibile ai creditori, a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata.
2.2. È opportuno rimarcare, poi, che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. (nella specie dedotto dalla RAGIONE_SOCIALE) può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non
pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr . Cass. nn. 35782, 28385, 26789, 16541, 13787, 9014, 2413 e 1015 del 2023; Cass. nn. 5490, 3246 e 596 del 2022; Cass. nn. 40495, 28462, 25343, 4226 e 395 del 2021; Cass. nn. 27909 e 4343 del 2020; Cass. n. 27686 del 2018). Questa Corte, ancora recentemente ( cfr. , pure nelle rispettive motivazioni, oltre alle pronunce appena citate, Cass. nn. 35041, 33961 e 13408 del 2022), ha chiarito, tra l’altro, che: i ) non integra violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretativo ed applicativo della norma di legge; ii ) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ( cfr . Cass. nn. 10313 e 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. nn. 16698 e 7394 del 2010); iii ) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito ( cfr . Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
2.3. Sulla base di tutti tali principi, ormai consolidati, il motivo in esame si rivela inammissibile.
2.3.1. Invero, la ricorrente insiste oggi nel sostenere essere munita di data certa opponibile al fallimento, ex art. 2704 cod. civ., la documentazione dalla stessa prodotta a sostegno della propria domanda ex art. 93 l.fall., mostrando, così, di mirare ad ottenere, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione, sul punto, di quanto sancito, in contrario, dal giudice di merito, totalmente dimenticando, però, che: i ) il vizio
di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, cod. proc. civ., non solo con la indicazione delle norme che si assumono violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella decisione gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione ( cfr . Cass. nn. 35782, 27522, 16541, 13787, 11299 e 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022); ii ) il ricorso per cassazione non rappresenta uno strumento per accedere ad un ulteriore grado di giudizio nel quale far valere la supposta ingiustizia della sentenza impugnata, spettando esclusivamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ( cfr. ex multis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35782, 27522, 11299 e 7993 del 2023; Cass. n. 35041 del 2022; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018; Cass., SU, n. 7931 del 2013; Cass. n. 14233 del 2015; Cass. n. 26860 del 2014). Né potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . Cass. n. 21381 del 2006, nonché, tra le più recenti, Cass. n. 8758 del 2017; Cass., SU, n. 34476 del 2019; Cass. nn. 32026 e 40493 del 2021; Cass. nn. 1822, 2195, 3250, 5490, 9352, 13408, 15237, 21424, 30435,
35041 e 35870 del 2022; Cass. nn. 1015, 7993, 11299, 13787, 14595, 17578, 27522, 30878 e 35782 del 2023).
2.4. Resta solo da dire che la circostanza, pure dedotta dalla ricorrente, secondo cui il credito di cui ancora oggi si discute sarebbe stato « già riconosciuto dal Tribunale di Ferrara, con decreto ingiuntivo n. 1751 del 2013, con riferimento a quelle forniture, quelle fatture e quegli importi poi dedotti in fattura », avrebbe imposto alla prima, in virtù del principio di autosufficienza, il duplice onere, invece rimasto inadempiuto: i ) di trascrivere il testo integrale o la parte significativa dei documenti suddetti nel ricorso per cassazione e, soprattutto, del foliario indicante la documentazione allegata a corredo della richiesta monitoria e munita dell’attestazione di suo deposito da parte della cancelleria del giudice adito, al fine di consentirne il vaglio di decisività ( cfr ., in motivazione, Cass. n. 13625 del 2019, con rinvio a Cass. n. 18506 del 2006); ii ) di indicare in quale specifica sede processuale tanto era stato prodotto ( cfr . Cass. n. 28184 del 2020, a tenore della quale, « In tema di ricorso per cassazione, il principio di autosufficienza, che impone l’indicazione espressa degli atti processuali o dei documenti sui quali il ricorso si fonda, va inteso nel senso che occorre specificare anche in quale sede processuale il documento risulta prodotto, poiché indicare un documento significa necessariamente, oltre che specificare gli elementi che valgono ad individuarlo, riportandone il contenuto, dire dove nel processo esso è rintracciabile, sicché la mancata “localizzazione” del documento basta per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, senza necessità di soffermarsi sull’osservanza del principio di autosufficienza dal versante “contenutistico “»).
Il secondo motivo di ricorso si rivela inammissibile, posto che né la ‘ ordinanza ‘ oggi impugnata, né quella del 12 ottobre 2015, da quest’ultima richiamata ed il cui tenore letterale è stato riprodotto nell’odierno ricorso ( cfr . pag. 5-6), riconducono la mancata ammissione al passivo concorsuale dell’invocato credito di RAGIONE_SOCIALE alla pretesa estraneità delle forniture di merce de quibus rispetto all’oggetto sociale di RAGIONE_SOCIALE
3.1. Tale argomento, infatti, si rinviene esclusivamente nel decreto reiettivo della domanda della RAGIONE_SOCIALE ex art. 93 l.fall. reso dal giudice delegato: provvedimento, quest’ultimo, certamente non impugnabile direttamente innanzi a questa Corte.
Le doglianze di cui ai motivi di ricorso terzo, quarto e quinto, involgendo tutte pretesi vizi motivazionali e/o di violazione di norme processuali (115 e 116 cod. proc. civ.), possono essere esaminate congiuntamente.
4.1. Esse si rivelano insuscettibili di accoglimento nel loro complesso.
4.2. Giova premettere che la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., come introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis , risultando impugnata una ‘ ordinanza ‘ datata 2 febbraio 2016), ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 35947, 28390, 26704 e 956 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199 e n. 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr . Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti; Cass. nn. 20042 e 23620 del 2020; Cass. nn. 395, 1522 e 26199 del 2021; Cass. nn. 27501 e 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 28390 del 2023). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, altresì, che, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc.
civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘.
4.2.1. In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. nn. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. nn. 26199, 1522 e 395 del 2021; Cass. nn. 23684 e 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. n. 35947 del 2023; Cass. nn. 33961 e 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017).
4.3. Alla stregua dei princìpi tutti fin qui esposti, dunque, il vizio di motivazione apparente o inesistente come oggi denunciato dalle censure in esame non è concretamente configurabile, posto che il già riportato tenore letterale della decisione del tribunale pisano consente di ricavarne, affatto agevolmente, le ragioni dell’avvenuto rigetto dell’opposizione ex art. 98-99 l.fall. spiegata dalla RAGIONE_SOCIALE proprio in ragione di quanto si è già riferito in relazione al primo motivo.
4.4. L’appena menzionata società, peraltro, incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del
materiale istruttorio, laddove, al contrario, -come chiarito, ancora recentemente da Cass. n. 35041 del 2022 e da Cass. n. 35782 del 2023 ( cfr . nelle rispettive motivazioni) – un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. può porsi, rispettivamente, solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito: 1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge ( cfr . Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pure precisato che « è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. »); 2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione ( cfr . Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pur puntualizzato che, « ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione »; Cass. n. 27000 del 2016). Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132, n. 4, e degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica e adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse ( cfr . Cass. 24434 del 2016).
4.4.1. In definitiva, come ancora recentemente ricordato, in motivazione, da Cass. n. 2607 del 2024, « i) spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova; mentre alla Corte di cassazione non è conferito il potere di riesaminare
e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti; ii) giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 13408 del 2023; Cass. n. 9021 del 2023; Cass. n. 6073 del 2023; Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999) ».
4.4.2. In altri termini, nel quadro del principio, espresso nell’art. 116 cod. proc. civ., di libera valutazione delle prove (salvo che non abbiano natura di prova legale), il giudice civile ben può apprezzare discrezionalmente gli elementi probatori acquisiti e ritenerli sufficienti per la decisione, attribuendo ad essi valore preminente e così escludendo implicitamente altri mezzi istruttori richiesti dalle parti ( cfr . Cass., SU, n. 20867 del 2020): il relativo apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità, purché risulti logico e coerente il valore preminente attribuito, sia pure per implicito, agli elementi utilizzati ( cfr . Cass. n. 11176 del 2017). Né potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . l’ampia rassegna giurisprudenziale già indicata alla fine del precedente § 2.3.1. di questa motivazione).
Né miglior sorte merita il sesto motivo di ricorso.
5.1. Invero, il già richiamato testo novellato dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni, sicché sono inammissibili le censure che, come nella specie, irritualmente, estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo ( cfr ., ex aliis , anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 28390, 27505, 4528 e 2413 del 2023; Cass. n. 31999 del 2022; Cass., SU, n. 23650 del 2022; Cass. nn. 9351, 2195 e 595 del 2022; Cass. nn. 4477 e 395 del 2021; Cass. n. 22397 del 2019; Cass. n. 26305 del 2018; Cass., SU, n. 16303 del 2018; Cass. n. 14802 del 2017; Cass. n. 21152 del 2015).
5.2. A tanto deve solo aggiungersi che il vizio di motivazione, ancor più in rapporto al novellato testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., non può consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando, come si è già detto, solo al giudice predetto il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge, né spettando a questa Corte il compito di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito ( cfr . Cass. n. 3267 del 2008), anche se la parte ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio ( cfr . Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, la stessa Corte solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento, come imposto dall’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053
del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all’accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com’è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 8353 del 2023; Cass. n. 11176 del 2017);
Il settimo motivo di ricorso, infine, è inammissibile.
6.1. Richiamate, infatti, tutte le considerazioni già esposte, disattendendosi il primo motivo, circa le caratteristiche e le modalità di deduzione del vizio di violazione di legge, rileva il Collegio che questa doglianza insiste oggi nel sostenere l’esser e stata fornita adeguata dimostrazione del credito di cui è stata domandata l’insinuazione, mostrando, così, di mirare ad ottenere, ancora una volta, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge (anche processuale), una diversa valutazione, sul punto, di quanto sancito, in contrario, dal giudice di merito.
6.1.1. Ribadite, allora, le conclusioni già esposte circa la data certa della documentazione prodotta, nella specie, a supporto della domanda ex art. 93 l.fall., anche questa censura tende ad ottenere, sotto la formale rubrica di vizio di violazione di legge, una diversa valutazione, sul punto, di quanto sancito, in contrario, dal giudice di merito, nuovamente dimenticando, però, non solo, che il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie, ma anche che il giudizio di legittimità non può essere trasformato in un non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative ( cfr . cfr. l’ampia rassegna giurisprudenziale già indicata alla fine del precedente § 2.3.1. di questa motivazione).
6.2. Ragioni di completezza, infine, impongono due brevi precisazioni concernenti il principio di non contestazione invocato dalla ricorrente e la mancata ammissione della prova testimoniale da quest’ultima articolata in
sede di opposizione ex art. 98-99 l.fall. (i cui capi sono stati trascritti in ricorso).
6.2.1. Circa il primo, è opportuno ricordare che, come rimarcato da Cass. n. 17731 del 2022 ( cfr . in motivazione), il principio di non contestazione discende dagli oneri processuali e, come tale, è proprio di qualunque giudizio. È -in altri termini -un principio associato all’onere della parte di prendere posizione in modo analitico sulle circostanze di cui si intenda contestare la veridicità; onere desunto, in generale, nel processo ordinario, dall’art. 167 cod. proc. civ., ma pacificamente estendibile a tutte le controversie, a qualunque rito soggette; cosicché tutti i fatti ex adverso dedotti, che possano considerarsi, per i fini di cui all’art. 115 cod. proc. civ., non contestati, sono infine sottratti a un onere dimostrativo ulteriore e specifico.
6.2.2. Per tale ragione la posizione di terzietà del curatore fallimentare non rappresenta un limite del principio di non contestazione dei fatti posti a fondamento di una domanda, come quella che qui rileva, di pagamento del corrispettivo di forniture di merce fatta valere in sede di verifica del passivo. Il principio di non contestazione ha il carattere della tecnica di semplificazione della prova dei fatti dedotti ( cfr . Cass. n. 5067 del 2017), e in tal guisa è certamente applicabile alla verifica dei cr editi. L’unica particolarità è data dal profilo di necessaria coordinazione coi poteri del giudice delegato quanto al regime delle eccezioni rilevabili d’ufficio (tra cui indubbiamente rientra quella della carenza di data certa, ex art. 2704 cod. civ., della documentazione prodotta a corredo della domanda ex art. 93 l.fall. Cfr . per tutte, Cass., SU, n. 4213 del 2013). Nel senso che la non contestazione del curatore può non comportare l’automatica ammissione del credito allo stato passivo, attesa la competenza del giudice delegato, prima, e del tribunale in sede di opposizione, poi, di sollevare a sua volta, in via ufficiosa, eccezioni circa l’ammissibilità del credito ( cfr . Cass. n. 16554 del 2015; Cass. n. 19734 del 2017; Cass. n. 12973 del 2018; Cass. n. 17731 del 2022).
6.2.3. Nella odierna fattispecie, tuttavia, il principio di non contestazione non poteva trovare applicazione nell’ambito del giudizio ex artt. 98-99 l.fall.,
nel quale, come emerge dal provvedimento oggi impugnato, il curatore fallimentare non risulta essersi costituito.
6.3. Quanto, invece, alla mancata ammissione della prova testimoniale articolata dall’opponente, è sufficiente ribadire l’orientamento, che il Collegio condivide, secondo cui « Il giudizio sulla superfluità o genericità della prova testimoniale è insindacabile in cassazione, involgendo una valutazione di fatto che può essere censurata soltanto se basata su erronei principi giuridici, ovvero su incongruenze di ordine logico » ( cfr . Cass. n. 34189 del 2022; Cass. n. 18222 del 2004).
6.3.1. Nella fattispecie in esame, la valutazione operata dal tribunale nell’ordinanza del 12 ottobre 2015 (espressamente richiamata dal provvedimento oggi impugnato ed il cui contenuto è stato riprodotto nell’odierno ricorso di RAGIONE_SOCIALE), secondo cui ‘ Le uniche prove orali che vengono richieste sul punto sono tese a dimostrare che la RAGIONE_SOCIALE era stata autorizzata alla fatturazione, e non tendono a provare come questa si era inserita nel rapporto ‘, non può dirsi basata su erronei principi giuridici, in quanto il giudice a quo ha correttamente escluso una prova ritenuta irrilevante perché priva di decisività, con conseguente difetto di alcuna incongruenza di ordine logico.
6.3.2. Resta solo da dire, dunque, che la censura contenuta nel ricorso per cassazione relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile qualora con essa il ricorrente si duole, come accaduto nella specie, della valutazione rimessa al giudice del merito, quale è quella di non pertinenza della denunciata mancata ammissione della prova orale rispetto ai fondamenti della decisione ( cfr . Cass. n. 8204 del 2018)
In conclusione, dunque, l’odierno ricorso promosso da RAGIONE_SOCIALE deve essere respinto, senza necessità di pronuncia in ordine alle spese di questo giudizio di legittimità essendo rimasto solo intimato il fallimento RAGIONE_SOCIALE, altresì dandosi atto, -in assenza di ogni discrezionalità al riguardo ( cfr. Cass. n. 5955 del 2014; Cass., S.U., n. 24245 del 2015; Cass., S.U., n. 15279 del 2017) e giusta quanto precisato da Cass., SU, n. 4315 del 2020 -che, stante il tenore della pronuncia adottata, sussistono, ai sensi
dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto, mentre « spetterà all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento ».
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della medesima ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, giusta il comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile