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Data certa: la prova nei confronti del fallimento

Una società cooperativa si è vista negare l’ammissione al passivo di un fallimento per un credito di oltre 40 milioni di euro a causa della mancanza di ‘data certa’ sui contratti. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che il giudice di merito ha l’obbligo di valutare ogni elemento, anche diverso dalla registrazione, idoneo a provare con certezza l’anteriorità dei documenti rispetto alla dichiarazione di fallimento. La Corte ha inoltre censurato l’omessa pronuncia su un’ulteriore richiesta di credito, cassando il provvedimento e rinviando la causa al Tribunale.

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Data Certa e Fallimento: La Cassazione Apre a Prove Alternative

Quando un’impresa fallisce, i suoi creditori devono affrontare un percorso a ostacoli per recuperare quanto loro dovuto. Uno degli scogli più insidiosi è la necessità di dimostrare la cosiddetta data certa dei documenti che fondano il credito. Senza di essa, il credito rischia di non essere riconosciuto dalla curatela. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su questo tema, offrendo un’interpretazione estensiva e pragmatica dell’art. 2704 del Codice Civile e ampliando le possibilità di prova per i creditori.

I Fatti del Caso

Una società cooperativa di costruzioni aveva chiesto di essere ammessa al passivo del fallimento di una grande società logistica per un credito imponente, superiore a 42 milioni di euro. Tale credito derivava da contratti di appalto per la realizzazione di opere di urbanizzazione e capannoni industriali. In aggiunta, la cooperativa chiedeva l’ammissione per ulteriori 200.000 euro a titolo di rimborso di un finanziamento soci.

Il Tribunale di Roma, tuttavia, aveva respinto la domanda principale. La motivazione? I contratti di appalto, essendo scritture private non autenticate né registrate, erano privi di data certa e, quindi, non opponibili alla massa dei creditori rappresentata dalla curatela fallimentare. Secondo il giudice di merito, la documentazione non offriva prove sufficienti a collocare temporalmente i contratti in un momento anteriore alla dichiarazione di fallimento.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione della Data Certa

La società cooperativa ha impugnato la decisione davanti alla Corte di Cassazione, lamentando principalmente due vizi.

In primo luogo, ha sostenuto che il Tribunale avesse applicato in modo errato l’art. 2704 c.c. Il giudice, infatti, si era fermato alla constatazione che i contratti non fossero stati stipulati per atto pubblico o scrittura autenticata, senza però esaminare gli altri elementi di prova forniti. La cooperativa aveva prodotto una serie di documenti (l’atto costitutivo di un’Associazione Temporanea di Imprese, verbali di assemblea della società poi fallita, comunicazioni con data certa) che, nel loro insieme, potevano dimostrare in modo inequivocabile l’anteriorità dei rapporti contrattuali rispetto al fallimento.

In secondo luogo, il ricorrente ha denunciato un vizio di omessa pronuncia, poiché il Tribunale aveva completamente ignorato la domanda separata relativa al rimborso del finanziamento soci da 200.000 euro.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i motivi di ricorso, fornendo importanti chiarimenti sull’onere della prova della data certa.

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’ultimo inciso del primo comma dell’art. 2704 c.c., secondo cui la data di una scrittura privata è certa e computabile riguardo ai terzi anche “dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”.

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato nella sua giurisprudenza: l’elenco dei modi per attribuire data certa a un documento non è tassativo. Il giudice di merito ha il dovere di valutare, caso per caso, l’esistenza e l’idoneità di fatti diversi da quelli tipizzati (registrazione, morte di un firmatario) a stabilire con certezza l’anteriorità del documento. Tali fatti devono avere carattere obiettivo e non essere nella disponibilità della parte che li invoca.

Nel caso specifico, il Tribunale ha errato perché ha omesso completamente di esaminare la documentazione prodotta dalla cooperativa. Ha rigettato la domanda basandosi unicamente sul presupposto formale dell’assenza di un atto pubblico o di una sottoscrizione autenticata, senza procedere a quella valutazione complessiva degli elementi fattuali che la legge e la giurisprudenza richiedono. Questo comportamento integra una violazione di legge.

Infine, la Corte ha riconosciuto anche il vizio di omessa pronuncia, constatando che il Tribunale non si era espresso, neanche implicitamente, sulla domanda di ammissione del credito per il finanziamento soci, che era del tutto autonoma rispetto a quella per i contratti d’appalto.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato il decreto del Tribunale di Roma, rinviando la causa a un’altra sezione dello stesso tribunale per un nuovo esame. La decisione rappresenta un’importante tutela per i creditori che, pur in assenza di formalità come la registrazione, possono dimostrare l’anteriorità dei loro crediti attraverso un insieme di prove documentali oggettive. Questo principio riafferma la prevalenza della sostanza sulla forma, imponendo ai giudici un’analisi più approfondita e completa delle prove fornite, specialmente nel contesto delicato delle procedure fallimentari.

Per rendere un credito opponibile a un fallimento, è sempre necessaria la registrazione del contratto o una firma autenticata?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che, ai fini della data certa, il giudice deve valutare anche “qualsiasi altro fatto” che possa stabilire con eguale certezza che il documento è stato formato prima della dichiarazione di fallimento, come previsto dall’art. 2704 c.c.

Quali tipi di “fatti” alternativi possono essere usati per dimostrare la data certa di una scrittura privata?
La sentenza indica che il creditore aveva prodotto documenti come l’atto costitutivo di un’Associazione Temporanea di Imprese, verbali di assemblea della società poi fallita e comunicazioni aventi data certa. Questi sono esempi di elementi che, se esaminati nel loro complesso, possono provare l’anteriorità dei rapporti contrattuali.

Cosa succede se un tribunale non si pronuncia su una delle domande presentate da una parte?
Si verifica un vizio di “omessa pronuncia”. Come accaduto in questo caso, tale errore processuale porta all’annullamento della decisione da parte della Corte di Cassazione, con rinvio della causa al giudice precedente, il quale dovrà obbligatoriamente esaminare e decidere sulla domanda che era stata ignorata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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