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Data certa fallimento: obbligo di contraddittorio

Una società finanziaria si opponeva all’esclusione di un credito dallo stato passivo di un fallimento. Il Tribunale rigettava la domanda rilevando d’ufficio la mancanza di data certa dei documenti prodotti. La Corte di Cassazione ha stabilito che, sebbene il giudice possa sollevare d’ufficio la questione della data certa nel fallimento, ha l’obbligo di sottoporla preventivamente alle parti per garantire il diritto di difesa. Di conseguenza, ha annullato la decisione e rinviato il caso per un nuovo esame.

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Data Certa nel Fallimento: il Giudice può Rilevarla d’Ufficio, ma non senza Contraddittorio

L’Ordinanza n. 7946/2024 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nelle procedure concorsuali: la data certa nel fallimento. Questa pronuncia stabilisce un importante equilibrio tra i poteri del giudice e il diritto di difesa delle parti, chiarendo che se la mancanza di data certa può essere rilevata d’ufficio, ciò deve avvenire nel pieno rispetto del principio del contraddittorio.

I Fatti del Caso

Una società creditrice, agendo per conto di un’altra, presentava domanda di ammissione al passivo del fallimento di una S.r.l. per un credito di oltre 388.000 euro, derivante da un contratto di mutuo e da un saldo di conto corrente. Inizialmente, il curatore fallimentare proponeva di non ammettere il credito per ragioni legate al superamento del tasso soglia usuraio e all’insufficienza della documentazione. Successivamente, il giudice delegato rigettava la domanda, rilevando la nullità di alcune clausole contrattuali.

La società creditrice proponeva opposizione. Il Tribunale, in questa sede, rigettava nuovamente la domanda, ma per una ragione del tutto nuova e non sollevata in precedenza né dal curatore né dal giudice delegato: la documentazione prodotta (i contratti di mutuo e conto corrente) era priva di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento, e quindi inopponibile alla massa dei creditori ai sensi dell’art. 2704 del Codice Civile. Questa decisione veniva presa d’ufficio, senza che la creditrice avesse avuto modo di difendersi su questo specifico punto.

La Decisione della Corte di Cassazione sul tema della data certa nel fallimento

La creditrice ricorreva in Cassazione lamentando, in sostanza, due violazioni. Con il primo motivo, sosteneva che il Tribunale non potesse rilevare d’ufficio la questione della data certa. Con il secondo motivo, strettamente collegato, affermava che, anche ammettendo tale potere, il giudice avrebbe dovuto prima stimolare il contraddittorio tra le parti, come previsto dall’art. 101 del Codice di Procedura Civile, concedendole la possibilità di argomentare e produrre prove.

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il primo motivo ma ha accolto il secondo. Ha infatti confermato un principio consolidato: la mancanza di data certa nel fallimento è un presupposto di opponibilità del credito alla massa e, come tale, la sua assenza può e deve essere rilevata dal giudice anche d’ufficio. Tuttavia, ha dato piena ragione alla ricorrente sul secondo punto. La questione della data certa non è di mero diritto, ma mista, coinvolgendo anche accertamenti di fatto. Pertanto, il giudice che la solleva di propria iniziativa ha il dovere di “scoprire le carte” e sottoporla alla discussione delle parti. Non facendolo, il Tribunale ha emesso una “decisione a sorpresa”, vulnerando il diritto di difesa della creditrice. Di conseguenza, la Corte ha cassato il decreto e rinviato la causa al Tribunale per una nuova valutazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si basa su un bilanciamento di interessi. Da un lato, c’è l’esigenza di tutelare la par condicio creditorum (la parità di trattamento dei creditori), che impone al giudice fallimentare un controllo rigoroso sui titoli di credito, incluso il requisito della data certa. Questo giustifica il potere di rilievo d’ufficio.

Dall’altro lato, vi è il principio del contraddittorio, sancito dall’art. 101 c.p.c. e dall’art. 24 della Costituzione, che costituisce un pilastro del giusto processo. Questo principio impone che nessuna parte subisca gli effetti di una decisione basata su questioni che non ha avuto modo di conoscere e dibattere. La Corte sottolinea che l’omissione della segnalazione alle parti non determina sempre la nullità della sentenza, ma solo quando, come in questo caso, impedisce alla parte di esercitare le proprie facoltà difensive, come chiedere prove o ottenere una rimessione in termini. L’atteggiamento ondivago tenuto dagli organi della procedura (curatore, giudice delegato e infine Tribunale), che hanno basato il rigetto su motivazioni sempre diverse, ha reso ancora più evidente la lesione subita dalla creditrice, colta di sorpresa dalla ragione finale della decisione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito sia per i creditori che per gli organi giurisdizionali. Ai creditori, ricorda la necessità di curare con la massima attenzione gli aspetti formali dei documenti contrattuali, assicurandosi che possiedano il requisito della data certa per essere opponibili in caso di fallimento della controparte. Ai giudici, ribadisce che il potere di rilevare d’ufficio determinate questioni non è assoluto, ma deve essere esercitato nel rispetto delle garanzie processuali. La trasparenza e il dialogo tra giudice e parti sono essenziali per garantire una decisione giusta e non solo formalmente corretta. La pronuncia rafforza l’idea che il processo non è un meccanismo in cui una parte può essere sorpresa, ma un luogo di confronto dialettico dove ogni decisione deve essere prevedibile e fondata su un dibattito informato.

In un fallimento, un giudice può contestare la validità di un documento per mancanza di data certa anche se il curatore non lo ha fatto?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la mancanza di data certa è una questione rilevabile d’ufficio dal giudice in ogni fase della procedura fallimentare, poiché attiene a un presupposto di efficacia del documento nei confronti della massa dei creditori.

Se il giudice solleva di sua iniziativa la questione della data certa, può decidere immediatamente?
No. L’ordinanza chiarisce che il giudice ha l’obbligo, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.c., di segnalare la questione alle parti e di consentire loro di discutere sul punto, offrendo la possibilità di presentare memorie o prove. Una decisione presa senza questo passaggio è illegittima.

Qual è la conseguenza se il giudice non rispetta l’obbligo di stimolare il contraddittorio sulla questione della data certa?
La conseguenza è la nullità della decisione. Se tale violazione ha impedito alla parte di esercitare concretamente il proprio diritto di difesa (ad esempio, chiedendo di provare la data certa con altri mezzi), la sentenza o il decreto devono essere annullati, con rinvio della causa a un nuovo giudice per un riesame che rispetti le garanzie processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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